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L A VALUTAZIONE DEI TITOLI E DELLE ATTIVITÀ FINANZIARIE CHE NON COSTITUISCONO IMMOBILIZZAZION

Nel documento Il bilancio d'esercizio delle imprese (pagine 60-66)

COSTO AMMORTIZZATO

10. L A VALUTAZIONE DEI TITOLI E DELLE ATTIVITÀ FINANZIARIE CHE NON COSTITUISCONO IMMOBILIZZAZION

Nella classe in esame si includono generalmente i titoli di debito e le partecipazioni.

I titoli di debito attribuiscono al possessore il diritto di percepire flussi di liquidità determinati o determinabili, ma non comportano generalmente il diritto di partecipare al capitale o alla gestione dell’emittente. In questa classe si ricomprendono principalmente i titoli di Stato, le obbligazioni emesse da società ed enti pubblici o privati, i titoli assimilati.

Le partecipazioni sono invece costituite da investimenti nel capitale di rischio di altre imprese123.

La valutazione dei titoli e delle attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni -che qui, per brevità, si denominano attivo finanziario circolante- deve essere effettuata al minor valore risultante dal raffronto tra: 1) il costo ammortizzato, per i titoli, o il costo di acquisto, per le partecipazioni; 2) il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato.

A questo fine, occorre considerare i seguenti profili:

a) la determinazione del costo ammortizzato per i titoli e la determinazione del costo di acquisto per le partecipazioni;

b) la determinazione del valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato;

c) la valutazione al minor valore risultante dal raffronto tra il costo sub a) e il valore di realizzazione sub b);

d) i ripristini di valore, laddove il minor valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato non possa essere mantenuto nei successivi bilanci, a causa del venir meno delle ragioni della svalutazione;

e) la valutazione dell’attivo finanziario circolante secondo i metodi convenzionali del costo medio ponderato, “primo entrato, primo uscito” e “ultimo entrato, primo uscito”.

122 Le riserve in esame sogliono anche denominarsi «Riserve L.I.F.O.» posto

che emergono dall’adozione del criterio L.I.F.O. che, come osservato, in presenza di inflazione tende a sottovalutare le rimanenze. Per l’illustrazione di casi pratici vedi anche TETTAMANZI P., Bilancio italiano e bilancio IAS/IFRS, Ipsoa, Milano, 2014.

f) l’indicazione in nota integrativa, per categorie di titoli, delle differenze apprezzabili tra il valore ottenuto con l’utilizzo dei metodi sub e) e i costi correnti alla chiusura dell’esercizio.

In relazione al profilo sub a), per i titoli il costo ammortizzato è calcolato, successivamente alla rilevazione iniziale, attraverso le seguenti fasi124:

- determinazione degli interessi computati mediante applicazione del tasso effettivo125 al valore di prima iscrizione del titolo;

- imputazione a incremento del valore del titolo degli interessi calcolati al tasso effettivo;

- deduzione degli incassi per interessi e capitale intervenuti nell’esercizio;

- deduzione delle svalutazioni.

Per le partecipazioni, il costo di acquisto è rappresentato dal costo di sottoscrizione, aumentato degli eventuali oneri accessori126.

Per quanto attiene al profilo sub b), è necessario determinare il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, per la cui individuazione la disposizione civilistica non offre indicazioni, né in relazione al mercato di riferimento, né in ordine alle modalità di selezione dei prezzi.

Ne deriva la necessità di ricercare criteri adeguati, dotati di soddisfacente capacità rappresentativa, ossia in grado di condurre alla determinazione di valori non teorici o convenzionali, ma effettivamente e ragionevolmente realizzabili.

A tal fine è opportuno distinguere a seconda che i titoli e le partecipazioni siano o meno quotati in mercati ufficiali.

124 Vedi OIC 20, 2016.

125 Ai fini del calcolo del tasso di interesse effettivo valgono le stesse regole

applicative illustrate per i titoli immobilizzati.

126 Laddove intervengano aumenti a pagamento del capitale sociale della partecipata, il costo della partecipazione si incrementa per effetto e nella misura del nuovo esborso, mentre, in presenza di aumenti gratuiti, il valore di carico della partecipazione rimane invariato. In quest’ultima ipotesi aumenta il numero delle azioni detenute, a parità di costo complessivo di sottoscrizione, sicché si riduce il costo medio unitario per azione. Laddove la sottoscrizione dell’aumento, a titolo oneroso, del capitale sociale avvenga mediante rinuncia a crediti vantati dal socio verso la partecipata, il valore di carico della partecipazione si incrementa di un importo pari al valore del credito oggetto di rinuncia.

Con riguardo all’attivo finanziario circolante quotato, occorre in primo luogo che, in qualsiasi caso di utilizzo delle quotazioni, i mercati dai quali esse si ritraggono siano affidabili e caratterizzati da volumi di scambi sufficienti a esprimere prezzi attendibili.

Inoltre, è utile considerare che, sebbene i medesimi mercati forniscano prezzi ufficiali, si rende comunque necessario stabilire la data, o, in alternativa, l’intervallo temporale, da assumere a riferimento per individuare la quotazione maggiormente rappresentativa.

A questo proposito, la principale distinzione si pone tra la quotazione vigente alla data del bilancio e la media delle quotazioni riferite a un intervallo, di ampiezza adeguata, anteriore o successivo alla chiusura dell’esercizio.

Poiché la norma richiede di individuare un valore rappresentativo dell’andamento del mercato, la data puntuale potrebbe risultare appropriata in condizioni di relativa stabilità delle quotazioni, ragionevolmente prevedibile anche per il futuro.

Laddove, al contrario, la volatilità dei titoli risultasse marcata, il dato puntuale potrebbe non esprimere adeguatamente l’andamento dei prezzi di mercato, sicché occorrerebbe fare uso di una media significativa.

A questo fine, per la determinazione dell’orizzonte temporale di riferimento utile al computo di una media appropriata, assume rilievo significativo la considerazione delle evoluzioni sia anteriori, sia successive alla chiusura dell’esercizio, specialmente laddove da esse possano desumersi andamenti tipici127.

In particolare, i medesimi andamenti devono venire considerati separatamente a seconda che mostrino un deterioramento progressivo del merito creditizio dell’emittente i

127 Rileva ZAPPA G., Le valutazioni di bilancio, op. cit., pp. 202-206: “La via

maggiormente seguita nella pratica è quella della valutazione al corso, nominale spesso, segnato dai listini di borsa o di banca nel giorno di formazione del bilancio: io posi già in chiara evidenza, almeno secondo credo, l’irrazionalità e le mende di tale procedimento; mende le cui conseguenze funeste possono essere, non mai evitate, ma solo in parte diminuite, dall’assunzione, come base per l’attribuzione dei valori d’inventario, delle medie dei prezzi fatti in un determinato periodo di tempo, o dalla correzione, mediante quote di deprezzamento, dei corsi attuali.” In luogo di tali valori dovrà invece “presumersi il prezzo di effettivo ricavo futuro, al fine di poter procedere al raffronto suo col costo, il quale però costituirà pur sempre il massimo valor d’inventario.”.

titoli o dell’economicità della partecipata, oppure evidenzino tendenze rialziste.

Nel primo caso, è assai probabile che, atteso l’andamento al ribasso, le quotazioni vigenti alla chiusura dell’esercizio risultino superiori a quelle rilevate successivamente, sino all’approvazione del bilancio.

In tale ipotesi, si ritiene che la quotazione risultante alla chiusura del periodo amministrativo non costituisca un prezzo adatto alla valutazione e che il titolo o la partecipazione debbano venire svalutati, per tenere conto delle perdite ragionevolmente stimabili128.

Nel secondo caso, ossia nell’ipotesi in cui i mercati esprimano tendenze al rialzo, la valutazione deve venire effettuata al costo129: sebbene infatti l’andamento delle quotazioni consenta di ipotizzare un ragionevole apprezzamento del valore dei titoli o delle partecipazioni, i relativi utili, in quanto solo sperati, non possono venire accolti in bilancio sino all’eventuale realizzo130.

In relazione all’attivo finanziario circolante non quotato, le problematiche valutative divengono ancora più complesse, posto che non sussiste un mercato di riferimento dal quale ritrarre valori giornalieri o andamenti medi.

128 Rileva altresì il problema dell’incertezza dei mercati BESTA F., La

ragioneria, op. cit., p. 417: “solamente l’incertezza intorno ai possibili valori di cambio può giustificare l’applicazione del costo nella valutazione degli elementi patrimoniali, e tale applicazione può farsi solamente fino a che il costo rimane inferiore al valore di cambio.”.

129 Secondo FERRERO G., La valutazione del capitale di bilancio, op. cit., il

criterio del costo vale “quando le quotazioni di mercato tendono al rialzo o, quantomeno, si profilano tendenzialmente stabili.”.

130 Osserva in particolare ONIDA P., Il bilancio d’esercizio nelle imprese, op.

cit., p. 319: “Anche per valutare le rimanenze di titoli immediatamente disponibili per la vendita ed aventi attivo mercato, giova dunque, tra l’altro -analogamente a quanto dovrebbe farsi riguardo alle merci o ai prodotti costituenti rimanenze attive d’esercizio, nelle imprese mercantili ed industriali- presumere il tempo nel quale i titoli potranno essere collocati e ponderare, in connessione, attentamente le tendenze di mercato. Se questo volge al ribasso, il valore di bilancio dei titoli in rimanenza potrà essere determinato in base a prezzi minori sia delle quotazioni di fine esercizio sia dei costi e, in generale, dei valori originari di entrata o di carico per i quali essi risultano iscritti nella contabilità, salvo che non si costituiscano in bilancio o non siano già state costituite in passato, adeguate riserve di svalutazione. Quando, poi, il mercato tende al rialzo, sarà in genere opportuno -data l’incertezza delle previsioni- di non oltrepassare i suddetti valori di costo o di entrata: i quali potranno essere accolti come base di stima in quanto sia presumibile che i futuri ricavi di vendita non saranno ad essi inferiori.”.

In tali ipotesi, atteso che la disposizione menziona il valore di realizzazione e posto che il medesimo non è rilevabile dal mercato, è opportuno che la stima cerchi di individuare il prezzo al quale potrebbe avvenire un’ipotetica cessione del titolo o della partecipazione, in condizioni realistiche, ivi inclusa quella dell’eventuale incedibilità.

Inoltre, la valutazione deve essere condotta su base individuale, ossia considerando specificamente ciascun emittente i titoli e ciascuna società partecipata, al fine di verificare se gli andamenti economici vigenti alla data di bilancio si siano conservati immutati sino all’approvazione, oppure abbiano subito deterioramenti.

Nella prima ipotesi, il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato potrà riflettere le tendenze in atto alla chiusura dell’esercizio, mentre nel secondo caso sarà necessario tenere conto del sopravvenuto peggioramento degli equilibri del soggetto emittente o partecipato, al fine di rivedere al ribasso il valore di realizzazione stimato alla data di bilancio.

Viceversa, per le ragioni esposte più sopra, nel caso in cui gli andamenti economici dei predetti soggetti manifestassero tendenze di progressivo miglioramento, di esse non potrebbe tenersi conto ai fini della stima del valore di realizzazione.

In relazione al profilo sub c), una volta determinato il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, occorre raffrontarlo con il costo ammortizzato o di acquisto e valorizzare i titoli e le partecipazioni al minor valore risultante dal confronto131.

L’eventuale svalutazione deve essere effettuata distintamente, per ogni specie di titolo o di partecipazione, dovendosi escludere la possibilità di comporre svalutazioni per aggregati più o meno omogenei, o addirittura per l’intera classe132.

Il valore così svalutato costituisce: i) il valore di iscrizione in bilancio; ii) il valore di carico da raffrontare con il ricavo di vendita in occasione di un’eventuale cessione; iii) il nuovo

131 Rileva sul punto DE GOBBIS F., Ragioneria generale, op. cit., p. 88:

“Ragioni di esattezza e di prudenza dovrebbero consigliare, invece, di procedere alla valutazione di questi elementi patrimoniali, analogamente a quanto abbiamo affermato per le merci, in base al valor minore, risultante dal confronto tra il costo e il corso.”.

132 Vedi OIC 20, 2016, ove è anche precisato che la svalutazione per categorie

di titoli è possibile allorquando riguardi categorie omogenee composte per la valutazione al costo medio ponderato, al F.I.F.O. o al L.I.F.O.

costo da assumere nell’applicazione dei metodi convenzionali (costo medio ponderato, L.I.F.O., F.I.F.O.).

In relazione al profilo sub d), i ripristini di valore ricorrono nel caso in cui le ragioni della svalutazione vengano meno.

Per i titoli e per le partecipazioni negoziati in mercati regolamentati, questa condizione si verifica generalmente a seguito di una ripresa non effimera delle quotazioni, mentre per i titoli e per le partecipazioni non quotati potrebbe derivare da un irrobustimento delle condizioni di economicità dei soggetti emittenti o partecipati.

In entrambi i casi, occorrerà annullare la riduzione di valore precedentemente operata e ripristinare il valore di carico vigente anteriormente alla svalutazione.

In relazione ai metodi convenzionali sub e), la loro adozione è alternativa al criterio del costo specifico di acquisto e risulta utile soprattutto laddove le negoziazioni siano frequenti e abbiano a oggetto titoli o partecipazioni di diversa specie e tipologia.

In queste ipotesi, infatti, il monitoraggio delle negoziazioni relative a ciascun titolo o a ciascuna partecipazione, al fine di conservare memoria del loro costo originario, potrebbe risultare disagevole o, in taluni casi, impraticabile133.

I metodi convenzionali applicabili ai titoli e alle partecipazioni coincidono con quelli ammessi per la valutazione delle rimanenze di beni, ossia:

- il costo medio ponderato; - il metodo F.I.F.O.; - il metodo L.I.F.O.

Anche per quanto attiene alle modalità di calcolo, valgono le stesse regole illustrate per le rimanenze di beni, cui si aggiungono le peculiarità dei criteri di formazione delle categorie omogenee134, generalmente basati sull’identità del soggetto emittente e delle caratteristiche dei titoli.

Per quanto attiene infine al profilo sub f), il procedimento di valutazione si conclude con l’analisi degli scostamenti tra il

133 Si pensi, a titolo esemplificativo, ad acquisti di lotti di titoli aventi il

medesimo codice di identificazione ISIN, effettuati in momenti e a prezzi diversi. In ipotesi di cessione, non è praticamente possibile individuare quale sia il lotto al quale appartiene il titolo ceduto e, di conseguenza, quale sia il lotto, e il relativo costo, al quale appartengono i titoli rimasti.

134 Secondo l’OIC 20, 2016, sono fungibili i titoli che incorporano gli stessi diritti, sono fra loro scambiabili e hanno un unico codice ISIN.

valore ottenuto con l’applicazione dei metodi convenzionali e i costi correnti alla chiusura dell’esercizio.

Laddove, infatti, le differenze individuate siano di ammontare apprezzabile, di esse dovrà darsi indicazione, per categorie di titoli, in nota integrativa.

In particolare, la segnalazione in nota integrativa deve avvenire: a) distintamente per ciascuna categoria di titoli, risultando dunque esclusa la possibilità di compensare tra loro differenziali di segno opposto relativi a categorie diverse; b) mediante indicazione delle sottovalutazioni o delle sopravvalutazioni dell’attivo finanziario circolante laddove esse siano sostanziali, cioè di ammontare apprezzabile non già, si ritiene, in valore assoluto, bensì con riguardo all’entità complessiva del patrimonio investito nella categoria di titoli oggetto di valutazione.

Nel documento Il bilancio d'esercizio delle imprese (pagine 60-66)