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prima metà del XIII secolo

rame inciso a bulino e dorato, bronzo fuso già dorato, 48 × 26 cm Fabriano (Macerata), Museo Diocesano

Provenienza: Fabriano, località Castelletta, chiesa parrocchiale di Santa Maria sopra Minerva

Presso il Museo Diocesano di Fabria- no è conservata un’interessante croce astile proveniente dalla chiesa parroc- chiale di Santa Maria sopra Minerva a Castelletta.

Di rame inciso e dorato e di bronzo, la croce risulta essere in discreto stato di conservazione, anche se è possibile no- tare una crepa tra la spalla sinistra e la testa del Cristo, la mancanza del pollice nella mano sinistra e alcune macchie di ossidazione.

La croce, a braccia patenti, è percorsa da un fregio decorativo, inciso lungo tutto il suo perimetro; nel recto, sem- pre attraverso l’incisione, sono raffigu- rati la croce, il Golgota e i simboli dei tre evangelisti, Luca, Giovanni e Marco. La figura del Cristo invece, in bronzo con tracce di doratura, è in rilievo ed è fissata alla croce con tre chiodi. L’icono- grafia è quella del Christus triumphans, rappresentato frontalmente e con gli occhi aperti; il capo è leggermente piegato in avanti ed è incorniciato dai capelli che, simmetricamente divisi, ricadono sulle spalle; le braccia sono aperte, leggermente piegate, il costato è ben definito e lo stesso è il perizoma che si annoda sui fianchi: le pieghe, lunghe e rigide, cadono dritte fino alle ginocchia.

Nel verso la raffigurazione è invece tut- ta incisa nel rame: di nuovo la croce con il titolo scritto in greco e il Golgota ai suoi piedi. Il Cristo è qui rappresen- tato morto, nell’iconografia più moder- na del Christus patiens, non più posto frontalmente ma con il capo chinato verso il basso, gli occhi chiusi e gli arti che cedono. Ai lati della croce sono in- cise le figure dei dolenti, la Vergine a destra e san Giovanni a sinistra. In alto invece il simbolo dell’evangelista Mat- teo, mancante nel recto della croce. La croce compare nell’Elenco delle ope-

re d’arte mobili delle Marche di Luigi Serra (1925); Bruno Molajoli (1932) ne

parla poi in un suo articolo e si riferi- sce alla croce come opera di arte tede- sca, vicina alle suppellettili ecclesiasti- che prodotte dalle scuole monastiche in Germania tra il XII e il XIII secolo aggiungendo che nonostante ci siano diverse produzioni italiane di piccoli oggetti d’arredo ecclesiastico, esse non risultano avere punti in comune con la croce di Castelletta. Molajoli propone un interessante confronto con un’altra croce astile conservata a Berlino (ill. a-b): le due croci sono simili nel taglio, presentano decorazioni analoghe e hanno entrambe sul verso l’incisione del Crocifisso di derivazione bizantina. Anche i Crocifissi sul recto sono pen- sati allo stesso modo: raffigurati fron- talmente, col capo in avanti, le gambe unite e le stesse verticali pieghe del pe- rizoma. C’è solo un’unica differenza, il Crocifisso di Castelletta è meno rigido, più dolce e morbido nella modellatura e più espressivo nel volto.

Géza De Francovich (1935) ritiene in- vece l’opera un manufatto locale che,

insieme ad altri, copia fedelmente mo- delli d’oltralpe. Infatti, come sostiene anche Adriano Peroni, le croci astili sembrano avere dei rapporti con la produzione transalpina ma allo stesso tempo hanno caratteristiche proprie, tipiche dell’area centro-italiana. Peroni (Romanica 2006) inoltre ipotizza in un primo momento che la discrepanza tra lo stile delle figure incise di derivazio- ne orientale e quelle invece modellate e di “efficace plasticismo” del Crocifis- so sul recto, sia dovuto a tempi crono- logici di realizzazione differenti ma trova subito una risposta proponendo l’idea che ci fossero artisti che nel pie- no Duecento ricorrevano ancora a mo- delli orientali.

La croce viene citata anche nell’im- portante volume di Andrea del Grosso (2010), che ribadisce le affinità del- le incisioni di questa con la croce di Berlino e costruisce una piccola serie aggiungendone un’altra conservata a Colonia. Del Grosso ipotizza che tutte e tre le croci siano state realizzate dallo

a-b. Scultore toscano (?), Croce astile, recto e verso, secondo quarto del XIII secolo. Berlino, Kaiser Friedrich Museum, inv. J1998 (perduta nel 1945)

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stesso laboratorio, ma anche lui, come già Molajoli, riconosce che nella croce di Castelletta vi sia una “consapevolez- za iconografica più pronunciata”. Nel 2014 la croce venne esposta alla mostra Da Giotto a Gentile ospitata a Fabriano. Nel catalogo Benedetta Montevecchi parla del Crocifisso come di una “miniaturizzazione della so- lenne monumentalità dei crocifissi di area renano-mosana”. La studiosa non ravvede somiglianze con altri oggetti

simili e, solo per le incisioni, propone un confronto con quelle della croce di Castellina in Chianti, evidenziando la sensibilità con cui è resa l’immagine incisa del Crocifisso, tipica dalle cro- ci dipinte duecentesche in area um- bro-toscana.

In realtà la lettura di Del Grosso co- glie nel segno e dimostra come oggetti come questo siano diffusi in tutta l’area dell’Appennino anche verso l’Adriatico. Si tratta infatti di una scultura di chiara

impronta toscana che certamente infor- mò la produzione scultorea locale, tan- to che una versione monumentale dello stesso modello può vedersi nel duomo di Camerino.

Bibliografia: Serra 1925, p. 379; Molajoli 1932, pp. 174-178; De Francovich 1935, pp. 9-10; Molajoli 1946 (ed. 1968), pp. 179-180; Del Grosso 2010; B. Montevecchi, in Da Giotto a Gentile 2014, cat. 59, p. 212; Del Grosso 2016, cat. 8, pp. 228-231 (con bibliografia precedente).

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Orafo svevo