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PARTE II: LA SCIENZA DELLA MENTE

2.1.1. Cosmogonia e origine del Mondo 1

Eccles tenta di ricostruire – in modo problematico – il percorso evolutivo che concerne l’uomo, inquadrandolo nella cornice cosmologica di cui questi fa parte, e prende le mosse proprio dalla questione dell’origine del cosmo: l’origine dell’Universo sarebbe da collocare fra i 10 e i 13 miliardi di anni fa, come conseguenza di una conflagrazione (il Big Bang) le cui cause rimangono oggetto di speculazione scientifica; esso si trova in condizione di espansione: una circostanza confermata nel 1929 grazie all’esperimento condotto dall’astronomo Edwin Hubble mediante l’utilizzo di spettrogrammi, i quali avrebbero rilevato il fenomeno di recessione delle galassie, a testimonianza, appunto, della dilatazione della tessitura spazio-temporale nella quale esse si collocano. Prova del Big Bang, invece, sarebbe la “radiazione cosmica di fondo” (costituita da microonde) che pervade l’universo conosciuto in modo isotopico: essa fu misurata per la prima volta nel 1965 da Arno Penzias e Robert Wilson. Che cosa accadde in seguito alla conflagrazione originaria e alla sua inevitabile e rapidissima inflazione rimane oggetto di molteplici congetture, fra le quali spicca l’ipotesi del cosiddetto “campo di Higgs”, al contatto col quale le particele avrebbero acquisito massa, rallentando la formidabile espansione immediatamente successiva al Bang70 . Le galassie

formatesi come conseguenza di tale raffreddamento – dovuto alla diminuzione esponenziale della velocità di espansione – presentano oggi (dopo circa 500 milioni di anni) le più svariate ed eterogenee configurazioni; all’interno di un universo composto solamente di idrogeno ed elio, le più alte velocità di combustione e decadimento (maggiori nei casi di buchi neri e stelle neutroniche) avrebbero dato luogo a quel processo fondamentale chiamato “cottura degli elementi”, grazie al quale sarebbero sorti i primi aggregati pesanti (carbonio, ferro, nichel), che avrebbero svolto un ruolo imprescindibile nella formazione del nostro Sistema Solare e del pianeta che abitiamo. Nel contesto di questo spettacolare resoconto cosmogonico, la straordinarietà che contraddistingue la trattazione ecclesiana sta nella sua capacità di sottolineare come, in questa serie di fortunate contingenze, se qualcosa fosse anche minimamente accaduto in modo diverso, allora non ci

70 L’esistenza del bosone di Higgs, ovvero la particella che costituirebbe il suddetto “campo” e che sarebbe all’origine

della formazione di masse stellari e planetarie successiva al Big Bang, fu un’ipotesi formulata nel 1964 e confermata per la prima volta nel 2012 grazie agli esperimenti ATLAS e CMS condotti al CERN di Ginevra; tali sperimentazioni, infatti, avrebbero permesso di rilevare la cosiddetta “particella di Dio”; ma la misurazione della sua energia in 125 GeV ha messo in crisi i paradigmi teorici formulati allo scopo di colmare le lacune del Modello Standard rispetto alla materia oscura: ponendosi esattamente a metà fra il valore corretto per sostenere la tradizionale equazione della Supersimmetria e quello necessario per supportare il modello del Multiverso, il bosone di Higgs ha messo i fisici di fronte ad un bivio teorico che ci rimanda a classiche interrogazioni su determinismo e casualismo.

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troveremmo qui a parlarne. Infatti, in virtù di questa incredibile e improbabile serie causale che ha condotto all’esistenza dell’uomo come essere autocosciente, Eccles ritiene perlomeno teoricamente lecito interrogarsi sul senso di un universo che semplicemente non esisterebbe se non fosse stato in grado di generare, infine, un’intelligenza che di esso potesse parlare e, quindi, che potesse determinarne l’esistenza come oggetto di conoscenza. Si tratta del cosiddetto “principio antropico”: quello per cui non si potrebbe assolutamente

«parlare dell’“universo” se non ci fosse qualcuno ad esserne consapevole. Ma la consapevolezza presuppone la vita. E a sua volta la vita […] presuppone elementi pesanti. Per produrre elementi pesanti partendo dall’idrogeno primordiale è necessaria la combustione termonucleare. La combustione termonucleare richiede a sua volta diversi miliardi di anni di cottura all’interno di una stella. Ma affinché l’universo possa disporre di vari miliardi di anni di tempo è necessario, secondo la relatività generale, che la sua [dell’universo] estensione nello spazio sia dell’ordine di vari miliardi di anni luce»71.

Non solo:

«Quando l’universo era a un secondo dall’inizio dell’espansione, se la velocità di espansione si fosse ridotta di un solo trilionesimo, l’universo avrebbe subito il collasso dopo pochi milioni di anni. […] Molto prima di affrontare le questioni della evoluzione biologica sulla terra 3 o 4 miliardi di anni fa, ci troviamo dinanzi a questo problema, ancor più fondamentale. Esiste almeno una condizione essenziale: l’universo deve espandersi quasi esattamente alla stessa velocità alla quale, secondo le nostre misurazioni, esso si sta espandendo. Se la velocità nel primo secondo fosse stata minore, anche di una frazione quasi insignificante, l’universo avrebbe subito il collasso molto prima che potesse aver luogo qualsiasi evoluzione biologica»72.

La genesi del Sistema Solare è da rintracciare nel contesto dell’esplosione di una o più

supernovae, o, in alternativa, della collisione catastrofica fra il Sole e una seconda stella, che avrebbe

dato origine ad una nebulosa composta di gas, ghiaccio e roccia, dalla quale, poi, per aggregazione, avrebbero preso forma i pianeti; è possibile ipotizzare con una certa sicurezza l’esistenza di una tale nube e di questa sua composizione, poiché assistiamo ad una differenziazione abbastanza netta dei pianeti (per temperatura e massa) a seconda della loro distanza dal Sole. L’unicità del pianeta Terra è dovuta principalmente allo straordinario quantitativo d’acqua che ne caratterizza la composizione, e alla presenza di un’atmosfera protettiva prodottasi in seguito ad esalazioni vulcaniche. Formatasi circa 4,6 miliardi di anni fa, la Terra raggiunse lo stato di raffreddamento dopo 600 mila anni, mentre

71 J.A. WHEELER, Genesis and observership, in University of Western Ontario Series in the Philosophy of Science, 1977,

citato in J.C. ECCLES, Il mistero uomo, 1983, p. 43. Ulteriori riflessioni circa il principio antropico e il paradigma finalista che esso presuppone saranno oggetto del § 3.2.

72 Sir B. LOVELL, Un punto di vista attuale circa il rapporto dell’uomo con l’universo, 1977, citato in J.C. ECCLES, Il mistero

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la presenza dei primi eubatteri è riconducibile a 3,4 miliardi di anni fa; ma è solamente 2 miliardi di anni fa che la comparsa delle prime alghe azzurre permise la diffusione dell’ossigeno molecolare – loro prodotto di scarto – nell’atmosfera, trasformandola da riducente a ossidante: una condizione ideale per favorire l’insorgere delle prime forme cellulari organizzate. Tuttavia, il divario tra chimica organica prebiotica (batteri procarioti) e prima cellula vivente (eucariote) rimane tuttora un elemento problematico negli studi biochimici: infatti, affinché una componente pur estremamente elementare come la cellula sia in grado di svolgere una qualsiasi funzione – la più fondamentale delle quali è naturalmente la riproduzione –, risulta necessaria la concomitanza di una serie di precise condizioni strutturali, fra le quali: la presenza di una membrana protettiva, di processi chimici interni che possano utilizzare sostanze energetiche per la conservazione, la caratteristica di permeabilità nei confronti dell’esterno per esigenze di alimentazione, la funzione di registrazione e duplicazione delle informazioni genetiche. Il passaggio dalla chimica organica prebiotica alla biochimica fu sicuramente determinato dall’aumento di ossigeno nell’ambiente terracqueo, ma questo accadde solo in seguito a un lunghissimo periodo di stabilità della primitiva cellula procariote, durato 1,6 miliardi di anni: questa cellula presenta una struttura anaerobica ed eterotrofa e ricava l’energia necessaria da composti organici presenti nell’ambiente mediante fermentazione; con l’esaurimento delle sostanze nutritive all’interno del brodo primordiale, alcuni batteri svilupparono modalità alternative di sopravvivenza come la fotosintesi, ovvero l’assorbimento di diossido di carbonio e radiazioni solari al fine di ricavare energia. Un fattore imprescindibile in questo processo di complessificazione cellulare e successiva riproduzione esponenziale è rappresentato dal DNA (acido desossiribonucleico).