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La costruzione del settore andrologico

IV. Definizione dell'ambito professionale. Sistemi di significato terapeutici e

4.1 Gli specialisti del benessere sessuale maschile …

4.1.1 La costruzione del settore andrologico

Sul versante andrologico, la specializzazione vera e propria in andrologia non esiste a livello europeo. In Italia le scuole di specializzazione, sono state poche e attive solo per periodi relativamente brevi. La più famosa, a Pisa, attiva dal 1977 al 2007 ha rilasciato circa 250 diplomi di specialista in andrologia (Menchini Fabris, 2007: 77; Jannini et al., 2016: 12). Così, sebbene solo alcuni professionisti più anziani possono esibire l'intestazione di “specialisti in andrologia”, è pero possibile che ad una generica definizione di “medico andrologo” non corrisponda il possesso di un titolo effettivo, proprio perché l'attuale assenza di una specializzazione strutturata in andrologia permette una grande libertà nella pratica

della stessa, soprattutto nel settore privato.

Attualmente, le vie legittime per definirsi “andrologi”, pur in mancanza di un titolo specialistico, sono l'esercizio almeno quinquennale in un reparto andrologico di una struttura pubblica oppure l'acquisizione di competenze certificate tramite il conseguimento di alcuni master universitari di I e di II livello, solitamente indicati per specialisti urologi o endocrinologi. Di fatto anche le due principali società scientifiche in questo campo si dividono fra indirizzo urologico (SIA – Società Italiana di Andrologia97) ed endocrinologico (SIAMS – Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità98), tanto che si puo dire che oggi l'andrologia possegga due anime, quella chirurgica di cui si occupano gli urologi e quella medica di cui si occupano soprattutto gli endocrinologi (Jannini et al., 2016: 10-16).

Eppure, quantomeno a livello di informazioni a disposizione del potenziale paziente si riscontra un grande sforzo da parte delle sovracitate società scientifiche per promuovere la figura unica dell'andrologo, soprattutto attraverso l'organizzazione di campagne di sensibilizzazione sulle problematiche andrologiche. Tale mezzo comunicativo è stato diffusamente utilizzato negli ultimi anni dalle diverse associazioni facenti parte del settore andrologico italiano, spesso in collaborazione con importanti case farmaceutiche e organismi istituzionali, come il Ministero della Salute.

Le diverse iniziative promosse possono essere aggregate in un'ampia progettualità di campagne di informazione e prevenzione dedicate ad una generale medicalizzazione della sessualità maschile. Solitamente, assieme ai siti internet contenenti la maggior parte del materiale informativo, si accompagnano anche diverse pubblicità sociali (Gadotti, 2005), sia per la stampa che per la tv, e l'organizzazione di eventi di screening su tutto il territorio italiano. Tra le campagne si possono trovare quelle focalizzate su problematiche specifiche, come le campagne informative sulla disfunzione erettile e sull'eiaculazione precoce, entrambe finanziate dalle case farmaceutiche produttrici dei farmaci orali specifici per questi disturbi99. Esistono inoltre progetti più articolati e ampi che ricoprono varie tematiche della 97 http://www.andrologiaitaliana.it/

98 http://www.siams.info/

99 Le campagne sulla disfunzione erettile sono state sviluppate dalle società S.I.A., S.I.A.M.S. e S.I.U. e finanziate dalla Eli Lilly, produttrice del Cialis. La prima, “Amare senza pensieri” lanciata nel 2007 confluì, nel 2009, nella campagna condotta a livello europeo intitolata “No more excuses”, “Basta scuse” nella versione italiana. Nel 2012 il progetto ha preso il nome di “Chiedi aiuto”, mentre nel 2013 e diventato

salute sessuale maschile e della prevenzione, come “Amico andrologo” o “Androlife”.

Tabella 1. Campagne di sensibilizzazione sulla salute sessuale maschile in Italia dal 2001100

Periodo Titolo Tema Target Attori

(promotori, patrocinatori, sponsor) Dal 2001 Settimana/Semestre della prevenzione andrologica S a l u t e s e s s u a l e maschile U o m i n i d i qualsiasi età SIA Ministero della Salute Sponsor privati vari nei diversi anni, tra cui case

farmaceutiche (e.g. Pfizer, Sigma Tau, Lilly, Bayer) 2008-2009 Amare senza Pensieri DE Uomini 40-70 SIAMS, SIA,

SIU, Ministero della Salute, Eli Lilly 2009 Amico Andrologo Salute sessuale e

riproduttiva maschile Uomini giovani (dai 18 in su) U n i v . L a Sapienza, SIAMS, Ministero della Salute

2010 Basta scuse DE Uomini

40-70

SIAMS, SIA, SIU, Eli Lilly

“Uomo e salute”, mantenendo pressoché intatte forme divulgative e contenuti del messaggio. Le campagne relative alla cura dell'eiaculazione precoce, invece, sono state fin'ora soltanto due, create grazie alla collaborazione fra le associazioni professionali sovracitate e le due case farmaceutiche che hanno avuto in gestione i diritti di vendita del farmaco Priligy (Dapoxetina), prima la Jansen-Cilag finanziatrice di “Eiaculazione precoce stop” (2011) e, successivamente, la Menarini con la campagna attuale “Benessere coppia” (2013).

100 Ripreso da Ferrero Camoletto, Bertone, 2012: 440 (cfr. Salis, Ferrero Camoletto, Bertone, 2015: 152). 134

2011 Androlife Salute sessuale e riproduttiva maschile Uomini dai 18 anni in su Ministero della Salute, Croce Rossa Italiana, SIAMS, Merck, Merck Serono, Genadis, Eli Lilly 2011 Eiaculazione precoce Stop EP Uomini di qualsiasi eta  SIAMS, SIA, SIU, Janssen-Cilag

2012 Chiedi Aiuto DE Uomini

40-70

SIAMS, SIA, S I U , G i r o d'Italia, Eli Lilly 2013-in corso Uomo e Salute DE e I.P.B. Uomini

40-70

SIAMS, SIA, SIU, Eli Lilly 2013-in corso Benessere Coppia EP Uomini di

qualsiasi eta 

SIAMS, SIA, SIU, AOGOI, Menarini

Queste campagne, per quanto non tutte apertamente finanziate dalle case farmaceutiche, sono comunque il segno tangibile di una forte sinergia tra queste ultime e le società di categoria professionale medica, entrambe particolarmente attive nel sostenere una concezione medicalizzata della sessualità maschile in un contesto, quale quello italiano, in cui risulta ancora scarsa la propensione della popolazione maschile ad affrontare i problemi sessuali e a gestirli in termini clinico-terapeutici. Tanto che, nella rivista ufficiale della SIA – Iouomo – tali campagne vengono definite come una vera e propria “rivoluzione culturale” finalizzata a “squarciare il velo dell’imbarazzo che per lungo tempo ha oscurato la sessualità maschile” (Pirozzi Farina, 2011: 1). Anche perché, nella rappresentazione del problema presentata nel Quaderno del Ministero della Salute specifico per l’andrologia, “le patologie andrologiche” pare abbiano raggiunto “una diffusione tale da essere considerate malattie 135

sociali e possono manifestarsi in tutti gli individui in qualsiasi momento della vita, dall’epoca della nascita fino alla terza età. Per tale motivo ogni individuo a qualsiasi età potrebbe necessitare della figura dell’andrologo” (Bevere et al., 2012: xxxiv).

In queste brevi righe contenute in una pubblicazione ufficiale ad alto carattere divulgativo, si condensa l’intento medicalizzante così evidente all’interno dell'area andrologica italiana: alla necessaria patologizzazione di problematiche collegate alla sfera sessuale e riproduttiva maschile, si accompagna la “promozione” della figura dell’andrologo. “L'andrologo è la controparte del ginecologo” si legge nel sito Prevenzione Andrologica della SIA, ma forse sarebbe più corretto usare il condizionale dal momento che non sembra ancora esserci un pieno riconoscimento pubblico della sua figura come “medico dell'uomo”, così come il ginecologo è invece il medico della donna.

Per la quasi totalità dei medici intervistati, questo mancato riconoscimento non sarebbe solo da ricondurre all’abolizione della specifica specializzazione, quanto piuttosto ad una forte resistenza, soprattutto di tipo culturale, da parte dell'utenza maschile a rivolgersi al medico per questioni legate alla sessualità. A cio si va così ad aggiungere l’aggravante della carenza/assenza dei giusti spazi per l’esercizio della professione e per la comunicazione con il paziente, soprattutto in chiave di prevenzione. È opinione diffusa, infatti, anche tra gli intervistati, che con l'abolizione della leva militare sia andata persa l'opportunità di fare uno screening di prevenzione e valutazione andrologica tra i giovani maschi su larga scala (Bevere et al., 2012; Jannini et al., 2016):

[la figura dell’andrologo] è sottostimata nella misura in cui manca la prevenzione […] prima c'era la visita militare che era un bel filtrone, a maglie grosse se vogliamo, pero era un filtro che beccava tutti insomma. Non essendovi più la visita militare, il genitale maschile rimane un buco nero fino al presentarsi della patologia, con ovviamente aggravi dal punto di vista sia delle difficoltà di cura per molte patologie che hanno un andamento progressivo, per cui prima le becchi e prima le curi con risultati migliori, sia in termini di costi sociali, nel senso che è preferibile, che so, costa meno alla comunità operare un varicocele a diciott'anni che non trovarsi un paziente infertile a trentaquattro che deve fare una procreazione medicalmente assistita o comunque un intervento molto più costoso, per dire, rispetto ad una patologia molto banale no? Ma è inutile, non c’è proprio la cultura di andare a farsi una visita per vedere se è tutto a posto, per monitorare, come voi [donne] fate con il ginecologo, o mi sbaglio? E invece da noi vengono solo quando ci sono problemi, quando non gli si alza più (ride). Oh, per carità non mi lamento, il lavoro non mi manca (ride). Ma sarebbe davvero bello far entrare nella testa dei maschi italiani il concetto di prevenzione (enfasi) (Intervistato 30, andrologo, endocrinologo).

È connaturato alla natura umana e soprattutto alla natura maschile quella di nascondere i propri problemi, cioè, la donna va dal ginecologo in età molto adolescenziale,il maschio invece non ci va, il pediatra non se ne occupa, molto spesso il medico di famiglia non ha tempo. E quindi c'è un buco che sta tra i 12/13 anni, o a volte i 30/40/50 in cui il maschio non sa dove andare e i problemi, a meno che non siano problemi molto gravi, tende a tenerseli purtroppo. Per cui il tabù c'è sempre stato c'è e ci sarà sempre, pero comunque va anche detto che c'è uno svecchiamento dei vecchi modi di pensare e quindi la gente ci va più spesso dall'andrologo al giorno d'oggi, pero comunque soprattutto per quello che riguarda tematiche più imbarazzanti come l'EP o il deficit erettivo ancora oggi vedi che molto spesso le cose vengono fuori per caso, molto spesso è la donna che lo tira fuori cioè la reticenza, il tabù c'è sempre comunque (Intervistato 18, urologo con competenze andrologiche).

[la figura dell’andrologo] dieci anni fa era meno conosciuta di oggi, anche grazie agli aspetti pubblicitari, di informazione. Le società scientifiche hanno fatto tanti passaggi pubblicitari anche sponsorizzati dalle case farmaceutiche interessate al campo. Ora molta più gente sa che esiste l'andrologo. Certamente non è che ha la stessa rilevanza e abitudine d'uso di un ginecologo, eh, assolutamente. Insomma, il concetto di prevenzione, cioè che uno fa la visita andrologica per vedere se è tutto a posto all'apparato genitale ma-schile è un concetto ancora per pochi illuminati, comunque esattamente uno a dieci rispetto alla donna che sa che deve andare dal ginecologo, è una figura sottostimata ma comunque direi in ampia crescita rispetto al passato (Intervistato 33, urologo con competenze andrologiche).

La figura andrologica emerge ancora come una professione sottostimata dalle stesse parole di chi se ne occupa, anche se tutti gli intervistati riconoscono gli enormi passi avanti che, in questo frangente, si sono fatti soprattutto grazie all’entrata in commercio dei farmaci orali, sia per la disfunzione erettile101 che per l'eiaculazione precoce102, e ad una maggiore circolazione mediatica di informazioni sulla salute sessuale maschile, che hanno senza dubbio favorito una destigmatizzazione di queste tematiche e una conseguente maggiore conoscenza dell'esistenza di un professionista apposito per la salute maschile, seppure “decisamente ancora insufficiente” (Intervistato 13, urologo con competenze andrologiche). Per questo motivo, ribadisce un intervistato urologo (Intervistato 13), “bisogna parlarne, parlarne e ancora parlarne, nei mass media, queste cose qui, televisione, internet e tutto, anche perché il paziente andrologico viaggia molto sul web, fondamentalmente il web è una grande risorsa”.

Si sente percio il bisogno di gettare nuove basi per creare un rapporto di 101 PDE5i – Inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5 – di cui il Viagra (Pfizer) è il capostipite.

102 Dapoxetina – nome commerciale Priligy (Menarini).

fidelizzazione tra gli andrologi e i pazienti maschi, a partire dalla giovane età. In questo scenario assumono così particolare rilevanza iniziative come le campagne sovracitate focalizzate su una generale prevenzione andrologica (Prevenzione Andrologica103 patrocinata dalla SIA, Amico Andrologo104 e Androlife105 patrocinate dalla SIAMS) che, avendo una visibilità anche nelle scuole primarie e secondarie, si propongono di facilitare l'accesso dei giovani dall'andrologo, promuovendo un vero e proprio “stile di vita andrologico”106 per l'uomo lungo tutto l'arco della sua vita. Su questa linea troviamo l'appello espresso all'interno del Quaderno Ministeriale n.13 che sollecita la presenza tassativa di un andrologo all'interno di ogni struttura consultoriale (Bevere et al., 2012: 93), non prevista obbligatoriamente dalla legge attuale, o nei centri di procreazione medicalmente assistita (PMA) dove l'importanza della figura andrologica viene spesso sottovalutata collocandola “solamente in fondo all’iter diagnostico” (Bevere et al., 2012:94)107.

Il quadro che emerge sembra, percio, definire l'andrologia italiana come una disciplina in forte espansione le cui competenze non si limitano esclusivamente alla fisiopatologia e alla clinica della sfera sessuale e riproduttiva maschile ma anche agli aspetti socio-antropologici (Menchini Fabris, 2008), spaziando così “dall’endocrinologia alla medicina interna, dalla microbiologia alla biologia molecolare, dalla semeiologia alla genetica, dalla psicologia alla sociologia della salute” (Bevere et al, 2012: xxxiv; cfr. Menchini Fabris, 2008; Lenzi, 2012). A confermare questa visione d'insieme si ritrovano le diverse società scientifiche che, per quanto divise in diverse sigle, sono tutte particolarmente attive e dinamiche nel condividere, l'obiettivo di dare maggiore credito, autonomia e competenze all'andrologo, descritto non solo come “il miglior amico dell’uomo in tutte le fasi dell’esistenza” (Vaggi, 2009: 3), ma come una vera e propria “figura professionale di riferimento trasversale” che si occupa “della salute sessuale e riproduttiva del maschio e, 103 http://www.prevenzioneandrologica.it/

104 http://www.amicoandrologo.it/web/it/ 105 http://www.androlife.it/

106 http://www.amicoandrologo.it/web/it/

107 In direzione analoga troviamo la petizione popolare promossa dall'A.I.D.A.S.S. (Associazione Italiana per il Diritto alla Salute Sessuale) che ha richiesto, nel Lazio, l'approvazione di una legge regionale in favore dell'istituzione in ogni ospedale e in tutte le aziende sanitarie di una unità operativa andrologica e della programmazione di una visita medica andrologica preventiva gratuita rivolta a tutti i ragazzi fra i 14 e i 18 anni. Fonte: http://www.aidass.it/index.php?option=com_content&task=view&id=53&Itemid=1

ovviamente, anche della coppia” (Bevere et al., 2012: x).

Allo stesso tempo pero, accanto a dichiarazioni che da una parte enfatizzano in chiave positiva la multidisciplinarietà funzionale dell'andrologia e, dall'altra, continuano a riferirsi all'andrologo come una figura unitaria di “referente della salute sessuale maschile” (Fusco, 2008: 18), si rintracciano anche richiami più critici che lasciano intravedere quanto forse la strada verso la stabilità interna del settore andrologico sia ancora lunga e accidentata. Senza una specializzazione riconosciuta l'andrologia sarebbe infatti alla ricerca di “una sua precisa identità, come disciplina accademica di insegnamento, come scienza medica, come branca clinico-chirurgica” (Fusco, 2008: 18). In questo contesto dunque il vero andrologo fatica a “doversi 'scolpire' i giusti spazi clinici nella struttura di riferimento, rifiutare i facili accomunamenti o, peggio, inglobamenti in branche mediche affini, puntualizzare i distinguo che lo rendono peculiarmente insostituibile” (Fusco, 2008: 18). Invettive ancora più esplicite contro l'apertura della pratica andrologica anche a chi non possiede un titolo di specialista si ritrovano per esempio nelle pagine di Andronews, rivista trimestrale della SIA, dove uno specialista andrologo, riferendosi allo “spinosissimo problema rappresentato dalla abolizione della Scuola di Specializzazione” (Papini, 2006: 1), chiede in maniera retorica:

“Se tu, tuo figlio, tuo padre, tuo nipote aveste un problema andrologico [...] da chi preferireste essere valutati o trattati? A) da un medico che fa dell’andrologia la sua professione principale da oltre 5 anni, magari anche specialista, che segue i Congressi della Società, i suoi stage europei, i suoi laboratori e i suoi centri di eccellenza? B) da un medico che fa l’Urologo o l’Endocrinologo o il Ginecologo a tempo pieno e l’Andrologo saltuariamente dopo un master? Riteniamo che un’indagine fra gente di media cultura ed intelligenza darebbe una netta prevalenza di risposte tipo A”.

Nonostante un grande sforzo a livello pubblico per diffondere la cosiddetta “cultura andrologica” si ritrovano, quindi, anche all'interno di comunicazioni ufficiali, sebbene difficilmente circolanti tra i non addetti ai lavori, sentori di un malcontento derivante proprio da una non totale armonia fra le diverse “anime dell'andrologia”. Queste divisioni emergono in maniera particolarmente netta anche nelle parole dei medici intervistati. I veri andrologi che posseggono una specializzazione andrologica con “la A maiuscola” (Intervistato 14, andrologo, urologo), per esempio, tengono a evidenziare quanto le competenze andrologiche ottenute oggi con i master siano in realtà piuttosto frammentarie:

A mio avviso, oggi, sono tutti master che approfondiscono uno dei due maggiori indirizzi dell'andrologia, 139

non danno una visione a tutto campo. E quindi ritorniamo proprio al fatto che dipende dalle competenze e la maggior parte delle volte queste competenze non sono le stesse che puo avere chi ha davvero studiato l'andrologia con l'A maiuscola. Cioè, dire 'Urologo con competenze andrologiche', se ha competenze esclusivamente di chirurgia andrologica, eh, allora il paziente infertile, il paziente giovane, l'adolescente da valutare, molto probabilmente non lo sa fare, mentre un andrologo si! Diciamo che in linea di massima lo sa fare perché l'andrologia di per sé come branca prevede delle competenze su questo campo qui, l'endocrinologo sarà più esperto per quanto riguarda tutto il problema degli ormoni, eccetera, pero puo darsi che non abbia competenza dal punto di vista della chirurgia delle patologie andrologiche, quindi insomma, queste competenze vanno valutate di volta in volta, è giusto che ognuno faccia quello che sa fare poi alla fine” (Intervistato 14, andrologo, urologo)

Tutti i “veri andrologi” dunque tengono a rimarcare il possesso di una preparazione andrologica più completa e non frammentaria come quella che si puo ottenere oggi attraverso i master. In ogni caso, le fratture interne, come già si puo evincere dal precedente estratto di intervista, non sembrano pero scorrere espressamente lungo la discriminante del grado di certificazione delle competenze andrologiche ottenute, ma si strutturano soprattutto in bilico tra le cosiddette due anime dell'andrologia, ovvero l'impostazione urologica-chirurgica e quella internistica-endocrinologica. Si legge infatti nel già citato Quaderno Ministeriale specifico per l'andrologia, che “data l’assenza attuale a livello italiano ed europeo di una specifica Scuola di Specializzazione, si definisce come andrologo un endocrinologo con competenze andrologiche o un urologo con competenze andrologiche” (Bevere et al., 2012: 113; Jannini, 2016: 10-16). La differenza che intercorre fra i due background ruota attorno alle “competenze ormonali o chirurgiche”, dove l'endocrinologo per definizione “gestisce meglio gli ormoni” e l'urologo “gestisce molto meglio la parte chirurgica” (Intervistato 19, endocrinologo con competenze andrologiche):

Gli urologi, essendo chirurghi, hanno in genere un approccio più alla patologia, in ogni caso si occupano delle situazioni andrologiche che abbiano una ripercussione chirurgica, varicocele, fimosi, torsioni del testicolo, quindi quell'aspetto lì è competenza evidentemente del chirurgo; ci sono le patologie invece che sono di natura più medica, l'ipogonadismo, la disfunzione erettile, l'eiaculazione precoce in cui non ci va un approccio chirurgico e allora ce le gestiamo sia noi che loro. L'endocrinologo rispetto all'urologo ha un approccio più internistico, quindi generale, e quindi l'attenzione ai possibili altri motivi, problemi di salute che possono portare vuoi alla disfunzione erettile che è poi la patologia più prevalente, vuoi all'ipogonadismo, mentre magari i colleghi urologi si focalizzano su quel sintomo lì, su quel disturbo lì e di quello si occupano. Noi abbiamo più una formazione anche diabetologica, per cui spessissimo questi pazienti sono pazienti dismetabolici e quindi quegli aspetti lì noi li valutiamo e li trattiamo per altro oltre al al trattamento della disfunzione sessuale o gonadica che sia. Questo è il grosso della differenza tra l'approccio urologico chirurgico e quello endocrinologico-medico (Intervistato 2, endocrinologo con competenze andrologiche).

Diciamo che in Italia l'endocrinologo-andrologo si occupa generalmente della parte andrologica di pertinenza endocrinologica per cui, nell'ambito dell'endocrinologia, l'andrologo si occupa dell'ipogonadismo, del paziente che ha un deficit di testosterone e si occupa magari del paziente impotente. Tipicamente l'urologo si occupa di più della parte diciamo dell'impotenza che molto spesso si associa anche a disturbi minzionali, disturbi infiammatori magari delle vie urinarie e genitali, cioè di quelle parti dell'andrologia che maneggia tra virgolette più comunemente facendo l'urologo, mentre invece l'endocrinologo si occupa di quella fetta di andrologia che rientra più nella parte ormonale, quindi del deficit ormonale, così come il ginecologo si occupa di andrologia tutte le volte che magari cura una paziente e poi c'è un problema magari di fertilità coppia e quindi si occupa anche del maschio. Diciamo che, non essendoci una figura andrologica riconosciuta a tutto tondo, ci sono varie figure che si occupano di andrologia cioè che si intersecano nell'insieme dell'andrologia, pero poi uno poi tende ad occuparsi della piccola branca dell'andrologia che gli deriva un po' di più, che è un po' più aderente alla specializzazione di appartenenza (Intervistato 18, urologo con competenze andrologiche).

Per alcuni intervistati si tratta pero di differenze assai modeste e superabili di fronte alla necessità di essere in primo luogo un medico “dedicato” alla salute andrologica dei pazienti e