• Non ci sono risultati.

Il raffronto con il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato dei beni oggetto di produzione

Nel documento Il bilancio d'esercizio delle imprese (pagine 52-60)

COSTO AMMORTIZZATO

9. L A VALUTAZIONE DELLE RIMANENZE DI BEN

9.4. Il raffronto con il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato dei beni oggetto di produzione

Una volta determinato il costo di produzione, si pone la necessità di esaminare il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato dei prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti.

Vengono quindi in considerazione problematiche analoghe a quelle già evidenziate per la valutazione dei prodotti in giacenza oggetto di acquisto, e in particolare per le merci, poiché anche in questo caso il valore di realizzazione desumibile dal mercato non corrisponde al costo di sostituzione, bensì al valore netto di realizzazione101 ottenibile dalla cessione dei beni.

Restano immutate le argomentazioni già svolte in ordine alle ragioni per le quali sia imposta l’applicazione del valore di realizzazione ove inferiore al costo di produzione: sommamente la prudenza, che vuole si attribuiscano al reddito dell’esercizio le perdite presumibili -ancorché non realizzate- che si manifesteranno in occasione della cessione dei beni i cui costi di fabbricazione siano superiori al ricavo conseguito102.

sul capitale durevolmente investito nella produzione, come onere figurativo, ossia determinato a puro calcolo, distinguendolo così dall’interesse effettivamente pagato come onere finanziario effettivo derivante da contratti di mutuo.”.

101 Così l’OIC 13, 2016, secondo cui il prezzo di vendita deve venire

considerato al netto dei presunti costi di completamento e dei costi diretti di vendita.

102 Il tema è chiarissimo in BESTA F., La ragioneria, op. cit., p. 264, ove a

proposito della valutazione al costo l’Autore afferma che: “La ragione che consiglia a valutare i prodotti e le mercanzie in base ai loro costi non deve dunque cercarsi nel bisogno di una esatta determinazione dell’utile o della perdita già seguita, ma piuttosto in quello di evitare calcolazioni arbitrarie e specialmente calcolazioni esagerate di utili, che espongano poi a duri disinganni. Se il vero valore dei beni potesse sempre con piena sicurezza, esattamente e senza troppe difficoltà determinarsi, non si potrebbe parlare di valutazioni fondate sul mero costo. Sono ragioni di prudenza quelle che giustificano cotali valutazioni, e il bisogno di impedire in modo assoluto ogni determinazione erronea di utili che non siano realmente seguiti.”. A proposito del minor valore di realizzazione: “importa poi che risulti assodato essere il costo effettivo non superiore al valore dei beni e soprattutto al prezzo a cui l’impresa li vende. Un’impresa, che può contare di vivere anche negli anni a venire, può, senza iattura sua, senza nulla togliere al credito di cui gode, non rilevare, nella formazione dei bilanci, utili già seguiti, imputandoli così agli

In questi casi, dunque, il principio prudenziale impone di valutare il patrimonio da vendita a un valore inferiore al costo laddove il costo medesimo si presenti superiore ai prezzi di effettivo ricavo futuro, scontati all’epoca di formazione del bilancio103.

A questo proposito si osserva che il prezzo di effettivo ricavo futuro non deve venire confuso con il prezzo del giorno di chiusura dell’esercizio, o prezzo corrente, poiché da quest’ultimo in genere differisce, dovendosi invece immaginare, in luogo di esso, le condizioni presumibilmente vigenti al tempo in cui si suppone avverrà la transazione sperata104.

A ciò si aggiunga che anche la determinazione dei prezzi correnti alla chiusura dell’esercizio richiede congetture non meno incerte di quelle che gravano sulla stima dei prezzi di ricavo futuro105.

Considerazioni particolari devono tuttavia venire effettuate per i prodotti in corso di fabbricazione, giacché per essi il

esercizi futuri: ciò può essere conforme a prudenza; ma non potrebbe, senza esporsi a delusioni o a danni, non rilevare una perdita che fosse avvenuta, la quale denota di per sé sola condizioni anormali in cui la gestione viene a trovarsi e che esigono pronti rimedi.”.

103 Vedi ZAPPA G., Le valutazioni di bilancio, op. cit., p. 127.

104 Spiega perché il prezzo futuro di effettivo realizzo debba essere rigettato,

laddove superiore al costo, DE GOBBIS F., Il bilancio delle società anonime, op. cit., p. 165. Secondo l’Autore, sebbene sia senz’altro vero che chi produce speri di vendere a un prezzo superiore al costo, è invece contrastabile affermare che chi vende “speri, ragionevolmente, di ricavare in un determinato momento quel prezzo, un determinato prezzo e, perciò, quel determinato utile”; e in relazione all’arbitrio delle valutazioni connesse osserva, p. 166: “Quale campo sterminato si offrirebbe alla fantasia degli amministratori ottimisti e all’abilità di amministratori disinvolti, se il criterio del prezzo futuro di effettivo realizzo previsto divenisse il criterio generale di valutazione nei bilanci!”.

105 Osserva DE GREGORIO A., I bilanci delle società anonime, op. cit., p.

192: “il prezzo di borsa o di mercato del giorno cui si riferisce il bilancio riguarda, a parte la sua maggiore o minore esattezza, le contrattazioni di merci di determinata quantità e qualità, le quali possono non corrispondere a quella delle merci possedute dalla società che deve fare il suo bilancio. La quantità delle merci offerte, la natura dell’azienda di venditrice all’ingrosso o al dettaglio, gli impegni precedentemente assunti, la qualità e l’abilità degli intermediari per mezzo dei quali si trattano le vendite, una piccola differenza nella qualità, il ritardo anche di un giorno, anche di poche ore nell’offerta delle merci, sono tutti elementi che possono influire notevolmente a rendere inapplicabile alle merci possedute dall’azienda il valore di borsa o di mercato nel giorno dell’inventario e del bilancio;”.

maggiore limite connesso alla determinazione di un prezzo- ricavo attendibile risiede nell’assenza di un mercato o di Borse nei quali si scambino i beni incompiuti106.

In tale ipotesi potrebbe risultare utile muovere dalla considerazione del prezzo-ricavo riferito al prodotto finito che si otterrà al termine del processo di fabbricazione e diminuirlo dei costi ancora da sostenere per il suo completamento.

Più precisamente, occorre considerare in primo luogo il valore di effettivo realizzo futuro dei beni che risulteranno dai processi di fabbricazione in corso. In secondo luogo, dal valore così determinato devono venire sottratti sia i costi inerenti le fasi produttive ancora da compiere, sia i costi futuri che si sosterranno per la vendita e il collocamento del prodotto finito107.

Le previsioni che debbono formularsi per la determinazione del valore delle rimanenze dei prodotti in corso di lavorazione possono peraltro presentare difficoltà ulteriori: da un lato, infatti, i tempi che intercorrono fra la data del bilancio e quella della presunta vendita potrebbero risultare non brevi, rendendo meno agevoli le presunzioni sia dei costi ancora da sostenere, sia dei ricavi ottenibili dalla vendita; dall’altro, per talune imprese, i prodotti in corso di lavorazione alla chiusura dell’esercizio potrebbero venire impiegati per la produzione di beni finiti di diverso tipo, sicché risulterebbe necessario formulare ulteriori ipotesi, inerenti sia l’individuazione della destinazione finale dei prodotti in corso, sia la determinazione di più prezzi di ricavo futuro.

Difficoltà minori si presentano invece laddove per i prodotti finiti che si otterranno vi siano ordini di acquisto confermati, in quanto la presenza di impegni contrattuali già assunti dagli acquirenti all’epoca di formazione del bilancio costituisce una condizione giuridicamente rilevante che rende ragionevolmente più certe le previsioni sia del prezzo di effettivo realizzo, sia dei tempi in cui avverrà la cessione, sia, infine, delle scadenze dei relativi incassi108.

106 Osserva DE GOBBIS F., Ragioneria generale, op. cit., p. 88: “Più difficile

è la valutazione dei prodotti in corso di fabbricazione nelle aziende manifatturiere, perché essi non hanno generalmente un prezzo corrente, né, d’altra parte è agevole fissare esattamente tutti gli elementi di costo.”.

107 In questo senso vedi ONIDA P., Il bilancio d’esercizio nelle imprese, op.

cit.; AMADUZZI A., L’azienda nel suo sistema e nell’ordine delle sue rilevazioni, Utet, Torino, 1963.

Si osserva, per concludere, che il minor valore di realizzazione assegnato alle rimanenze non può essere mantenuto nei successivi bilanci, laddove ne vengano meno i motivi. In altri termini, occorre monitorare di esercizio in esercizio gli andamenti dei valori di realizzazione, al fine di ripristinare il valore di costo, ove i ricavi di presunto realizzo mostrino tendenze al rialzo tali da sopravanzarlo.

9.5. La valutazione dei beni fungibili. Il costo medio ponderato, il F.I.F.O. e il L.I.F.O.

In relazione ai beni fungibili, è ammesso che, in luogo del costo specificamente sostenuto per ciascun bene in rimanenza, si utilizzino metodi, per così dire convenzionali, basati sull’impiego di costi medi oppure di costi risultanti dall’assunzione di ipotesi specifiche circa la rotazione del magazzino.

Occorre infatti ricordare che le rimanenze dei beni da valutare non derivano da un unico acquisto, bensì da acquisti molteplici, effettuati a prezzi diversi, anche distanziati nel tempo, sicché non risulta generalmente possibile distinguere i beni in giacenza in funzione del costo di acquisto per essi specificamente sostenuto109.

La disciplina civilistica ammette tre metodi sintetici: - il metodo della media ponderata;

- il metodo “primo entrato, primo uscito” (F.I.F.O.); - il metodo “ultimo entrato, primo uscito” (L.I.F.O.). I metodi in esame sono consentiti a condizione che110: - vengano applicati in modo uniforme per le diverse classi di beni;

- la loro adozione sia costante nel tempo, salvo le deroghe ammesse al cambiamento dei criteri di valutazione.

108 Anche nel caso di produzioni per le quali sia stato stipulato un contratto di

vendita, osserva FERRERO G., La valutazione del capitale di bilancio, op. cit., p. 64: “l’accennata valutazione in base al presunto valore di futuro realizzo riuscirebbe più che mai possibile, ma essa dovrebbe prescindere dalla convinzione -fondamentalmente errata- di poter procedere senza alcuna incertezza, solo perché, nelle produzioni su commissione, essendo già stipulata la vendita, sono pure definiti il prezzo ed il momento del pagamento. Un eventuale ritardo nella consegna o dei possibili difetti di produzione possono essere, ad esempio, motivi di riduzione del prezzo pattuito.”.

109 Vedi AMODEO D., Ragioneria generale delle imprese, op. cit.

110 Vedi MAZZA G. (a cura di), Problemi di valutazione per il bilancio di

A differenza del costo specifico che valorizza le rimanenze di ciascun bene sulla base del costo individualmente sostenuto, i tre metodi sintetici di cui sopra si basano sull’utilizzo di ipotesi relative alla successione temporale dei prelievi effettuati per la vendita o per la successiva lavorazione.

Il metodo della media ponderata viene menzionato dalla norma senza specificazioni ulteriori e può dunque venire applicato nelle diverse varianti in uso nella prassi111.

Fra le medesime si ricordano112:

a) il costo medio ponderato di esercizio; b) il costo medio ponderato d’acquisto; c) il costo medio ponderato per flussi.

Nel caso sub a), il metodo della media ponderata richiede, in primo luogo, la determinazione della media ponderata dei costi di acquisto, i cui pesi sono rappresentati dalle quantità acquistate. Fra le quantità di carico si tiene conto anche delle giacenze iniziali, generalmente valorizzate al costo unitario loro attribuito nel bilancio dell’esercizio precedente. In secondo luogo, il valore complessivo delle rimanenze finali viene calcolato applicando il costo medio unitario ponderato, come sopra determinato, all’intera quantità dei beni giacenti in magazzino.

Nel caso b), il procedimento di calcolo si svolge secondo le stesse modalità considerate sub a), con la sola differenza che si escludono dai carichi le giacenze iniziali. La media ponderata viene pertanto computata solo sugli acquisti effettuati nel corso dell’esercizio.

Infine, nel caso sub c), il costo medio ponderato viene calcolato non già alla chiusura dell’esercizio, bensì in modo continuo, nel corso dell’esercizio medesimo, in occasione di ciascuna uscita dal magazzino. La valorizzazione riguarda dunque non solo i carichi ma anche le uscite, in modo tale che, alla chiusura dell’esercizio, le quantità in giacenza possiedano un valore pari alla differenza tra il valore dei carichi e quello degli scarichi avvenuti nel corso del periodo amministrativo.

Il metodo in argomento può peraltro venire applicato in tre diverse varianti, a seconda che la media ponderata sia determinata113:

111 Per esemplificazioni si veda l’Appendice 7.

112 Per una illustrazione vedi PROVASOLI A., VIGANÒ A. (a cura di),

Bilancio. Valutazioni, lettura, analisi, Egea, Milano, 2007.

- fra i costi di tutte le entrate di magazzino che hanno avuto luogo dall’inizio dell’esercizio, sino al tempo dell’uscita da valutare (media generale);

- fra i costi di tutte le entrate di magazzino che hanno avuto luogo in un periodo prestabilito antecedente a quello in cui si verifica l’uscita da valutare (moving weighted average method);

- fra i costi di tutte le entrate di magazzino che si sono verificate in un periodo predeterminato, e mediante applicazione a tutte le uscite di magazzino che abbiano avuto luogo in un prefissato periodo (periodic weighted average method).

Il metodo “primo entrato, primo uscito”, generalmente noto come metodo F.I.F.O. (First In First Out), muove dal presupposto che le quantità di beni entrate per prime in magazzino siano anche le prime ad uscire, cosicché le giacenze risultanti alla chiusura dell’esercizio corrispondono alle partite di beni di più recente carico.

Il metodo in esame da un lato semplifica talune problematiche procedurali dei metodi basati sulle medie ponderate; dall’altro, ipotizzando che i beni in giacenza siano gli ultimi entrati in magazzino, approssima il valore delle rimanenze ai prezzi correnti alla chiusura dell’esercizio.

In questo senso, si suole osservare114 che il metodo F.I.F.O., a parità di quantità in giacenza, determina:

- in periodi di prezzi crescenti, accrescimenti del valore delle rimanenze;

- in periodi di prezzi decrescenti, diminuzioni del valore delle rimanenze.

Dal punto di vista operativo115, il metodo consiste anzitutto nel tenere conto della data e dei prezzi-costo dei beni entrati in magazzino, nella loro successione temporale. In secondo luogo, gli scarichi vengono prelevati -contabilmente- dalle partite più remote e quindi valorizzati al prezzo-costo di esse.

Il metodo F.I.F.O. viene generalmente utilizzato nella versione “per movimento” o “continua”116, secondo la quale la

114 Vedi SUPERTI FURGA F., Il bilancio di esercizio italiano secondo la

normativa europea, op. cit.

115 Per un’esemplificazione si veda l’Appendice 7.

116 Per un’esemplificazione vedi GIUNTA F., PISANI M., Il bilancio,

valorizzazione degli scarichi avviene in via continuativa, in occasione di ciascun movimento in uscita.

Tramite questo procedimento, le giacenze sono valorizzate continuativamente e il loro valore alla chiusura dell’esercizio è quello risultante alla data di valorizzazione dell’ultimo movimento avvenuto nel periodo amministrativo.

Il metodo “ultimo entrato, primo uscito”, anche noto come metodo L.I.F.O. (Last In First Out), si fonda su ipotesi opposte rispetto al F.I.F.O., muovendo in particolare dal presupposto che le ultime quantità entrate in magazzino siano le prime a uscire.

Ne deriva che le giacenze risultanti alla fine dell’esercizio corrispondono idealmente alle partite di più antica formazione, sicché la loro valorizzazione viene eseguita non già, come per il metodo F.I.F.O., sulla base di prezzi prossimi a quelli vigenti alla data del bilancio, bensì mediante applicazione di prezzi formatisi in occasione dei carichi temporalmente più remoti.

Si verificano pertanto situazioni opposte a quelle descritte per il metodo F.I.F.O., a seconda che le dinamiche dei prezzi risultino:

- crescenti, nel cui caso la valorizzazione delle rimanenze, a parità di quantità, tende a diminuire;

- decrescenti, nel cui caso la valorizzazione delle rimanenze, a parità di quantità, tende ad aumentare.

Valutato rispetto agli effetti sul risultato economico di esercizio, il metodo in esame tende ad attenuare, in periodi di prezzi crescenti, i cosiddetti “profitti di magazzino”117, ossia i redditi impliciti nella sopravvalutazione delle giacenze118, mentre provoca risultati inversi di sovrastima delle giacenze in ipotesi di prezzi decrescenti, in quanto i prezzi-costo correnti alla chiusura dell’esercizio sono verisimilmente inferiori a quelli trascorsi.

Atteso che la disposizione civilistica richiama il metodo senza ulteriori precisazioni, si ammette che la valutazione delle rimanenze possa venire effettuata secondo le due varianti119 più note, ossia:

117 Vedi QUAGLI A., D’ALAURO G., op. cit.

118 Vedi ASQUER A., Gli effetti del metodo LIFO nella valutazione delle

rimanenze. Una metodologia statistica per la determinazione dell’utile di magazzino, in AA.VV., Annali della Facoltà di Economia di Cagliari, FrancoAngeli, Milano, 2002.

- il metodo L.I.F.O. continuo;

- il metodo L.I.F.O. a scatti, su base annuale.

Nel primo caso, la valorizzazione delle giacenze viene effettuata in occasione di ogni scarico, mediante la valutazione dello scarico medesimo ai prezzi-costo degli ultimi carichi.

Secondo il metodo del L.I.F.O. a scatti su base annuale120, in cui lo scatto coincide con l’esercizio, la valorizzazione delle giacenze non avviene in via continuativa, per ogni lotto scaricato, ma si effettua invece alla data di bilancio, mediante un procedimento che si articola nelle seguenti fasi:

a) determinazione delle quantità in rimanenza;

b) raffronto tra le quantità delle giacenze alla fine e all’inizio dell’esercizio;

c) valutazione delle giacenze ai prezzi-costo più remoti. Rileva infine osservare che in tutti i casi in cui la valutazione non avvenga al costo specifico, ma con l’utilizzo dei criteri convenzionali sopra descritti, la norma civilistica prevede che se il valore ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell’esercizio, la differenza deve venire indicata, per categorie di beni, in nota integrativa.

Sebbene dunque la valutazione delle giacenze possa non avvenire a costi specifici, il redattore del bilancio non può comunque prescindere dalla considerazione dei costi correnti alla chiusura dell’esercizio, in particolare per stabilire se gli scostamenti generati dai metodi convenzionali siano significativi e per illustrarli in nota integrativa.

Si osservi, per concludere, che l’obbligo informativo in esame deve venire soddisfatto non solo in ipotesi di sopravvalutazione delle rimanenze, al fine di rendere evidenti i citati profitti di magazzino, ossia i redditi che non sarebbero emersi laddove la valutazione fosse avvenuta a valori correnti, ma anche nel caso opposto di sottostima delle giacenze121, posto che anche in questa ipotesi risulta significativo rendere palesi le riserve occulte122, ossia i redditi potenziali implicitamente diffusi nel capitale di funzionamento.

120 Vedi ad esempio TETTAMANZI P., CORTESI A., MANCINI C.,

Contabilità e bilancio, Ipsoa, Milano, 2015.

121 Secondo alcuni autori le riserve occulte danneggiano i creditori tanto

quanto le sopravvalutazioni. Vedi in particolare COLOMBO G. E., Il bilancio di esercizio delle società per azioni, Cedam, Padova, 1965, p. 199, ove: “anche nei confronti dei creditori le riserve occulte possono essere causa di inganni estremamente pericolosi.”.

10. LA VALUTAZIONE DEI TITOLI E DELLE ATTIVITÀ

Nel documento Il bilancio d'esercizio delle imprese (pagine 52-60)