Voci dell’Adriatico
IV.2 Autori e poetiche
IV.2.3 Ron Kubati: lo scrittore dell’«altrimenti nell’altrove»
Forse il più noto in Italia tra i narratori di origine albanese è Ron Kubati, nato a Tirana nel 1971 da una famiglia di dissidenti e, come migliaia di altri albanesi, arrivato a Bari nel 1991. Si iscrive all’Università di Bari presso cui consegue la laurea e il dottorato in Filosofia moderna e contemporanea. È ricercatore, giornalista e traduttore. Ha collaborato con diversi quotidiani, come «La Gazzetta del Mezzogiorno», «La Repubblica» e «L’Internazionale», ed è membro della giuria letteraria del Premio
354Idem, I nipoti di Scanderbeg, Besa, Nardò, 2012. 355
Cfr. Giulio Gasperini, ‘I nipoti di Scanderbeg’, verso l’Italia, alla ricerca dell’America, in «Chronicalibri», 15 aprile 2015, http://www.chronicalibri.it/2013/04/i-nipoti-di-scanderbeg-verso-litalia- alla-ricerca-dellamerica/ (consultato il 26 luglio 2016).
100 Balcanica. Nel 2008 lascia l’Italia e si trasferisce negli Stati Uniti, dove completa un dottorato di ricerca in Italian Studies presso l’Università di Chicago. Esordisce con la raccolta di poesie Midis shpresës dhe ëndrrës (Tra speranza e sogno) pubblicato in Albania nel 1992. Oltre ai numerosi saggi apparsi in volumi collettivi, Kubati, nel 2004, ha vinto il premio letterario Popoli in cammino con l’inedito Luca, pubblicato da Giunti nel 2007 con il titolo Il buio del mare; nel 2008 egli è stato tra i dodici selezionati per il premio Strega. Attualmente vive a Princeton.
Kubati esordisce in lingua italiana con il romanzo di impronta autobiografica Va e non torna pubblicato nel 2000.356 L’opera presenta una struttura originale quasi a voler dimostrare che la vita del migrante è caratterizzata da spezzoni. Il testo segue un filone albanese e uno italiano che si intrecciano e che fanno riflettere non solo sullo sradicamento dell’autore, ma anche sul destino di una generazione che lascia il proprio paese alla ricerca della libertà. «Suggestive» sono, secondo Carla Carotenuto, «le descrizioni dell’opposizione studentesca e popolare al regime, delle manifestazioni a Tirana in piazza Scanderbeg dove si svolge la rivolta che porta alla caduta della statua di Hoxha e il crollo del comunismo».357 In una continua alternanza di storie e piani temporali, vengono narrate le vicende del protagonista, Elton, e i ricordi del padre. Così si ha da un lato, il crollo del regime, la nascita di nuovi partiti e i cambiamenti storici a cui Elton partecipa e dall’altro, in terza persona, viene narrata la vita del padre del protagonista, nel carcere di Spaç. In questo modo si ha la percezione di leggere un romanzo nel romanzo. Un terzo piano narrativo è rappresentato dalla vita a Bari e l’amore per Elena.
I riferimenti autobiografici consentono di descrivere il sistema totalitario, i lager comunisti e l’esperienza migratoria. In questo modo la microstoria di Kubati diventa parte di una macrostoria, quella di un intero paese, costruita inserendo elementi favolistici della cultura balcanica e talvolta biblici. Basti pensare al titolo, Va e non torna, che si presenta come una risposta al motivo del folclore balcanico dell’eroe che trovandosi davanti a tre strade sceglie la più difficile in cui egli deve affrontare diversi ostacoli ed è consapevole che la maggior parte delle persone che la percorrono non torna più. Così anche il migrante va e non torna sia perché rimane nell’altrove
356Ron Kubati, Va e non torna, Besa, Nardò, 2000. 357
Carla Carotenuto, La voce migrante di Ron Kubati, in Italia e Europa: dalla cultura nazionale
all’interculturalismo, vol. 1, a cura di Bart Van den Bossche, Michel Bastiaensen, Corina Salvadori Lonergan, Stanislaw Widlak, Franco Cesati Editore, Firenze, 2006, p. 431.
101 faticosamente raggiunto, sia perché questa esperienza ha spesso un prezzo alto se si considera il numero dei morti in mare alla ricerca dell’altrimenti.358
Ed è proprio l’altrove l’ambientazione scelta da Kubati per il suo secondo libro, M,359 in cui il protagonista si muove in una città indefinita che potrebbe essere una qualsiasi Metropoli. L’enigma racchiuso nel titolo si scioglie da subito quando un personaggio, a cui è affidata la voce narrante, esce da un anonima stanza di albergo e si dirige verso la grande M colorata per scoprire un mondo sotterraneo, accelerato che suscita in lui meraviglia e angoscia. Il protagonista, anch’egli anonimo, è un giovane scrittore in cerca di un editore e costretto a fare diversi lavori per sopravvivere. In questa lotta per la sopravivenza incontra altri personaggi con i quali condividere la propria emarginazione e incertezza. Kubati racconta una realtà xenofoba, razzista e soprattutto precaria, una società in cui la solidarietà è garantita solo dai soggetti al margine della società. Tra accelerazione ed euforia, perdizione, silenzio e noia si incrociano storie di solitudine e violenza, di tentavi di liberazione dalla precarietà, di amori solidi e altri più liberi costituendo così una piccola comunità in cerca di riparo dalle insidie dell’anonima città, un rifugio che viene individuato a casa di Andrea, un insegnante di lettere, anche egli un precario. Una piccola comunità che crea una sorta di realtà utopica che però cede alla scomposizione dei suoi fragili equilibri.360 M è un testo che non può essere letto in chiave etnica, basandosi sulla provenienza del suo autore. Le sensazioni che il libro trasmette e le immagini qui create permettono a chiunque di specchiarsi, ritrovarsi e identificarsi con i vari protagonisti. Altrettanto riduzionista sarebbe considerare questo romanzo «una sorta di autobiografia»,361 poiché vengono meno diversi elementi che potrebbero far pensare al racconto autobiografico a differenza del primo romanzo in cui autore ed eroe corrispondono. Il testo non è una riflessione sulle tematiche della migrazione, né fa riferimento alla terra natia dello scrittore. Tuttavia elementi autobiografici si riscontrano nelle riflessioni dei personaggi. M è un romanzo che ha posto la critica letteraria di fronte ad una riflessione importante, ovvero come considerare il secondo romanzo di un autore, come continuità o come una rottura? A tal proposito Taddeo sostiene che M presenta
358
Cfr. Ron Kubati, Alla ricerca dell’altrimenti, “Va e non torna” e “M”, in Allattati dalla lupa. Scritture
migranti, a cura di Armando Gnisci, Sinnos, Roma, 2005, pp. 49-65.
359Idem, M, Besa, Nardò, 2002.
360Silvia Camilotti, M – Ron Kubati, in «Il Gioco degli Specchi»,
http://www.ilgiocodeglispecchi.org/libri/scheda/m (consultato il 3 agosto 2016).
361Raffaele Taddeo, Letteratura nascente. Letteratura italiana della migrazione. Autori e poetiche, cit. p.
102 una continuazione e un superamento del romanzo precedente, perché il filo che
tiene legato un uomo al suo percorso è quello dell’amore, della sua espressione biologica che non cede però mai alla mancanza di rispetto all’altro. È un superamento perché il protagonista non si comporta come straniero.362
Lo stesso Kubati si è interrogato sulla questione affermando che lo scrittore che ha saputo esprimersi nel primo lavoro può rifarlo anche nelle opere successive grazie alle spinte intellettuali e che «non giungono ad esaurimento (anzi) c’è la possibilità di una continuità ”perdurabile”».363
Il terzo romanzo di Kubati, Il buio del mare,364 è ambientato in un altrove intuito. Al centro dell’opera è l’amara vicenda di un bambino che si muove solo con le sue attente strategie di sopravvivenza in un paesaggio senza colore/calore. Il romanzo, entrato nella cinquina finalista del Premio Strega nel 2008, offre una descrizione di una condizione universale di quei bambini privi di rapporti affettivi e punti di riferimento, motivo per cui Kubati delocalizza lo spazio della vicenda senza indicare dove si svolge l’azione. Tuttavia si intuisce che si tratta di un luogo dominato da una dittatura comunista, simile a quella albanese, caratterizzata da una dura quotidianità, fatta di silenzi e soprusi. Il filo conduttore della storia sono la deprivazione affettiva, l’emarginazione e lo spaesamento accentuato dalla narrazione in terza persona che mira ad accrescere il senso del distacco. «Mesto senso di separatezza e perdita» scrive l’autore nel presentare le sensazioni che prova il bambino. Tale percezione si ha anche nella struttura del romanzo suddiviso in brevi capitoli che fin dal titolo riflettono l’essenzialità del contenuto. «Deficit», «L’impiccagione», «Lutto», «Reietto» sono alcuni titoli che, secondo Silvia Camilotti, «assumono una valenza fortemente icastica, conferiscono plasticità alle sensazioni che perdono in astrattezza e diventano pesanti come macigni; il linguaggio diventa veicolo di una violenza soffusa, a stento soffocata ed a rischio improvviso di esplosione».365 La distanza è aggravata dall’assenza di specificità temporale e spaziale e dall’anonimato del protagonista, il quale acquisisce un’identità, attribuitagli da qualcun altro, solo alla fine quando si intravede un lume di speranza di un cambiamento. La tenebrosità della vicenda di questo romanzo, gli ambienti cupi insieme alla frustrazione del bambino diventano voce di coloro che non hanno più nulla da perdere, ma allo stesso tempo, l’occasione in cui l’autore può
362
Idem.
363Ron Kubati, Il secondo libro:continuità o rottura?, in «Sagarana», Lucca, 25-26 luglio 2001,
http://www.sagarana.net/scuola/seminario/kubati_intervento.htm (consultato il 29 settembre 2016).
364
Ron Kubati, Il buio del mare, Giunti, Firenze, 2007.
365Silvia Camilotti, Il buio del mare - Ron Kubati, in «Il Gioco degli Specchi»,
103 denunciare le ingiustizie, le violenze e la degradazione di una società oppressa dalla storia le cui vittime sono prima di tutti i bambini.
Precisa invece è la collocazione spazio temporale del recente romanzo, La vita dell’eroe.366
L’opera racconta una pagina della storia dell’Albania, spesso trascurata soprattutto fuori dai confini nazionali, ricostruendo, attraverso le gesta di un eroe partigiano, le vicende che hanno caratterizzato questo paese a partire dalla fine degli anni Trenta fino agli anni Cinquanta. Il libro è anche una testimonianza dei contatti tra Albania e Italia che non si sono mai interrotti totalmente.
Con questo romanzo Kubati ritorna nella terra natia percorrendo diversi momenti storici a partire dall’occupazione italiana, dalla resistenza, dal secondo conflitto mondiale, fino all’instaurazione del regime comunista e ai tentavi di rovesciarlo. Il protagonista, Sami, prima partigiano, comunista, e poi colonnello dell’esercito albanese è un combattente coraggioso che non sbaglia mai un colpo. Tuttavia alla forza e al coraggio dell’eroe, il quale riesce ad evitare la morte in diverse occasioni, corrisponde la sua difficoltà nell’affrontare le relazioni amorose prima e dopo la guerra. Infatti la vita (sentimentale) dell’eroe, segnata dall’amore per Ana, la sorella del principale compagno di battaglia Demi, è destinata alla clandestinità e anche l’amicizia con Demi è travolta dalla guerra. In seguito l’eroe apre il suo cuore alla partigiana Drita, ma il loro si rivela un matrimonio fallimentare per cui il protagonista cerca consolazione nella relazione con Vera. La vita dell’eroe è un romanzo storico che ricorda le opere di Ismail Kadare, ma con una scrittura più limpida, non avvolta dal mistero. È una riflessione su come cambia la figura dell’eroe nelle varie epoche storiche.