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La criminalità organizzata transnazionale e l’evoluzione del fenomeno tra innovazioni tecnologiche

e globalizzazione.

Volgendo ora lo sguardo alle dinamiche assunte dalla moderna criminalità, ci si rende conto come alcune caratteristiche evolutive di essa siano decisamente prevalenti sulle altre quali, ad esempio, l’assunzione di forme associative sempre più strutturate ed una dimensione transnazionale. Infatti, soprattutto nel corso degli ultimi due decenni, la criminalità organizzata ha acquisito un carattere marcatamente transnazionale39. Questa connotazione, tuttavia, attiene non solo al crimine organizzato, ma anche ad altre gravi forme della moderna criminalità.

Con il termine “transnazionalità” si intende alludere alla cooperazione che gruppi criminali di diversa nazionalità instaurano fra di loro per gestire più efficacemente determinati mercati criminali. In dottrina, la criminalità transnazionale è stata definita da alcuni autori come una serie di “attività criminali che

39 PONTI C., “Il diritto internazionale e la criminalità organizzata”, in Osservatorio sulla criminalità organizzata (CROSS), Vol. 1, n. 1, 2015, cit., pag. 23.

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si estendono in diversi paesi e che violano le leggi di diversi paesi”40. Pertanto, l’elemento che contribuisce a differenziare la

criminalità transnazionale da quella nazionale risiede nel fatto che la prima viola le leggi penali di diverse giurisdizioni mentre la seconda si limita a violare la legislazione di un singolo Stato41. Proprio per questo motivo i termini “transnazionale” e “organizzato” vengono utilizzati in maniera intercambiabile per specificare la genericità della parola crimine. Nonostante ciò la criminalità transnazionale esiste sia come fenomeno oggettivo, e quindi misurabile sulla base di dati, sia come costruzione soggettiva, quindi percepita diversamente da Stato a Stato, da regione a regione, da persona a persona42. Infatti, quello che per una determinata legislazione nazionale costituisce reato, non è detto che lo sia anche per altre legislazioni; inoltre, la percezione individuale può essere molto diversa, come il grado di accettazione, e dunque anche la legittimazione del fenomeno. Un'altra caratteristica della criminalità transnazionale risiede – come anticipato – nel suo forte elemento organizzativo. Infatti, per portare a termine delle operazioni che vadano al di là dei confini nazionali e per rendere minimo il rischio di essere catturati, i gruppi criminali transnazionali devono introdurre una disciplina ferrea, un elemento organizzativo flessibile e devono dotarsi di conoscenze tecnologiche avanzate.

40 PAVONE M., “La definizione del crimine transnazionale”, 16 maggio 2006, articolo reperibile su sito www.altalex.com., cit., pag. 2.

41 SAVONA E. U., “Processi di globalizzazione e criminalità organizzata

transnazionale”. Relazione presentata al convegno: “La questione criminale nella società globale”, Napoli, 10-12 dicembre 1998, cit., pag. 2.

42 ZABYELINA Y., “Routledge handbook of transnational organised

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Per dar conto delle connotazioni transnazionali che ha assunto la criminalità moderna sono state proposte diverse classificazioni dei reati43; tuttavia, nonostante tali classificazioni, è possibile reperire una precisa base positiva concernente la categoria del “delitto transnazionale”, alla luce della sua definizione normativa contenuta nell’articolo 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sul crimine organizzato transnazionale (c.d. “Convenzione di Palermo”)44. Tale Convenzione, difatti, ha cristallizzato la

nozione di “criminalità organizzata transnazionale” in uno strumento giuridico multilaterale, che costituisce una base minima comune per la cooperazione giudiziaria penale, anche nei rapporti con quei Paesi che nel passato si erano in qualche modo sottratti ad ogni collaborazione inter-statuale a fini di repressione delle più gravi forme di criminalità45. All’interno di tale Convenzione è stata accolta una nozione estremamente ampia di delitto transnazionale; infatti, ai sensi dell’art.3 comma 2, «un reato è di natura

43 Secondo una di queste classificazioni – formulata da LAUDATI A. durante il Convegno “Costituzione europea, valori, principi, istituzioni, sistemi

giuridici” – è possibile distinguere i reati, ed in particolare i delitti, in: “delitti nazionali”, per i quali tanto la condotta quanto l’evento del reato si realizzano

nel territorio di un solo Stato; “delitti internazionali”, per i quali, pur avvenendo la loro consumazione interamente sul territorio di uno Stato, gli effetti giuridici o materiali si espandono sul territorio di altri Stati; “delitti

transnazionali”, espressione con la quale è possibile riferirsi a quei crimini per

i quali, sia la condotta che l’evento si realizzano, contestualmente, sul territorio di più Stati.

44 La Convenzione di Palermo è stata adottata formalmente dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite con la Ris.55/25 del 15 novembre 2000, insieme a due Protocolli addizionali per la prevenzione, repressione e punizione della tratta di persone, in particolare donne e bambini (Protocollo Tratta) e contro il traffico illecito di migranti via terra, mare e aria (Protocollo Migranti). Il Protocollo contro la produzione e il traffico illeciti di armi da fuoco, loro parti e componenti, e munizioni (Protocollo Armi da fuoco) è stato adottato dall’Assemblea generale con la Ris.55/255 del 31 maggio 2001. La Convenzione di Palermo è entrata in vigore il 29 settembre 2003.

45 ROSI E., “Crimine organizzato transnazionale” in MARANDOLA A. (a cura di), “Cooperazione giudiziaria penale”, Giuffrè Editore, Milano, 2018, cit., pag. 405.

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transnazionale se: a) è commesso in più di uno Stato; b) è commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avviene in un altro Stato: c) è commesso in uno Stato, ma in esso è implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; d) è commesso in uno Stato, ma ha effetti sostanziali in un altro Stato»46.

Tale disposizione indica i requisiti che consentono di considerare come transnazionale una fattispecie incriminatrice del nostro sistema penale. Si tratta di indicazioni specifiche che trasformano una determinata figura di reato – punito con una pena edittale superiore a quattro anni di reclusione – nella corrispondente fattispecie incriminatrice transnazionale; si tratta, dunque, di un notevole passo in avanti nella direzione del controllo della criminalità e dei fenomeni criminosi internazionali divenuti, negli ultimi anni, molto rilevanti47.

Concentrandoci ora sulle cause che hanno portato la criminalità ad uno sviluppo in senso transfrontaliero, si può subito notare come la dimensione transnazionale del crimine affondi le proprie radici in primo luogo nella natura delle cose oggetto dei mercati criminali48. Tali mercati – gestiti dai gruppi criminali – non riguardano più, o soltanto, beni immobili – come ad esempio agricoltura, edilizia, appalti di opere pubbliche – ma, in misura crescente, anche “cose mobili”: dai tabacchi alle armi, dalle sostanze stupefacenti ai rifiuti tossici, fino agli esseri umani,

46 Articolo 3, comma 2, della Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale.

47 PAVONE M, “La definizione del crimine transnazionale”, cit., pag. 1. 48 SPIEZIA F., “Crimine transnazionale e procedure di cooperazione

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oggetto di immigrazione clandestina o di tratta a fini di sfruttamento lavorativo o sessuale49. Si tratta, come è facile notare, di situazioni diverse che pongono problemi differenti nell’individuazione di efficaci strategie preventive e repressive; queste situazioni presentano, tuttavia, tratti comuni. Difatti, tutti gli affari criminali si sviluppano ed esistono a certe condizioni: ad esempio, se esiste una domanda di beni e servizi illegali, se non è pienamente soddisfatta la domanda di beni legali, se esistono un alto livello di disoccupazione e altre fonti di esclusione tali da fornire le basi per una devianza sociale e, infine, se i funzionari burocratici e di polizia non sono adeguatamente formati e retribuiti50.

Pertanto, la criminalità transnazionale si prospetta, per un verso, dal punto di vista organizzativo, come un’impresa e, quindi, nei termini di un’attività economica finalizzante al profitto; per un altro verso, occorre ricordare che il fondamento operativo della criminalità transnazionale in forma di impresa è, per l’appunto, dato dall’esistenza di un mercato illegale. E questo trova la sua origine in un divieto normativo, in una criminalizzazione, alla quale le attività criminose transnazionali risultano connesse in termini funzionali51. Il perseguimento dei nuovi obiettivi criminali e, dunque, la “mobilità delle cose” oggetto dei traffici – spostate

49 VIGNA P. L., tavola rotonda sulla “criminalità transnazionale e

cooperazione internazionale in materia penale”, in “Crimine transnazionale fra esperienze europee e risposte penali globali”. Atti del III Convegno

Internazionale promosso dal Centro Studi Giuridici “Francesco Carrara”. Lucca, 24-25 maggio 2002, Giuffrè Editore, Milano, 2005, cit., pag. 444. 50 FIJNAUT C., PAOLI L., “Organised crime in Europe: concepts, patterns

and control policies in the European Union and beyond”, Springer

International Publishing, Dordecht, 2004, cit., pag. 30.

51 PADOVANI T., tavola rotonda sulla “criminalità transnazionale e

cooperazione internazionale in materia penale”, in “Crimine transnazionale fra esperienze europee e risposte penali globali”, cit. pag., 432.

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dai Paesi di produzione a quelli di destinazione, passando attraverso i c.d. Paesi ponte – ha provocato il sorgere ed il consolidarsi di sinergie tra gruppi operanti in vari Stati, dando così luogo alla transnazionalità che caratterizza la moderna criminalità. La transnazionalità del crimine organizzato, dunque, non costituisce più solo un aspetto particolare ed eccezionale, sia pure importante, del fenomeno della criminalità organizzata; ma, ormai, il carattere transnazionale connota di sé, in modo ordinario, ogni importante attività criminale organizzata52.

L’evoluzione della criminalità organizzata transnazionale è parte di quel fenomeno di trasformazione inaugurato dalla “terza era di globalizzazione”, quella, cioè, iniziata dopo la caduta del muro di Berlino53. Negli ultimi decenni, infatti, quel fenomeno conosciuto come “globalizzazione” ha avuto un’accelerazione che – soprattutto a partire dagli anni Ottanta del Novecento – ha investito gran parte della nostra vita sociale. Si tratta, evidentemente, di cambiamenti profondi indotti dalle nuove tecnologie, il cui impatto ha radicalmente cambiato la struttura della nostra società ed il modo di vivere, con conseguenze ed effetti anche sul mondo criminale e sulle sue articolazioni54. Il processo di globalizzazione ha, difatti, progressivamente allargato le opportunità non solo per le imprese legali ma anche per la criminalità transnazionale, creando nuovi affari e nuovi mercati non solo nel mondo legale, ma anche in quello criminale55,

52 SPIEZIA F., “Crimine transnazionale e procedure di cooperazione

giudiziaria”, cit., pag. 3.

53 DANZI F., “Criminalità transnazionale, governance e fattispecie di

reato”, 3 aprile 2005, articolo reperibile sul sito www.europeanaffairs.it. 54 SPIEZIA F., “Crimine transnazionale e procedure di cooperazione

giudiziaria”, cit., pag. 7.

55 Il professor SAVONA E. U., nella sua relazione “Processi di

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fornendo mezzi sempre più sofisticati e potenti con i quali le organizzazioni criminali riescono ad essere molto più efficienti. Pertanto, il concetto di “globalizzazione del crimine” chiarisce, in maniera evidente, la misura in cui la criminalità organizzata transnazionale si avvale di tutte le opportunità offerte dalla globalizzazione dei mercati e dalle nuove tecnologie di comunicazione e di gestione dell’informazione56.

Quando si parla di sviluppo della criminalità organizzata non si possono non prendere in considerazione anche i mutamenti politici e ordinamentali che hanno contrassegnato la storia, in particolare quella europea, specie nell’ultimo ventennio: si pensi al venir meno delle frontiere interne e dei controlli ad esse inerenti, unitamente alla piena libertà di circolazione garantita dal Trattato di Maastricht. Tutto ciò ha costituito, oltre che una indiscussa opportunità di progresso economico e sociale per i cittadini, anche una formidabile occasione per le organizzazioni criminali che, da subito, hanno imparato a trarre profitto dalle opportunità offerte

Convegno “la questione criminale nella società globale”, organizzato a Napoli il 10-12 dicembre 1998 – ha affermato che: «L’influenza della globalizzazione sulla criminalità transnazionale può essere esaminata considerando la situazione di nazioni con un diverso livello di sviluppo. Per i paesi in via di sviluppo la globalizzazione ha portato ad una trasformazione da una economia locale verso mercati globali più aperti, ma ha anche portato ad una riduzione dei prezzi dei prodotti tradizionali, e quanto più questi mercati tradizionali diventano più competitivi e i profitti vengono ridotti, tanto più diventano appetibili i profitti illeciti […]. Se la situazione nei paesi in via di sviluppo desta preoccupazione, gli effetti della globalizzazione sulla criminalità organizzata nei paesi industrializzati non sono assolutamente da trascurare. In primo luogo il processo di globalizzazione e la concorrenza che da questo ne deriva innestano una pressione economica sulle imprese marginali e creano un forte incentivo a queste stesse imprese a connettersi con il crimine transnazionale per sopravvivere. In secondo luogo una crescita del commercio mondiale comporta un conseguente aumento del numero delle transazioni finanziarie e contribuisce a diminuire il rischio che queste stesse transazioni vengano sottoposte a controlli da parte delle autorità investigative […]». 56 MASCHI V., “Le risposte europee e globali al crimine organizzato”, 26 aprile 2016, articolo reperibile sul sito www.ecointernazionale.com.

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dalla liberalizzazione dei mercati e dai movimenti di persone, capitali e merci57.

La spinta delle organizzazioni criminali alla ricerca, oltre frontiera, di nuovi mercati ed alleanze con gruppi criminali stranieri, e il già richiamato fenomeno della globalizzazione, hanno accresciuto – fra l’altro – il rischio del c.d. “forum shopping” o “jurisdictional shopping”: cioè la scelta da parte delle organizzazioni criminali degli Stati dove – a causa dell’assenza di politiche criminali e legislative di contrasto efficaci – è meno rischioso compiere le attività illecite58. La criminalità organizzata transnazionale rappresenta, pertanto, una grave minaccia ai sistemi economici e finanziari di tutti gli Stati e deve essere contrastata efficacemente a livello internazionale affinché il processo di globalizzazione possa procedere tranquillamente59.

Di fronte a questi nuovi scenari, l’Unione europea ha dunque maturato la consapevolezza che la globalizzazione della criminalità richiede – anzi, impone – una globalizzazione anche della risposta e del contrasto alla criminalità organizzata60. Questo vuol dire che occorrono nuove strategie coordinate sul piano europeo, che consentano di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri nell’azione di prevenzione e di repressione della criminalità transazionale. A tal proposito si può parlare di una

57 SPIEZIA F., “Crimine transnazionale e procedure di cooperazione

giudiziaria”, cit. pag. 8.

58 PONTI C., “Il diritto internazionale e la criminalità organizzata”, in Osservatorio sulla criminalità organizzata (CROSS), Vol.1, n.1, 2015, cit., pag. 23.

59 SAVONA E. U., “Processi di globalizzazione e criminalità organizzata

transnazionale”, cit., pag.2.

60 SELVAGGI E., tavola rotonda sulla “criminalità transnazionale e

cooperazione internazionale in materia penale”, in “Crimine transnazionale fra esperienze europee e risposte penali globali”, cit., pag. 416.

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“nuova concezione della cooperazione giudiziaria”. Dal concetto tradizionale di cooperazione giudiziaria, intesa come forma di assistenza che uno Stato offre a un altro Stato che è limitato dai propri confini nazionali nella sua sovranità, è emersa in maniera decisa l’idea che la cooperazione giudiziaria sia una delle espressioni dell’azione comune di contrasto contro un nemico che – essendo appunto un nemico comune – richiede una risposta comune. La strategia adottata dall’Unione europea contro la criminalità organizzata transnazionale può essere dunque spiegata a partire dal concetto di “universalità”. A fronte di un fenomeno criminoso che ormai coinvolge la maggior parte degli Stati, un’efficace azione di contrasto richiede, per forza di cose, che le norme e gli istituti giuridici non siano più disciplinati dai singoli Stati, ma vengano stabiliti a livello multilaterale, in una prospettiva tendenzialmente globale. La necessità di una più efficace cooperazione giudiziaria e, anzi, di una nuova concezione della cooperazione medesima, nasce proprio dal fatto che solo in questo modo si può lottare in modo più efficace contro la criminalità organizzata transnazionale.

La strategia adottata dall’Unione europea per contrastare il fenomeno della criminalità transfrontaliera ha tra i suoi fondamenti l’idea che per scardinare in modo decisivo le potenzialità delle organizzazioni criminali transnazionali occorra attaccarle colpendo i loro patrimoni. A tal proposito, il sequestro e la confisca dei beni e delle ricchezze sono misure di contrasto indispensabili, in quanto consentono di sottrarre alle organizzazioni criminali le risorse necessarie per sopravvivere e svilupparsi, eliminando in tal modo alla radice i legami tra economia criminale ed economia

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legale61. Anche su questo fronte – come vedremo meglio nei capitoli successivi di questo lavoro – i risultati finora conseguiti in relazione alla confisca all’interno dell’Unione europea sono molto significativi, in particolare a seguito dell’adozione della Direttiva 2014/42/UE relativa “al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato”.