LA FEDERAL RESERVE AL TEMPO DELLA CRISI E COSA HA FATTO PER USCIRNE
3.1. L'ETA' DELLA CRIS
All'inizio della crisi finanziaria internazionale, la cooperazione internazionale era colta dallo spavento, attraverso il ricorso al G20 ci si era posti obiettivi ambiziosi, tra cui riformare la finanza, riequilibrare lo sviluppo, cercare di implementare il commercio internazionale liberando i mercati, rafforzare il Fondo Monetario internazionale, rilanciare il WTO. Una grave crisi economica come quella verificatasi negli ultimi anni se da un lato può essere utilizzata per favorire la cooperazione ed essere un nuovo inizio, dall'altro ha un volto oscuro che può invece condurre al trinceramento dietro i propri confini, alla conflittualità nei rapporti internazionali. Basti pensare alle fratture e ai particolarismi che si sono aggirati per l'Europa, o nel caso dei rapporti transatlantici che sono diventati più difficili, anche per quella concorrenza non espressamente dichiarata ma in fondo percepibile tra il dominio del dollaro e l'ancora troppo giovane euro. Il Giappone ha visto crescere sempre più il suo debito pubblico, mentre la Cina ha fortemente rivendicato il suo ruolo all'interno del Fondo Monetario Internazionale, il quale non è stato in grado di sedare quella che è stata definita la “guerra fra monete”85.
Molte sono le questioni irrisolte, e molti sono stati gli strumenti che le autorità monetarie hanno adottato, dalle politiche tradizionali, a quelle non convenzionali, basti pensare al Quantitative Easing, i cui effetti ormai sono ben quantificabili e sedimentati negli Stati Uniti, ed invece ancora da verificare in Europa.
Negli ultimi la crisi, vista dalle più ampie angolature: da quella economica, a quella giuridica, politica, sociale è stata tra i principali campi di discussione e ricerca, talvolta si è quasi abusato
85 FRANCO BRUNI , “Cercasi strategia economica mondiale” - ISPI Commentary (19 Dicembre 2012).
per dare una giustificazione a tutto quello che in fondo non funzionava come avrebbe dovuto. In questa seconda parte del capitolo vorrei confrontare quelli che son stati gli strumenti non convenzionali a cui hanno fatto ricorso le principali autorità monetarie internazionali per fronteggiare la crisi globale. Diversi sono stati gli approcci, perchè ogni economia non può essere paragonata totalmente ad un'altra, ma se ne può trarre un insegnamento, sia per riconoscere gli errori, che per far propri i punti di forza.
Bisogna prima di tutto sottolineare come le crisi finanziarie trovino campo fertile nell'instabilità intrinseca che caratterizza i rapporti finanziari, ogni finanziamento si basa su squilibri reali sottostanti tra operatori in deficit che lo richiedono e operatori in surplus che lo erogano. Richiede scelte intertemporali, coinvolge le aspettative sul futuro in condizioni di incertezza e implica l'assunzione di rischi. È la fiducia il pilastro fondamentale, ma è un'arma a doppio taglio essa è sì un forte motore per gli scambi, ma quando viene a mancare, quando viene a perdersi si tramuta in un fattore di crisi contagioso, un morbo non proprio facile da curare.
Nel settore reale il fallimento di una o più imprese insolventi che, pur potendo raggiungere effetti anche particolarmente estesi, può anche comunque essere isolata; nel settore finanziario, invece il fallimento di una banca non lascia posto ad altre banche, ma diventa un problema per queste, la stretta rete di interdipendenze costituita da circuiti dei prestiti interbancari, crediti e titoli cartolarizzati determinano una trasmissione rapida di incertezza e sfiducia, inoltre vi è una certa difficoltà della preventiva valutazione di quelli che sono i rischi e le conseguenze.
Una spiegazione sulle crisi viene offerta Minsky86, che nel
1982 aveva formulato l'ipotesi dell'instabilità finanziaria, molto prima che la crisi del 2007 scoppiasse, più volte è stato posto un collegamento tra tale autore e la crisi dei mutui subprime. Secondo tale autore il germe della crisi si annida nella dinamica del comportamento speculativo degli operatori che si indebitano nelle fasi di espansione del ciclo economico alla ricerca di profitti futuri, producendosi un'euforia dilagante che si trasmette anche agli operatori non professionali. L'espansione trova una sua legittimazione inizialmente nella politica monetaria ed è sostenuta dal credito bancario, inoltre gli affidamenti della banche sono facilitati dall'aumento del valore delle garanzie reali e finanziarie e dal fenomeno delle cartolarizzazioni. Viene meno il principio dell'originate and hold dove spettava alle banche valutare la solvibilità della clientela, subentrando il principio dell' originate and
distribuite che consentirebbe di scaricare e diluire il rischio di
insolvenza dei debitori su un vasto pubblico di risparmiatori, via fondi di investimento e agenzie assicurative. Le banche non svolgono più un ruolo di selezione dei progetti di investimento sulla base delle esperienze passate. Il loro scopo è la massimizzazione di premi e commissioni legati alla emissione di titoli da parte di società affiliate (fuori bilancio). Esse non hanno dunque interesse a stimare la solvibilità del debitore, compito che viene delegato alle agenzie di rating. Ma nessuno strumento econometrico può sostituire la conoscenza diretta del debitore. Oltretutto, i profitti delle agenzie di rating sono positivamente correlati alla sovrastima della solvibilità del debitore ed alla sottovalutazione del rischio. La bolla scoppia quando ci si accorge che i tassi di rendimento attesi scendono rispetto ai tassi di interesse correnti e inizia l'ondata delle vendite: da qui l'intervento delle Banche centrali per frenare le spinte
inflazionistiche. Il ciclo si inverte passando da una politica espansiva ad una restrittiva.87