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terzo quarto del XIII secolo

legno scolpito, intagliato e dipinto, 36 × 26 × 26 cm

Prato, Museo dell’Opera del Duomo, dono di Giuliano Gori, 2001

Restauri: Daniele Piacenti, 2018

La scultura si presenta in discrete con- dizioni conservative, nonostante molti buchi da tarli e numerose spaccature del legno interessino tutta la superficie. La policromia, in buona parte originale, si è mantenuta molto bene sulla barba e sulle superfici del volto; un po’ meno su certe aree della capigliatura, dove sembra essere stata mal integrata da gesso successivamente alla realizza- zione. Due ciocche della capigliatura, ai lati della testa, sono state fissate da chiodi in un periodo successivo: in particolare, il tassello aggiunto sulla sinistra sembra essere di legno diverso rispetto al resto della scultura. Durante le recentissime operazioni di ritocco, sono state ritrovate delle piccole tracce di tela che servivano come giunti per fissare alcune parti dei suddetti tasselli, mentre sulla parte superiore della capi- gliatura sono stati osservati tre buchi, scavati sulla zona sopra la fronte e su ciascuno dei due lati, probabilmente per fissare i ganci di un supporto me- tallico quale poteva essere una corona. Sul retro è inoltre presente un nume- ro di difficile lettura dipinto a vernice, presumibilmente il vecchio numero di inventario di quando si trovava presso la collezione privata milanese.

La monumentale testa lignea, prove- niente dunque dalla suddetta collezio- ne privata, venne esposta alla mostra di scultura lignea ad Arezzo nel 1956, dove passava per opera aretina duecen- tesca, e a quella di Milano del 1957: in quest’ultima occasione Fernanda De Maffei la considerò nuovamente una testa di Cristo di un artista aretino at- tivo intorno al 1230, stilisticamente vicina alle sculture della facciata della pieve di Santa Maria ad Arezzo. Giu- seppe Marchini (1963) identificò il frammento scultoreo come parte del grande Crocifisso romanico del duomo di Prato, distrutto nel 1839, e manten- ne l’attribuzione a una maestranza

aretina duecentesca, che venne ripro- posta sommariamente anche da Loren- zelli (1987). Dopo che la scultura era apparsa sul mercato d’asta, Scalini (in

Un tesoro rivelato 2001) la attribuì a un più generico maestro del Centro-Italia, e ipotizzò una provenienza da un non meglio precisato Crocifisso romanico del duomo di Arezzo. Nel 2001 l’ope- ra venne acquistata dal collezionista Giuliano Gori, che sul finire dello stes- so anno donò l’opera al Museo dell’O- pera del Duomo; Cerretelli (2012) ha riproposto l’ipotesi di provenienza dal distrutto Crocifisso della cattedrale pra- tese.

Tale congettura non è tuttavia suffraga- ta da documenti certi. Marchini (1963) citava come prove una serie di docu- menti e testimonianze relativi all’allora pieve di Santo Stefano scaglionati tra la fine del XV secolo e tutto il secolo successivo. Del 1482 è la testimonianza della volontà di “levare el Crocifisso e le travi di mezzo e porlo dalla cappella”, cioè di togliere dalla cappella maggio- re una grande crocifissione. Nel 1550 venne finalmente deciso di “remuovere il Crocifisso grande e metterlo altrove”, ma solo nel 1575 sappiamo che l’opera fu definitivamente ricollocata “sopra dove si mostra il Cingolo in Chiesa”, ov- vero sopra la cantoria interna di Maso di Bartolomeo, in controfacciata, dove venne integrata da una decorazione ad affresco, il che ci fa propendere per una croce scolpita, e non dipinta. Nel 1839 il Crocifisso venne demolito e bruciato: il canonico Martino Benelli ci informa che della scultura, di cui lui descrive le imponenti dimensioni, si salvarono solo il torso e la testa, che ai suoi tempi erano in casa di un mastro muratore dell’Opera del Duomo. Tuttavia, questa pur ricca documentazione dimostra deboli legami con la testa in questione, di cui credo sia necessario mettere in discussione anche il presunto soggetto

a. Scultore toscano, San Cristoforo. Barga, chiesa di San Cristoforo

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iconografico ormai dato come assoda- to: la frammentarietà del manufatto, la sua totale decontestualizzazione non consentono di interpretarlo uni- camente come testa di un Christus

triumphans, sebbene tale ipotesi sia suggestiva e non priva di validità, visti i tratti del volto perfettamente coinci- denti con la tradizionale iconografia di Cristo. La presenza dei tre fori scavati sulla testa per l’ancoraggio di un og- getto metallico potrebbero rafforzare l’idea di un Cristo re, visto che non è difficile trovare Crocifissi che vengono vestiti di una corona, come nel caso del celebre Volto Santo di Lucca. La barba potrebbe invece identificare il soggetto in un più generico santo, raffigurato come statua colossale a sé stante ad- dossata a una nicchia, tipologia rara ma non estranea al mondo medievale (M. Bacci, in Scultura lignea 1995, pp. 45-47): magari un san Giacomo mag- giore, sovente raffigurato simile a Cri- sto, magari un san Cristoforo, santo gigante spesso rappresentato in gran- di dimensioni con la barba, collocato presso le porte della chiesa con la ben nota funzione apotropaica (ibidem). Oppure, ma meno verosimilmente, la testa potrebbe appartenere a un re di un gruppo ligneo di un’Adorazione dei

magi, del tipo di quello presso Santo Stefano a Bologna (Ferretti 1981), ben- ché generalmente le statue di questi gruppi abbiano dimensioni molto più ridotte e vicine a quelle naturali.

Quanto all’ambito stilistico della testa, esso è stato sempre individuato nell’a- rea aretina dell’inizio del XIII secolo, ed effettivamente la testa lignea condivide alcuni tratti delle sculture della facciata della pieve di Santa Maria Assunta ad Arezzo, datate 1216 e 1221 da iscrizio- ni (Tigler 2006). Ma i confronti con gli esempi di scultura lignea di quest’area non sembrano soddisfare in pieno tale ipotesi. Gli schematici, nonché ieratici, tratti del volto della testa, che presenta grandi occhi ovali, un naso verticale e allargato alla base sulle narici, una pic- cola bocca, la barba modellata pelo per pelo ma perfettamente simmetrica, se comuni a certe sculture in pietra della pieve aretina, conferiscono tuttavia alla scultura un’imponente fissità diver- sa dai tratti molto più plastici di certe opere lignee aretine della prima metà del XIII secolo, fra i quali i due Croci-

fissi del Museo Diocesano di Arezzo (Cervini 2010) e la Madonna lignea del duomo della medesima città (ibidem). Ancora meno convincente risulta il confronto con i dolci modellati del De-

posto di Sansepolcro (Mor 2004), data- bile agli anni quaranta del XIII secolo, e con quelli di altre opere del territorio centro-italiano.

Le caratteristiche della testa, esposte sopra, sembrano accordarsi con una taglia decisamente locale ma già pie- namente duecentesca, che ripropone schemi poco aggiornati rispetto alle novità dell’Italia centrale ma in grado

di raggiungere innegabili effetti di im- mediatezza espressiva. Il gigantesco

San Cristoforo ligneo della collegiata di Barga, in Garfagnana, che già il Carli (1962) reputava “rozzissimo”, ha in co- mune con la nostra testa i grandi occhi a mandorla e la forma del naso, dritta e allargata esageratamente sulle nari- ci, oltre che una più generale staticità e reverenziale imponenza, accresciuta dalle notevoli dimensioni (ben 360 cm). Michele Bacci (in Scultura lignea 1995, pp. 45-47) assegna la scultura all’ultimo quarto del XIII secolo: probabilmente, essa è da datare intorno al 1256, quando la collegiata di Barga venne ampliata e munita di un fonte battesimale, data- to appunto a quell’anno (Tigler 2006). Allo stesso periodo deve essere anche riferita la realizzazione di tutto l’arredo presbiteriale della chiesa comprensivo di tramezzo e pulpito, realizzati da mae- stranze bigarelliane. Nonostante si pos- sano riconoscere somiglianze con la ci- tata scultura lignea, occorre ribadire che l’estrema frammentarietà della testa e la totale decontestualizzazione non con- sentono di applicare risolutivi confronti stilistici e di datarla con precisione.

Bibliografia: F.Q. 1956, p. 264; F. De Maffei, in Mo-

stra di sculture lignee 1957, n. 9, p. 38; Marchini 1963, pp. 47-53; Lorenzelli 1987, p. 74; M. Scalini, in Un tesoro rivelato 2001, n. 2, p. 41; Cerretelli 2012, p. 5; Cervini 2013, p. 177.

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Scultore umbro (?)