1200-1210 circa
legno intagliato dorato e dipinto, 176 x 85 x 46 cm (Madonna), 40 × 20 × 15 cm (Bambino) Foligno (Perugia), Museo Diocesano
La Maestà di Foligno è inspiegabilmente studiata pochissimo; anche se negli ulti- mi tre lustri la bibliografia sulla scultura lignea in Umbria è ricca e approfondi- ta, questo vero e proprio capolavoro è rimasto ai margini degli studi. Prima del 1979 era conservata nella chiesa di Santa Maria Infraportas a Foligno, espo- sta al culto, in un contesto di primaria importanza anche per la pittura locale di fine XII secolo, visto che vi sono pareti decorate con affreschi di Alberto Sotio. Questo, come spesso accade per manu- fatti lignei, soprattutto se molto vene- rati, ne ha offuscato la fama e quindi la notorietà al mondo scientifico.
Eppure era stata citata da Pietro Toesca nel suo Medioevo (Toesca 1927, p. 866, nota 60) e poi pubblicata in maniera più ampia da Giorgio Castelfranco (Castel- franco 1929, pp. 769-772), che la datava alla fine del XII secolo. Lo studioso, però, la vedeva vestita e ridipinta, così come De Francovich (De Francovich 1935- 1936, pp. 217-218) che la pensava, in- fatti, una replica quattrocentesca di una scultura originale più antica. Sarà que- sto giudizio, viziato dai lavori di ammo- dernamento che aveva subito la Maestà, a far scomparire il pezzo dalla critica, tanto che non riuscì nemmeno a entrare nella Scultura lignea italiana del Carli e nemmeno nelle trattazioni più ampie a
latere della mostra di Montone del 1999. Solo Gaetano Curzi più recentemente ha ripreso in mano il problema e, sulla scor- ta della bibliografia della prima metà del Novecento, ha posto attenzione alla dif- fusione delle Maestà romaniche in Um- bria e, studiando questa, ne ha colto la derivazione dai modelli di Sansepolcro e di Todi e, giustamente, l’ha rimessa al centro del dibattito sulla scultura medie- vale in quella regione.
La Madonna è stata sciaguratamente mutilata degli arti superiori e riscolpi- ta sul busto e sulle ginocchia, levigate
probabilmente per farle indossare una dalmatica e farla diventare, in questo modo, una Madonna di Loreto. Anche la testa è stata rilavorata e ora il cranio è una sorta di casco ligneo liscio. Nel 1979 fu trafugato il Bambino che era appoggiato in grembo in posizione frontale, anch’esso rilavorato e mutilo delle gambe, evidentemente per farlo entrare nella stessa veste della Madre. La sua sfortuna critica è probabilmente il motivo per cui, al momento del pri- mo passaggio d’asta del Bambino a Ge- nova nel giugno del 2014 (Boetto, asta di antiquariato, 10 giugno 2014, lotto 251), nessuno si fosse accorto del ritro- vamento. La scultura poi passò a Parigi (Prunier Auction, 15 febbraio 2015, lot- to 25) occasione in cui, questa volta, mi accorsi che era proprio quello di Santa Maria Infraportas e segnalai la cosa al Nucleo Tutela dei Carabinieri che recu- perarono l’oggetto e l’hanno depositato al Museo Diocesano di Foligno. La fra- gilità della Madonna non ha permesso il trasporto, ma per quest’occasione è qui esposto il Bambino ritrovato. La scultura è una monumentale Sedes
Sapientiae, tradizionalmente frontale e assisa su un trono particolarmente ela- borato: due colonnine ai lati, decorate con un elegante motivo a perline bian- che, reggono un architrave modanato su tre livelli, quello dei capitelli dei suppor- ti laterali, una fascia rossa movimentata da una dentatura ad aggetto e una an- cora sopra, la seduta su cui è poggiato un cuscino e su cui è seduta la Vergine. Questa ha i piedi appoggiati al suppeda- neo che è innalzato da due leoni, anche loro rossi e decorati con eleganti pennel- late bianche e nere. Il modello è comune alla Madonna di prete Martino a Berlino e alla Sedes Sapientiae di Santa Maria in Camuccia a Todi.
Purtroppo i tagli moderni non fan- no capire del tutto la qualità davvero
altissima della scultura, che ha un pan- neggio naturale e morbido, vicino a so- luzioni classiciste dell’Île-de-France che riverberano in maniera eclatante anche in Italia centrale, come ad esempio nel portale del duomo di Foligno del 1201. La Madonna di Santa Maria Infraportas dialoga perfettamente con quel mondo e si colloca ben dentro allo “stile 1200”, in cui la grafia romanica di superficie anti- cipa il classicismo gotico, preparandone la strada. Il rapporto con la scultura di prete Martino del Bode, è sintomatica. Al di là dello stato di conservazione, che premia la Madonna in Germania, la qua- lità generale è assai più alta nell’esem- plare di Foligno, più studiato nell’anato- mia e anche meno astratto nel volto. La
Vergine di Santa Maria Infraportas ha, infatti, già una sensibilità umana che fa il paio con le pitture di Sotio a Spoleto (e che riverbera anche del Deposto di San Severino Marche, cat. 10), mentre la scultura di Berlino è più bloccata. Pur- troppo sono andate perdute le teste del- la Maestà di Todi, sostituite da sculture più moderne, almeno cinquecentesche, ma il panneggio insistito e graffiante ha la stessa matrice francese di quello pro- posto a Foligno, anche se declinato in senso diverso, assai più materico. La riscoperta della scultura di Foligno, insieme agli studi di Enrica Neri Lusan- na (Neri Lusanna 2013) sulle sculture del portale del duomo della stessa città, deve far ragionare in maniera nuova e completa sulla ricezione in Umbria e in particolare sull’Appennino, dello stile tardo Romanico che si declina tra Todi, Spoleto e Foligno in un gusto classi- cheggiante altissimo, ancor di più della qualità della Madonna di prete Martino.
Bibliografia: Toesca 1927, p. 866; Castelfranco 1929, pp. 769-772; De Francovich 1935-1936, pp. 217-218; De Francovich 1943, p. 7; Paoli, 2001, p. 25; Curzi 2011, pp. 29-30; Curzi 2012, pp. 36-37.
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Scultore abruzzese