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fine del XII secolo

legno scolpito, intagliato e dipinto, 135 × 60 × 60 cm L’Aquila, Museo Nazionale d’Abruzzo

Restauri: Soprintendenza alle Gallerie e opere d’arte dell’Abruzzo, 1935; Elisabetta Sonnino, 1992

Provenienza: Lettopalena (Chieti), chiesa di San Nicola di Bari, già nell’abbazia di Santa Maria in Monteplanizio La sorte non è stata certo clemente con

la pregiata immagine mariana un tem- po a Lettopalena. Nei secoli l’opera ha infatti subito numerose traversie: da una fotografia degli anni venti del No- vecento apprendiamo ch’essa, a quelle date, era completamente camuffata da una veste cromatica di fattura moder- na. Entrambe le figure sacre presenta- vano inoltre delle integrazioni posticce: al Bambino erano stati rifatti i piedi, la Vergine era stata dotata di un braccio destro e sul suo capo, così come su quello del figlio, erano state apposte delle ingombranti corone metalliche, evidenti tracce di una consolidata de- vozione popolare (E. Stinziani, E. Son- nino, in S.O.S Arte dall’Abruzzo 2010, pp. 158-159; Vittorini 2010, p. 35, fig. XXI). Affidata alle cure del laboratorio della locale Soprintendenza nel 1935, la scultura è stata sottoposta a un nuovo restauro negli anni novanta del secolo scorso, consistito nell’eliminazione del- le aggiunte strutturali posteriori e nel recupero dell’originaria, e splendida, policromia. Fanno tuttavia eccezione i volti, soprattutto quello della Madonna, che è apparso rilavorato (come del resto tutta l’area del capo, dove si è persa la capigliatura), e privo di coloritura anti- ca: dopo la rimozione degli strati pitto- rici più recenti, si è scelto di non proce- dere con nessun tipo di reintegrazione, approdando dunque all’odierna, e non molto esaltante, presentazione. In origine la Vergine doveva mostrar- si all’osservatore dall’alto di un trono, oggi perduto, concepito autonomamen- te rispetto al gruppo. Quest’ultimo è intagliato in unico blocco ligneo (pro- babilmente di ciliegio), al quale si inne- stavano le braccia dei protagonisti. Il legno risulta svuotato e tamponato, sul retro, con un coperchio dal formato re- golare sul quale continua la decorazio- ne pittorica; la copertura si interrompe poco sotto le spalle lasciando aperta

una finestrella quadrangolare, con una soluzione che ha fatto ipotizzare un uti- lizzo dell’opera come reliquiario (Curzi 2008, p. 199; E. Stinziani, E. Sonnino, in S.O.S. Arte dall’Abruzzo 2010, pp. 158-159; L. Arbace, in Antiche Madonne 2010, pp. 42-43, cat. 1; L. Arbace in La

sapienza risplende 2011, pp. 42-43, cat. 1; Curzi 2011, p. 20).

Nonostante le problematiche conser- vative, la scultura non nasconde la sua straordinaria qualità. Disposta in una posa solenne e frontale, la Madonna sfoggia una tunica di colore chiaro che arriva a coprire parzialmente i piedi; su di essa si dispone una sopravveste molto aderente, che lascia riaffiorare le forme del seno e delle ginocchia. Par- ticolarmente rilevante è qui la finitura pittorica, con un notevole dispiego di ornati dipinti su un fondo di foglia di stagno meccato. Meglio apprezzabili nella visione da tergo, le decorazioni sono organizzate in bande verticali: motivi geometrici e vegetali sono in- tervallati da fasce di colore scuro in cui si dispongono ovali rossi e blu, nel riuscito tentativo di suggerire l’effetto di pietre preziose. Un’identica cura è riservata al vestiario del Bambino, im- pegnato nell’atto di benedizione e con un globo nella mano sinistra. Anche in questo caso la veste che indossa, di un bel color porpora, lascia intravedere il semplice abito sottostante. Fermato in vita da una fascia e stretto da un nodo tra le gambe, l’indumento è percorso da un reticolo di pieghe molto fitte e si conclude in vibranti bordature. L’opera, un tempo nell’abbazia benedet- tina di Santa Maria di Monteplanizio (sul complesso: Petrongolo 2010), ha poi trovato riparo nella chiesa dedica- ta a San Nicola di Bari di Lettopalena. Nel 1978, dopo un tentativo di furto, si decise il suo trasferimento presso il Mu- seo Nazionale di L’Aquila, dov’è rimasta fino al terremoto del 2009 (per queste

vicende: Curzi 2008, p. 199; E. Stin- ziani, E. Sonnino, in S.O.S. Arte dall’A-

bruzzo 2010, pp. 158-159; Petrongolo 2010, pp. 534-535; L. Arbace, in Antiche

Madonne 2010, pp. 42-43, cat. 1; Curzi 2010, p. 20; L. Arbace, in La sapienza

risplende 2011, pp. 42-43, cat. 1; Curzi 2011, p. 20). A seguito di quella calami- tà, la Madonna ha iniziato a presenziare continuativamente alle diverse rassegne mirate a valorizzare e promuovere il re- cuperato patrimonio artistico abruzzese (S.O.S. Arte dall’Abruzzo 2010; Antiche

Madonne 2010; La sapienza risplende 2011), e attualmente si trova in deposito presso la nuova sede del Museo Nazio- nale aquilano.

Nell’immagine lignea è stata talvolta rilevata una compresenza di stilemi bi- zantini e di elementi dedotti dalla scul- tura francese, e in particolare dal can- tiere di Chartres (Curzi 2008, p. 199; Petrongolo 2010, pp. 534-535 nota 14; E. Stinziani, E. Sonnino, in S.O.S. Arte

dall’Abruzzo 2010, pp. 158-159; Cur- zi 2010, p. 20); per quel che riguarda la datazione, invece, si è pensato alla metà del XII secolo (Petrongolo 2010, pp. 534-535 nota 14) o, più verosimil- mente, alla fine (Leone de Castris 2004, pp. 4, 9; Curzi 2008, p. 199; E. Stinziani, E. Sonnino, in S.O.S. Arte dall’Abruzzo 2010, pp. 158-159; L. Arbace, in Antiche

Madonne 2010, pp. 42-43, cat. 1; Curzi 2010, p. 20; L. Arbace, in La sapienza

risplende 2011, pp. 42-43, cat. 1; Curzi 2011, p. 20). Sin dalle prime appari- zioni dell’opera in letteratura, inoltre, sono state correttamente messe in luce le consistenti corrispondenze – verifi- cabili de visu anche in questa mostra – con la nobilissima Madonna di Castelli (Teramo).

È evidente, infatti, come la scultura già a Lettopalena, probabilmente anch’essa in principio dotata di una sua corona, risponda a un modulo figurativo del tutto analogo a quello della “compagna”

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di Castelli. A parità di modelli e di livel- lo qualitativo, tuttavia, diversi sono gli esiti raggiunti: l’autore dell’esemplare di Lettopalena adotta un formulario un po’ più arcaico, rilevabile nella più rigida impostazione dei personaggi, nella diversa foggia dei loro vestiti così come nella concezione delle stoffe, che qui aderiscono al corpo generando rica- schi molto netti (visibili, per esempio, sui lati della scultura), e non rinuncia a certi schematismi, come ci ricorda la concentrazione di pieghe poco sotto il seno. Queste caratteristiche portano a pensare che sia trascorso un intervallo

di tempo tra la realizzazione delle due opere, in una successione che vede in apertura – seguendo un’idea già pro- spettata da Gaetano Curzi (2008, p. 199; 2010, p. 20; 2011, p. 20) e Lucia Arbace (Antiche Madonne 2010, pp. 42- 43, cat. 1; La sapienza risplende 2011, pp. 42-43, cat. 1) – proprio l’esemplare di cui stiamo occupando. Non prive di suggestioni oltramontane, le due belle immagini lignee possono ritenersi ela- borate in un ambito locale e in anni non troppo distanti dal fatidico 1200 su cui si appunta l’interesse di questa ras- segna: e se la Madonna di Lettopalena

pare trovare la sua più opportuna col- locazione cronologica ancora sul finire del XII secolo, il linguaggio più pacifi- cato e svolto di quella di Castelli aiuta a inquadrarla già nei primi anni del Duecento.

Bibliografia: Tropea 1999, pp. 122, 129; Leone de Castris 2004, pp. 4, 9; Curzi 2008, p. 199; E. Stinziani, E. Sonnino, in S.O.S. Arte dall’Abruzzo 2010, pp. 158-159; Petrongolo 2010, pp. 534-535 nota 14; Arbace 2010, pp. 154-155; L. Arbace, in An-

tiche Madonne 2010, pp. 42-43, cat. 1; Curzi 2010, p. 20; Vittorini 2010, pp. 35, 37, fig. XXI; L. Arbace, in

La sapienza risplende 2011, pp. 42-43, cat. 1; Curzi 2011, p. 20; Vittorini 2011, pp. 35, 37, fig. XXI.

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Scultore abruzzese