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I CRITERI DI CONVERGENZA ISTUTUITI A MAASTRICHT

LA FEDERAL RESERVE AL TEMPO DELLA CRISI E COSA HA FATTO PER USCIRNE

L'EUROZONA, SFIDE PER NON CADERE IN TRAPPOLA

4.2. I CRITERI DI CONVERGENZA ISTUTUITI A MAASTRICHT

Il fenomeno dell'integrazione differenziata ha acquisito particolare significato con il Trattato di Maastricht, sottoscritto nel Febbraio 1992, ed entrato in vigore nel Novembre 1993, che istituendo l'Unione Economica e Monetaria ha dato vita alla Moneta Unica, la cui adozione è stata possibile solo per gli Stati che fossero stati in grado di soddisfare particolari criteri di convergenza di tipo macroeconomico, distinguendosi così tra Stati Euro che venivano a far parte della già nota Eurozona, e Stati non Euro.127

Il Trattato di Maastricht, aveva dunque disatteso quello che era stato il principio ispiratore del “Piano Werner” del 1970, dove affrontando per la prima volta la questione dell'unificazione valutaria a livello comunitario era prevalsa l'idea che l'Europa non avrebbe dovuto dividersi a seconda della diversa velocità dei suoi membri sulla base di criteri di convergenza economica e finanziaria. Il Trattato, invece, per evitare che taluni paesi potessero rinunciare all'idea della realizzazione di una Sovranità Monetaria europea previde che l'adesione sarebbe dovuta avvenire solo su base volontaria, senza impedire per coloro che avessero voluto ancora mantenere la propria potestà monetaria di potervi aderire successivamente. Ed inoltre si introdusse il principio che dalla firma del Trattato non discendesse in via automatica la partecipazione all'Unione monetaria, al cui vertice si istituì la Banca Centrale

127Tale modello viene considerato l'esempio più alto di cooperazione rafforzata, che si usa ricostruire come un'autorizzazione concessa ad un certo numero di Stati, non coincidenti con la totalità dei Paesi membri dell'Unione, di avvalersi del quadro istituzionale europeo, quale insieme di istituzioni, procedure e meccanismi previsti dai Trattati, per realizzare progetti comuni. Sul tema G. GAJA, “La cooperazione rafforzata”, in Il Diritto dell'Unione Europea, pp. 315 ss. (1998); E. CANNIZZARO “Sui Rapporti Tra il Sistema della

Cooperazione Rafforzata e Il Sistema delle Relazioni Esterne della Comunità”,

Europea.

Tale esito fu, quasi obbligato a causa dell'atteggiamento di forte contrapposizione tenuto dal Regno Unito, e per il rifiuto tedesco a rinunciare alla propria sovranità monetaria, se non in favore di una Comunità più ristretta di Stati Europei, omogenei tra loro dal punto di vista delle condizioni di stabilità finanziaria.128

Concludendo si sintetizzano le fasi che seguirono alla creazione dell'Unione economica e monetaria, successive all'attuazione del Mercato interno, definita Fase 1 e che va dal 1990 al 1993. Le fonti normative che legittimano un tale passaggio sono contenute negli artt. 73 lett. H e 116 del TCE. Una successiva Seconda Fase, disciplinata dall'art 116 TCE, condurrà all'istituzione degli organismi di gestione delle politiche e del controllo monetario europeo, quali: l'Istituto Monetario Europeo, Banca Centrale Europea, Sistema Europeo di Banche Centrali, ed infine dal 1999 l'avvio della Terza Fase con la nascita dell'Unione Economica e Monetaria. Come precedentemente già introdotto, l'adesione a tale fase ha richiesto il rispetto dei Criteri di convergenza, esposti all'articolo 121, paragrafo 1 del Trattato di Roma che istituisce la Comunità Economica Europea (TCE), come modificato dal Trattato di Maastricht; tali criteri mirano alla stabilità dei prezzi, per cui si prevede che il tasso di inflazione non possa eccedere l'1,5 per cento la media dei tre paesi con il tasso di inflazione più basso; stabilità della finanza pubblica, prevedendo che il disavanzo annuale di bilancio non debba superare il 3 per cento del PIL dei singoli Paesi, salvo non siano in corso misure correttive credibili e di breve periodo ed infine, un debito pubblico non superiore al 60 per cento del PIL. È un criterio, quest'ultimo, che è stato comunque interpretato in modo flessibile per

128GIULIO PERONI, “La Crisi dell'Euro: Limiti e Rimedi dell'Unione

evitare l'esclusione di Italia e Belgio. Inoltre ulteriore criterio attiene alla stabilità dei cambi, per cui non deve esserci stata alcuna svalutazione delle valute nazionali nel corso del biennio precedente l'inizio della terza fase, dovendo inoltre essere rimasta nel margine di fluttuazione previsto dallo SME. L'ultimo criterio atteneva ai tassi di interesse a lunga scadenza che non potevano subire alcuna variazione superiore al 2 per cento rispetto alla media dei tre Stati più virtuosi Va ricordato che tali parametri se da un lato si configuravano come un un traguardo da raggiungere, fungevano da strumento intermedio per il conseguimento di obiettivi traguardo rappresentati, invece, dai valori di riferimento. Ad ogni modo è stata realizzata una commistione tra valori di riferimento e parametri di convergenza, inserendoli entrambi all'interno dell'art 121 TCE (art 140 TFUE), in modo da considerarli come criteri essenziali che ogni Stato intenzionato a partecipare all'Unione monetaria non può non soddisfare.

4.2.1. Il patto di stabilità e crescita

Successivamente all'ammissione nella zona Euro, permane comunque l'obbligo di attenersi ai criteri del Patto di stabilità e crescita, che definisce il massimo deficit consentito per il bilancio pubblico.129 La scelta di un tale rigore, è volta a prevenire l'insorgere

di tensioni inflazionistiche all'interno dell' Eurozona come conseguenza di comportamenti poco prudenti da parte di Stati membri nella conduzione della propria politica di bilancio. Ma la storia recente ha dimostrato come un tale rispetto quasi religioso di tali criteri, presenti un volto oscuro, che tende a limitare la crescita e lo sviluppo economico, per cui vari Governi hanno avanzato diverse proposte di revisione.

129BRUNO AMOROSO, “Euro in Bilico. Il Fallimento della Moneta Unica.” - Pamphlet, Castelvecchi, pag.120 (2014)

La particolare preoccupazione da parte dello Stato tedesco, che entrati nell'Eurozona paesi “poco virtuosi” sopratutto sul fronte della finanza pubblica, avessero potuto allentare il rigore nella gestione dei rispettivi bilanci, con ripercussioni sui tassi di cambio della nuova valuta e che in generale avessero potuto produrre effetti negativi per tutta l'UEM, portò all'elaborazione del Patto di Stabilità

e Crescita (PSC). Il cui modello fu introdotto per la prima volta con i

Regolamenti del Consiglio dell'Unione Europea n. 1466 e n.1467 del 1997 che implementavano le procedure necessarie per rendere stringenti le prescrizioni di disciplina fiscale.

Il primo regolamento definisce le procedure di vigilanza preventiva sulla politica fiscale attuata dai singoli Stati, mentre il secondo delineava la Procedura per Disavanzo eccessivo, comportante una serie di sanzioni per gli Stati che, registrato un disavanzo superiore al 3% non avessero rispettato i tempi previsti per il rientro.130 In tal caso il Consiglio su proposta della Commissione e

considerate le osservazioni dello Stato interessato, può stabilire l'esistenza di una situazione di disavanzo eccessivo, e sempre su proposta della Commissione, adottare una raccomandazione volta a far cessare tale situazione entro un determinato periodo. Se a sua volta tale raccomandazione risulti essere inefficace, il Consiglio può imporre l'adozione delle misure ritenute necessarie agli Stati che hanno adottato l'euro, per la correzione del disavanzo eccessivo ed eventualmente, anche misure sanzionatorie, tra cui la costituzione di un deposito infruttifero sino a quando il disavanzo non venga corretto, ovvero l'applicazione di ammende sino allo 0,2% del PIL,

130I Regolamenti del Consiglio dell'Unione Europea n. 1055/2005 e n. 1056/2005 hanno emendato rispettivamente il n.1466 e il n.1467 del 1997, introducendo una serie di attenuanti per i paesi che avevano superato la soglia del 3% del rapporto deficit/PIL (al tempo erano Francia e Germania), ma che si erano impegnati in processi di ristrutturazione della spesa pubblica.

aumentabile, nei casi più gravi sino allo 0,5%. In tale procedura il Parlamento Europeo non è coinvolto, ricevendo solo un'informazione sulle decisioni adottate dal Consiglio.131

4.3. LA TEORIA DELLE AREE VALUTARIE OTTIMALI.