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I. I confini mutevoli della diagnosi …

1.4 Origini della medicalizzazione: la medicina come istituzione di

1.4.2 Disease mongering …

In questo scenario, la medicalizzazione diventa “disease mongering” (Parry, 2003; Moynihan, Cassels, 2005; Law, 2006). Questo termine indica in maniera polemica il “traffico di malattie” che si attiverebbe ogniqualvolta viene immesso un nuovo medicinale sul mercato per determinare una espansione diagnostica della malattia ad esso connessa tale da incrementare il bacino di coloro che si considerano malati e di conseguenza i profitti del mercato sanitario.

Le strategie di marketing impiegate per “stimolare la creazione di patologie mediche” (Moynihan, Cassels, 2005: 4) sono molteplici. Conrad, per esempio, segnala i meccanismi attraverso i quali, a volte, si dedica attenzione ad una malattia poco conosciuta promuovendo definizioni mediche sottoutilizzate o del tutto nuove per legittimare il prodotto più recente, si modificano le definizioni di un vecchio disturbo, si espande la definizione di una malattia fino ad allora indicata per un target ridotto o si abbassa la soglia sopra la quale si cura un problema già esistente (Conrad, 2007; 2009: 50); mentre Moynihan e Cassels, similarmente, mettono in risalto in che modo normali processi vitali o problemi di tipo personale e sociale vengono spacciati per problemi medici, le modalità in cui si tende ad esagerare l'incidenza e la gravità di sintomi in realtà rari o lievi e la cosiddetta patologizzazione dei fattori di rischio (Moynihan et al., 2002; Moynihan, Cassels, 2005). L'idea è comunque quella di vendere la malattia insieme al farmaco, operando sia verso la promozione di un quadro che faccia apparire il

disturbo in questione diffuso e grave ma, allo stesso tempo, curabile in maniera efficace e funzionale attraverso una terapia farmacologica; sia verso la costruzione di una pubblica associazione tra il problema e il suo trattamento che generi fra i due una specie di binomio indissolubile nell'immaginario comune. Si pensi, per esempio, al caso della disfunzione erettile e del Viagra, considerato emblematico di questo processo e che verrà analizzato nel prossimo capitolo (Parry, 2003; Loe, 2004; Moynihan, Cassels, 2005; Law, 2006; Conrad, 2007).

Le suddette strategie di mercato variano, chiaramente, da Paese a Paese e si adattano ai regolamenti vigenti in ogni Stato. Per quanto riguarda la società statunitense, il fondamentale punto di svolta che ha permesso alle case farmaceutiche di aumentare a livelli esponenziali la propria visibilità e i propri guadagni è avvenuto, non a caso, in campo pubblicitario. Infatti, se per la maggior parte del XX secolo, l'industria farmaceutica è stata limitata nella promozione dei propri prodotti esclusivamente ai medici tramite contatto diretto, organizzazione di convegni e pubblicità nelle riviste professionali specializzate, dal 1997 la situazione è mutata drasticamente grazie all'approvazione, da parte della Food and Drug Administration, del Modernization Act: un'epocale revisione e riduzione della severità delle normative relative all'utilizzo off-label21 dei farmaci e della pubblicità diretta al consumatore – direct-to-consumer advertising (D.T.C.) – dei farmaci con obbligo di prescrizione (Murray, 2009: 208). Grazie al Modernization Act le case farmaceutiche non solo hanno potuto fornire ai medici più informazioni riguardo ai loro prodotti promuovendone attivamente un'uso “fuori etichetta” ma anche, e soprattutto, servirsi dei canali mediatici pubblicitari per puntare i riflettori su una “quick-fix technological solution” (Wienke, 2005: 35) e incoraggiare il pubblico di pazienti, ormai a tutti gli effetti consumatori, a rivolgersi al proprio medico per ottenere una soluzione sempre più “a portata di pillola” (Wilkes et al., 2000: 121; cfr. Blech, 2006: 81; Busfield, 2010). Non stupisce affatto, quindi, l'incredibile aumento della pubblicità sui farmaci con obbligo di prescrizione che è seguito a questa determinante modifica nella normativa tanto che nel 2005, in meno di dieci anni, la spesa che il settore farmaceutico ha investito in questo

21 Il termine off-label, in gergo medico, fa riferimento ad un impiego di medicinali non conforme a quanto previsto in scheda tecnica, quindi una prescrizione di farmaci per curare disturbi differenti da quelli per cui è stato registrato o secondo indicazioni, modalità di somministrazione e dosaggi diversi da quelli indicati nel foglio illustrativo

campo è cresciuta quasi del 400%, con la cifra record di 4 miliardi di dollari, superando ampiamente le spese devolute nel campo della ricerca e dello sviluppo (Conrad, Leiter, 2008: 832; Payton, Thoits, 2011: 57). Dal 2003 gli spot televisivi sui medicinali sono diventati talmente pervasivi da rappresentare, ormai, una delle fonti primarie di informazione sanitaria per l'americano medio che viene, di norma, esposto a nove annunci televisivi sui farmaci al giorno (Mintzes, 2002: 909; Mintzes et al., 2003; Murray, 2009: 209).

Fuori dai confini degli Stati Uniti e della Nuova Zelanda, laddove per legge non si puo usufruire dell'accesso pubblicitario diretto al pubblico, si opta, invece, per l'organizzazione di campagne di sensibilizzazione e altri eventi mediatici di disease awareness. Tra i più gettonati troviamo i convegni, le tavole rotonde o iniziative che addirittura, in una sorta di paradossale “santificazione delle malattie” nel calendario (Marchetti in Bronzini, 2013: 51), sponsorizzano intere giornate, settimane, mesi incentrati non sul brand del farmaco, azione vietata in quanto illecita, ma sul principio attivo o sulla patologia.

In aggiunta a queste operazioni vanno poi annoverati tutti quegli espedienti attuati per cercare di eludere la scadenza dei diritti di proprietà sui principi attivi dei farmaci e la conseguente perdita di introiti dovuta all'entrata in commercio degli equivalenti generici. Law (2006) menziona, fra gli altri, la pratica di miscelare nella stessa pillola due diversi farmaci best-seller ad imminente scadenza di brevetto22. La combinazione di farmaci che ne scaturisce è protetta da un nuovo brevetto che la difende dagli imitatori e dalla genericazione anche molto tempo dopo che i singoli principi hanno ormai perso la loro protezione giuridica, una strategia che “mira a tarpare le ali alla concorrenza dei farmaci generici, far tornare alla ribalta marchi ormai stagionati e aumentare le probabilità che i pazienti continuino a farne uso” (Hensley cit. in Law, 2006: 97). Tra le altre manovre finalizzate ad estendere la durata dei brevetti dei farmaci troviamo: la creazione di varianti molecolari praticamente identiche a quelle già in uso23; l'aggiunta di nuovi metodi di somministrazione e di nuove indicazioni

22 È il caso, per esempio, del Caduet della Pfizer, nato dall'associazione fra l'anticolesterolo Lipitor e il Norvasc, contro l'ipertensione (Law, 2006)

23 Apportando una modifica irrilevante nella struttura chimica della molecola si ottiene un isomero che, benché rappresenti un'immagine praticamente speculare rispetto a quella in questione, è brevettabile come nuova entità chimica e quindi vendibile sotto forma di nuovo farmaco che non contiene nessuna miglioria rispetto al suo “gemello” ma che viene comunque immesso sul mercato come novità più costosa. L'elenco dei farmaci identici nella composizione ma non nel prezzo è molto lungo. Law e Di Leo citano gli esempi di due antiallergici Claritin e Aerius della Schering-Plough e degli antiulcerosi Prilosec/Antra e Nexium dell'

Astra-terapeutiche aggiuntive24 o ancora, per usare le parole di Law (2006: 101; cfr. Abraham, 2010), di qualsiasi altra cosa permetta alle società “di estendere il periodo durante il quale possono applicare prezzi monopolistici, senza che né i medici né l'opinione pubblica si rendano conto che il prodotto non è necessariamente migliore del precedente, oltretutto disponibile a prezzi molto inferiori”.

Da queste dinamiche risulta che sebbene i primi, e massimi, beneficiari di questo fenomeno siano ovviamente le case farmaceutiche, in realtà, si assisterebbe ad una vera e propria convergenza di interessi e alleanze, più o meno informali, tra queste ultime e le agenzie di marketing e comunicazione, le società scientifiche di categoria, che sfruttano l'opportunità per aumentare la loro visibilità e guidare il mercato, i singoli medici, che vedono accrescere il loro prestigio e il loro giro di clienti, e le associazioni di pazienti, spesso sussidiate economicamente, in modo diretto o indiretto, dalle stesse industrie farmaceutiche (Moynihan et al., 2002: 886; Moynihan, Cassels, 2005; Conrad, 2007; Bobbio, 2010: 111).