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CRISI GRECA E LO SPETTRO DEL DEFAULT

LA FEDERAL RESERVE AL TEMPO DELLA CRISI E COSA HA FATTO PER USCIRNE

L'EUROZONA, SFIDE PER NON CADERE IN TRAPPOLA

4.6. CRISI GRECA E LO SPETTRO DEL DEFAULT

Nella parte conclusiva del Primo Capitolo (par. 1.8) avevo, già posto qualche accenno a quello che è stato fino all'estate 2015 uno dei maggiori temi di discussione del dibattito internazionale, ci si chiedeva: che cosa ne sarà della Grecia?

La crisi greca sin da subito, oltre a determinare una clima di sfiducia diffuso nei confronti della Moneta unica, ha messo in evidenza le carenze da parte dell' UEM di meccanismi di crisis management, utili ad affrontare la difficile gestione di fenomeni speculativi di notevole gravità. La situazione fortemente precaria dello Stato ellenico, ha reso concreta l'ipotesi di una vera e propria uscita dall'Eurozona, ipotesi che ha trovato sostegno nei dati macroeconomici fortemente negativi, caratterizzati da un elevatissimo deficit pubblico che ha raggiunto nel 2011 il 9,1% del PIL e con un debito pubblico pari al 160% del PIL, e un elevatissimo tasso di disoccupazione, classificando la Grecia all'ultimo posto nel mondo non solo tra i Paesi europei, ma tra tutte le economie avanzate del Mondo per indice di libertà economica146. Le ragioni di una situazione così

145Ivi, supra Napolitano.

146Per quanto attiene ai dati il rinvio è a Eurostat, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/. Per un maggiore approfondimento nel merito della situazione greca

dolorosa sono molteplici, un'economia fortemente agricola, con pochi settori competitivi a livello industriale e manifatturiero, nonché un disordinato settore pubblico e amministrativo. A cui poi, si è aggiunta la falsa redazione da parte della Autorità greche dei dati econometrici e di bilancio presentati alle Istituzioni Europee per accelerare il processo di adozione della Moneta unica. Profilo gravissimo, a cui è conseguita una perdita di credibilità del Governo greco di fronte all'Unione, ma soprattutto nei confronti dei mercati, per cui la fiducia nei confronti dei propri debitori è un criterio decisivo per intraprendere le proprie scelte economiche e di investimento. Ma, il punto cruciale atteneva alla possibilità di uscire dall'euro, quello che i mass media hanno chiamato “Grexit”, questione che ha assunto toni accesi e fortemente drammatici nell'estate 2015, quando nonostante il raggiungimento dell'avanzo primario, i creditori della Grecia non hanno accettato un eventuale alleggerimento del debito, per cui i negoziati entrati in una fase di stallo culminano il 5 Luglio nel referendum espressione di un malcontento verso le politiche di austerità, e la resa poi successiva del governo greco sancita dall'accordo raggiunto durante l'Eurosummit del 12 Luglio, prevedendo una nuova stretta fiscale e un'ulteriore contrazione economica. Tra le proposte vi era stata quella di cedere ai creditori una serie di swap sul debito, per rifinanziare il debito greco. Secondo Varoufakis, una politica efficace avrebbe dovuto avere come obiettivo una ristrutturazione del debito ex ante per ridurre il volume dei nuovi prestiti e rendere il debito sostenibile prima dell’attuazione di eventuali riforme. Secondo l'economista, nonché ex ministro delle finanze greco, solo in questo modo sarebbe possibile raggiungere buone possibilità di convogliare investimenti,

DYSON, a cura di M. MARCUSSEN, “The Changing Central Banks in the

stabilizzare redditi e spianare la strada verso la ripresa. Al contrario, una riduzione del debito, come quella accordata alla Grecia nel 2012, sulla scia di un fallimento programmatico contribuisce soltanto ad alimentare la spirale negativa.147

4.6.1. L'esercizio del diritto di recesso

Non va dimenticato, come insieme al problema economico, il caso Grecia, portava con se la questione se fosse possibile o meno per un paese in difficoltà procedere ad un graduale abbandono dell'euro, e ciò presta il fianco per affrontare la disciplina del diritto di recesso, dall'Unione Europea: nei Trattati non è prevedista alcuna clausola che permetta agli Stati partecipanti all'Euro di recedervi; allo stesso modo sono carenti di qualsiasi meccanismo finalizzato all'esclusione di uno Stato. Salvo casi particolari dove si attribuisce il potere del Consiglio di sospendere taluni diritti derivanti dai Trattati nei confronti di partecipanti a cui siano imputabili gravi violazioni contro i valori giuridici della dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto, rispetto dei diritti umani (Art 2 TUE), risulta controverso includere anche il mancato rispetto degli obblighi di natura economica derivanti dalla partecipazione all'euro.

In questo modo l'adesione all'euro diventa irreversibile e la sua esistenza non sottoposta ad alcun termine finale. Per cui un'eventuale abbandono potrebbe realizzarsi solo con una revisione dei Trattati introducendo un'apposita clausola, contenente tale specifico diritto.148

D'altronde in linea teorica, il recesso dall'Unione Monetaria esigerebbe il raggiungimento di un accordo unanime tra tutti gli Stati membri dell'Unione, accordo complesso che dovrebbe riguardare

147YANIS VAROUFAKIS, “Il circolo vizioso del debito greco” - Pubblicato da Il sole 24 Ore (30 Luglio 2015)

148GIULIO PERONI, “La Crisi dell'Euro: limiti e rimedi dell'Unione Economica

aspetti come la restituzione delle quote di capitale BCE, delle riserve monetarie affidate, una ridenominazione in valuta nazionale del prestito pubblico espresso in euro e dei rapporti contrattuali interstatali espressi in euro, la previsione di un periodo di transizione per il ritorno alla valuta nazionale.

Ultimo approdo in mancanza di una revisione, allora resta solo l'abbandono del sogno europeo, soluzione tecnicamente possibile a seguito della clausola di recesso introdotta dal Trattato di Lisbona che riconosce tale diritto ai sensi dell'articolo 50 TUE.

Prima della sua introduzione, la dottrina si divideva tra chi affermava un'impossibilità di recedere dai Trattati e chi riconduceva la tematica alle norme di diritto internazionale generale. Si tratta dunque di una scelta compiuta dal Trattato di Lisbona, cui si esprime il crescente sentimento di disfiducia nei confronti del sistema istituzionale dell'Unione. La procedura prevista in sede di art. 50 del Trattato sull'Unione Europea, ha dunque procedimentalizzato il cosiddetto

Eurexit, stabilendo che il diritto di recesso spetti a qualsiasi stato

membro che voglia esercitarlo, in conformità alle proprie costituzioni nazionali. Bisogna considerare però, che, per esempio il Preambolo della Legge Fondamentale Tedesca esplicitamente dichiara che il popolo tedesco si muove nell'ambito di un'Europa unita149, per cui

appare difficile immaginare che la Germania potrà mai esercitare il diritto di recesso, senza alcuna violazione di rango costituzionale.

149Così recita il Preambolo della Grundgesetz: “Cosciente della propria responsabilità davanti a Dio e agli uomini, animato dalla volontà di servire la pace del mondo in qualità di membro di eguale diritti in un’Europa unita, il popolo tedesco ha adottato, in forza del suo potere costituente, questa Legge Fondamentale. Il Tribunale federale ha ribadito nella Sentenza Solange II (BVerfG, Nov. 5, 2012, Entscheidungen des Bundesverfassungsgerichts, 339 - § 131) che le disposizioni della Legge fondamentale vanno lette alla luce del Preambolo in virtù del principio della normativen Sinneinheit. Dunque il riferimento all’Europa unita non è una mera dichiarazione ma ha rango costituzionale a tutti gli effetti.

Per quanto attiene alla procedura a cui lo Stato recedente si deve attenere consiste nella notifica della propria decisione al Consiglio europeo, con cui si definiscono le modalità del distacco tramite un accordo negoziato ex art. 218 par.3 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea. Il recesso sarà dotato di effettività con l'entrata in vigore dell'accordo di recesso, o in mancanza, entro due anni dalla notifica presentata al Consiglio europeo da parte dello Stato uscente. Saranno esclusi dalle deliberazioni i membri del Consiglio europeo che rappresentano lo Stato uscente. Il Consiglio, deciderà a maggioranza qualificata che, come specificato dall'art 50, par. 4, comma 2 consiste nel raggiungimento del 72% dei membri del Consiglio, rappresentanti Stati membri partecipanti pari almeno al 65% della popolazione europea.

Il par. 5 conclude la disciplina prevedendo una clausola di riammissione da parte dello Stato escluso, nel rispetto della procedura ordinaria di ammissione ai sensi dell'art. 49 TUE. Per cui manca qualsiasi automatismo per gli Stati un tempo membri dell'Unione e receduti.150

Se, i Trattati non prevedono la possibilità di recedere dall'Unione monetaria, senza poter recedere dall'Unione Europea, nulla impedisce, di recedere mantenendo però come propria moneta l'euro, per cui non vi sono dubbi che, lo Stato possa mantenere unilateralmente la moneta unica senza la necessità di rispettare i vincoli richiesti per l'appartenenza e senza la possibilità di partecipare al controllo della valuta.151È in pratica quanto accade in

150Il riferimento è soprattutto per il Regno Unito che perderebbe tutti gli status acquisiti che lo riguardano o dovrebbe rinegoziarli ex novo, qualora a seguito di un recesso, volesse poi nuovamente aderirvi. Sul tema : A. KACZOROWSKA, “European Union Law” - Routledge, Londra (2013) p.26 e ss.

Kosovo e Montenegro152

4.7. L'EUROPA SENZA EURO. IN PARTICOLARE LA