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I criteri di valutazione dei beni oggetto di acquisto Occorre considerare anzitutto la distinzione tra costo d

Nel documento Il bilancio d'esercizio delle imprese (pagine 42-46)

COSTO AMMORTIZZATO

9. L A VALUTAZIONE DELLE RIMANENZE DI BEN

9.2. I criteri di valutazione dei beni oggetto di acquisto Occorre considerare anzitutto la distinzione tra costo d

acquisto e costo di produzione, secondo le diverse categorie di rimanenze che possono darsi nell’economia delle imprese industriali e commerciali.

Il costo di acquisto costituisce il criterio di valutazione applicabile a tutte le categorie di beni acquisite presso terze economie, siano esse destinate alla vendita oppure a venire impiegate nel processo produttivo.

Possono formare oggetto di acquisto:

- le materie prime, sussidiarie e di consumo, soggette a trasformazione fisico-tecnica;

- le merci, destinate alla vendita e non assoggettate a trasformazione;

- i semilavorati, suscettibili sia di essere ceduti come tali, sia di venire incorporati in beni più complessi.

Il costo di acquisto è composto dall’onere sostenuto in via principale, come prezzo di fattura78, cui si assommano le spese accessorie79.

77 “Si comprende agevolmente come i valori attribuiti alle rimanenze

d’esercizio, così iniziali, come finali, concorrano spesso alla costituzione del reddito come componenti di cospicuo peso, ma di un peso in genere non ponderabile sicuramente perché i costi complessivi delle materie prime, dei semilavorati, dei prodotti, delle merci, quando pur possono determinarsi, non sogliono essere determinati in misura non di soverchio malcerta; e perché solo per congetture possono in genere determinarsi i futuri ricavi.”. Vedi ZAPPA G., Il reddito di impresa, op. cit.

Fra le medesime spese accessorie frequentemente si comprendono le spese di trasporto, i dazi doganali, i tributi di varia specie e altri oneri direttamente imputabili.

Il costo di acquisto (ca) così determinato deve poi venire raffrontato con il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato (vm), potendo dal confronto risultare:

a) ca < vm; b) ca > vm.

In ossequio al principio di prudenza, la valutazione delle rimanenze non deve produrre sopravvalutazioni né del reddito, né -per derivazione- del patrimonio: atteso infatti che la funzione delle rimanenze consiste eminentemente nella rettifica dei costi di esercizio, quanto minore è l’entità dei medesimi costi che, attraverso le rimanenze, si rinvia ai futuri esercizi, tanto più contenuta risulta la misura del reddito e del correlato capitale di bilancio.

Per queste ragioni, la valutazione deve venire effettuata al costo di acquisto, nel caso sub a) e al valore di mercato, nel caso sub b).

Risulta peraltro necessario precisare cosa debba intendersi per valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, la cui nozione varia a seconda della tipologia dei beni oggetto di valutazione.

Con riferimento alle materie prime, sussidiarie e di consumo, il valore di realizzazione viene generalmente inteso

79 “Particolari fattispecie di gestione possono giustificare l’attribuzione anche

di elementi di costo di formazione interna, quali le spese delle funzioni acquisti, collaudo, magazzino e simili, sempre con la cautela di non inglobare in esse spese generali di struttura aziendale”. Vedi MAZZA G. (a cura di), Problemi di valutazione per il bilancio di esercizio, op. cit.

quale valore di sostituzione80, o, in altri termini, quale costo di

riacquisto e non già come prezzo di cessione.

Ѐ ben vero infatti che, in linea teorica, non può escludersi la configurabilità, anche per queste categorie di rimanenze, di un ipotetico prezzo di vendita, ma è comunque utile ricordare che, a meno di situazioni specifiche, i beni in esame sono destinati -per necessità imposta dalle combinazioni produttive- a venire impiegati e trasformati nei processi industriali, sicché per essi la presunzione di cessione risulta altamente irreale81 e incoerente con il sistema dei valori di un’impresa che si consideri in funzionamento82.

Con specifico riguardo alle materie sussidiarie e di consumo, e più in generale ai materiali accessori, diversi dalle materie prime, destinati a venire impiegati nella trasformazione fisico-tecnica, può ritenersi che, laddove le relative giacenze siano contenute, come non di rado accade, entro volumi limitati, la valutazione possa eseguirsi al costo originario di acquisto, senza necessità di comparazione con il costo di sostituzione o con il presunto prezzo di vendita83.

Per quanto attiene alle merci facenti parte del patrimonio da vendita, il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato deve intendersi quale valore netto di realizzo, ossia

80 Vedi OIC 13, 2016, secondo cui il prezzo di acquisto assume rilievo solo ove ricorrano le condizioni per una svalutazione: “Le materie prime e sussidiarie che partecipano alla fabbricazione di prodotti finiti non sono oggetto di svalutazione se ci si attende che i prodotti finiti nei quali saranno incorporate possono essere oggetto di realizzazione per un valore pari o superiore al costo di produzione del prodotto finito. Tuttavia, quando una diminuzione nel prezzo delle materie prime e sussidiarie indica che il costo dei prodotti finiti eccede il valore netto di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato dei prodotti finiti, le materie prime e sussidiarie sono svalutate fino al valore netto di realizzazione. In tali circostanze, il prezzo di mercato delle materie prime e sussidiarie può rappresentare la migliore stima disponibile del loro valore netto di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato.”.

81 Le materie prime devono essere valutate al costo “facendo astrazione dal

presunto prezzo di vendita; prezzo che nel fatto, d’altra parte, data l’immutabilità della destinazione dell’elemento patrimoniale, mai potrebbe realizzarsi”. Vedi ZAPPA G., Le valutazioni di bilancio, op. cit., p. 184.

82 La valutazione al prezzo di vendita potrebbe applicarsi ad esempio in

ipotesi di liquidazione dell’impresa.

quale prezzo di effettivo ricavo futuro84, da applicarsi laddove inferiore al costo di acquisto.

Con riferimento infine ai semilavorati di acquisto, si ritiene che per essi possano valere le medesime considerazioni effettuate per i casi di cui sopra, e in particolare i criteri illustrati: a) per le materie prime, laddove i semilavorati siano oggetto di successiva lavorazione; b) per le merci, nell’ipotesi in cui essi vengano ceduti come tali, senza aver subito trasformazioni fisico-tecniche ulteriori85.

Ѐ utile infine osservare come, specialmente per i beni destinati alla vendita, l’obbligo di valutare al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, ogniqualvolta esso sia inferiore al costo, comporti l’anticipazione all’esercizio in chiusura di perdite in corso di formazione che avranno manifestazione futura.

In questo senso, atteso che la cessione non è ancora avvenuta e la relativa variazione reddituale non si è ancora prodotta, l’anticipazione pone un problema di competenza economica, in quanto comporta che i margini negativi vengano attribuiti a un esercizio diverso da quello cui andrebbero imputati.

Questa “anomalia” risiede nella prevalenza, per le fattispecie in esame, del principio della prudenza su quello della competenza economica: le perdite presunte, infatti, devono venire rilevate, ancorché non di competenza, al fine di impedire la rappresentazione in bilancio e la distribuzione ai soci di utili inesistenti, corrispondenti alla sopravvalutazione delle rimanenze che altrimenti si verificherebbe86.

84 Sul punto osserva ONIDA P., Il bilancio d’esercizio nelle imprese, op. cit.,

p. 201: “In verità, qualunque sia il criterio seguito nella stima delle rimanenze attive d’esercizio, non è possibile giudicare consapevolmente l’incertezza dei risultati di bilancio, in connessione a tale stima, quando non si abbia alcuna idea intorno ai valori di effettivo realizzo delle rimanenze ed al rapporto tra questi valori e quelli attribuiti in bilancio alle rimanenze stesse. Ai fini della fondata determinazione dei risultati d’esercizio, i componenti positivi di reddito (e tali sono i valori delle rimanenze attive di esercizio) debbono evidentemente essere giudicati in termini di realizzo avvenuto o da avvenire, e non già in termini di costo.”.

85 Per i semilavorati, la comparazione tra costo e prezzo risulta

particolarmente complessa poiché per essi non sussistono di norma prezzi di mercato. Vedi CHIARAVIGLIO L., I criteri di valutazione, in ARDEMANI E. (a cura di), Il bilancio di esercizio, Giuffrè, Milano, 1984.

86 “In altre parole le attribuzioni di valore devono essere fatte in modo da

9.3. I criteri di valutazione dei beni oggetto di produzione

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