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L’Azione comune 98/699/GAI “sul riciclaggio di denaro

e sull’individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato”.

Il coinvolgimento dell’Unione europea in tema di aggressione ai patrimoni di origine illecita è maturato – come già evidenziato nel capitolo precedente – all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, a seguito della progressiva realizzazione della libera circolazione dei capitali e come conseguenza della presa di coscienza della necessità di perseguire una politica criminale comune al fine di impedire che il completamento del mercato unico potesse compromettere la sicurezza dei cittadini degli Stati membri.

Muovendo lo sguardo verso l’attuale quadro giuridico dell’Unione in materia di congelamento, sequestro e confisca dei beni – partendo dalla constatazione che uno dei metodi più efficaci per combattere la criminalità in ogni sua forma consiste nel privare i criminali dei proventi dei reati – si riscontra, in estrema sintesi, come, al fine di concretizzare la “New Millenium Strategy”104 in tema di confisca, il primo atto adottato dall’Unione europea sia rappresentato dall’Azione comune105 98/699/GAI “sul riciclaggio

104 MARANDOLA A., “Congelamento e confisca dei beni strumentali e

dei proventi da reato nell’Unione europea: la “nuova” direttiva 2014/42/UE”,

in Archivio Penale, gennaio – aprile 2016, fasc. 1/2016, pag. 79 ss.

105 L’Azione comune – prevista dal Trattato di Maastricht, fino al Trattato di Lisbona – era una procedura decisionale riguardante, tra le altre materie, la cooperazione nei settori della Giustizia e Affari interni. Attraverso l’adozione di azioni comuni, all’Unione europea era data la possibilità di perseguire gli obiettivi indicati dai Trattati e dagli orientamenti strategici espressi dal Consiglio europeo, nella misura in cui tali obiettivi fossero stati più facilmente conseguibili con una cooperazione sovranazionale che attraverso l’azione dei singoli paesi. Le azioni comuni venivano adottate tramite una decisione

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di denaro e sull’individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato”, adottata dal Consiglio dell’Unione europea il 3 dicembre 1998. Con tale Azione comune gli Stati membri si sono impegnati a dare piena attuazione alla Convenzione del Consiglio d’Europa del 1990 “sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato”, a facilitare la cooperazione tra autorità giudiziarie attraverso lo scambio di informazioni e la formazione dei magistrati, ad attribuire alle richieste di altri Stati membri la stessa priorità accordata alle suddette misure nelle procedure nazionali e ad adottare una normativa diretta a ridurre al minimo il rischio di dissipazione dei proventi di reato106.

L’Azione comune – considerando l’adesione degli Stati membri ai principi della Convenzione del Consiglio d’Europa del 1990 “sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato” – prevede nell’articolo 1, paragrafo 1, che, «al fine di potenziare l’azione efficace contro la criminalità organizzata», gli Stati membri garantiscono che non sia fatta alcuna riserva sull’articolo 2 della Convenzione del Consiglio d’Europa del 1990107, «se il reato è punibile con una pena

unanime del Consiglio dell’Unione europea basata sugli orientamenti generali del Consiglio europeo o, in alcuni casi specifici, su iniziativa di un qualsiasi Stato membro o della Commissione. L’adozione di un’azione comune presupponeva che essa rispettasse gli obiettivi dell’Unione e il complesso delle norme comunitarie in vigore, oltre a vincolare gli Stati membri ad assumere delle posizioni e una condotta conforme all’azione. Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e l’estensione della procedura legislativa ordinaria alle decisioni inerenti allo Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia, l’adozione delle azioni comuni persiste nel solo ambito PESC, rimasto intergovernativo. 106 ROSANO’ A., “Congelamento e confisca di beni. Le novità del diritto

dell’Unione europea nel quadro della cooperazione internazionale”, in

Eurojus.it., 7 gennaio 2019.

107 L’articolo 2 della Convenzione del Consiglio d’Europa del 1990 prevede che: «1. Ciascuna Parte prende le misure legislative o di altra natura

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privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata massima superiore ad un anno»; e sull’articolo 6 della medesima Convenzione108, «se si tratta di reati gravi. Tali reati includono in ogni caso i reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata massima superiore ad un anno […]». L’Azione comune in esame prevede, inoltre, per la prima volta, l’istituto della c.d. “confisca per equivalente”, in quanto il dettato dell’articolo 1, paragrafo 2, afferma che «ciascuno Stato membro garantisce che la sua legislazione e le sue procedure in

strumenti e di proventi, o di valori patrimoniali il cui valore corrisponde a tali proventi. 2. Ciascuna Parte, al momento della firma o all’atto del deposito dello strumento di ratificazione, d’accettazione, d’approvazione o d’adesione, può, con dichiarazione diretta al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, dichiarare che il paragrafo 1 del presente articolo si applica soltanto ai reati o alle categorie di tali reati specificati nella predetta dichiarazione».

108 L’articolo 6 della Convenzione del Consiglio d’Europa del 1990 prevede che: «1. Ciascuna Parte prende le misure legislative e di altra natura

eventualmente necessarie per prevedere come reato secondo la propria legge interna, quando il fatto è commesso intenzionalmente: a) la conversione o il trasferimento di valori patrimoniali, sapendo che essi sono proventi, allo scopo di occultare o dissimulare l’illecita provenienza dei valori patrimoniali stessi o aiutare persone coinvolte nella commissione del reato principale a sottrarsi alle conseguenze giuridiche dei loro atti; b) l’occultamento o la dissimulazione della natura, dell’origine, dell’ubicazione, di atti di disposizione o del movimento di valori patrimoniali, nonché dei diritti di proprietà e degli altri diritti ad essi relativi, sapendo che detti valori patrimoniali sono proventi.

E, fatti salvi i suoi principi costituzionali e i concetti fondamentali del suo ordinamento giuridico: c) l’acquisizione, il possesso o l’uso di valori patrimoniali sapendo, nel momento in cui sono ricevuti, che essi sono proventi; d) la partecipazione nella commissione di reati che sono stati previsti a norma del presente articolo, l’associazione o il complotto, allo scopo di commettere tali reati, il tentativo di commetterli, nonché l’assistenza, l’istigazione, il favoreggiamento e la prestazione di consigli per la loro commissione […]. 3. Ciascuna Parte può prendere le misure che ritiene necessarie per conferire carattere di reato, secondo la propria legge interna, alla totalità o a una parte degli atti di cui al paragrafo 1 del presente articolo, in uno o in tutti dei seguenti casi: a) quando l’autore avrebbe dovuto ritenere che i valori patrimoniali costituivano proventi; b) quando l’autore ha agito a fine di lucro; c) quando l’autore ha agito per facilitare la continuazione di ulteriori attività criminali».

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materia di confisca dei proventi di reato gli consentano anche di confiscare la proprietà di beni per un valore corrispondente a siffatti proventi, sia nei procedimenti nazionali che in quelli avviati su richiesta di un altro Stato membro, comprese le richieste di confisca straniere […]».

Ancora, per quel che concerne le attività di criminalità e, nello specifico, le operazioni di riciclaggio, queste sono quasi sempre attività che implicano movimenti di denaro a livello transnazionale, con rapidi passaggi di capitali da un paese all’altro; in questo contesto, pertanto, è essenziale che tra le forze di polizia e le autorità giudiziarie dei vari Stati membri vi sia la massima collaborazione ed un continuo scambio di informazioni. A tal fine, l’Azione comune 98/699/GAI, tenendo a mente l’obiettivo di migliorare il coordinamento tra le autorità incaricate dell’applicazione della legge, ha previsto, nell’articolo 1, paragrafo 3, che «ciascuno Stato membro assicura che la sua legislazione e le sue procedure interne gli consentano, su richiesta di un altro Stato membro, l’individuazione e il rintracciamento di probabili proventi di attività illecite, qualora vi sia un valido motivo di sospettare che sia stato commesso un reato. Siffatte legislazioni e procedure dovrebbero consentire di fornire assistenza nelle primissime fasi di un’investigazione […]». Per il perseguimento del medesimo obiettivo, l’Azione comune ha introdotto meccanismi volti a rendere più spedite le richieste di altri Stati membri relative all’individuazione, al rintracciamento, al congelamento o al sequestro e alla confisca di beni oggetto di attività di riciclaggio; infatti l’articolo 3 della medesima Azione comune prevede che «gli Stati membri accordano alle richieste di altri Stati membri relative all’individuazione, al rintracciamento,

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al congelamento o al sequestro e alla confisca dei proventi di reato la stessa priorità che accordano a tali misure nell’ambito delle procedure nazionali».

Infine, concludendo l’analisi del contenuto principale dell’Azione comune 98/699/GAI, vanno menzionati gli articoli 5, paragrafo 1, e 8, paragrafo 1.

Per quanto concerne l’articolo 5, paragrafo 1, questo prevede che gli Stati membri debbano adottare «i provvedimenti necessari per ridurre al minimo il rischio di dissipazione dei proventi»; tali provvedimenti possono comprendere «le misure eventualmente necessarie per garantire che i beni oggetto di una richiesta di un altro Stato membro possano essere congelati o sequestrati tempestivamente in modo da non rendere vana una successiva richiesta di confisca». Infine, il testo dell’articolo 8, paragrafo 1, afferma che gli Stati membri hanno il dovere di adottare «tutte le misure necessarie ad attuare la presente Azione comune […]» e devono garantire che «il suo contenuto sia portato a conoscenza delle pertinenti autorità nazionali e locali».