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CAPITOLO 3 EATALY: LO SVILUPPO DEL PROGETTO STOCCOLMA

3.7 Critiche dirette ad Eataly

In molti lo amano, qualcuno lo odia (e magari non lo dice), molti altri semplicemente lo invidiano. Non potrebbe essere altrimenti, visto il successo: tutto quello che tocca si trasforma in oro.183Due dure critiche che raccolgono un po’ tutte le questioni antecedentemente indicate sono quella pubblicata da un ex studente dell’Università enogastronomica di Pollenzo (che si firma come Tokyo Cervigni), il cui titolo è “Logiche di distruzione del Made in Italy” e quella pubblicata dagli esponenti di “Terra Rivolta”, un movimento sociale per la difesa dei diritti del vivere etico e sostenibile, il cui titolo è ”ChEataly, inganni italiani”. Entrambi criticano sia le politiche espansionistiche, sia quelle relative alle assunzioni adottate da Eataly, definendole non consone e non in linea con l’immagine che l’azienda vuole comunicare. Il primo punto su cui viene attaccato

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Oscar Farinetti, chi critica il patron di Eataly Da Celentano a Lerner, i detrattori del tycoon del gusto. ANTONELLA SCUTIERO 30 marzo 2014

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il modello Eataly è sul “gestire il limite”. Ciò si riferisce al fatto che, la filosofia e la comunicazione di Eataly sono, fin dalla sua nascita, basate sulla difesa dei piccoli produttori, sul dare l’opportunità a questi ultimi di avere uno sbocco sul mercato, cercando di integrare i loro metodi di produzione artigianali con le logiche della grande distribuzione, senza però andare a modificare radicalmente il loro modo di operare e, quindi, rispettando i produttori e i loro tempi di produzione. Questo è quello che c’è alla base del gestire il limite, poiché se bisogna puntare alla qualità non bisogna spingere troppo sulle quantità, perché in tal modo si rischierebbe di intaccare la prima. Ciò che fanno notare gli autori di tali scritture, è che in pochi anni dall’apertura Eataly ha adottato una politica espansionistica di grandi dimensioni, aprendo punti vendita in tutto il mondo, dal Giappone agli Stati Uniti e nasce quindi un dubbio: come fa una catena alimentare come Eataly a conciliare il suo essere faro del capitalismo dal volto umano con il suo status di paladina dei prodotti locali e della filosofia a km0 ? E come possono gli stessi prodotti locali artigianali essere diffusi in tutto il mondo garantendo la standardizzazione delle economie di scala? L’impressione è che Eataly sia responsabile della “riqualificazione dell’agroalimentare italiano”. Si pretende di produrre e poi di vendere esclusivamente prodotti blasonati e certificati e cari, promuovendo un modello alimentare d’elite184. Bisogna vendere l’immagine del paese che ama il buon cibo perché la fatica i sacrifici non aiutano a vendere.185 Naturalmente secondo i critici per poter fare ciò, Farinetti utilizza delle strategie tanto semplici quanto geniali. È sufficiente trovare aziende piccole di qualità, magari “nobili decadute” che versano in condizioni economiche non ottimali. Il passo successivo è quello di adularle con ordini insperati, per spingerle verso una produzione ad alti ritmi. Passato qualche tempo, le stesse aziende non riescono più a far fronte alle richieste sempre maggiori. E’ a questo punto che subentra l’imprenditore illuminato che corre in loro aiuto comprando quote della stessa piccola azienda di qualità. Di solito il 51%, in pratica ne

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VENTURINI T. Il nostro pane quotidiano, Eataly e il futuro dei supermercati 2011

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CHEATALY INGANNI ITALIANI inchiesta “Eataly” Uno dei templi moderni della precarietà e dello

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diventa il Padrone. Se non ce la fanno ancora compra tutto trasformando i vecchi artigiani in suoi dipendenti. In pochi anni è diventato proprietario di tante delle etichette in vendita nei suoi supermercati, duplicando il suo guadagno e distruggendo storici produttori produzioni e ingannando il grande artigianato italiano186. Eataly quindi altro non è che l’ennesimo centro commerciale fatto di punti vendita di medie e grandi dimensioni specializzati però nella vendita e nella somministrazione di generi alimentare“ esclusivamente italiani e di qualità”187

.

“Farinetti è un imprenditore, un capitalista nel senso autentico del termine, deve per prima cosa pensare al profitto, è solo quello il senso della sua impresa. Sarà un rappresentante del capitalismo buono, pulito e giusto”188

Ulteriore critica rivolta ad Eataly è quella relativa ai rapporti con i suoi dipendenti. Le critiche volgono su tutto il rapporto dipendente-azienda. Oltre a quelle relative allo step delle assunzioni, ovviamente, non mancano le critiche agli step successivi, contratti e ambiente lavorativo. Ciò di cui viene accusato Farinetti, è di fare un uso spropositato di contratti a tempo determinato e per di più stipulati tramite agenzie interinali, andando anche contro a quelle che sono le legislazioni in materia di assunzioni. Sotto accusa ci sono le paghe troppo basse, la metodologia di assunzione che prevede una serie di contratti di apprendistato, di stage e a scadenza con proroghe successive, nella speranza, dei dipendenti, che questi siano poi trasformati in contratti a tempo indeterminato189. Però, forse, le critiche che sono rivolte ad Eataly provengono dal fatto che questa è un’azienda che fin dal principio si è fatta promotrice di valori quali la sostenibilità, il rispetto per i lavoratori e per la comunità in cui si opera, la co-produzione e la co- creazione di valore. A queste critiche non è di certo mancata la pubblicazione di una risposta, da parte di Farinetti, che ha tentato di difendere il suo operato in un

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https://www.wired.it/economia/business/2017/08/01/inchiesta-Eataly-oscar-farinetti/

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CHEATALY INGANNI ITALIANI inchiesta “Eataly” Uno dei templi moderni della precarietà e dello

sfruttamentopubblicamente benedetto da Renzi

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CHEATALY INGANNI ITALIANI inchiesta “Eataly” Uno dei templi moderni della precarietà e dello

sfruttamentopubblicamente benedetto da Renzi

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manifesto pubblicitario intitolato “Adesso basta!190

. Egli ribadisce che ha venduto tutto ciò che aveva per investirlo in Eataly, poiché negli anni ha scoperto e imparato ad apprezzare le produzioni di ottima artigianalità site sul territorio italiano, le quali godono di ottima potenzialità e col suo progetto mira dargli mercato. Sostiene che è vero che sono entrati in società con 19 produttori, ma che questi sono solo una piccola parte, in quanto i fornitori ammontano ad oltre 1500. Per quanto riguarda la forte espansione di Eataly egli ribadisce che forse sarebbe stato meglio rimanere circoscritti sul territorio torinese, ma il suo obiettivo era quello di creare un mercato mondiale di tanti piccoli artigiani del cibo italiano. L’Italia non ha catene distributive operanti all’estero, ha poche multinazionali del cibo, ma tantissimi piccoli artigiani. Farinetti sostiene che bisognava cercare un modello di espansione col quale promuovere l’identità Italiana. In tale manifesto ribadisce l’importanza dei suoi collaboratori e dipendenti, perché è anche grazie a loro che in così pochi anni il brand Eataly è già conosciuto in tutto il mondo; precisa che la media dei lavoratori a tempo indeterminato è dell’80%; si giustifica del fatto che il percorso in Eataly da parte di un dipendente inizi con un contratto a tempo determinato, sostenendo che prima di instaurare un rapporto importante è necessaria una conoscenza reciproca; ci tiene a ricordare che Eataly dal 2007 al 2014 ha creato circa 4000 posti di lavoro in Italia e all’estero; e come ultimo punto, ma non meno importante, c’è quello che riguarda gli immobili scelti per la realizzazione dei punti vendita. Il management di Eataly, fin dall’inizio ha adottato la filosofia “mattone zero”, cioè ha fatto in modo di trovare per i suoi punti vendita degli immobili dismessi da ristrutturare, da valorizzare e che avessero bisogno di nuova vita191. Un‘ ulteriore critica a Eataly e il suo fondatore, Oscar Farinetti, sono legate all’appalto di Expo. Tali polemiche, sono volte alla denuncia di presunte irregolarità nell’assegnazione dei due padiglioni, da 4000 metri quadri ciascuno, rappresentativi la nazione Italia192. Anche l’argomento secondo cui i prezzi di Eataly non sarebbero poi così diversi

190 http://www.piacenza24.eu/61023-tagli-al-personale-e-precari-Eataly-risponde-alle-accuse-adesso- basta/ 191 www.Eataly.net 192

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da quelli delle altre botteghe dell’eccellenza alimentare sembra riduttiva. E’ estremamente difficile trovare un termine di paragone sul quale confrontare i prezzi di Eataly e anche ammesso di trovare delle misure convincenti, niente garantisce che questo genere di valutazioni approssimi la percezione che i consumatori hanno del progetto Eataly. Quello che importa è che esista una fascia di persone che percepisce Eataly come un luogo più accessibile rispetto alle altre iniziative dedicate alla gastronomia d’eccellenza. Poco importa se il giudizio di queste persone sia influenzato dai prezzi di Eataly, dal suo scelta di combinare libero servizio e ristorazione rapida, dallo stile della sua comunicazione, dell’atmosfera della sua architettura. Quello che importa è capire se Eataly avvicini alla gastronomia tradizionale un insieme di persone che altrimenti ne rimarrebbero distanti e quali conseguenze questo abbia sul settore agroalimentare193. Però alla fine di questa ricerca crediamo di poter dire che la scommessa di Eataly è precisamente quella di costruire un compromesso tra due sistemi tecnologici opposti: quello della produzione tradizionale e quello della distribuzione moderna. Lo sforzo di conciliare questi due sistemi produce ogni genere di contraddizioni che il progetto Eataly non può risolvere che essendo il più fedele possibile ai suoi valori in teoria e il più pragmatico possibile nelle sue pratiche d’organizzazione. Il progetto Eataly ha due slogan: “alti cibi a prezzi sostenibili” e “gestire il limite”. Per il momento Eataly sembra aver rispettato il primo dei due, ma il più ambizioso e il più difficile da rispettare è di gran lunga il secondo. Gestire il limite vuol dire crescere aumentando i volumi di vendita gradualmente e responsabilmente ed esercitare il meno possibile di pressioni sui produttori. Eataly dovrà dunque crescere ma con un ritmo relativamente lento e rinunciando fin dall’inizio ad uguagliare le dimensioni degli attori più importanti della GDO. Se Eataly riuscirà a governare la sua crescita aprendo solo uno o due punti vendita all’anno (e forse meno) e senza superare la decina di negozi maggiori, allora potrà forse vincere la scommessa dell’innovazione tradizionale. Se cercherà di crescere troppo o troppo in fretta, Eataly è destinata non solo a

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fallire, ma a trascinare con sé una parte importante della produzione tradizionale italiana. Gestire il limite vuole dire prima di tutto saper gestire i propri limiti.194

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CONCLUSIONI: ITALIAN SOUNDING , MINACCIA O OPPORTUNITA’?

Perché percepire come un dramma l’abuso del nome Italia per le tante merci etichettate con nomi che evocano il nostro Paese? L’Italian Sounding sembra in apparenza una minaccia, ma non lo è. Costituisce, al contrario, una grande opportunità commerciale. Significa essere al centro delle attenzioni, vuole dire essere ritenuti protagonisti di un qualcosa di importante, è segno che il nome Italia funziona e ha un seguito. Citando Oscar Farinetti: «nel mondo c'è una voglia mostruosa d'Italia». Non si spiegherebbe altrimenti il ricorso alla bandiera tricolore apposta su formaggi, pasta e conserve di pomodori prodotti nel resto del mondo o non si spiegherebbe perché ristoranti sorti in ogni città del mondo, utilizzino un nome italiano. Le eccellenze enogastronomiche sono un qualcosa di certo, sono le strategie che dovrebbero essere riviste e corrette, infatti cosi come emerge dall’analisi della trattazione per poter trasformare l’Italian Sounding da minaccia percepita a reale opportunità di mercato è necessaria una politica che implementi un piano strategico di lungo periodo fuori dai soliti schemi nazionali, che riesca a proiettare la nostra tradizione agroalimentare in ambito internazionale affinché si possa colmare la domanda insoddisfatta nel mondo dei reali prodotti Made in Italy. Alla luce di ciò le soluzione a tale problematiche potrebbero essere riscontrate sia in interventi di carattere pubblico, sia in campagne strategiche e promozionali da parte delle imprese:

 Occorre migliorare la rete distributiva in quanto le grandi catene italiane non si internazionalizzano. E’ necessario quindi sostenere l’ingresso dei prodotti italiani di qualità e favorire la diffusione dei brand “Made in Italy”, sui mercati esteri attraverso un piano di collaborazione con le grandi catene della distribuzione organizzata andando a creare delle partnership commerciale con alcune importanti catene operanti in Paesi terzi al fine di inserire “a scaffale” i marchi “Made in Italy”.

 Incrementare il volume dell’export espandendo la presenza di prodotti italiani in ambito internazionale, in particolare nei paesi in cui il

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potenziale è maggiore. Diviene quindi necessario puntare

sull’internazionalizzazione del sistema produttivo nazionale per incrementare le quote italiane del commercio internazionale e andare alla conquista di nuovi mercati cercando di ridurre le difficoltà strutturali e i costi di accesso ai mercati esteri per le pmi. Le istituzioni potrebbero fornire degli strumenti o attuare delle politiche volte ad accompagnare le piccole e medie imprese in un percorso di penetrazione e strutturazione del proprio business all’estero con la formazione del personale aziendale direttamente coinvolto nella gestione delle attività internazionali

 Valorizzare le produzioni di eccellenza, in particolare agroalimentari, e avviare politiche di tutela all’estero dei marchi e delle certificazioni di qualità e di origine delle imprese e dei prodotti. A causa della lentezza normativa si può colmare tale problematica con iniziative per promuovere una corretta conoscenza delle certificazioni e dei prodotti agroalimentari certificati. Ad esempio durante seminari di presentazione, degustazioni, partecipazione a fiere di settore, attività con ristorazione, si potrebbero divulgare le principali regole dei sistema di qualità pubblici permettendo anche un’efficace strategia di contrasto al fenomeno dell’Italian Sounding

 Un’ulteriore soluzione potrebbe essere intravista nella proposta di

Farinetti: ovvero un unico marchio che raggruppi sotto un solo simbolo e un nome comune i veri prodotti nazionali per combattere i danni dell’Italian Sounding . Il patron di Eataly ha evidenziato un deficit a livello di comunicazione sottolineando la necessità di divulgare all’estero la conoscenza dei veri prodotti italiani attraverso campagne informative volte alla valorizzazione e pubblicizzazione nel mondo della cultura e dei valori che rappresentano la forza delle filiere nazionali. Tale progetto consentirà per la prima volta sia di creare un immagine unica e riconosciuta nel mondo sia qualificare, oltre la provenienza dei prodotti, il sistema di controlli e garanzie che contraddistingue il Made in Italy. In particolare il Marchio unico potrebbe essere utilizzato nelle

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comunicazione nei canali internet, pubblicazioni cartacee, attività di promozione GDO fiere, social media, Tv. Una soluzione proposta a causa dell’eccessiva frammentazione del sistema agroalimentare italiano che ha da sempre limitato le attività di export nei mercati internazionali delle aziende. Questa debolezza non ha consentito sinora un’adeguata penetrazione dei prodotti agroalimentari italiani sui mercati esteri, nonostante i livelli di eccellenza che li caratterizzano. Al contempo, ha permesso sui mercati, a fronte dell'enorme domanda di prodotti Made in Italy da parte dei consumatori, la penetrazione dei prodotti ad imitazione. Per questo motivo occorre “ristabilire” la reale identità dei prodotti italiani concentrando gli sforzi di comunicazione e marketing e sviluppando un’azione di sistema per recuperare la totale potenzialità del settore agroalimentare italiano nei mercati internazionali.

 Potenziamento della promozione del Made in Italy all’estero attraverso la

valorizzazione dell’immagine e della qualità del prodotto italiano attraverso la realizzazione di un’intensa campagna di sensibilizzazione e di advertising tramite i tradizionali mezzi di comunicazione, ma con un forte coinvolgimento anche dei nuovi media (di social network e blog). Si dovrebbero coinvolgere i consumatori, gli opinion leader gli operatori economici affinché arrivi un messaggio di presentazione del prodotto originale italiano e uno strumento per riconoscerlo proprio al fine di valorizzare le produzioni italiane originali e di qualità. Un aiuto a quest’iniziativa potrebbe essere il potenziamento dei grandi eventi fieristici e un sostegno agli stessi attraverso un massiccio piano di comunicazione sui media nazionali e internazionali, inviti a giornalisti di prestigiose testate specializzate e non, organizzazione di eventi speciali “su misura” che coinvolgano i territori e i marchi più noti e prestigiosi del “Made in Italy”.

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E’ proprio in relazione a quest’ultimo punto che possiamo affermare che Eataly attraverso le sue campagne di comunicazione e i suoi innumerevoli progetti può essere considerata una delle poche aziende che al giorno d’oggi si fa portavoce del Made in Italy nel contesto nazionale e internazionale. Basta ricordare la partecipazione all’apertura di FICO World Bologna e la prossima apertura a Stoccolma di una loro sede.

Uno degli elementi fondamentali della strategia di Eataly, è il coinvolgimento del consumatore in un processo decisionale d’acquisto che sia più ponderato, rilassato e consapevole. Non più acquisti dettati dall’impulso, ma decisioni di acquisto che avvengano prestando più attenzione a ciò che si compra, valutando il significato e i valore intrinseco del prodotto che si sceglie d’acquistare. È anche per tale motivo che Eataly si avvale di personale di vendita qualificato e di strumenti molto importanti, come la didattica e la cartellonistica interna, con le quali mira ad aiutare il cliente nelle sue scelte soprattutto in ambito internazionale , convincendolo che la differenza di prezzo tra il prodotto italiano e quello che rientra nell’Italian Sounding (che fondamentalmente è il reale motivo che spinge il consumatore ad acquistare tale tipologia di prodotto), è semplicemente sinonimo di qualità e di autenticità . Questo è uno dei punti di forza che hanno permesso a Eataly di differenziarsi rispetto alla GDO tradizionale, che mira alla persuasione del cliente esclusivamente tramite promozioni, offerte speciali e disposizione strategica del layout dei prodotti. Vorrei concludere questa relazione utilizzando l’esempio di uno dei produttori di Eataly, Olio Roi. Un’ eccellenza italiana che è più facile trovare sugli scaffali dei supermercati esteri che in Italia. Questo perché la famiglia Boeri, proprietaria del marchio , decise di intraprendere un progetto di internalizzazione basata sul marketing e sulla comunicazione. E’ lo stesso proprietario che va all’estero per raccontare il proprio prodotto, per farlo degustare ai consumatori e ai produttori, raccontando la storia presente dietro ogni suo prodotto, mostrandogli l’intero processo di trasformazione e accaparrandosi la loro fiducia e la loro partnership Potrebbe essere questa l’arma in più per poter cominciare a riprendersi quelle fette di mercato che indirettamente ci appartengono. Se tutti avessero questo

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coraggio e questa spinta e mentalità internazionale, le cose potrebbero migliorare nettamente. Basterebbe quindi realizzare azioni informative destinate ai consumatori esteri, diffondere materiale promozionale sul prodotto con descrizione delle caratteristiche nutrizionali del prodotto, realizzare pubblicità per educare il consumatore e far si che lo stesso si possa avvicinare sempre di più al prodotto italiano e all’italianità. Solo così l’ Italian Sounding potrà essere percepita come un’opportunità di mercato

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