PARTE II: LA SCIENZA DELLA MENTE
2.1.4. Storia dell’ominizzazione
Al fine di ricostruire la storia dell’ominizzazione, ci affideremo al resoconto che ne fa Eccles dapprima in Il mistero uomo (1984) e successivamente in Evoluzione del cervello e creazione
dell’io (1989), basandosi sugli studi paleontologici di Ph.V. Tobias (1975), E. Simons (1981), Y.
Coppens (1983), F.H. Smith (1984) e F. Facchini (1984). L’uomo appartiene all’ordine animale dei “primati” e, in particolare, alla famiglia Hominoidea (degli ominoidi), della quale fanno attualmente parte anche i pongidi (scimmie antropomorfe quali gorilla, scimpanzè e orango), e i cui primi rappresentanti sarebbero stati Aegyptopithecus (30-35 milioni di anni fa), Dryopithecus (30-12 milioni) e Ramapithecus (12-14 milioni). Solo 10 milioni di anni fa avvenne quella divergenza evolutiva che avrebbe portato alla formazione della nuova famiglia degli Hominidae (ominidi). Il primo esemplare di ominide di cui abbiamo testimonianza fossile risale a 6-2 milioni di anni fa ed è
Australopithecus afarensis, dal quale si distinguerà il progenitore del primo esemplare Homo, ovvero Australopithecus africanus (3-2 milioni). Al fine di ricostruire le tappe dell’evoluzione cerebrale
ominide, Eccles fa costante riferimento all’indagine di H.J. Jarison (1973) circa la misurazione del “quoziente di encefalizzazione” (QE): tale indice rende conto dell’incremento quantitativo della mole cerebrale nel corso dell’evoluzione ominide, sulla base del rapporto fra peso del cervello (PCe), peso del corpo (PCo) e una costante k (di valore 0,6 ca. per i mammiferi). Fu successivamente H. Stephan (1987) a tradurre i risultati di Jerison in un più accurato “indice di dimensione” (ID), orientato a distinguere l’incremento relativo alle principali strutture anatomiche cerebrali. In questa sede, riporteremo solamente il valore del QE relativo ad ogni stadio dell’evoluzione, per darne un
80 S.J. GOULD, Is a new and general theory of evolution emerging?, 1982, p. 144, citato in J.C. ECCLES, Evoluzione del
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riferimento di sviluppo quantitativo generale, tenendo presente che esso non corrisponde allo sviluppo qualitativo di specifiche aree funzionali, di cui tratteremo piuttosto nel prosieguo.
I primi stadi dell’evoluzione ominide furono geograficamente ristretti all’Africa, dove vissero sia le Australopithecinae che il primo esemplare di Homo (Homo habilis); tuttavia, se ci affidiamo alle testimonianze fossili rappresentate dalle mandibole e dai denti rinvenuti in loco, possiamo accorgerci che «molti ominoidi avevano iniziato, in vario grado, l’evoluzione verso le caratteristiche degli ominidi. Non ci fu un singolo, comune fronte d’onda di ominizzazione»81 ;
l’affermazione di Tobias è giustificata dal fatto che esistono svariati fossili dentari molto simili a quelli che contraddistinguono la morfologia di Homo, appartenenti a Dryopithecus e a Ramapithecus, e quindi risalenti a un periodo precedente la divergenza evolutiva fra ominidi e pongidi (avvenuta circa 10 milioni di anni fa). Australopithecus, i cui resti sono stati rinvenuti per più di 400 esemplari, presenta una capacità cranica simile a quella dei pongidi (QE 3,8), ma la conformazione si differenzia notevolmente: la dentizione è caratterizzata da canini di dimensioni minori e, come conseguenza, la parte frontale del cranio risulta più bassa, quella occipitale ridotta; la distinzione cruciale, però, è rappresentata dalla deambulazione bipede e dalla conquista della postura eretta. Sulla base delle osservazioni paleontologiche, Eccles ipotizza che Australopithecus africanus sia stato il protagonista di una trasformazione saltazionale unica, avvenuta in una situazione di isolamento della piccola popolazione di origine all’interno della propria nicchia ecologica africana; tale esemplare si estinse circa un milione di anni fa, solo dopo aver dato luogo ad un fenomeno evolutivo chiamato “ramificazione cladistica”, ovvero alla formazione di sottospecie (A. robustus, A. boisei, Homo), mediante periodi di separazione e ibridazione. La sua estinzione si sarebbe verificata in seguito a un periodo di stasi evolutiva, che «avrebbe potuto determinare la fine dell’evoluzione ominide»; tuttavia, «il suo periodo di sopravvivenza fu sufficiente per giungere all’alba della rivoluzione genetica, all’origine di Homo habilis contraddistinto da una capacità cranica notevolmente aumentata»82.
Il passaggio dal genere Australopithecus al genere Homo è caratterizzato principalmente da un esponenziale incremento del volume cerebrale (di circa il 44%, poiché le dimensioni corporee rimasero perlopiù invariate) e dal raggiungimento di un QE di 4,2, la metà dell’attuale QE umano. Il
81 P.V. TOBIAS, Brain evolution in the Hominoidea, 1975, citato in J.C. ECCLES, Evoluzione del cervello e creazione dell’io,
1995, p. 36.
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termine habilis, associato al primo esemplare di homo rinvenuto in Tanzania (a Olduvai), si riferisce alla sua acquisita capacità strumentale, testimoniata dal ritrovamento in sito di utensili ittici e pietre lavorate. L’espansione del cervello non risulta uniforme: si verificò uno sviluppo dell’area frontale in corrispondenza dell’area di Broca e della circonvoluzione parietale inferiore (forse corrispondente a una primitiva area di Wernicke): questo elemento potrebbe essere un indicatore del raggiungimento di una primitiva forma di espressione linguistica. Homo habilis, comparso circa 3 milioni di anni fa, visse principalmente sul suolo africano e, dopo un periodo di stasi evolutiva durato 900.000 anni, fu protagonista di quella trasformazione saltazionale che condusse all’avanzamento evolutivo verso
Homo erectus.
I ritrovamenti fossili di Homo erectus collocano la sua figura in zone geografiche molto distanti e climaticamente diversificate (fra queste, Heidelberg, Giava, Pechino, Tanzania, Kenya); l’ipotesi più accreditata circa i suoi spostamenti lo vede sorgere nell’Est del continente africano e spostarsi verso Europa e Oriente solo dopo un periodo di convivenza con la parallela specie habilis: si trattò con tutta probabilità della prima grande migrazione ominide, durata all’incirca 500.000 anni. Gli utensili fabbricati da questo esemplare comprendono raschiatoi, lame e punte, e testimoniano un miglioramento nelle tecniche di fabbricazione rispetto alla precedente cultura Olduvaiana, nonostante un periodo di compresenza delle due culture, durato circa 100.000 anni. La conformazione cerebrale di homo erectus (QE 6,5) è simile a quella dell’uomo, data l’espansione del lobo temporale e la morfologia del lobo frontale: esso presenta un notevole sviluppo dell’area di Broca.
Pare che il passaggio da Homo erectus a Homo sapiens neanderthalensis (HSN) sia avvenuto esclusivamente in Europa e in Oriente, in un periodo compreso fra 500.000 e 120.000 anni fa; le dimensioni del cervello aumentarono progressivamente fino ad arrivare a un QE di 8,5 (corrispondente a quello di Homo sapiens sapiens). HSN mostra una forte prominenza di zigomi e setto nasale, una fronte sfuggente e una bassa volta cranica, mentre la mandibola si estende e i denti risultano più larghi rispetto a quelli dei progenitori; la testa presenta un portamento eretto e il corpo ha una conformazione più robusta. La cultura Mousteriana di HSN testimonia la sua abilità nella produzione di utensili in pietra e osso e nell’utilizzo del fuoco ad uso difensivo e alimentare; il ritrovamento delle sepolture testimonia la pratica di riti funebri di inumazione e di cura dei disabili, nonché la presenza di un primitivo sentimento religioso.
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Sebbene HNS e Homo sapiens sapiens (HSS) facciano parte della stessa specie, quest’ultimo compare più tardi, probabilmente in seguito ad una speciazione allopatrica originata dal primo; lo scheletro di HSS – i cui resti più antichi sono collocabili esclusivamente in Europa – presenta svariate modificazioni, che disegnano un mosaico di fenomeni adattivi: egli possiede una struttura fisica più esile, ma è sicuramente più abile di HSN nel controllare i movimenti fini (le ossa della mano e specialmente del pollice permettono una prensilità migliore) e nello svolgere attività di caccia in gruppo. L’aumento medio della statura (circa 12 cm) e il restringimento delle pelvi ne migliorarono l’efficienza motoria, mentre il ridimensionamento della dentatura fu determinato probabilmente da un progresso nelle tecniche di preparazione del cibo.
La misteriosa scomparsa di HNS e la sua sostituzione da parte di HSS circa 40.000 anni fa viene interpretata secondo due alternative chiavi di lettura: una prima ipotesi consiste nell’incrocio graduale tra HSS e HNS, da cui il primo deriverebbe in seguito ad una modificazione “saltazionale” in condizioni di isolamento periferico (avvenuto circa 70.000 anni fa, probabilmente in Palestina, dove sono stati ritrovati fossili che presentano caratteristiche compatibili con entrambe le popolazioni); i geni distintivi di HSS si sarebbero successivamente diffusi in Europa durante i successivi 100.000 anni, permettendo alla specie di colonizzare il territorio neanderthaliano europeo. Una seconda ipotesi, invece, consiste nella possibile migrazione di HSS dall’Africa Subsahariana all’Eurasia secondo un itinerario comune a Homo erectus83, dal quale forse potrebbe derivare; in
questa occasione, HSS avrebbe conquistato il territorio abitabile con la forza, massacrando la popolazione dei neanderthaliani. Qualunque sia stata l’evoluzione degli eventi, rimane certa la scomparsa del parente HSN e la conquista di America e Australia da parte di HSS in appena 15.000 anni, resa possibile dalla glaciazione dello stretto di Bering e dell’arcipelago della Sonda. Da quel momento, viviamo un periodo di stasi evolutiva che dura da 40.000 anni, e possediamo le caratteristiche cerebrali conquistate dalla specie Sapiens sapiens:
«L’ipotesi è che l’incremento delle dimensioni del cervello sia il risultato di modificazioni genetiche “saltazionali” verificatesi nel corso di un processo evolutivo di equilibrio punteggiato. Il progressivo incremento delle potenzialità del cervello potrebbe essere stato il processo critico della selezione naturale»84.
83 A sostegno di questa ipotesi, disponiamo di un solo fossile di Homo sapiens primitivo lungo questo percorso verso
Nord, e si trova a Singa, in Sudan.
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