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Letteratura della migrazione: attualità e prospettive future

II.1 Una società transculturale?

La nozione di transcultura rimanda a ciò che attraversa la cultura e accomuna gli esseri umani, come è ribadito dal manifesto transculturale:

La Transculturazione deve sperimentare e promuovere pratiche critiche di azione transculturale tra i saperi contemporanei allo scopo di produrre una nuova cosmovisione comunitaria attraverso forme di azione creativa e di salute generale: tra le persone umane, tra generi e tra generazioni, tra le culture; tra le persone umane e le non-umane, tra i viventi e il pianeta abitato da noituttinsieme e il cosmo, di entrambi i quali siamo partecipi.114

Una nozione che, secondo Glissant, «suggerisce che si potrebbero calcolare e prevedere i risultati [...] e si può affrontare attraverso la concettualizzazione».115 Da qui il ruolo dello scrittore che non ha paura dell’imprevedibile e «in cerca no dei risultati prevedibili ma di immaginari aperti per tutti i tipi di avvenire della creolizzazione».116 Creolizzazione in atto anche in ambito letterario. Tuttavia si avverte la necessità di legittimare la letteratura della migrazione poiché spesso essa viene letta in chiave etnica. Tale lettura presenta un doppio limite in quanto riconosce le opere in oggetto partendo dal fatto che gli autori non sono di madrelingua e così facendo rischia di alimentare la domanda di esotismo che provoca distanza.117 Da un lato questa lettura rischia di dare vita ad una letteratura binaria, dall’altro tale accezione non può persistere in quanto sono vari i casi di scrittori che hanno scritto «di un paese, con la lingua di un altro, vivendo addirittura in un terzo».118 Si avverte quindi l’esigenza di un riconoscimento dei testi a prescindere dalla nazionalità degli autori, come suggerito da Ugo Fracassa: «il percorso creativo dei migrant writers in Italia muove verso la neutralizzazione del qualificativo (migrante) in favore dell’assolutezza del sostantivo (scrittore)».119

La narrativa prodotta dagli scrittori migranti è spesso considerata come marginale e pertanto separata da quella italiana canonizzata. Bisogna però sottolineare il fatto che

114

Armando Gnisci, Manifesto transculturale, Roma, maggio 2011,

http://www.patrialetteratura.com/manifesto-transculturale/ (consultato il 9 ottobre 2016).

115Édouard Glissant, Poetica del diverso, cit., pp. 101-102. 116

Ivi, p. 102.

117

Cfr. Armando Gnisci, Per studiare la letteratura della migrazione in Italia, in «Forum Italicum», n. 1, 2001, pp. 199-203.

118Ron Kubati, in Cinque domande su migrazione e identità. Intervista a Ron Kubati e Salah Methnani, in

Scrittura, migrazione, identità in Italia: voci a confronto, cit., p. 74.

119Ugo Fracassa, Strategie di affrancamento: scrivere oltre la migrazione, in Lucia Quaquarelli, Certi

39 essa nasce dallo sguardo plurimo in grado di mondializzare storie, lingue e culture nazionali assumendo come fondamento il dialogo. La letteratura della migrazione copre un ruolo importante nel discorso letterario nazionale poiché descrive un mondo costituito dalla diversità, dall’alterità e dalla creolità. La letteratura, quindi, diventa un fenomeno capace di plasmare il piano culturale e sociale, un agente nella società. La «letteratura è produzione di realtà […] e di cambiamento, attraverso la messa in forma di realtà e cambiamento, di tradizione letteraria e nuova percezione del mondo».120 L’incontro e gli scambi fra culture sono alla base di una società multiculturale, consentono la messa in discussione del carattere nazionale ed esclusivo del canone facendo riflettere sull’accettazione della produzione migrante come parte della letteratura italiana contemporanea nel cui seno è nata. Si tratta, quindi, di una letteratura che non solo prende voce ma è proprio la stessa voce a diventare anche risposta: «both to the alarmist press releases concerning mass invasions from poorer countries and to the opposite excess embodied in the construction of the immigrants as pitiful entities in constant need of assistance».121

Infatti proprio dalle voci/risposta delle opere degli autori di origine straniera affiora un’attenta analisi della società che offre una realtà tutt’altro che consolatrice. I testi si propongono come uno spazio di dialogo tra identità e scrittura viaggiando su un duplice versante, individuale e collettivo, per dare vita ad uno scenario pluricentrico. La letteratura della migrazione trasforma l’odissea dell’esperienza migratoria in un viaggio la cui meta è il riconoscimento di se stessi e degli altri. Queste espressioni artistiche esercitano influenze determinanti nelle relazioni sociali, poiché giocano un ruolo importante nell’articolazione di ibridazioni culturali che non possono essere contenute entro rigide linee di confine. A tal proposito Parati scrive

literature can imagine changes in power relations that cannot be translated into practice. Thus, it is a blueprint of future developments envisioned by migrant writers who engage in a dialogue with a local culture. Literature is therefore the location in which volition is enacted: that is, agency on the part of a migrant becomes a unique story that only the migrant can tell. It is a story about himself/herself and it is the story of the encounters of different cultures that come together and hybridize.122

Viene così riaffermata la connessione tra società e letteratura e sono sottoposti a critica stereotipi e luoghi comuni spesso fuorvianti, invertendo i ruoli tra osservatore

120

Armando Gnisci, Il rovescio del gioco, in Creolizzare l’Europa. Letteratura e migrazione, cit., p. 53.

121Graziella Parati, Migration Italy. The Art of Talking Back in a Destination Culture, cit., p. 31. 122Ivi, pp. 88-89.

40 e osservato. In questo caso viene spodestato l’osservatore occidentale che ha descritto l’altro orientale partendo da sé. È quindi possibile pensare a questa produzione letteraria come letteratura dell’impegno, definizione che ha avviato un vivace dibattito. Jennifer Burns ha dedicato a tale questione il suo studio, Fragmnets of Impegno: interpretations of commitment in contemporary Italian narrative, 1980- 2000, in cui sostiene come questa letteratura avvii cambiamenti sociali e politici innescando un forte legame tra finzione e cronaca, tra denuncia e attualità politica, collegandola al filone dell’impegno che ha caratterizzato il Neorealismo.123 Tuttavia la visione di Burns rischia di dare una lettura che impedisce di vedere la complessità del ruolo dei diversi attori, come evidenziato da Chiara Mengozzi:

il rischio è infatti quello di stabilire aprioristicamente un’equazione tra impegno e “letteratura migrante”, ovvero di voler vedere a tutti i costi in questa produzione una forma di letteratura impegnata poiché espressione di immigrati che, in quanto (ex)marginali e provenienti da paesi ex coloniali, fornirebbero automaticamente delle contro- narrazioni rispetto ai discorsi dominanti.124

È possibile comunque parlare di impegno nella letteratura migrante poiché vengono affrontati molti temi che potremmo definire universali con un carattere ancora più transnazionale dovuto al fatto che essa nasce e vive tra mondi linguistici e culturali differenti.

Come accennato precedentemente (cfr. Cap. I.3) il concetto di letteratura e scrittori transnazionali non è nuovo nella letteratura italiana, basti pensare alle opere di Filippo Tommaso Marinetti e Giuseppe Ungaretti. Due autori nati nella cosmopolita Alessandria d’Egitto, vissuti in Francia a contatto con l’avanguardia artistica e letteraria e legati all’Italia in modo diverso. Marinetti con Il Manifesto del Futurismo, esalta la velocità, l’attivismo, la rottura degli equilibri e l’intervento in guerra.125 Esprime il desiderio di una letteratura nuova, capace di cambiare ciò che è statico, immobile, qualcosa di diverso rispetto agli stili tradizionali e dominanti. Un’analoga tensione al nuovo sottende, con intenti e finalità diversi, la letteratura della migrazione che può rinnovare la letteratura nazionale. Gëzim Hajdari, uno degli esponenti più talentuosi delle scritture migranti, sostiene che «la letteratura dei migranti è la letteratura del futuro. La poesia occidentale ha bisogno di sangue nuovo

123Cfr. Jennifer Burns, Fragmnets of Impegno: interpretations of commitment in contemporary Italian

narrative, 1980-2000, Northern Universities Press, Leeds, 2001.

124Chiara Mengozzi, Narrazioni contese. Vent’anni di scritture italiane della migrazione, cit., p. 101. 125Cfr. Luciano De Maria, Filippo Tommaso Marinetti e il Futurismo, Mondadori, Milano, 1973.

41 e di una nuova etica per recuperare il senso epico, musicale e civile della parola stessa».126

Diversamente da Marinetti, Ungaretti rimase un apolide nonostante i legami e i sentimenti che nutriva per la madrepatria. Questo sentimento di non appartenenza è evidente soprattutto in Girovago del 1918:

In nessuna parte di terra mi posso accasare A ogni nuovo clima che incontro mi trovo languente che una volta già gli ero stato assuefatto

E me ne stacco sempre straniero

Nascendo

tornato da epoche troppo vissute.127

Girovago esprime la condizione esistenziale del poeta, il senso di abbandono, l’impossibilità di trovare un punto saldo di riferimento e un luogo di permanenza. Allo stesso modo egli si dimostra incline al viaggio, al dinamismo considerando la mobilità continua come un modo attraverso cui conoscere nuove realtà e scoprire se stessi. La poesia di Ungaretti delinea una situazione analoga a quella degli scrittori migranti che, come lui, appartengono a più lingue e più culture.

La mobilità è spesso transnazionale e vissuta non tanto come uno sradicamento, quanto come un arricchimento, come attesta anche l’esperienza di Carmine Abate che, nato a Carfizzi, paese di lingua e cultura arbëresh, emigra in Germania, dove esordisce con Den Koffer und weg! (1984),128 per poi ristabilirsi in Italia, in Trentino. Il vissuto nelle diverse culture e lingue traspare nella sua scrittura ibrida, espressiva e originale in cui l’elemento importante è l’identità continuamente (de)costruita. In una sua intervista Abate racconta:

126Gëzim Hajdari, Memorie in viaggio, in Scrittura, migrazione, identità in Italia: voci a confronto, cit.,

p. 65.

127

Giuseppe Ungaretti, Girovago, in Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura di Leone Piccioni, Mondadori, Milano, 1990, p. 85.

42 Per i tedeschi io ero naturalmente uno straniero. Per gli altri stranieri che vivevano

là, ero un italiano. Per gli italiani emigrati in Germania, i cosiddetti germanesi, ero un meridionale. Per gli altri meridionali, un calabrese. Per i calabresi, un ghiègghio, cioè un arbëresh. E infine per i miei compaesani, quando ritornavo da loro, ero un germanese.129

Questa riflessione sulle scritture che attraversano frontiere e viaggiano tra diverse culture conduce al concetto di letteratura mondiale, come auspicava e desiderava già nell’800 Johann Wolfgang von Goethe. La nozione di weltliteratur, intuita dallo scrittore tedesco, parte dal fenomeno traduttivo e comunicativo ma è anche ciò che racconta il mondo, come precisa Gnisci è «scritta da tutti i mondi per tutti gli altri»,130 è quella che «si fa voce dei mondi e dei flussi tra i mondi».131 Diversi studiosi si sono interrogati sulla definizione di letteratura mondiale, sul suo significato attuale e sulla compresenza del globale e del nazionale, sottolineando il rischio di creare nuovi limiti e confini. Mengozzi esprime la preoccupazione che «il discorso sulla letteratura della migrazione come esempio di letteratura mondiale, non conduca involontariamente soltanto a dislocare, se non a riattivare, un discorso egemonico che si vorrebbe invece mettere fuori gioco».132 Se per letteratura mondiale si intende letteratura del mondo, o planetaria, il rischio di confini si riduce, in quanto prevarrebbe l’accoglienza della diversità. David Damrosch sostiene che

world literature is not at all fated to disintegrate into the conflicting multiplicity of separate national traditions [poiché la letteratura mondiale] is not an infinite, ungraspable canon of works but rather a mode of circulation and of reading, a mode that is as applicable to individual works as to bodies of material, available for reading established classics and new discoveries alike.133

Prendendo in considerazione il ventaglio di forme di letteratura oggi diffuse, lo studioso propone una tripartizione della «World literature»:

1. World literature is an elliptical refraction of national literatures. 2. World literature is writing that gains in translation.

3. World literature is not a set of canon of texts but a mode of reading:

a form of detached engagement with worlds beyond our own place and time.134

La rifrazione ellittica è necessaria per connotare lo spazio dove un‘opera si muove e, tramite la traduzione, entra a far parte di un contesto diverso da quello in cui è stata

129Gianluca Veltri, Profili. Carmine Abate, in «Il Mucchio Selvaggio», ottobre, 2006,

http://www.carmineabate.net/ (consultato il 20 febbraio 2016).

130

Armando Gnisci, Mondializzare la mente: via della decolonizzazione europea, n. 3, Cosmo Iannone, Isernia, 2006, p. 59.

131Ivi, p. 81.

132Chiara Mengozzi, Narrazioni contese. Vent’anni di scritture italiane della migrazione, cit. p. 91. 133

David Damrosch, What is World Literature?, Princeton University Press, Princeton and Oxford, 2003, p. 5.

43 concepita diventando, appunto, letteratura mondiale. Tale chiave di lettura potrebbe essere adottata anche per la letteratura della migrazione considerata come mezzo di negoziazione tra diverse culture e che grazie alla traduzione in altre lingue europee e non continua il suo viaggio, mettendo in comunicazione diversi sistemi culturali.