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PARTE II: LA SCIENZA DELLA MENTE

2.2.5. Evoluzione culturale e spiritualità

L’evoluzione culturale, che si concretizza nella creazione del Mondo 3 e dei suoi oggetti e nella loro fruizione da parte del Mondo 2, è il frutto dell’unione volontaria – anche se, forse, originariamente inconsapevole – fra il cervello (M1) e le percezioni soggettive (M2), le quali vengono

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esperite al di là del loro valore in termini di sopravvivenza, divenendo significative in virtù della loro valenza oggettiva. Se la codificazione di questo sentire universalizzante (che rappresenta l’apice evolutivo del genere Homo) comincia solo con l’avvento del simbolismo e della scrittura, gli elementi culturali che ne costituiscono la trama si manifestano dapprima nello sviluppo dell’autocoscienza e nella consapevolezza della morte che essa porta con sé: questa trova espressione nelle celebrazioni religiose delle cerimonie funebri, che ne sono la manifestazione simbolica (di esse abbiamo testimonianza almeno a partire dalle sepolture neanderthaliane). Potremmo ammettere, quindi, che le riflessioni di tipo metafisico debbano la loro origine non solo alla capacità astraente del pensiero umano (che rende possibile il linguaggio sintattico), ma anche allo sviluppo di una certa consapevolezza circa lo scorrere del tempo e la relazione di causa-effetto, che ci permette (ora come allora) di pensare al principio della vita e di interrogarci sul suo termine e sul suo significato. Possiamo allo stesso modo ammettere che il sentimento morale associato a tali riflessioni di natura spirituale sia reso possibile sul piano biologico dallo sviluppo delle competenze emozionali del sistema limbico e sia stato poi potenziato nell’ambito del Mondo 3 dalla riflessione sul libero arbitrio, che consegue dalla consapevolezza di poter orientare volontariamente le proprie azioni e di poter decidere sul loro compimento.

Ma quando l’indagine sull’evoluzione culturale, condotta a ritroso nella storia dell’evoluzione biologica, ci conduce al misterioso insorgere dell’autocoscienza, dobbiamo chiederci se sia realmente possibile comprenderne appieno l’essenza in questi termini, dal momento che «la scienza non ha una spiegazione per la moralità, la verità, la bellezza, la responsabilità individuale o l’autocoscienza… nel qual caso una parte importante e centrale dell’esperienza umana si colloca al di fuori della scienza»114 e, quindi, della possibilità di fornirne una spiegazioni in termini fisici. Popper

pensa che sia inutile interrogarsi sull’origine del soggetto (M2) che ha avuto le capacità di produrre un M3 «di inimmaginabile ricchezza, tanto ricco che ognuno di noi può conoscerne, in tutta la sua vita, soltanto una minuscola frazione»115 . Eccles, invece, tenta di concepirne una soluzione

trascendentale – che avremo modo di ravvisare nel § 3.2 – pensa sia indispensabile comprendere quale sia l’effettiva relazione che sussiste fra evoluzione biologica ed evoluzione culturale, al fine di

114 D. LACK, Evolutionary Theory and Christian Belief. The Unresolved Conflict, citato in J.C. ECCLES, Evoluzione del cervello

e creazione dell’io, 1995, p. 298.

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afferrare la peculiarità dell’elemento coscienziale e di valutarne le implicazioni in senso storico e fenomenologico.

Ci fu un momento, nell’evoluzione della coscienza animale, in cui il sentimento interno – che prima si limitava a percezioni emozionali – assunse i caratteri del pensiero riflessivo e critico, dell’intenzionalità, dell’immaginazione, dell’intuizione creativa, del senso estetico e morale; come abbiamo avuto modo di vedere, lo sviluppo del linguaggio nella sua dimensione universalizzante rappresentò una svolta fondamentale nell’espressione di una autoconsapevolezza aurorale già acquisita, svolgendo un’azione retroattiva di rinforzo su di essa e permettendone l’evoluzione in senso culturale. Il percorso intellettivo della cultura e del sapere che contraddistingue la vita dell’essere umano costituisce un unicum nel panorama naturale: con il rafforzarsi dell’autocoscienza, esso assunse caratteristiche qualitativamente irriducibili al sostrato genetico che ne fu condizione biologica di possibilità (si pensi alle aree del linguaggio), poiché sancì un definitivo rovesciamento del rapporto ambiente-organismo, determinando la trasformazione dell’essere umano da “selezionato naturale” a “selezionatore critico”.

Se volessimo concepire un “corredo culturale” universale analogo al nostro corredo genetico individuale, dovremmo immaginare rapidissime mutazioni con una portata trasformativa sull’organismo potenzialmente assoluta ed una capacità pressoché immediata di modificare il Mondo 1; l’evoluzione culturale, infatti, può considerarsi davvero absoluta, nel senso etimologico del termine, poiché – contrariamente a quella biologica – essa non è soggetta ad alcun sistema intrinseco di limitazione: le sue istanze sono introdotte dagli uomini, sono validabili (ad esempio, scientificamente) e correggibili, ma non sono irreversibili, tanto che – ad oggi – il futuro dell’organismo e dell’ambiente dipendono esclusivamente dalle soluzioni che la stessa cultura sarà in grado di proporre e dalla capacità umana di valutarne criticamente i risultati116. Il Mondo 3 che 116 «L’evoluzione biologica fu necessaria per sviluppare cervelli capaci delle prestazioni richieste dalla cultura. Le capacità

derivanti dalla cultura, come quelle relative al linguaggio, agli strumenti e alle armi, furono di estrema importanza nell’evoluzione biologica della linea degli ominidi, in quanto diedero loro un vantaggio schiacciante su tutte le altre specie biologiche. Tuttavia la netta distinzione deve essere fatta. L’evoluzione biologica è geneticamente codificata, ed è quindi ereditata. L’evoluzione culturale non è ereditata neanche in minima parte» (cfr. Ivi, p. 172). Per avere un’idea più chiara di come l’evoluzione culturale svolga un ruolo essenziale nella modificazione della vita dell’organismo e del suo ambiente, basti pensare all’influenza totalizzante che la scienza, la tecnica (e più recentemente la tecnologia) ha avuto sulle abitudini del genere umano e di come essa sia stata in grado di modificare M1 in questo senso. L’esito più paradossale di questa potenzialità illimitata che caratterizza il progresso culturale è senz’altro rappresentato dalla prerogativa eugenetica, che stabilisce addirittura la possibilità di agire retroattivamente sul meccanismo di evoluzione biologica mediante la modificazione del corredo genetico, a scopo selettivo.

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ne deriva copre vastissimi ambiti (dall’attività teoretica alle dottrine politiche, dai sistemi socioeconomici alle produzioni artistiche, scientifiche e tecnologiche), ma il percorso storico che lo ha determinato si colloca al di fuori di una logica migliorativa: le sue dinamiche future dipendono esclusivamente dalla sensibilità umana nel cogliere la responsabilità che questo potere comporta. Non è un caso che una figura come Gregory Bateson, figlio del genetista William Bateson, abbia dedicato la propria vita a studiare il fenomeno dell’evoluzione culturale, mettendoci in guardia rispetto ai rischi che questo processo strutturalmente comporta e sulla necessità di una maggiore consapevolezza circa il rapporto fra natura e cultura:

«Sono sempre le abitudini che stabiliscono le condizioni della selezione naturale. L’acquisizione di abitudini cattive, a livello sociale, stabilisce certamente il contesto per la selezione di propensioni genetiche che finiscono per essere letali. […] Le due componenti che governano il processo evolutivo [i.e. organismo e ambiente] non vanno più al pari passo l’una con l’altra. […] La barriera che proibisce l’eredità “lamarckiana” protegge appunto il sistema genetico da un cambiamento troppo rapido causato da esigenze magari capricciose dell’ambiente. Ma nelle culture, nei sistemi sociali e nelle grandi università non esiste una barriera equivalente. Le innovazioni vengono adottate in modo irreversibile e inserite nella dinamica del sistema senza che ne venga verificata la vitalità a lungo termine. […] Il benessere e il disagio dell’individuo diventano gli unici criteri di scelta del cambiamento sociale»117.