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Il principio del mutuo riconoscimento delle decisioni penali.

Il principio del mutuo riconoscimento, discusso per la prima volta in occasione del Consiglio europeo di Cardiff del 15 e 16 giugno 1998, durante il quale era stato presentato come la risposta dell’Unione europea al superamento delle tradizionali forme di cooperazione giudiziaria contro la criminalità transnazionale, a far data dallo storico Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, è stato consacrato come “principio cardine della cooperazione giudiziaria”, anche in materia penale, tra gli Stati

70 CASTELLANETA M., “Lotta alla criminalità organizzata: Bruxelles fa

il punto sull’attuazione della Decisione Quadro”, 26 settembre 2016. Articolo

reperibile sul sito www.marinacastellaneta.it.

71 CARRER S., “Unione Europea e lotta alla criminalità organizzata:

tempo di bilanci per la Commissione Europea”, in Giurisprudenza Penale

Web, 2016, cit., pag. 7-8.

72 Relazione della Commissione Europea del 7 luglio 2016 sull’attuazione della Decisione Quadro 2008/841/GAI reperibile sul sito:

https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2016/IT/1-2016-448-IT-F1- 1.PDF.

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membri dell’Unione73. Nell’ambito della cooperazione giudiziaria, per “mutuo riconoscimento” si intende quel principio secondo il quale le decisioni dei giudici penali o di altre autorità assimilate di uno Stato membro devono essere riconosciute dai giudici o dalle autorità assimilate degli altri Stati membri ed eseguite allo stesso modo delle proprie74. Dunque, riconoscere una decisione straniera in virtù del principio in questione significa correlare ad essa effetti al di fuori dello Stato in cui è stata adottata, sia attribuendole gli effetti giuridici stabiliti dal diritto penale dello Stato estero, sia tenendone conto affinché esplichi gli effetti stabiliti dal diritto penale dello Stato che ha riconosciuto tale decisione, senza che rilevi, a tal fine, un’effettiva coincidenza dei precetti normativi nazionali sotto il profilo sostanziale e processuale, ma essendo sufficiente una mera corrispondenza delle garanzie procedurali e dei principi cardine propri dei diversi sistemi repressivi statali, nel cui rispetto le decisioni sono adottate75. Pertanto, il mutuo riconoscimento implica di recepire in modo tendenzialmente incondizionato decisioni pronunciate da giudici penali nazionali sulla base dei loro sistemi penali interni: il giudice dello Stato di esecuzione della decisione pronunciata dal giudice dello Stato membro emittente è tenuto a farlo con formalità minime e con limitati motivi di diniego.

73 MANGIARACINA A., “Principi generali del mutuo riconoscimento”, in MARANDOLA A. (a cura di), “Cooperazione giudiziaria penale”, Giuffrè Editore, Milano, 2018, cit., pag. 12.

74 SPENCER J. R., “Il principio del mutuo riconoscimento” in KOSTORIS R. E. (a cura di), “Manuale di procedura penale europea”, cit., pag. 277. 75 AMALFITANO C., “Spazio giudiziario europeo e libera circolazione

delle decisioni penali”, in CARBONE S. M., CHIAVARIO M., (a cura di), “Cooperazione giudiziaria civile e penale nel diritto dell’Unione europea”,

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Il principio del mutuo riconoscimento può essere inteso in due modi diversi: uno passivo e uno attivo. In senso passivo, esso significa che alla decisione di un giudice penale di uno Stato membro devono essere attribuiti dal sistema giuridico di un altro Stato membro gli stessi effetti giuridici che sarebbero attribuiti all’analoga decisione presa da un giudice interno; in senso attivo, invece, esso implica che i giudici di ogni Stato membro debbano non solo riconoscere come valide le decisioni e i provvedimenti dei giudici e delle autorità assimilabili degli Stati membri, ma anche prendere provvedimenti positivi per la loro esecuzione, quando ciò sia necessario76.

Per quel che concerne le forme in cui il principio si estrinseca, se ne individuano sostanzialmente tre. Il riconoscimento di una decisione straniera implica: a) innanzitutto il darle attuazione, cioè eseguirla in uno Stato diverso da quello in cui è stata adottata; b) inoltre, il correlare ad essa, al di fuori dei confini nazionali, l’efficacia preclusiva del giudicato77; c) ancora, il prenderla in considerazione in un nuovo giudizio instaurato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata pronunciata, ai fini, in particolare, dell’individuazione della sanzione da attuare.

La piena operatività del principio del mutuo riconoscimento assicura, dunque, in primo luogo, la non duplicità di giudizi a carico dello stesso soggetto per gli stessi fatti; inoltre il principio, consentendo l’esecuzione della sentenza in uno Stato diverso da

76 Sul tema si consiglia la lettura anche di KLIMEK L., “Mutual recognition

of judicial decisions in European criminal law”, Springer International

Publisghing, Cham, 2017.

77 L’efficacia preclusiva del giudicato implica sia il divieto di instaurare nuovi giudizi a carico dello stesso soggetto e per gli stessi fatti oggetto della decisione passata in giudicato, sia l’obbligo di interrompere i procedimenti prendenti “in idem”.

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quello in cui è stata adottata, tende ad evitare l’impunità del reo, ma anche a favorirne un miglior reinserimento dopo l’espiazione della pena, essendo questa scontata in uno Stato in cui si presume il reo abbia i più stretti legami familiari e sociali; infine, esso mira a fornire al reo la stessa tutela che gli sarebbe accordata se la pluralità di illeciti commessi in Stati diversi fosse invece localizzata nello stesso Stato, nel contempo assicurando alla comunità la garanzia di una sanzione adeguata alla gravità dei reati e alla personalità del reo. Pertanto, come si può facilmente notare, il principio del mutuo riconoscimento è divenuto uno strumento cardine della cooperazione giudiziaria78; tuttavia, in questo paragrafo – e nei capitoli successivi di questo lavoro – per esigenze di sintesi, verrà analizzata soltanto la prima forma di riconoscimento delle decisioni straniere e quindi, sostanzialmente, solamente l’esecuzione in uno Stato diverso da quello in cui sono state adottate, rimanendo escluse le altre due forme di attuazione del principio in esame.

Come già anticipato, il Consiglio di Tampere, approvando il principio del reciproco riconoscimento, auspicava che esso assurgesse a criterio base della cooperazione giudiziaria da applicarsi a tutte le decisioni delle autorità giudiziarie79 e non soltanto alle sentenze definitive. A tal proposito, al punto 33 delle Conclusioni del Consiglio di Tampere si affermava che «Il Consiglio europeo approva il principio del reciproco riconoscimento che, a suo parere, dovrebbe diventare il

78 SPENCER J. R., “Il principio del mutuo riconoscimento”, in KOSTORIS R. E. (a cura di), “Manuale di procedura penale europea”, cit., pag. 278. 79 Come ad esempio, alle ordinanze preliminari. Il riferimento va soprattutto a quello ordinanze che permettono il sequestro probatorio e la confisca dei beni.

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fondamento della cooperazione giudiziaria nell’Unione, tanto in materia civile quanto in materia penale. Il principio dovrebbe applicarsi sia alle sentenze sia alle altre decisioni delle autorità giudiziarie»80. L’obiettivo era quello di segnare il passaggio da un sistema di assistenza di tipo convenzionale, basato sul lento e farraginoso meccanismo delle rogatorie, a uno fondato sulla mutua fiducia tra sistemi giuridici, con la conseguente circolazione diretta tra le autorità giudiziarie dei provvedimenti81.

Infine, come ulteriore passo verso la sua definitiva consacrazione, il principio del mutuo riconoscimento ha trovato una menzione di rilievo nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea. L’articolo 82, comma 1, del TFUE, infatti, esordisce affermando che «la cooperazione giudiziaria in materia penale nell’Unione è fondata sul principio del riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie […]».

Il principio del mutuo riconoscimento è stato cosi definitivamente istituzionalizzato e posto a fondamento della cooperazione penale.

80 A tale dichiarazione ha fatto seguito, nel 2001, la pubblicazione di un documento proveniente dalla Commissione e dal Consiglio dei Ministri per la Giustizia e gli Affari Interni, nel quale si proponeva un programma di misure legislative per dare efficacia al principio in esame: tra le misure realizzate le più note sono quelle riguardanti il mandato d’arresto europeo (M.A.E) e il mutuo riconoscimento dei provvedimenti di congelamento, sequestro e confisca dei beni.

81 MANGIARACINA A., “L’esecuzione nell’U.E. dei provvedimenti di

blocco dei beni e di sequestro”, in MONTAGNA M., “Sequestro e confisca”,

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6. (segue) Il rapporto tra libera circolazione delle decisioni

in materia penale e fiducia reciproca tra Stati membri.

Uno degli obiettivi dell’Unione europea – se non l’obiettivo principale – è quello, come già più volte affermato, di promuovere la libera circolazione delle persone, dei beni, delle merci e dei capitali. Dal canto suo, il principio del mutuo riconoscimento è volto a promuovere la circolazione, insieme ai beni economici, anche dei “prodotti giustizia” all’interno dello SLSG e, dunque, presuppone che gli Stati membri conoscano i rispettivi ordinamenti processualpenalistici e, su questa base, manifestino, o almeno possano legittimamente fondare, la reciproca fiducia82. Difatti, la condizione affinché un’autorità giudiziaria possa trattare come proprio un provvedimento proveniente da un’autorità giudiziaria straniera è data da un livello elevato di fiducia reciproca tra i diversi ordinamenti giuridici che, seppure basati su modelli processuali differenti, sono o dovrebbero essere in grado di assicurare standard di garanzie tali da produrre decisioni penali affidabili e, quindi, suscettibili di essere eseguite sul territorio degli altri Paesi senza fare ricorso ad estenuanti ed incerte procedure di riconoscimento83.

La libera circolazione dei “prodotti giustizia” è divenuta oramai fondamentale per combattere quel fenomeno che si è sviluppato, in particolare, a seguito della libera circolazione delle

82 RUGGIERI F., “Pluralità di linguaggi giuridici e costruzione europea

nella prospettiva di un processualpenalista”, in RAFARACI T. (a cura di),

“La cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale nell’Unione

europea dopo il Trattato di Lisbona”, cit., pag. 8.

83 MANGIARACINA A., “Principi generali del mutuo riconoscimento”, in MARANDOLA A. (a cura di), “Cooperazione giudiziaria penale”, cit., pag. 14.

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persone. Si fa riferimento a una quinta e sgradita libertà, cioè la libera circolazione dei criminali e del crimine84. È normale, infatti, che confini aperti e facilità di trasporti tra Stati membri rendano più agevole il passaggio dei criminali. Questa situazione porta anche ad un aumento dei crimini transfrontalieri per combattere i quali è necessario garantire che i sistemi di giustizia penale dei diversi Stati membri possano cooperare insieme effettivamente, il che, in pratica, significa muoversi anche verso un sistema di mutuo riconoscimento. Pertanto, il concetto fondamentale per l’attuazione, anche in materia penale, del principio del mutuo riconoscimento – così come lo era stato per la libera circolazione delle merci85 – è quello che ha ad oggetto la presunzione di equivalenza delle legislazioni nazionali: una decisione emessa da un’autorità giudiziaria competente secondo un regolare procedimento deve godere della stessa autorità anche negli altri Stati membri. Dunque, la libera circolazione, nello spazio giudiziario europeo, delle decisioni e dei provvedimenti adottati dalle competenti autorità giudiziarie – in un contesto caratterizzato dalla fiducia reciproca – richiede una sorta di automatica accettazione ed esecuzione degli stessi, da parte delle competenti

84 SPENCER J. R., “Il principio del mutuo riconoscimento”, in KOSTORIS R. E. (a cura di), “Manuale di procedura penale europea”, cit. pag. 282. 85 In materia di libera circolazione delle merci, rivoluzionaria fu la sentenza

“Cassis de Dijon” della Corte di Giustizia del 20 febbraio 1979, secondo cui,

in mancanza di norme di armonizzazione dei disciplinari di produzione, ciascuno Stato può dotarsi di regole di produzione di beni all’interno del proprio territorio, tenendo presente l’assunto secondo il quale le normative degli altri Stati membri offrono medesime garanzie di qualità e sicurezza: è sufficiente che siano rispettate le regole di produzione dello Stato di origine affinché la merce possa circolare all’interno dell’Unione.

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autorità dello Stato di esecuzione, esplicando effetti identici o almeno analoghi86.

Si può dunque affermare che, nel contesto penale, il principio del mutuo riconoscimento è indubbiamente collegato alla libera circolazione, ma nel senso che esso è necessario per affrontare le conseguenze indesiderate di tale libertà, piuttosto che per promuoverla.

Collegato al principio del mutuo riconoscimento vi è anche il corollario della già citata “fiducia reciproca”. Il mutuo riconoscimento da un lato, e il principio della fiducia reciproca dall’altro lato, appartengono al “noyau” dei valori comuni agli Stati87. L’idea di fondo era quella secondo la quale, i sistemi giuridici di ogni Stato membro fossero sufficientemente affidabili da rendere in linea di principio direttamente recepibili da parte degli altri Stati le decisioni dei loro giudici penali. Tale fiducia deriverebbe, appunto, dal fatto che gli Stati membri dell’Unione condividono valori comuni, tra i quali la democrazia e il rispetto dei diritti umani; rispetto che deve ritenersi assicurato dal fatto che tutti gli Stati membri dell’Unione hanno aderito alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Le stesse conclusioni del Consiglio di Tampere, al punto 33, affermano che «il principio del mutuo riconoscimento rappresenta la “pietra angolare” per la realizzazione dello Spazio, per garantire ai cittadini una migliore protezione dei loro diritti e un migliore accesso alla giustizia. La fiducia è, d’altra parte, il

86 MANGIARACINA A., “Principi generali del mutuo riconoscimento”, in MARANDOLA A (a cura di), “Cooperazione giudiziaria penale”, cit., pag. 36.

87 NASCIBENE B., “Riflessioni sullo Spazio di Libertà, Sicurezza e

Giustizia”, in CAGGIANO G. (a cura di), “Integrazione europea e

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presupposto del reciproco riconoscimento, che ha contraddistinto fin dalle origini la realizzazione del mercato interno».

Inoltre, il preambolo del “Programma dell’Unione europea” concernente “misure per l’attuazione del principio del mutuo riconoscimento in materia penale”, adottato dal Consiglio il 12 ottobre 2000, afferma esplicitamente che «l’attuazione del principio di reciproco riconoscimento delle decisioni penali presuppone una fiducia reciproca degli Stati membri nei rispettivi ordinamenti penali»88.

L’Unione europea ha già varato un considerevole numero di atti normativi fondati sul mutuo riconoscimento in materia penale. L’atto normativo più significativo che esige un mutuo riconoscimento di tipo attivo è rappresentato, sicuramente, dalla Decisione Quadro 2002/584/GAI che ha istituito il mandato di arresto europeo. Altri strumenti di mutuo riconoscimento attivo – sui quali ci soffermeremo con attenzione nel capitolo successivo – sono la Decisione Quadro 2003/577/GAI “relativa alla esecuzione

88 Tale affermazione è stata oggetto di due diverse letture. Da un punto di vista avrebbe potuto significare che una simile fiducia andava considerata come un dato implicito, già acquisito; da un altro punto di vista avrebbe potuto significare, invece, che la realizzazione di un sistema di mutuo riconoscimento implicava a monte l’adozione da parte di tutti gli Stati membri di standard qualitativi nei loro sistemi di giustizia penali tali da giustificare davvero quella fiducia reciproca. Ha prevalso, alla fine, questa seconda interpretazione, che chiedeva di affiancare alla produzione normativa in materia di mutuo riconoscimento una produzione normativa volta a garantire, tra le altre cose, diritti minimi per gli imputati. infatti, nel novembre del 2009 il Consiglio ha varato una “tabella di marcia” contenente una serie di proposte di misure legislative a tutela della posizione di indagati e imputati; queste proposte si sono trasformate in tre direttive: la prima riguarda il diritto all’interpretazione e alla traduzione (Dir. 2010/64/UE); la seconda concerne il diritto all’informazione nei procedimenti penali (Dir. 2012/13/UE); infine, la terza ha ad oggetto il diritto al difensore (Dir. 2013/48/UE). Queste sono tutte misure necessarie a costruire una fiducia reciproca, che oramai viene intesa come precondizione indispensabile per sviluppare in modo soddisfacente il mutuo riconoscimento.

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dei provvedimenti di congelamento dei beni e sequestro”; la Decisione Quadro 2005/212/GAI sulla “confisca dei beni, strumenti e proventi di reato”; la Decisione Quadro 2006/783/GAI “relativa al mutuo riconoscimento delle decisioni di confisca”; la Direttiva 2014/42/UE “relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea” e, infine, il Regolamento (UE) 2018/1805 “relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca”.

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L’aggressione ai patrimoni di origine illecita quale strumento di contrasto al fenomeno della criminalità transnazionale: le misure adottate dall’Unione europea in materia di sequestro e confisca.

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. L’Azione comune 98/699/GAI “sul

riciclaggio di denaro e sull’individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato”. – 3. La Decisione Quadro 2001/500/GAI “concernente il riciclaggio di denaro, l’individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato”. – 4. La Decisione Quadro

2005/212/GAI “relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato”. – 5. La Decisione Quadro 2003/577/GAI “relativa alla esecuzione nell’Unione

europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio”. – 5.1

Il recepimento da parte del legislatore italiano della Decisione Quadro 2003/577/GAI in materia di sequestro. – 6. La Decisione Quadro 2006/783/GAI “relativa all’applicazione del principio del reciproco

riconoscimento delle decisioni di confisca”. – 6.1 Il recepimento da parte del

legislatore italiano della Decisione Quadro 2006/783/GAI in materia di confisca. – 7. Cenni alla Decisione Quadro 2007/845/GAI “concernente la

cooperazione tra gli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell’identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi”.

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1. Premessa.

L’aggressione ai patrimoni di origine illecita è considerata uno strumento di fondamentale importanza per il contrasto alla criminalità organizzata. L’accresciuto rilievo economico delle organizzazioni criminali transfrontaliere ha, difatti, suscitato la reazione dell’Unione europea, la quale ha adottato soluzioni volte a intercettare i flussi di denaro di provenienza illecita e a escludere dal tessuto produttivo le imprese e i soggetti ritenuti legati alla criminalità organizzata. Il quadro della cooperazione giudiziaria europea in materia penale, sotto questo punto di vista, è ancora “in fieri”, sebbene negli ultimi anni si sia assistito ad una proliferazione degli interventi normativi concernenti le sanzioni patrimoniali del sequestro e della confisca, attraverso nuove forme e modalità di applicazione dettate da peculiari emergenze politico criminali89. Nell’ambito della lotta contro il crimine organizzato transfrontaliero, infatti, la confisca di ingenti profitti acquisiti dalle associazioni criminali è divenuta essenziale per impedire che tali capitali di provenienza criminosa siano inseriti nell’economia legale. L’Unione europea, dal canto suo, da tempo ha riconosciuto la necessità di una cooperazione internazionale in materia di recupero dei beni e di reciproca assistenza giudiziaria. Negli ultimi decenni, infatti, il sequestro e la confisca dei beni di provenienza illecita hanno assunto un’importanza sempre maggiore nella lotta contro la criminalità organizzata e i fenomeni delittuosi ad essa

89 GRATTERI N., “prefazione”, in FURCINITI G., FRUSTAGLI D., “Il

sequestro e la confisca dei patrimoni illeciti nell’Unione europea”, CEDAM,

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collegati90. Le misure adottate dall’Unione europea si sono rivelate indispensabili nell’ambito di una strategia globale di contrasto alla criminalità organizzata transfrontaliera in quanto, da un lato, completano l’efficacia sanzionatoria e repressiva della pena e, dall’altro lato, svolgono una utile funzione preventiva rispetto alla commissione di ulteriori reati, ostacolando il successivo riutilizzo dei proventi per il finanziamento di nuove attività illecite91. Le strutture associative criminali più evolute fondano, difatti, la loro potenza economica principalmente sulla capacità di accumulare, occultare e reimpiegare i profitti ricavati dalle proprie attività illecite e di infiltrarsi in diversi settori dell’economia legale. Di conseguenza, le strategie politico-criminali e le attività di contrasto adottate dall’Unione europea sono rivolte non solo a smantellare la componente organizzativa di tali strutture criminali, ma si indirizzano, in maniera sempre più costante, anche sul piano dell’individuazione e dell’aggressione dei patrimoni accumulati e delle attività economiche legali intraprese attraverso il riciclaggio e il reimpiego dei proventi illeciti. A conferma di ciò, in dottrina è stato sostenuto che «la vera arma per combattere tali associazioni avrebbe dovuto consistere nel sistematico prosciugamento delle fonti del loro arricchimento: i patrimoni di origine criminale, in quanto utilizzabili per la commissione di ulteriori pericolosi reati, avrebbero dovuto divenire oggetto privilegiato degli interventi

90 Come, ad esempio, il traffico di sostanze stupefacenti e di armi, il riciclaggio, la corruzione, la contraffazione dei marchi, il traffico di esseri umani, e i reati contro l’ambiente.

91 Per più ampie considerazioni vd: FAZEKAS M., NANOPOULOS E.,

“The effectiveness of EU law: insights from the EU legal framework on asset”,

in European Journal of Crime, Criminal Law and Criminal Justice, vol. 24, 2016, pag. 39 ss.

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ordinamentali […]»92. Nel corso del tempo si è pertanto diffusa la

consapevolezza di come la reazione ordinamentale debba concentrarsi non tanto o, quantomeno, non esclusivamente sulla libertà personale dei partecipanti alle organizzazioni criminali, ma anche e soprattutto sulle risorse economiche a loro disposizione, in quanto utilizzabili per la commissione di ulteriori reati93. Infine, la dimensione transnazionale che la criminalità