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I criteri di valutazione dei beni oggetto di produzione Il criterio del costo di produzione deve venire applicato a

Nel documento Il bilancio d'esercizio delle imprese (pagine 46-52)

COSTO AMMORTIZZATO

9. L A VALUTAZIONE DELLE RIMANENZE DI BEN

9.3. I criteri di valutazione dei beni oggetto di produzione Il criterio del costo di produzione deve venire applicato a

beni in giacenza prodotti dall’impresa e ai beni acquistati presso terzi, sui quali l’impresa medesima abbia effettuato trasformazioni fisico-tecniche, anche parziali, modificative della loro configurazione originaria.

Rientrano tipicamente nella classe in esame le rimanenze di:

- prodotti in corso di lavorazione; - semilavorati;

- prodotti finiti.

Ai fini della determinazione del costo di produzione, l’art. 2426 del Codice Civile, da un lato, rinvia al criterio stabilito per il computo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali; dall’altro, impone di escludere dal calcolo i costi di distribuzione.

Si desumono quindi le seguenti classi di costo, utili alla valutazione delle rimanenze:

I) costi direttamente imputabili;

II) altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile; III) oneri finanziari.

I costi sub I), II) e III) configurano, nel loro insieme, un aggregato che si denomina qui costo di valutazione.

In particolare, i costi sub I) costituiscono la base obbligatoria del computo e la loro somma viene definita in questa sede costo minimo; al contrario, l’inclusione dei costi sub II) e III) è facoltativa, sicché alla componente in esame si assegna qui la denominazione di costo eventuale.

In sintesi, dunque, il costo di valutazione si compone del costo minimo e del costo eventuale.

Su queste basi, al fine di individuare la configurazione utile alla valutazione delle rimanenze, è opportuno considerare in via preliminare le molteplici componenti che possono partecipare alla formazione del costo di prodotto87.

che corrisponde a quel criterio di prudenza che è necessario, in tutti i bilanci e, a maggior ragione, in quelli delle società anonime;”. Vedi DE GOBBIS F., Il bilancio delle società anonime, op. cit., p. 150.

87 Sul tema vedi in particolare D’IPPOLITO T., I costi di produzione e di

Ѐ peraltro importante osservare preliminarmente, come, in linea generale, non sussista una distinzione tra costi speciali e costi comuni valida in senso assoluto, essendo invece necessario apprezzarla in funzione delle condizioni di tempo e di luogo nelle quali la valutazione si compie88.

Ne deriva che le classificazioni qui richiamate rappresentano fattispecie ricorrenti ma relative e variabili secondo i caratteri dell’impresa considerata89.

Sulla base di queste premesse, concorrono anzitutto al costo di prodotto i componenti elementari originari, ossia gli elementi di costo che sin dalla loro origine sono riferiti al prodotto medesimo90.

Ai componenti elementari originari si aggiungono generalmente i componenti elementari derivati, ossia le quote di costi comuni o generali che si reputa siano imputabili al prodotto considerato.

I medesimi costi comuni o generali possono riguardare molteplici aree gestionali d’impresa, sicché la configurazione del costo di prodotto varia in funzione della numerosità delle aree i cui oneri si ritenga opportuno includere.

Fra le predette aree rilevano specialmente, oltre a quella produttiva, anche la commerciale e quella generale- amministrativa.

88 Osserva sul punto AMODEO D., Le gestioni industriali produttrici di beni,

Utet, Torino, 1976, ristampa 1987, pp. 510-511: “C’è un punto. Che non può determinarsi in via aprioristica, ma che dipende dalla capacità del rilevatore, dalla tecnica del processo, dalla particolare natura delle coordinazioni di impresa, dal risultato di giudizi di convenienza, e simili, che segna, in realtà, la distinzione tra costi speciali e costi comuni.”. Circa l’instabilità della distinzione nel tempo, osserva ONIDA P., Economia d’azienda, op. cit., p. 675: “Dati fattori produttivi, poi, possono passare da un gruppo all’altro quando mutino le produzioni cui vengono applicati o siano diverse l’organizzazione e la struttura dell’azienda che li impiega.”.

89 La natura ipotetica delle varie configurazioni di costo e la necessità di

approssimarle alla realtà è rilevata anche da MASINI C., L’economia delle imprese industriali di medie dimensioni nelle rilevazioni di azienda, op. cit., p. 111: “La nozione dei raggruppamenti di costi assume dunque per lo più la caratteristica di configurazione astratta di un ipotetico fenomeno teoricamente utile, non è di necessario e sempre possibile calcolo, e le conclusioni tratte sono infirmate da tutte le ipotesi limitatrici per le quali essa trova vita. Le illazioni pertanto devono poi essere integrate da successive approssimazioni alla realtà, che rendano possibili le determinazioni concrete.”.

90 Tale potrebbe essere il costo di fattura sostenuto per l’acquisto di una data

Possono dunque darsi quali configurazioni di costo più ricorrenti:

a) il costo diretto industriale di prodotto, che include solo i componenti direttamente imputabili, relativi alla fabbricazione;

b) il costo industriale di prodotto, o costo primo, che include sia i costi diretti, sia quote dei costi comuni, tutti riferiti alla sola area della fabbricazione;

c) il costo diretto commerciale di prodotto, che include solo i componenti direttamente imputabili, relativi alla fase commerciale;

d) il costo commerciale di prodotto, che include sia i costi diretti, sia quote dei costi comuni, tutti riferiti alla sola area commerciale;

e) il costo diretto amministrativo di prodotto, che include solo i componenti direttamente imputabili, relativi all’area amministrativa;

f) il costo amministrativo di prodotto che include sia i costi diretti, sia quote dei costi comuni, tutti riferiti alla sola area amministrativa;

g) il costo diretto di prodotto, che risulta dalla somma dei soli costi diretti, appartenenti alle aree industriale, amministrativa e commerciale;

h) il costo complessivo di prodotto, che si ottiene dalla somma del costo industriale, commerciale e amministrativo, e che tendenzialmente include tutti i costi e le quote di essi sostenuti dall’azienda e reputati attribuibili all’ottenimento del prodotto considerato;

i) il costo economico-tecnico, corrispondente al costo complessivo, aumentato della remunerazione spettante al capitale proprio e comprensivo di eventuali altri costi figurativi di natura similare.

Sulla base delle classi di costo sopra individuate, è possibile desumere quali fra esse debbano obbligatoriamente concorrere alla valutazione delle rimanenze (costo minimo) e quali invece possano parteciparvi in via facoltativa (costo eventuale).

Con riferimento alla componente sub I) del costo di valutazione, ossia al costo minimo, atteso che la disposizione normativa prevede che al costo di produzione debbano concorrere tutti i costi direttamente imputabili, vengono anzitutto in considerazione, fra le configurazioni di costo sopra

citate, quelle di costo diretto, sia esso industriale, commerciale o amministrativo.

I costi diretti industriali, ossia i costi speciali di prodotto attinenti all’area della fabbricazione includono generalmente91:

- il costo dei materiali utilizzati, comprensivo degli oneri accessori;

- il costo della mano d’opera diretta; - il costo degli imballaggi;

- i costi per servizi direttamente riferibili al processo di fabbricazione;

- i costi per lavorazioni esterne; - i costi relativi a licenze di produzione.

Per quanto attiene ai costi diretti commerciali e amministrativi, in linea generale, non può escludersi che anche fra i costi commerciali e amministrativi si riscontrino nel concreto componenti di spesa direttamente attribuibili ai prodotti, da includere nella configurazione di costo minimo.

In conclusione, si ritiene confacente identificare il costo minimo -ossia la componente sub I) del costo di produzione- nel costo diretto di prodotto, soprattutto considerato che la norma, imponendo di considerare tutti i costi direttamente imputabili, pare privilegiare una precisa logica valutativa, principalmente orientata a oggettività.

Tale logica sembra qui consistere nell’intendimento di favorire una configurazione di costo che riduca il più possibile i margini di soggettività, ineludibilmente insiti nei processi di elaborazione di qualsivoglia configurazione di costo.

A questo proposito, è utile ricordare come la citata soggettività riguardi tutte le componenti del costo di produzione, siano esse direttamente o indirettamente imputabili92.

91 Vedi OIC 13, 2016.

92 Osserva sul punto D’IPPOLITO T., I costi di produzione e di distribuzione,

op. cit., p. 74-85: “In conclusione, salvo casi speciali, la determinazione dei costi di materie imputabili alla produzione, la determinazione cioè di un elemento che si crede generalmente privo di incertezze meritevoli di menzione, si presenta invece, ad attento esame, notevolmente complessa, per una rete di ostacoli di tanto maggiore peso, quanto minore è l’ampiezza della produzione che si considera.” […] “Secondo che siano migliori o peggiori le condizioni dell’ambiente di lavoro, secondo che siano più o meno favorevoli le qualità di materie usate, secondo che siano più o meno accurati modelli, disegni, e istruzioni, secondo le caratteristiche e le condizioni delle macchine e degli utensili disponibili, e quindi secondo che tutta una serie di altri costi sia sostenuta in una data piuttosto che in altra grandezza, un operaio potrà

Tuttavia, pur potendo sussistere casi nei quali anche i procedimenti di assegnazione dei costi diretti si presentano complessi e incerti93, in linea generale, i costi direttamente imputabili risultano tendenzialmente di più agevole attribuzione, rispetto ai costi comuni94.

In questo senso può venire intesa la logica dell’oggettività sopra ricordata, giacché la previsione normativa di includere nel costo minimo tutti e soli i costi diretti risulta funzionale a limitare o a comprimere il più possibile l’arbitrarietà insita nelle astrazioni alle quali la prassi ordinariamente ricorre per la ripartizione dei costi comuni.

Per quanto attiene alla componente sub II) del costo di valutazione, più sopra denominata costo eventuale, la norma non ne definisce la configurazione: i costi indirettamente imputabili vengono genericamente indicati come “altri costi”, sicché resta imprecisato quali possano o meno comprendersi nel calcolo, e in particolare se essi siano complessivi di impresa oppure inerenti la sola fabbricazione.

Al riguardo è opportuno ricordare in primo luogo le condizioni di inclusione della medesima componente, ossia:

(i) la facoltatività; (ii) l’oggetto.

In relazione alla condizione sub (i), atteso che la norma prevede che ai costi diretti possano aggiungersi anche altri costi, si conclude che: 1) l’inclusione nel costo complessivo di valutazione dei costi diversi da quelli diretti sia facoltativa; 2) la scelta di comprendere o meno tali costi sia rimessa alle determinazioni degli amministratori95.

impiegare nell’eseguire un determinato lavoro un tempo più o meno lungo.”.

93 Ricorda sul tema ZAPPA G., Il reddito di impresa, op. cit., p. 150: “i costi

di materia prima e di mano d’opera possono non raramente rilevarsi con certezza e applicarsi senza difficoltà. Ma si danno anche casi frequenti nei quali pur l’accertamento di tali costi non è esente da difficoltà non agevolmente sormontabili”.

94 Osserva ad esempio ONIDA P., La logica e il sistema delle rilevazioni

quantitative d’azienda, Giuffrè, Milano, seconda edizione, 1970, p. 234: “per taluni fattori (come ad es. materie prime) è comunemente possibile stabilire relazioni dirette tra quantità di fattore impiegato e date quantità di prodotto, in quanto si può misurare, e di fatto si misura, la quantità di fattore impiegata per quantità anche piccole di prodotto, e in quanto il consumo del fattore viene risparmiato ove la produzione non venga praticata.”.

95 Sul punto osserva SIMONETTO E., I bilanci, Cedam, Padova, 1972, p.

136: “la valutazione è considerata come atto dell’amministratore […] a) in concreto è l’amministratore che imposta il bilancio mentre l’assemblea lo

Per quanto attiene al profilo sub (ii), ossia all’oggetto della componente in esame, il tema risulta rilevante giacché la norma non precisa quali possano essere gli altri costi imputabili.

Si ritiene che questi ultimi siano costituiti dagli oneri imputabili indirettamente96 che risultino ad un tempo estranei alla distribuzione97, attinenti alla produzione e diversi da quelli speciali, ossia diversi da quelli che tipicamente si connotano a) per essere determinati mediante misurazione della quantità del fattore produttivo impiegato; b) per dipendere, nel loro stesso sostenimento, dall’attuazione effettiva della produzione, così da poter essere risparmiati laddove la medesima produzione non si effettui98.

Su queste basi, può dunque concludersi che gli “altri costi” siano da individuare nei costi comuni99 attinenti l’area della fabbricazione, dell’amministrazione e quella finanziaria100. approva soltanto; b) le regole che l’amministratore è tenuto a rispettare sono le stesse identiche regole che deve rispettare l’assemblea perché il bilancio sia secondo legge (è l’amministratore che lo imposta secondo legge in modo che l’assemblea lo trovi già legalmente a posto e da approvare)”.

96 Sul tema dei costi in generale e delle ripartizioni in particolare si vedano

CECCHERELLI A., Il problema dei costi nelle prospettive economiche e finanziarie delle imprese, Libreria Internazionale Seeber, Firenze, 1936; DE MINICO L., Elasticità e relazioni dinamiche dei costi nelle imprese industriali, A. Rondinella, Napoli, 1935; D’IPPOLITO T., Determinazioni di costi e prezzi nelle aziende industriali, Giuffrè, Milano, 1946; PACCES F. M., Corso di tecnica industriale e commerciale, Torino, 1941; PACCES F. M., La produzione, Gruppo Ferrer, Torino, 1951.

97 Per espressa esclusione stabilita dall’art. 2426 del Codice Civile.

98 Vedi sul punto ONIDA P., La logica e il sistema delle rilevazioni

quantitative d’azienda, op. cit., secondo il quale sarebbero diretti, e neppure sempre, i costi delle materie prime, che vengono sostenuti in tanto in quanto la produzione abbia luogo; mentre non potrebbe dirsi diretto il costo della mano d’opera, giacché sopportato dall’azienda anche in assenza di produzione.

99 Sui problemi inerenti la scissione dei costi comuni vedi DE MINICO L.,

AMODEO D., Saggi di economia delle aziende, Carlo Perego, Milano, 1942, ove tutti i metodi che fondano la ripartizione sulla base dell’entità dei costi diretti sono “fonti di ulteriori inesattezze, ogni volta che la spesa diretta scelta a base del riparto non è di gran lunga predominante in importanza su ogni altra spesa.”.

100 Per quanto attiene alla ripartizione degli oneri finanziari vedi D’IPPOLITO

T., Istituzioni di amministrazione aziendale, Abbaco, Palermo, 1964. In relazione al finanziamento di operazioni speciali (vendite a rate ed esportazioni a pagamento differito), vedi SARACENO P., La produzione industriale, Libreria Universitaria Editrice, Venezia, sesta edizione, 1970. Con riguardo agli oneri finanziari figurativi, osserva AMODEO D., Le gestioni industriali produttrici di beni, op. cit., p. 488: “Per interesse di computo suole genericamente intendersi l’interesse calcolato sul capitale «industriale», cioè

9.4. Il raffronto con il valore di realizzazione desumibile

Nel documento Il bilancio d'esercizio delle imprese (pagine 46-52)