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Attività sul testo

3. Costruisci una mappa concettuale sui due tipi di follia.

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Piste di

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comunanza dei beni e libertà di religione t

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Tommaso Moro, dinnanzi allo spettacolo della miseria di molti contadini, provocata dal- la privatizzazione delle terre comuni e dalla conversione degli arativi in pascoli, afferma che si deve abolire la proprietà privata e realizzare una società basata sulla comunanza dei beni, come avviene nello Stato di Utopia, in cui vige anche la tolleranza religiosa.

• La proprietà privata non garantisce il benessere e la prosperità collettiva; • la proprietà comune invece consente uguaglianza, abbondanza e riconoscimen-

to dei meriti;

• l’intolleranza genera lotte fratricide e fa prevalere le tendenze peggiori in mate- ria di religione;

• ognuno può quindi seguire la religione che vuole, escludendo, però, le convin- zioni che ledono la dignità dell’uomo.

Sebbene, a dir vero, caro signor Moro, io sia convinto che, dove c’è la proprietà priva- ta, dovunque si commisura ogni cosa col danaro, non è possibile che tutto si faccia con giustizia e tutto fiorisca per lo Stato. A meno che non pensiate che si agisca con giusti- zia là dove le cose migliori vanno nelle mani dei peggiori furfanti, o che lo Stato fiorisca dove tutti i beni son distribuiti fra un esiguo numero di cittadini. Ma nemmeno costoro stanno bene da ogni punto, quando gli altri tutti vivono nella miseria...

È questo il motivo per cui spesso in cuor mio ripenso alle istituzioni prudentissime e giu- stissime degli Utopiani, presso i quali lo Stato è regolato così bene e da così poche leg- gi, che non solo vi è onorato e ricompensato il merito, ma anche l’uguaglianza è stabi- lita in modo che ognuno ha in abbondanza di ogni cosa. [...] Or quando, dicevo, vado fra me considerando questi fatti, giustifico Platone, e meno mi sorprende il suo disde- gno di dar leggi a popoli che si rifiutavano di spartire per legge tutti i beni fra tutti ugual- mente. Era facile antivedere a quell’uomo sapientissimo che la sola ed unica via alla sal- vezza dello Stato è d’imporre l’uguaglianza, la quale non so se possa mai mantenersi do- ve le cose sono proprietà privata dei singoli. Ciascuno infatti, sotto determinati titoli, fa sue quante più cose può e, per quanto grande sia il numero dei beni, pochi son quelli che se li dividono tutti fra loro, lasciando agli altri la miseria. E in generale avviene che ricchi e poveri dovrebbero scambiare la propria sorte fra di loro, poiché i primi sono ra- paci, malvagi e disutili, mentre i secondi al contrario son uomini di moderazione e di cuor semplice, e con la loro attività quotidiana si dimostrano più benefici allo Stato che a se stessi.

Tanto io son pienamente convinto che non è possibile distribuire i beni in maniera equa e giusta, o che prosperino le cose dei mortali, senza abolire del tutto la proprietà priva- ta! Finché dura questa, durerà sempre, presso una parte dell’umanità che è di gran lun- ga la migliore e la più numerosa, la preoccupazione dell’indigenza, col peso inevitabile delle sue tribolazioni. […]

Utopo [il fondatore di Utopia], infatti, sin dal bel principio, avendo sentito dire che, pri- ma della sua venuta, continuamente gli abitanti erano stati in lotta per motivi religiosi, e compreso che un tal fatto, che cioè ogni partito combatteva per la patria, ma tutti in ge- nerale erano in disaccordo, gli aveva fornito l’occasione di vincerli tutti, una volta con- seguita la vittoria, sancì anzitutto che ognuno potesse seguire la religione che più gli pia- cesse: chi poi vuol trarre gli altri dalla sua, può adoperarsi solo a rinsaldar la propria sen- za passione, con serene dimostrazioni, non già a distruggere crudelmente le altre, qua- lora non convinca con la persuasione, e non può usare la violenza e deve guardarsi da- gl’insulti; chi suscita controversie religiose, senza tolleranze è punito con l’esilio o con la schiavitù. Queste istituzioni fondò Utopo, non mirando solo alla pace, che viene, co- m’egli vide, profondamente sconvolta dalle continue contese e dagli odii insanabili, ma perché pensò che tali princìpi servono gl’interessi della religione stessa, sulla quale egli

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Critica della proprietà privata B

In Utopia vi è la comunanza dei beni e l’eguaglianza C

Abolire la proprietà privata D

In Utopia vi è tolleranza religiosa

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non osò fissar nulla sconsideratamente, non sapendo se, per ottenere una gran varietà e molteplicità di culti, non sia Dio stesso a ispirare a chi una cosa, a chi l’altra. Certo, pre- tendere con la violenza e con le minacce che ciò che tu credi vero sembri tale a tutti ugual- mente, è un eccesso e una sciocchezza. Ché se poi una sola religione è vera più di tutte le altre, e queste sono tutte quante senza fondamento, pur previde agevolmente che, a condurre la cosa con ragione e moderazione, al fine la forza della verità sarebbe una buo- na volta venuta fuori da se stessa per dominare; se invece si lottava con armi e sollevazio- ni, poiché i più tristi sono sempre i più ostinati, la religione migliore e più santa sarebbe stata schiacciata dalle più vuote superstizioni, come mèssi tra spine e sterpi. Perciò mise da parte tutta questa faccenda, e lasciò libero ognuno di ciò che volesse credere, salvo che religiosamente e severamente vietò che nessuno avvilisse la dignità della natura umana fi- no al punto da credere che l’anima perisca col corpo o che il mondo vada innanzi a ca- so, toltane di mezzo la provvidenza; e questa è la ragione per cui credono che, dopo la vita presente, per le colpe siano fissati dei tormenti e per la virtù stabiliti dei premi, e chi la pensa diversamente non va messo neppure nel numero degli uomini, come colui che abbassa la natura elevatissima dell’anima sua alla viltà del corpiciattolo delle bestie.

da T. Moro, Utopia, trad. di T. Fiore, Laterza, Bari 1966

GUIDA ALL’ANALISI

A

La proprietà privata viene considerata incompatibile con l’esigenza di giustizia e di benes- sere per la generalità degli uomini. Nella prima parte dell’opera, Moro aveva descritto le misere condizioni di gran parte della popolazione inglese tra la fine del Quattrocento e i primi del Cinquecento, a causa, in particolare, della recinzione delle terre comuni e della conversione a pascolo delle terre coltivate, che avevano provocato l’espulsione dalle cam- pagne di una massa enorme di contadini, riducendoli alla fame.

B

Come Platone, Tommaso Moro proietta su uno sfondo ipotetico – la città di Utopia – il suo pro- getto di trasformazione radicale degli assetti proprietari. L’utopia funge, così, da modello ideale a cui guardare per orientarsi nell’agire politico. Il riferimento è alla Repubblica di Platone, in cui il filosofo greco descrive un modello di Stato ideale, governato dai filosofi, nel quale la proprie- tà – compresi i figli e le donne – è comune presso le classi superiori, “guardiane” dello Stato.

C

La proprietà privata è inaccettabile anche per ragioni morali. Infatti, in un sistema domina- to dalla proprietà privata, ad accumulare le maggiori ricchezze e il potere sono gli individui peggiori, lasciando gli uomini “modesti e semplici”, e cioè la parte migliore dell’umanità, privi di mezzi di sussistenza ed asserviti ai primi.

D

Dichiarandosi a favore della tolleranza religiosa, Moro opera in controtendenza rispetto ad un’epoca che assiste, invece, all’inizio di un lunghissimo e atroce periodo di guerre di reli- gione. Oltre a garantire la saldezza e la sicurezza dello Stato, la tolleranza favorisce la reli- gione stessa. Infatti la varietà dei culti, legata evidentemente alla varietà dei costumi dei popoli e delle tendenze di ciascun individuo, rende più intensa la religiosità ed è forse stata voluta da Dio stesso, all’insaputa degli uomini. Né c’è motivo di preoccuparsi per la religio- ne “vera”, che prevale solo nel libero confronto e nella tolleranza, mentre i conflitti e le guerre per motivi religiosi favoriscono l’egemonia delle false religioni, in quanto sono gli uomini più aggressivi – portatori quindi delle peggiori superstizioni – ad avere più proba- bilità di vincere le guerre. Unico limite alla tolleranza è l’ateismo, perché l’ateo materialista nega l’esistenza dell’anima, quindi considera l’uomo per natura identico alle bestie: perciò il suo credo è immorale e non deve essere tollerato.

Attività sul testo

1. Riferisci quali sono, per Moro, gli effetti negativi della proprietà privata. (6-8 righe)