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La prospettiva interculturale aiuta a comprendere e valorizzare la letteratura della migrazione. Nonostante una crescente attenzione rivolta al fenomeno da parte delle diverse scienze, antropologia culturale, sociologia e pedagogia interculturale, in Italia si è verificato all’inizio uno scarso interesse da parte della critica letteraria, eccetto taluni casi. Motivi di una mancata accoglienza critica sono riscontrabili nella manifestazione immediata, quasi improvvisa, di questa letteratura, e nella pluralità dei paesi di provenienza degli autori, a differenza di quella di estrazione indiana per la black Britain.101 Tra i primissimi studi in Italia spicca il lavoro di Armando Gnisci che, seguendo le orme di Glissant, sostiene la «pratica della decolonizzazione» e la creolizzazione planetaria attraverso la migrazione dalla quale prende vita una «nuova letteratura creola transnazionale».102 Una decolonizzazione da se stessi, dalla posizione eurocentrica, a favore di una società caratterizzata dalla convivenza e dal reciproco arricchimento culturale e di un’umanità che apprezza il mutamento della propria identità, il mescolamento ovvero ciò che Glissant chiama creolizzazione.103 Un processo che lo studioso ritiene capace di superare le opposizioni nelle dinamiche relazionali poiché «la creolizzazione comprende e supera tutti i possibili contrari, [...] il suo opposto, l’unicità, che è il principio alla base della dominazione».104

Tuttavia tra scetticismo e auspicabilità, con gli anni, si è sviluppato un considerevole interesse critico in ambito accademico, fino ad arrivare alla nascita di un nuovo campo di studi. Diversi erano i dubbi sulla possibilità di continuità o sviluppo autonomo di questa letteratura. Ne è un esempio l’affermazione di Oreste Pivetta, curatore di Io venditore di elefanti di Pap Khouma, in cui si nota un pessimismo sul futuro della letteratura della migrazione:

[...] nascerà anche in Italia una letteratura del ‘diverso’ immigrato? Ho i miei dubbi. Per due ragioni almeno. Per via della lingua, perché per il marocchino o per l’indiano il francese o l’inglese sono lingue ascoltate fin dall’infanzia e non altrettanto si può dire dell’italiano per un senegalese o un marocchino. E poi perché troppo recente e troppo limitata (la cosiddetta ‘ondata’ non si è mai verificata) è l’immigrazione italiana.105

101

Cfr. Francesca Giommi, Narrare la black Britain: migrazioni, riscritture e ibridazioni nella letteratura

inglese contemporanea, Le Lettere, Firenze, 2010.

102Armando Gnisci, Creolizzare l’Europa: letteratura e migrazione, cit., p. 9. 103

Cfr. Édouard Glissant, Poetica del diverso (1996), tr. di Francesca Neri Meltemi, Roma, 1998.

104 Ivi, p. 85.

35 Lo scetticismo di Pivetta è stato smentito dai fatti, poiché tale letteratura ha trovato la sua strada, seppur ancora marginale, dal numero di pubblicazioni ad opera di piccole e grandi case editrici, e dalla crescita dell’interesse critico. Il discorso critico sulla letteratura della migrazione ha contribuito all’ampliamento delle tematiche di studio care all’italianistica. Tuttavia alcuni studiosi, pur non negando l’importanza di queste opere, esprimono dubbi sul ruolo di quella critica che si mostra tendenzialmente positiva e forse generalista. Chiara Mengozzi si sofferma sulla questione del rischio di

confermare rappresentazioni semplicistiche, stereotipate o orientaliste [...] o non sia da «ascrivere a quello che Foucault ha chiamato «il beneficio del locutore» e se la critica abbia saputo veramente rispondere all’appello di una nuova disposizione dello sguardo e dell’ascolto.106

A ciò si potrebbe rispondere affermando che ne hanno tratto beneficio entrambe le parti in causa. Così come la letteratura della migrazione ha contribuito al rinnovamento del discorso critico, anche la critica ha contribuito all’affermazione di questa produzione. Un’altra risposta si ha nell’adozione di un metodo comparatistico e nel continuo confronto con l’alterità «in una valorizzazione della prospettiva rizomatica, che valorizzi cioè lo scambio osmotico tra visioni del mondo diverse, perché è lo sguardo dell’altro ad aiutarci a conoscerci e riconoscerci».107

Il percorso critico sulla letteratura migrante è stato caratterizzato da alcune trasformazioni. Da una prima osservazione di un «“microfenomeno” della letteratura della migrazione in Italia» si è passati «alla messa in rilievo del “macrofenomeno” della letteratura degli stranieri in Italia».108 Dall’attenzione al carattere autobiografico allo studio sulle forme letterarie, sugli autori, sulle loro poetiche per giungere, di recente, all’analisi testuale e alla questione linguistica. Anche Sinopoli riprende l’accezione di creolizzazione elaborata da Glissant e considera queste scritture come un «laboratorio di trasformazione dell’identità monoculturale in una identità interculturale e/o creola, la quale traduce e mette in gioco due o più culture diverse fra loro».109 L’idea di laboratorio proposta aiuterebbe a superare il problema posto da Gnisci, ovvero che

106

Chiara Mengozzi, Narrazioni contese, Vent’anni di scritture italiane della migrazione, cit., pp. 105 - 106.

107Alfredo Luzi, La letteratura della migrazione: questioni metodologiche, in Tra innovazione e

tradizione. Un itinerario possibile, Esperienze e proposte in ambito linguistico – letterario e storico - culturale per la didattica dell'italiano oltre frontiera, a cura di Maria Luisa Caldognetto, Laura

Campanale, Edizioni Convivium, Luxembourg, 2014, p. 277.

108Franca Sinopoli, La critica sulla letteratura della migrazione italiana, in Armando Gnisci, Nuovo

planetario italiano: Geografia e antologia della letteratura della migrazione in Italia e in Europa, cit., p.

96.

36 questa letteratura può essere compresa solo da chi è stato educato ad una prospettiva interculturale. Questo laboratorio, ormai, dovrebbe lasciare spazio ad una fase successiva, in cui la letteratura della migrazione diventa uno strumento utile per educare all’interculturalità in un progetto educativo più ampio e a più livelli.

L’interesse del mondo dell’editoria nei confronti della letteratura migrante ha coinvolto sia le piccole, sia le grandi case editrici nella pubblicazione di opere che pur non diventando best seller, hanno suscitato l’interesse del lettore. Il processo editoriale ha vissuto varie fasi con qualche interruzione. C’è stato un momento in cui è venuta meno la disponibilità a pubblicare queste opere soprattutto da parte delle grandi case editrici poiché esse non erano sufficientemente remunerative. Tuttavia, e proprio in quel momento, la letteratura della migrazione ha intrapreso un nuovo cammino facilitato dalle piccole case editrici (Sinnos, Besa, Fara), dalle riviste e dalle associazioni culturali (Eks&Tra promotrice anche del premio letterario per gli scrittori migranti). Nel 2000 anche il Salone del Libro di Torino ha riservato uno spazio alla produzione migrante, dedicandole due eventi importanti. Come sostiene Camilotti, le politiche editoriali in tale ambito si distinguono in tre categorie:110 case editrici che hanno pubblicato saltuariamente testi di questi autori, senza una politica editoriale interculturale, ad esempio Garzanti con Io venditore di elefanti (1990) di Pap Khouma, e Feltrinelli con Rometta e Giulieo (2001) di Jadelin M. Gangbo; quelle che hanno pubblicato diversi testi ma senza dare vita a una collana specifica, oppure hanno diffuso numerose opere dello stesso scrittore senza una politica editoriale mirata: è il caso di Besa, con i testi di Ron Kubati, Artur Spanjolli, Gëzim Hajdari, che propone altre tipologie di testi raccolti ad esempio nella collana “Lune Nuove”. Infine case editrici che fin dall’inizio si sono occupate di progetti interculturali con collane dedicate agli scrittori migranti come, ad esempio, la casa editrice Dell’Arco-Marna con la sua politica editoriale e la distribuzione attraverso la vendita per strada. Tale politica viene spiegata nel manifesto della casa editrice:

La scelta della distribuzione su strada è frutto di un’azione consapevole che mostra l’obiettivo di un prodotto editoriale pensato per dare lavoro e per essere venduto direttamente. Un ideale punto di incontro tra imprenditoria, informazione e attività sociale. […] Grazie al lavoro dei distributori un titolo medio vende sulla strada circa tremila copie, quantità difficilmente raggiungibile seguendo canali distributivi più tradizionali.111

110Silvia Camilotti, L’editoria italiana della letteratura della migrazione, cit., p. 386. 111Ibidem.

37 La casa editrice, in collaborazione con il Gruppo Solidarietà Come, ha creato un’opportunità per gli immigrati, per lo più senegalesi, diffondendo nel Paese la conoscenza delle altre culture e costruendo percorsi di emancipazione sociale per gli immigrati. Probabilmente a causa della crisi, che ha portato ad un calo di vendite, e delle difficoltà di questo commercio, oggi la casa editrice propone e-book e volumi print on demand in lingua italiana e francese.112

Una più solida realtà interculturale è rappresentata dalla casa editrice Sinnos, la quale ha dato vita a “I Mappamondi”, collana rivolta ai figli degli immigrati e alla realtà scolastica che li ospita ed è composta da vari testi bilingue in cui gli autori raccontano di sé e dei loro paesi di origine.

Nel 2008 Sirente Editore ha dato vita alla collana “Altriarabi”, dedicata alla letteratura araba contemporanea nelle sue varie forme, con l’intento di dare un’altra visione degli arabi, diversa «da come i media occidentali generalmente li rappresentano, lontani dalle caricature e dagli stereotipi che soventemente li identificano. Sono gli altri arabi con cui vogliamo schierarci per opporci all’intolleranza dilagante».113

Il cammino editoriale della letteratura della migrazione è stato caratterizzato da diverse peripezie anche a causa delle difficoltà proprie del mondo dell’editoria. Un altro fattore, fortemente criticato da Gnisci, riguarda le pratiche commerciali considerate intrinse di “razzismo”. In quest’ottica è importante una maggiore diffusione di questa letteratura affinché si possano effettuare altri passi decisivi soprattutto verso la didattica interculturale per comprendere meglio la realtà in cui viviamo.

112Cfr. Edizioni dell’Arco, http://www.edizionidellarco.eu/ (consultato il 23 febbraio 2016). 113Cfr. Chiarastella Campanelli, in http://www.altriarabi.it/ (consultato il 19 maggio 2016).

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CAPITOLO II