Attività sul testo
3. Poiché l’universo è infinito, ne deriva che (6-8 righe)
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la città del sole
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aMPanellaNella Città del Sole di Tommaso Campanella viene disegnato un modello ideale di Stato, sulla falsariga di quelli teorizzati da Platone e da Moro. L’opera è scritta in forma di dia- logo tra un “nocchiero genovese” (Gen.) e un membro dell’Ordine degli Ospitalieri (Osp.), i cosiddetti Cavalieri di Malta. Il navigatore racconta di essere naufragato presso un’iso- la sconosciuta e di essere stato soccorso da un gruppo di soldati, donne e uomini, e con- dotto a visitare la loro città, governata dal Sole, o Metafisico.
Nella Città del Sole:
• tutto è in comune, perché la proprietà genera l’amor proprio; • esercita il governo solo chi possiede il sapere più esteso; • il lavoro è equamente distribuito fra tutti.
GEN. Questa è una gente ch’arrivò là dall’Indie, ed erano molti filosofi, che fuggiro-
no la rovina di Mogori e d’altri predoni e tiranni; onde si risolsero di vivere al- la filosofica in commune, si ben la communità delle donne non si usa tra le genti della provinzia loro; ma essi l’usano, ed è questo il modo. Tutte cose son communi; ma stan in man di offiziali le dispense, onde non solo il vitto, ma le scienze e onori e spassi son communi, ma in maniera che non [ci] si può ap- propriare [di] cosa alcuna. Dicono essi che tutta la proprietà nasce da far casa appartata, e figli e moglie propria; onde nasce l’amor proprio; ché, per subli- mar a ricchezze o a dignità il figlio o lasciarlo erede, ognuno diventa o rapace publico, se non ha timore, sendo potente; o avaro ed insidioso ed ippocrita, si è impotente. Ma quando perdono l’amor proprio, resta il commune solo [...].
OSP. Dunque là non ci è amicizia, poiché non si fan piacere l’un l’altro.
GEN. Anzi grandissima: perché è bello a vedere, che tra loro non ponno donarsi co-
sa alcuna, perché tutto hanno del commune; e molto guardano gli offiziali, che nullo abbia più che merita. Però quanto è bisogno, tutti l’hanno. E l’ami- co si conosce tra loro nelle guerre, nell’infirmità, nelle scienze, dove s’aiutano e s’insegnano l’un l’altro. E tutti li gioveni s’appellan frati [fratelli], e quei che son quindici anni più di loro, padri, e quindici meno, figli. [...]
Gli uomini e le donne vestono d’un modo atto a guerreggiare, benché le don- ne hanno la sopraveste fin sotto al ginocchio, e l’uomini sopra. E s’allevan tut- ti in tutte l’arti. [...]
Non può essere Sole se non quello che sa tutte l’istorie delle genti e riti e sa- crifizi e republiche ed inventori di leggi ed arti. Poi bisogna che sappia tutte l’arti meccaniche, perché ogni due giorni se n’impara una, ma l’uso qui le fa saper tutte, e la pittura, e tutte le scienze ha da sapere, matematiche, fisiche, astrologiche. Delle lingue non si cura, perché là [ci sono] l’interpreti, che son i grammatici loro. Ma più di tutti bisogna che sia Metafisico e teologo, che sap- pia ben la radice e prova d’ogni arte e scienza, e le similitudini e differenze delle cose, la Necessità, il Fato e l’Armonia del mondo, la Possanza, Sapienza ed Amor divino e d’ogni cosa, e li gradi degli enti e corrispondenze loro con le cose celesti, terrestri e marine, e studia molto bene nei Profeti ed astrologia. Dunque si sa chi ha da esser Sole, e se non passa trentacinque anni, non arri- va a tal grado; e questo offizio è perpetuo, mentre non si trova chi sappia più di lui e sia più atto al governo. [...]
La robba non si stima, perché ognuno ha quanto li bisogna, salvo per segno d’onore. [...] Nullo reputa viltà lo servire in mensa, in cucina o altrove, ma lo chiamano imparare; e dicono che così è onore al piede caminare, come al- l’occhio guardare; onde chi è deputato a qualche offizio, lo fa come cosa ono-
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Vivere “alla filosofica” B➧
Le donne ‘solari’ C➧
Il Sole: “non si trova chi sappia più di lui”D
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Il valore del lavoro
ratissima, e non tengono schiavi, perché essi bastano a se stessi, anzi sover- chiano. Ma noi non così, perché in Napoli son da trecento mila anime, e non faticano [se non] cinquanta milia; e questi patiscono fatica assai e si struggo- no; e l’oziosi si perdono anche per l’ozio, avarizia, lascivia ed usura, e molta gente guastano tenendoli in servitù e povertà, o fandoli partecipi di lor vizi, tal- ché manca il servizio publico, e non si può il campo, la milizia e l’arti fare, se non male e con stento. Ma tra loro partendosi l’offizi a tutti e le arti e fatiche, non tocca faticar quattro ore il giorno per uno;
sì ben tutto il resto è imparare giocando, disputando, leggendo, insegnando, caminando, e sempre con gaudio. E non s’usa gioco che si faccia sedendo, né scacchi, né dadi, né carte o simili, ma ben la palla, pallone, rollo, lotta, tirar palo, dardo, archibugio.
Dicono ancora che la povertà grande fa gli uomini vili, astuti, ladri, insidiosi, fuorasciti, bugiardi, testimoni falsi; e le ricchezze insolenti, superbi, ignoranti, traditori, disamorati, presumitori di quel che non sanno. Però la communità tutti li fa ricchi e poveri: ricchi, ch’ogni cosa hanno e possedono; poveri, per- ché non s’attaccano a servire alle cose, ma ogni cosa serve a loro. E molto lau- dano in questo le religioni della cristianità e la vita dell’Apostoli.
da T. Campanella, La Città del Sole, Feltrinelli, Milano 1962
GUIDA ALL’ANALISI
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“Vivere alla filosofica”, scrive Campanella con evidente riferimento all’utopia platonica, significa soprattutto abolire la proprietà privata. Tutto è in comune, nella Città del Sole. La proprietà privata, infatti, è all’origine dell’amor proprio: l’egoismo, quindi, non è naturale, ma è prodotto da rapporti sociali squilibrati che creano ingiustizie. Al posto di vincoli di natura economica, nella Città del Sole prevalgono i rapporti di amicizia, di collaborazione e di aiuto reciproco.B
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Come nella Repubblica di Platone, anche nella Città del Sole le donne fanno parte dell’eser- cito. Esse, inoltre, partecipano a tutte le attività culturali e pratiche della società, con l’uni- ca limitazione del grado di fatica del lavoro. L’affermazione dell’uguaglianza di opportunità e di condizione sociale tra i due sessi, è, anche nel XVI secolo e non solo nell’antica Atene, un’istanza rivoluzionaria.C
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Il Sole, o Metafisico, che è a capo della Città, viene scelto per governare in quanto dotato della conoscenza di tutte le scienze e di tutte le arti umane. Nel delineare il contenuto del suo sapere, Campanella fa riferimento ad un tratto fondamentale della propria filosofia: la metafisica delle tre primalità o componenti essenziali della realtà, cioè Potenza, Sapienza e Amore.Va poi anche sottolineata la dignità riconosciuta alle ‘arti meccaniche’, cioè ai saperi legati alle tecniche, in quanto espressioni della medesima tensione della conoscenza umana ad in- terpretare i fenomeni della natura. I più abili in ciascuna scienza od arte, che sia la “pastu- ra” o la teologia, divengono offiziali in quell’arte.
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Tra i valori nuovi della Città del Sole vi è anche il lavoro, che è valido in sé, a prescindere dal tipo di attività. Ad esso sono dedicate quattro ore al giorno. Campanella critica tutti gli oziosi, che, in una città come Napoli, sono molti e vivono alle spalle di coloro che lavorano.E
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“Imparare giocando” è uno dei tratti caratteristici della pedagogia di Campanella; oltre chedai libri si apprende dalle cose, anche partecipando ad attività basate su giochi che impe- gnino il corpo insieme alla mente.
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I Solari non tengono in alcun conto le ricchezze materiali, ed ognuno di loro è ‘ricco’, poi- ché ha secondo i suoi bisogni. Sono ‘poveri’ perché non “asserviti” alle cose: essi, infatti, “non s’attaccano a servire alle cose, ma ogni cosa serve a loro”.an
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Imparare gio- cando F➧
“La communità tutti li fa ricchi e poveri”Piste di
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Attività sul testo
1. Confronta l’utopia della Città del Sole con quella della Repubblica platonica: distingui i richia-