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La valutazione delle attività e delle passività monetarie in valuta

Nel documento Il bilancio d'esercizio delle imprese (pagine 33-40)

COSTO AMMORTIZZATO

8. L A VALUTAZIONE DELLE ATTIVITÀ E DELLE PASSIVITÀ IN VALUTA

8.2. La valutazione delle attività e delle passività monetarie in valuta

In relazione alle attività e alle passività monetarie sorte in valuta estera e ancora in essere alla data del bilancio, l’iscrizione al cambio a pronti rilevato alla chiusura dell’esercizio implica la necessità di ri-esprimere, al medesimo cambio, il valore contabilizzato nel corso del periodo amministrativo.

Sotto il profilo operativo, la determinazione del valore da iscrivere in bilancio si sostanzia in un procedimento di conversione, attuato mediante moltiplicazione della quantità di valuta estera, contenuta nell’attività o nella passività monetaria, per il cambio a pronti vigente alla chiusura dell’esercizio.

A tal fine, le operazioni di conversione possono venire singolarmente considerate secondo le classi elencate in premessa, ossia distinguendosi tra:

- disponibilità liquide;

- crediti e debiti, anche rappresentati da titoli; - ratei attivi e passivi.

In relazione alle disponibilità liquide, la principale distinzione che occorre menzionare è quella che si pone tra le giacenze di cassa e i saldi di conto corrente.

Per quanto attiene alla cassa, il valore in moneta di conto è ottenuto moltiplicando la quantità di valuta estera -detenuta in forma sia metallica, sia cartacea- per il cambio a pronti alla chiusura dell’esercizio.

Diversa natura assumono invece, e devono dunque trattarsi separatamente, le disponibilità di conto corrente, le quali -a

quelli di non trasformabilità e di trasformabilità intenzionale in capitali monetari, così che con una prima approssimazione potranno dirsi immobilizzati in senso finanziario quei componenti del capitale che funzionalmente non sono destinati a ritornare in forma di denaro per effetto di scambio durante l’attuarsi del processo produttivo, e nello stesso senso disponibili quelli che funzionalmente sono destinati a convertirsi in denaro.”.

differenza della cassa, che si configura come valore numerario certo- appartengono alla categoria dei valori numerari assimilati: per tali valori infatti la trasformabilità immediata in moneta può solo presumersi, ma non corrisponde a oggettività assoluta.

Simile è invece il procedimento di calcolo, giacché anche per i saldi di conto corrente la conversione si attua mediante moltiplicazione della quantità di valuta estera risultante alla chiusura del periodo amministrativo per il cambio corrente alla medesima data.

Peraltro, per effetto del loro sorgere in valuta estera e dell’identità del procedimento di determinazione, entrambe le classi di valori -di cassa e di conto corrente- divengono, rispetto alle equivalenti partite espresse in moneta di conto, valori numerari presunti, o valori nominali approssimati59, come tali stimati e provvisori: risultano in particolare stimati, in quanto calcolati secondo un cambio convenzionale e non effettivo; sono altresì provvisori, poiché la misura della loro entità, in moneta di conto, risulterà definitiva solo nel momento postergato del realizzo.

Con riferimento ai crediti e ai debiti sorti in valuta estera e ancora in essere alla data di riferimento del bilancio, il procedimento di valutazione si svolge secondo le stesse modalità osservate per le precedenti classi monetarie, rispetto alle quali occorre tuttavia tenere aggiuntivamente conto del criterio del costo ammortizzato, e, per i soli crediti, delle rettifiche per perdite presunte.

In altri termini, dal punto di vista operativo, occorre dapprima determinare il valore nominale approssimato, ossia il valore della partita aperta espresso al cambio di fine esercizio. Su tale valore si opereranno poi le rettifiche connesse all’applicazione del costo ammortizzato, all’attualizzazione e alla svalutazione.

Per quanto attiene infine ai ratei attivi e passivi, si rendono necessarie talune precisazioni, in particolare connesse alla peculiarità di questi valori rispetto alle classi monetarie sinora analizzate.

Innanzitutto, è opportuno muovere dalla considerazione che, come è noto, i valori in esame costituiscono poste integrative che completano il reddito e il capitale di bilancio, al

fine di tenere conto di proventi e oneri in corso di maturazione alla chiusura dell’esercizio60.

Pertanto, le partite in argomento, le quali sorgono nella maggior parte dei casi in relazione a contratti di durata61, sono volte ad assegnare all’esercizio in chiusura, secondo competenza economica, quote di componenti positivi o negativi di reddito, la cui manifestazione numeraria si verificherà nell’esercizio o negli esercizi successivi.

Nello specifico, i ratei attivi e passivi espressi in valuta estera sorgono generalmente da contratti, essi pure denominati in valuta estera, i cui corrispettivi maturano in moneta non di conto e avranno manifestazione numeraria futura, nella divisa straniera pattuita.

Ne consegue che il procedimento di determinazione del relativo valore in moneta di conto si compone di due fasi: a) il computo del rateo nella medesima valuta in cui è denominato il contratto sottostante; b) la conversione del valore ottenuto, mediante applicazione del cambio a pronti alla chiusura dell’esercizio alla quantità di valuta che misura il rateo.

In sintesi, anche i valori in esame contengono elementi di stima che li rendono solo apparentemente esatti: per quanto infatti essi abbiano causa giuridica (in particolare nei negozi stipulati dall’impresa), sono invero giuridicamente imperfetti62, ossia determinati secondo criteri pseudo-giuridici, sulla base di una triplice convenzione contabile: a) l’ipotesi-finzione su cui poggia la scissione della continuità d’impresa in periodi temporali di durata determinata; b) il criterio matematico

60 Osserva sul punto AMODEO D., Ragioneria generale delle imprese, op.

cit., pp. 514 e segg.: “Rendite o spese in corso di maturazione al termine dell’esercizio determinano la necessità di rilevare i ratei corrispondenti. Ѐ questione -a ben guardare- di completezza del capitale di bilancio e del reddito che va a rilevarsi, e non a caso gli scrittori classici dicevano di poste «aggiuntive» o «integrative» del bilancio che in tal modo venivano a porsi in essere. Le rendite e le spese che né sono maturate né sono conseguentemente state riscosse o pagate al termine dell’esercizio non hanno dato luogo a rilevazioni di sorta. Le scritture non hanno traccia di questi fenomeni. Tuttavia, se essi si trascurassero, la rilevazione di bilancio sarebbe incompleta”.

61 Vedi MAZZA G. (a cura di), Problemi di valutazione per il bilancio di

esercizio, Giuffrè, Milano, 1984.

62 In assenza di ratei, osserva ancora AMODEO D., Ragioneria generale delle

imprese, op. cit., p. 515: “Nessun conto si terrebbe di quei fenomeni che, se non sono giuridicamente «perfetti», tuttavia stanno esercitando una loro apprezzabile influenza economica sul capitale e sul reddito d’impresa”.

utilizzato per la ripartizione dei componenti di reddito fra due o più esercizi63; c) il cambio provvisorio adottato.

Rileva infine considerare un profilo comune a tutti i valori monetari sinora esaminati, riguardante in particolare la prescrizione di utilizzo del cambio a pronti alla chiusura dell’esercizio.

Sebbene infatti tale cambio abbia il pregio di approssimare i valori delle partite estere a quelli correnti alla data di bilancio, non è detto che si presenti per questo adeguatamente significativo, soprattutto laddove le scadenze di pagamento siano temporalmente distanti e gli andamenti prospettici dei mercati valutari risultino di malsicura previsione64.

Maggiormente rappresentative, rispetto all’adozione del cambio di fine esercizio, sarebbero invece le stime volte a individuare un cambio prossimo a quello definitivo di estinzione, valutato tenendo conto dell’epoca, più o meno vicina, in cui è previsto avvenga il regolamento65.

Occorrerebbe altresì, in ossequio al principio di prudenza, che si valutassero con massima accortezza sia le tendenze al rialzo dei cambi delle valute nelle quali sono espressi i crediti, sia le previsioni di ribasso dei cambi di conversione dei debiti.

Non può d’altro canto sottacersi che, non di rado, le previsioni sull’andamento dei cambi possono risultare altamente incerte, specie in tempi o in paesi caratterizzati da elevata instabilità valutaria.

63 Il criterio matematico si fonda sulla ripartizione del provento o dell’onere

sulla base del tempo fisico trascorso fra la data dell’ultima liquidazione e la chiusura dell’esercizio. Per quanto convenzionale, il medesimo criterio non risulta comunque arbitrario, atteso che la misura dei proventi e dei costi oggetto dei ratei è tipicamente, e di norma anche contrattualmente, proporzionale al tempo. Vedi AMODEO D., Ragioneria generale delle imprese, op. cit.

64 In assenza di norme sul punto, ONIDA P. rilevava le criticità della prassi

del tempo, già incline all’uso dei cambi di fine esercizio: “L’applicazione, pur tanto frequente, di cambi correnti nel giorno di chiusura dell’esercizio, non costituisce regola generale; spesso, anzi, i detti cambi si giudicano usabili con fondamento di ragione, solo in quanto si ritengono approssimata espressione delle future situazioni di mercato che giova considerare o perché non si rendono possibili consapevoli previsioni.”. Vedi Il Bilancio d’esercizio nelle imprese, op. cit., p. 166.

65 La valutazione al cambio presunto futuro veniva ricordata anche da

In queste ipotesi, il ricorso a un cambio convenzionale66 può ben risultare utile, ma quello di fine esercizio non offre adeguata soluzione alle possibili sopravvalutazioni dell’attivo o alle eventuali sottovalutazioni del passivo.

Rispetto a questo problema, un criterio maggiormente adatto è rappresentato dalla valutazione a cambi fermi, inferiori o superiori a quelli normali, a seconda che si tratti rispettivamente di classi attive oppure passive67.

Il problema della valutazione prudenziale delle partite in moneta estera si pone evidentemente sia in relazione alla determinazione del capitale di bilancio, sia rispetto alla commisurazione del reddito di esercizio, posto che le differenze di cambio devono venire iscritte a conto economico.

Gli utili e le perdite su cambi derivanti dalla conversione al cambio a pronti corrente all’epoca del bilancio sono componenti di reddito di natura stimata, in quanto rivenienti dal raffronto tra grandezze provvisorie: tale infatti è il valore di insorgenza della partita, in quanto temporaneamente calcolato in base al cambio vigente alla data dell’operazione; e tale è altresì il valore della partita determinato alla chiusura dell’esercizio, sulla base di un cambio che potrebbe non coincidere con quello di regolamento.

Su queste basi, le differenze di cambio si classificano in realizzate e presunte, a seconda che le partite attive o passive sorte in valuta estera risultino rispettivamente: a) estinte nel corso dell’esercizio; b) ancora in essere alla chiusura dell’esercizio.

Nell’ipotesi sub a), la partita potrebbe essere sorta in esercizi precedenti, risultando così iscritta al cambio di chiusura dell’ultimo esercizio trascorso; oppure potrebbe essersi originata nell’esercizio corrente, presentandosi in tal caso

66 Cambi convenzionali adeguati sono ad esempio i cambi medi oppure i

cambi fissi secondo ONIDA P., Il bilancio d’esercizio nelle imprese, op. cit.

67 Osserva ZAPPA G., Le valutazioni di bilancio, op. cit., pp. 192-193: “Ma la

fissazione del cambio che, quale cambio corrente, dovrebbe servir di base alla valutazione, apre il campo ai temuti arbitrii da parte dei compilatori del bilancio e non sempre riesce facile, nelle imprese particolarmente che hanno sedi numerose e site talora anche in stati diversi. Sì che opportunamente -allo scopo anche di facilitare il controllo- si suggerisce, ed in vaste e ben ordinate imprese si attua, la valutazione delle monete non di conto in base a cambi fermi, inferiori a quelli normali e che spesso sono dati dalle parità monetarie estrinseche.”.

esposta al cambio di effettuazione dell’operazione o a quello più prossimo68.

In entrambe le fattispecie rientranti nel caso a), le differenze di cambio posso dirsi realizzate, poiché hanno avuto effettiva manifestazione numeraria, quantitativamente misurata dai differenziali tra il valore di iscrizione contabile e l’importo riscosso o pagato in sede di regolamento.

Anche nell’ipotesi sub b), le partite estere potrebbero provenire da esercizi precedenti oppure derivare dall’esercizio in corso; tuttavia, in entrambi i casi, le differenze emergenti dall’applicazione del cambio di fine esercizio sono componenti di reddito solo presunte, in quanto simulatrici dell’ipotesi- finzione secondo cui il regolamento potrebbe avvenire al cambio a pronti rilevato alla chiusura del periodo amministrativo.

Da questa procedura valutativa possono pertanto emergere non solo perdite presunte su cambi -accettabili, quando non raccomandate69-, ma anche utili presunti su cambi, invece incoerenti rispetto al principio di prudenza, che esclude dal reddito i componenti positivi privi del requisito di certezza.

Queste sono le ragioni per le quali l’ordinamento stabilisce che gli eventuali utili netti su cambi di natura presunta, pur dovendo concorrere alla formazione del reddito di esercizio, siano da accantonare ad apposita riserva non distribuibile fino al realizzo.

In altri termini, si pone rimedio alla sovrastima del reddito, impedendo che la frazione di esso corrispondente a differenze di cambio stimate possa venire erogata ai soci.

A questo proposito, è opportuno osservare che il medesimo rimedio, per quanto funzionale a impedire la distribuzione di utili fittizi, non è tuttavia idoneo a evitare che il reddito e il capitale si iscrivano a bilancio in misura sovrastimata.

A ciò si aggiunga che, sebbene non distribuibile, la riserva per utili presunti su cambi è comunque generalmente considerata disponibile per la copertura di eventuali perdite di

68 Vedi ZAPPA G., Il reddito di impresa, op. cit.

69 Ricorda ad esempio MAZZA G., a proposito del fondo oscillazione cambi,

come l’adeguamento del medesimo fondo debba operarsi per i soli debiti, in presenza di cambi crescenti, e per i soli crediti in presenza di cambi decrescenti. Questa disparità di trattamento trova ragion d’essere proprio nel principio di prudenza. Vedi Problemi di valutazione per il bilancio di esercizio, op. cit.

esercizio70, generando un’artefatta protezione del capitale sociale, attraverso la compensazione di perdite effettive con utili solo presunti.

Per quanto attiene infine alla movimentazione della riserva per utili presunti su cambi, rileva distinguere tra la prima iscrizione e le variazioni successive.

In relazione alla prima iscrizione, occorre considerare il rapporto quantitativo tra gli utili netti presunti su cambi e il risultato economico dell’esercizio, secondo le seguenti casistiche71:

a) laddove l’utile netto presunto su cambi sia inferiore al risultato di esercizio, il medesimo utile deve venire accantonato, per il suo intero importo, a riserva non distribuibile;

b) laddove l’utile netto presunto su cambi sia uguale o superiore al risultato di esercizio, quest’ultimo deve venire integralmente accantonato a riserva non distribuibile.

Per quanto attiene alle variazioni successive, è necessario, come sopra, raffrontare l’importo dell’utile netto presunto su cambi con l’ammontare del risultato di esercizio, ma occorre altresì tenere conto, per determinare l’entità dell’accantonamento, della misura eventualmente già raggiunta dalla riserva non distribuibile, secondo le seguenti casistiche:

a) laddove l’importo della riserva già esistente sia inferiore a quello dell’utile netto presunto su cambi dell’esercizio, l’accantonamento avverrà per un ammontare pari alla differenza fra i due importi;

b) laddove l’importo della riserva già esistente sia pari a quello dell’utile netto presunto su cambi dell’esercizio, non verrà stanziato alcun accantonamento;

c) laddove l’importo della riserva già esistente sia superiore a quello dell’utile netto presunto su cambi dell’esercizio, la medesima riserva si libera per l’eccedenza, cioè a dire deve venire riclassificata come distribuibile per un ammontare pari alla differenza tra i due importi;

d) in presenza di perdite nette presunte su cambi dell’esercizio, l’intero importo della riserva diviene distribuibile.

70 Così secondo l’OIC 26, 2014. La previsione di utilizzabilità della riserva in

esame per la copertura di perdite non è stata tuttavia riproposta nell’attuale versione dell’OIC 26, 2016, ma viene generalmente ammessa dalla prassi giuridica.

8.3. La valutazione delle attività e delle passività non

Nel documento Il bilancio d'esercizio delle imprese (pagine 33-40)