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PARTE III: MODALITÀ E SIGNIFICATO DELLA COMUNICAZIONE PSICOFISICA

3.2.1. Eccezionalità del trascendentale

«Mi piace immaginare me stesso come uno spirito, spogliato del corpo, che osserva il Pianeta Terra nella sua iniziale esistenza prebiotica, governata dalle leggi della fisica e della chimica inorganica. Comparve poi misteriosamente e con discrezione, circa 3,6 miliardi di anni fa, l’origine della vita e gli inimmaginabili lenti processi biologici della creazione dei nucleotidi e delle proteine con gli sviluppi biochimici dei codici genetici, le mutazioni e la selezione naturale. La creatività biologica che venne scatenata da questi processi era oltre ogni immaginazione. […] Possiamo chiederci se, nonostante una buona dose di conoscenza e saggezza, fosse stato possibile per un qualche osservatore predire lo sviluppo futuro dell’evoluzione fino agli ominidi. Dobzhansky ha risposto con un secco no! […] Come biologi evoluzionisti dobbiamo credere che non sarebbe stato possibile prevedere questo avvenimento supremo neanche nel suo iniziale delinearsi!»175.

174 J.C. ECCLES, Come l’io controlla il suo cervello, 1994, p. 213.

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Già nell’opera del 1977 (L’io e il suo cervello) vengono riconosciuti da Eccles e Popper due elementi fondamentali e imprevedibili nel processo cosmologico: l’origine della vita (3,6 miliardi di anni fa) e la comparsa della mente (200 milioni di anni fa). Questi avrebbero poi dato corso a sviluppi trascendentali nel contesto di quell’originario sostrato materiale, ma – come abbiamo visto – la probabilità della loro comparsa prima che questo avvenisse sarebbe da ritenersi pressoché nulla; la stessa possibilità che ci sia vita al di fuori del nostro pianeta sembrerebbe essere estremamente labile, dal momento che «la nascita della vita è un evento molto raro, anche nelle condizioni più salubri»176 , e – secondo Eccles – ancor più improbabile sarebbe l’esistenza di altre forme di vita

intelligente, che siano state in grado di affrontare uno sviluppo evolutivo tanto aleatorio e tenue quale è stato quello ominide. Abbiamo avuto modo di vedere, infatti, che nel processo cosmologico che ha condotto fino a noi moltissime circostanze sembrano aver avuto un carattere fortuito: si tratta di una valutazione significativa, poiché permette allo studioso – così come all’uomo comune – di interrogarsi circa la peculiare determinatezza di questo percorso naturale, chiedendosi se esso non sia incentivato piuttosto da una spinta perfezioristica intrinseca alle sue leggi, e se, quindi, queste leggi siano il risultato di un programma intelligente o il frutto di una casuale serie di contingenze.

Nel contesto del § 2.2 abbiamo tentato, con Eccles, di ricostruire i passaggi che hanno condotto all’emergenza del fenomeno della coscienza animale, a partire dalla predisposizione anatomica e funzionale di un cervello ormai sviluppato e gerarchicamente organizzato (quello dei mammiferi), che ha permesso l’apertura del Mondo 1 ad un differente ordine del reale, che consiste, nella sua manifestazione più elementare, nella percezione cosciente che orienta – seppur istintivamente – il comportamento animale177. L’efficacia regolativa della coscienza nei confronti del

comportamento fu determinante per l’acquisizione stabile di questa funzione, che trascende i semplici meccanismi neuronali, fornendo all’organismo una via più immediata per la comprensione del carattere favorevole o sconveniente di una situazione, e, quindi, un vantaggio per la propria sopravvivenza. Solamente lo sviluppo di una memoria permanente (un meccanismo bioelettrico di potenziamento sinaptico) avrebbe permesso all’animale, poi, di guadagnare una certa continuità

176 J.C. ECCLES, Il mistero uomo, 1983, p. 92.

177 «L’ipotesi è che, nell’evoluzione dei mammiferi, i dendroni si siano evoluti per una più valida integrazione della

crescente complessità degli impulsi sensitivi afferenti. Questi dendroni evoluti possedevano la capacità di interazione con gli psiconi che nascevano, e così hanno dato origine al mondo mentale e hanno offerto al mammifero le esperienze coscienti. […] Essa offrirebbe esperienze globali di un mondo circostante, per orientare il comportamento oltre ciò che viene offerto dai meccanismi inconsci d’azione delle aree corticali sensitive in sé» (cfr. J.C. ECCLES, Come l’io controlla il

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della propria esperienza cosciente, che prima si presentava momento per momento, a seconda dell’attività corticale coinvolta. Si tratta della progressiva formazione di «livelli di complessità ultrastrutturale», che hanno permesso alla mente di fare il suo ingresso in un mondo prima completamente fisico; quando trattiamo della coscienza animale, quindi, stiamo già considerando un panorama evolutivo di tipo dualista, poiché essa consiste in una forma di psichismo, seppure aurorale, rispetto al quale l’autocoscienza umana rappresenta, comunque, un ulteriore salto qualitativo, di tipo trascendentale.

Nel considerare la profonda eccezionalità dell’autocoscienza umana all’interno del panorama paleontologico, Eccles ha fatto affidamento a quelle disomogenee differenze che contraddistinguono l’essere umano e la sua peculiare razionalità dal resto dei viventi; nel § 2.2, infatti, abbiamo ricostruito le tappe del suo percorso di apprendimento motorio (controllo volontario dei movimenti) e cognitivo (incremento della memoria). La feconda unione dei due, poi, ha permesso la costruzione di un sistema comunicativo di tipo linguistico, che a sua volta ha favorito l’attività di astrazione e di universalizzazione dell’oggetto d’esperienza in un concetto da descrivere e valutare criticamente; l’organizzazione della semantica in una sintassi ha permesso di mettere in relazione gli eventi di vita quotidiana e di riflettere su una condizione comune di esistenza, favorendo l’insorgere di una sensibilità emotiva speciale: questa ha condotto alla formazione di comunità sociali basate sull’aiuto reciproco, sull’altruismo e sul sentimento di responsabilità affettiva (nei confronti del

partner e della prole), e allo sviluppo di un forte sentimento religioso (riflessioni di portata

metafisica), morale (discriminazione dei significati associati alle azioni) ed estetico (creatività e produzioni artistiche).

«Con l’evoluzione degli ominidi, sono stati raggiunti livelli superiori di esperienze coscienti, fino all’Homo

sapiens sapiens, con la sua autocoscienza, che rappresenta l’esperienza unica di tutta la vita per ciascun io

umano e che dobbiamo considerare un miracolo oltre l’evoluzione darwiniana»178.

Gli esperimenti condotti per verificare se fosse possibile ridurre la natura umana al risultato di un semplice incremento delle aree funzionali legate all’apprendimento cognitivo hanno dimostrato che la disomogeneità che la caratterizza è di natura qualitativa (cfr. § 2.2.2). L’affiorare dell’autocoscienza umana dev’essere considerato un evento eccezionale ed irripetibile, che spinge

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l’uomo ad indagare la propria origine, ricercando in questo modo il senso della propria esistenza. Questo proposito è proprio ciò che muove il nostro autore, un uomo spinto dal bisogno di comprendere la peculiarità della propria natura, partendo da due fondamentali certezze: l’evidenza che ogni individuo esiste come persona, ovvero come essere unico ed autocosciente, e la convinzione di vivere in un mondo materiale che include il nostro corpo e il nostro cervello. Si tratta di un dualismo che viene generalmente riconosciuto dalla psicologia popolare e sul quale si fa continuo affidamento nella conduzione della propria vita, ma che viene tuttalpiù trascurato dalle ricerche filosofiche e scientifiche contemporanee.