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IL CENTRAL BANKING: REGOLE, DISCREZIONALITA OBIETT

2.4. OBIETTIVI E REGIMI MONETAR

Gli obiettivi che le Banche centrali perseguono costituiscono il loro mandato. Il mandato viene stabilito o dai parlamenti nazionali oppure, nel caso di una unione monetaria (come l’Eurozona o le zone monetarie africane), da un trattato internazionale. Questi obiettivi sono notevolmente cambiati nel corso del tempo e sono sempre stati oggetto di dibattito tra politici ed economisti. Fino agli anni Ottanta, le Banche centrali si vedevano assegnare, di solito, mandati ampi o vaghi, che implicavano compromessi difficili tra obiettivi di piena occupazione e stabilità dei prezzi. Uno degli insegnamenti degli episodi di inflazione degli anni Settanta e Ottanta è stato la necessità di dare alle Banche centrali degli obiettivi più precisi. La stabilità monetaria è quindi emersa come obiettivo principale nella maggior 60 PIERLUIGI CIOCCA, “La Banca che ci manca. Le banche centrali, l'Europa,

parte dei Paesi.

E' possibile condurre una classificazione dei regimi monetari adottati nel corso dei decenni guardando all'insieme delle regole, delle procedure operative e degli strumenti tramite i quali viene condotta la politica monetaria. Come evidenziato da Masson, Savastano e Sharma61 un regime monetario si distingue in base a due

caratteristiche fondamentali: l'insieme delle procedure operative e il grado di discrezionalità delle autorità monetarie, ciò consente di identificare il comportamento delle autorità monetarie per ciò che riguarda le regole adottate e gli obiettivi perseguiti, combinando regole, obiettivi e il grado di intervento della Banca centrale che può a sua volta essere suddiviso in discrezionale e non discrezionale si riesce a descrivere l'ambito in cui operano i vari regimi di politica monetaria.

Ad esempio una regola semplice passiva, non discrezionale individua il regime proposto da Friedman di assegnare un tasso di crescita costante agli aggregati monetari. Allo stesso modo è possibile individuare un regime di cambi fissi dove la valuta nazionale è perfettamente ancorata ad un'altra valuta estera e ciò può comportare per esempio ad una svalutazione una tantum del tasso di cambio. La scelta dei target intermedi non monetari individua la forma più discrezionale di condotta della politica monetaria, a tale modello si ispirano i regimi post-keynesiani che affidano alla banca centrale una notevole autonomia d'azione nel perseguimento degli obiettivi in termini di reddito e di occupazione. In questo modello può essere fatto rientrare il nominal income targeting che si prefigge il controllo del tasso di crescita del reddito nominale, i suoi

61 MIGUEL A. SAVASTANO & PAUL R. MASSON & SUNIL SHARMA, "The

Scope for Inflation Targeting in Developing Countries," IMF Working Papers

sostenitori ritengono che nel caso di shock sull'offerta il tentativo di mantenere un tasso di inflazione stabile può determinare pressioni sulla crescita economica nel breve periodo, con conseguente diminuzione dell'efficienza del sistema.

L'adozione di target intermedi monetari con regole attive, senza discrezionalità qualifica il comportamento di molte Banche centrali dei paesi industrializzati, un'importante esperienza, come già descritto nel precedente capitolo (par. 1.6.2) è stata sicuramente quella della scuola monetarista, la cui riflessione ha condotto al regime del Monetary targeting, adottato nella metà del secolo scorso da Banche centrali di diversi paesi tra cui Stati Uniti, Canada, Germania, Gran Bretagna. In base a questo approccio l'offerta di moneta viene ad essere individuata come un obiettivo intermedio da raggiungere operando sui tassi di interesse controllati dalle Autorità monetarie: dato l'obiettivo finale del valore desiderato della crescita dei prezzi, si determina il valore da assegnare alla quantità di moneta come obiettivo intermedio, e di conseguenza si determinano gli obiettivi relativi ai tassi di policy, alle riserve bancarie e agli strumenti disponibili62. Nel caso dell'aggregato costituito dalla

moneta circolante e dai depositi bancari si tratta di un obiettivo intermedio la cui controllabilità dipende dalla capacità del sistema bancario di “sterilizzare” con operazioni di asset o liability

management le operazioni di politica monetaria condotte dalla banca

centrale, e dall'efficacia di moral suasion di quest'ultima.63 In questo

modo la relazione con l'obiettivo finale di reddito nominale sarebbe assicurata in caso di notevole stabilità della domanda di moneta.

62 GIUSEPPE CICCARONE, CLAUDIO GNESUTTA, “Moneta e Finanza

nell'economia contemporanea. Agenti, mercati, politiche” - Carocci Editore pp.

297 - 300 (2010)

63 Così GIORGIO DI GIORGIO “Economia e politica monetaria” - Quarta edizione, Cedam pag. 99 (2013)

L'inflazione è sempre e dovunque un fenomeno monetario, è questa l'idea che permea tale preferenza da parte dei monetaristi per gli obiettivi intermedi. L'optimum nell'offerta di moneta viene individuato in quella quantità tale da portare a zero il tasso di interesse nominale, attraverso un'espansione costante e contenuta dell'offerta.

2.4.1. La scelta tedesca

La Germania ha aderito al regime del monetary target per oltre ventennio, a partire dal 1974. Il successo nel controllo dell'inflazione è la ragione per cui tale obiettivo trova ancora ancora diversi sostenitori e restava come un elemento ufficiale di conduzione della politica monetaria da parte della Banca Centrale Europea. La Germania inizialmente perseguì un obiettivo riferito alla Base Monetaria della Bundesbank, un ristretto aggregato dato dalla somma di moneta in circolazione e depositi bancari ponderata mediante i coefficienti di riserva obbligatoria, per poi nel 1989 aderire ad un aggregato più ampio, M3. Un fattore particolare è che il

monetary target adottato dalla Germania, ma anche dalla Svizzera, era lontano dal modello ipotizzato da Friedman. In entrambi i casi spesso non sono stati annunciati singoli valori per tassi di crescita, ma bande di valori ritenute coerenti con l'obiettivo ultimo della stabilità dei prezzi.

Tale regime dimostrò un forte impegno alla comunicazione della strategia per il grande pubblico attraverso pubblicazioni e discorsi dei funzionari, venendo adottato come spiegazione della strategia di politica monetaria, infatti il monetary target, che spesso aveva condotto a bassi livelli di crescita monetaria, viene meglio visto come un meccanismo per una trasparente comunicazione per il raggiungimento di obiettivi di inflazione e per incrementare la

responsabilità della Banca centrale. Ad ogni modo il regime perseguito dalla Germania fu efficace poiché produsse una bassa inflazione ed il suo successo è stato invidiato da molti altri paesi, ciò spiega perché è stato scelto

come il paese di ancoraggio per l' Exchange Rate Mechanism. Una chiara indicazione di successo della Germania si è verificata a seguito della riunificazione nel 1990.64 Secondo molti economisti il

successo della Bundesbank, in tema di credibilità non è riconducibile a questa strategia, ma invece alla sua capacità nel controllare l'inflazione.

La Banca Centrale Europea, ne ha recuperato l'approccio ampliandolo. Originariamente la sua strategia era fondata su due pilastri: un primo aveva un obiettivo di crescita dei M3 pari al 4,5%

annuo, un secondo veniva rappresentato da una valutazione di un insieme di indicatori di inflazione che comprendeva prezzi alla produzione, importazioni, salari.

A partire dal 2003, considerate la difficoltà della BCE di tener fronte ai suoi obiettivi, il target M3 è stato sostituito da un'analisi più

ampia dell'evoluzione degli aggregati monetari e dei crediti concessi agli agenti economici nell'Eurozona.

2.4.2. A lezione da Mishikin

Mishkin individua tre lezioni che si possono apprendere dall'esperienza del Monetary Target: la particolare instabilità data dalla relazione tra gli aggregati monetari e gli obiettivi intermedi, tanto spesso fu abbandonata come avvenne nell'esperienza

64 Studi sulla politica monetaria tedesca sono stati compiuti da CLARIDA et GERTLER “How the Bundesbank Conducts Monetary Policy” - Cap 10 ,(p. 363 - 412) (1997) contenuto nel volume CHRISTINA D. ROMER AND DAVID H. ROMER, EDITORS “Reducing Inflation: Motivation and

Strategy” - University of Chicago Press (1997) e BERNANKE E MIHOV,

“What Does the Bundesbank Target?” - Working Paper 5764, National Bureau of Economic Research, Cambridge, MA(1996).

statunitense, britannica e canadese, o ha determinato errori di politica monetaria particolarmente rilevanti. Anche in Germania, la relazione tra aggregati monetari, reddito nominale ed inflazione non è stata particolarmente stringente65 e ciò spiega perchè per la metà del tempo

la Germania rischiava di perdere il suo obiettivo. Un problema simile di instabilità è stato rintracciato nei mercati dei paesi emergenti, tra questi in America Latina. Si può apprendere, inoltre un'ulteriore lezione dove si ritrova il successo di tale obiettivo in un impegno attivo nella comunicazione che migliora la trasparenza e la responsabilità della Banca centrale, infatti le Autorità monetarie sia tedesche che svizzere son state abili nel indicare con chiarezza gli obiettivi di stabilità dei prezzi anche quando questi sembravano non essere raggiunti.

Inoltre le esperienze applicative hanno dimostrato come gli obiettivi son stati molto flessibili, poco rigidi e questo non ha impedito di ottenere buoni risultati sull'inflazione. L'esempio della Germania e della Svizzere hanno confermato che è possibile raggiungere con successo un controllo dell'inflazione anche mantenendo target flessibili.66

2.5. L'INFLATION TARGETING, UN ALTRO OBIETTIVO E'