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Si può considerare scettica la posizione di Cusano sulla conoscenza? a Sì, perché (5-7 righe)

Attività sul testo

2. Si può considerare scettica la posizione di Cusano sulla conoscenza? a Sì, perché (5-7 righe)

b. No, perché… (5-7 righe)

3. “Colui che vuol cogliere il senso profondo delle cose deve sollevare l’intelletto al di sopra del

potere delle parole, e non rimanere fissato al loro significato proprio, poiché esse non posso- no risultare adeguate a misteri intelligibili così grandi”.

Questa citazione può essere attribuita a Cusano, perché… (6-8 righe)

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lettura

la dignità dell’uomo M

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Uno degli aspetti caratterizzanti la visione rinascimentale del mondo è quello della “di- gnità dell’uomo”. I due grandi esponenti dell’Accademia platonica, Marsilio Ficino e Pi- co della Mirandola, fondano tale dignità sull’idea che l’uomo sia al centro dell’universo e costituisca un “microcosmo”.

La centralità dell’uomo sta:

• per Ficino nell’anima, in quanto copula mundi, capace di congiungere il tempo- rale e l’eterno;

• per Pico nel dono che Dio ha fatto agli uomini di una natura indefinita, grazie al- la quale spetta all’uomo scegliere e determinare ciò che egli sarà, bestia o angelo.

I – Marsilio Ficino

Collochiamo di nuovo tutte le cose in cinque gradi, ponendo Dio e l’angelo sulla rocca della natura, il corpo e la qualità nel grado più basso, l’anima in mezzo tra quel sommo e questo grado infimo. […]

Tra le cose che sono soltanto eterne e quelle che sono soltanto temporali vi è l’anima che è come una connessione e un vincolo tra le une e le altre. […]

Dio e il corpo sono estremi in natura e diversissimi l’uno dall’altro. L’angelo non li lega. Infatti esso si erige tutto in Dio: trascura i corpi. Di diritto esso è la prima e perfettissi- ma creatura di Dio, diviene e passa in Dio. Neppure la qualità connette gli estremi: giac- ché inclina verso il corpo e trascura le cose superiori; messe in disparte le cose incorpo- ree, diviene corporea. Si tratta di estremi, che si sfuggono l’un l’altro e mancano di un vincolo opportuno.

Invece, quella terza essenza sopraddetta [cioè l’anima] è tale che afferra le cose supe- riori senza lasciare le inferiori; e così in essa si collegano le cose superiori con le inferio- ri. Essa, infatti, è immobile e mobile; e perciò da un lato concorda con le cose superio- ri, dall’altro con le inferiori. E se concorda con entrambe, desidera entrambe. […] E mentre aderisce al divino, poiché è spiritualmente unita ad esso e l’unione spirituale genera la cognizione, conosce il divino. Mentre riempie i corpi, li muove intrinsecamen- te e li vivifica: essa è, dunque, specchio delle cose divine, vita delle cose mortali e con- nessione delle une e delle altre […].

Ma poiché è la vera connessione di tutte, quando migra in una non lascia l’altra, ma mi- gra dall’una all’altra e sempre le conserva tutte così che giustamente si può chiamare il centro della natura, l’intermediaria di tutte le cose, la catena del mondo, il volto del tut- to, il nodo e la copula del mondo.

da M. Ficino, Theologia platonica de immortalitate animorum, libro III, cap. 2, in Storia antologica dei problemi filosofici, vol. I, Teoretica, Sansoni, Firenze 1965

II – Pico della Mirandola

Già il Sommo Padre, Dio Creatore, aveva foggiato, secondo le leggi di un’arcana sapien- za, questa dimora del mondo quale ci appare, tempio augustissimo della divinità. Ave- va abbellito con le intelligenze la zona iperuranica, aveva avvivato di anime eterne gli eterei globi, aveva popolato di una turba di animali d’ogni specie le parti vili e turpi del mondo inferiore. Ma, ultimata l’opera, l’artefice desiderava che ci fosse qualcuno capa- ce di afferrare la ragione di un’opera così grande, di amarne la bellezza, di ammirarne la vastità. Perciò, compiuto ormai il tutto, come attestano Mosè e Timeo, pensò da ulti- mo a produrre l’uomo. Ma degli archetipi non ne restava alcuno su cui foggiare la nuo- va creatura, né dei tesori uno ve n’era da largire in eredità al nuovo figlio, né dei posti di tutto il mondo uno rimaneva in cui sedesse codesto contemplatore dell’universo. Tut- ti erano ormai pieni, tutti erano stati distribuiti nei sommi, nei medi, negli infimi gradi. Ma non sarebbe stato degno della paterna potestà venir meno, quasi impotente, nell’ul-

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A

L’anima tra il grado sommo e l’infimo della creazione B

L’anima è copula mundi C

L’uomo è stato creato per comprendere e ammirare la creazione

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tima creatura; non della sua sapienza rimanere incerto in un’opera necessaria per man- canza di consiglio; non del suo benefico amore, che colui che era destinato a lodare ne- gli altri la divina liberalità fosse costretto a biasimarla in se stesso. Stabilì finalmente l’ot- timo artefice che a colui cui nulla poteva dare di proprio fosse comune tutto ciò che ave- va singolarmente assegnato agli altri.

Perciò accolse l’uomo come opera di natura indefinita e, postolo nel cuore del mondo, così gli parlò: “Non ti ho dato, o Adamo, né un posto determinato, né un aspetto pro- prio, né alcuna prerogativa tua, perché quel posto, quell’aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto secondo il tuo desiderio e il tuo consiglio ottenga e conservi. La na- tura limitata degli altri è contenuta entro leggi da me prescritte.

Tu te la determinerai senza essere costretto da nessuna barriera, secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnai. Ti posi nel mezzo del mondo perché di là meglio tu scor- gessi tutto ciò che è nel mondo. Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né im- mortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nel- la forma che avresti prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bru- ti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono divine”. O suprema liberalità di Dio padre! O suprema e mirabile felicità dell’uomo! a cui è con- cesso di ottenere ciò che desidera, di essere ciò che vuole. I bruti nel nascere recano con sé dal seno materno tutto quello che avranno. Gli spiriti superni o dall’inizio o po- co dopo furono ciò che saranno nei secoli dei secoli. Nell’uomo nascente il Padre ripo- se semi d’ogni specie e germi d’ogni vita. E a seconda di come ciascuno li avrà coltiva- ti, quelli cresceranno e daranno in lui i loro frutti.

E se saranno vegetali, sarà pianta; se sensibili, sarà bruto; se razionali, diventerà anima- le celeste; se intellettuali, sarà angelo e figlio di Dio. E se, non contento della sorte di nessuna creatura, si raccoglierà nel centro della sua unità, fatto uno spirito solo con Dio, nella solitaria misteriosa tenebra spirituale del Padre colui che fu posto sopra tutte le co- se, starà sopra tutte le cose.

da Pico della Mirandola, De hominis dignitate, testo e trad. a cura di E. Garin, Vallecchi, Firenze 1942

GUIDA ALL’ANALISI

A

Seguendo uno schema neoplatonico, la realtà viene concepita da Ficino secondo una scala gerarchica ordinata in cinque gradi, dal più basso, il corpo, al più alto, Dio. In Plotino l’or- dinamento comprendeva la materia, l’anima, l’intelletto e l’Uno. Ficino inserisce la “quali- tà” per porre in maggior risalto il carattere intermedio dell’anima.

B

L’anima connette le cose eterne con quelle temporali. Gli altri gradi intermedi (l’angelo e la qualità) non possono svolgere questa funzione, poiché propendono o verso l’alto o verso il basso. Solo l’anima “afferra le cose superiori senza lasciare le inferiori” e “desidera entram- be”. L’innovazione umanistica rispetto al Neoplatonismo sta nel fatto che qui si chiede all’anima non di abbandonare il “sortilegio del mondo” per ascendere alle cose superiori, ma di “tenere” assieme le due realtà, garantendo così l’unità del mondo. Dunque, l’anima è

copula mundi, centro e punto di connessione dell’universo.

C

Secondo Pico, l’uomo è stato creato per ultimo perché potesse contemplare, comprendere e ammirare l’opera divina. Poiché erano stati ormai esauriti gli archetipi, cioè i modelli eter- ni in base ai quali ciascun tipo di essere è stato creato, Dio stabilì che all’uomo “fosse comu-

ne tutto ciò che aveva singolarmente assegnato agli altri”.

D

La scelta di dotarlo di una natura indefinita, rende privilegiata la condizione dell’uomo rispetto a quella di tutte le altre creature, poiché, a differenza di queste, ognuna delle quali è ontologicamente determinata, cioè legata indissolubilmente ad un unico modello ideale, l’uomo ha il potere di autodeterminare la propria condizione e il proprio destino.

E

L’uomo è caratterizzato dalla libertà e non dalla necessità, non ha alcuna collocazione pre- determinata nell’ordine dell’universo, ma deve conquistarla secondo il suo libero arbitrio: solo lui deciderà ciò che sarà, quale sarà la sua “natura”, sarà artefice dunque del proprio

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D

L’uomo ha una natura indefinita... E

... perciò può essere artefice di se stesso... F

... divenendo pianta, bruto, angelo o tutt’uno con lo spirito divino

Piste di

lettura

destino. Si riprende, qui, la tesi ficiniana dell’anima copula mundi: non per rimarcarne la collocazione centrale nell’universo, che pure viene riconfermata, ma soprattutto per sotto- lineare la natura di “essere libero” dell’uomo.

F

In precedenza Pico aveva già detto che Dio aveva voluto dare all’uomo “tutto ciò che aveva singolarmente assegnato agli altri”, cioè – precisa ora – “semi d’ogni specie e germi d’ogni vita”, tra i quali l’uomo sceglierà. Pico così ripropone un altro aspetto fondamentale della concezione rinascimentale, e cioè l’idea dell’uomo come microcosmo (secondo la definizio- ne che verrà data nel XVI secolo da Paracelso), perché in grado di contenere in sé tutte le potenzialità del “macrocosmo”, cioè dell’universo.

Attività sul testo

1. Rintraccia nei due brani tutti i concetti e le tesi tipiche del Platonismo ripresi da Marsilio Fici-