• Non ci sono risultati.

La cultura della crisi e la rappresentazione della realtà: alla radice della poetica derobertiana.

Rappresentare la realtà dopo la crisi di fine secolo.

1. La cultura della crisi e la rappresentazione della realtà: alla radice della poetica derobertiana.

Il dibattito sulla crisi di fine secolo e il clima culturale che ne deriva, alla luce di quanto sin qui visto, sono dunque essenziali per comprendere e ricostruire la visione derobertiana del mondo. Questa, a sua volta, è presupposto indispensabile per intendere la rete tematica che trama l’intera produzione letteraria dell’autore, al di là di ogni tradizionale distinzione fra filone ‘naturalista’ e filone ‘psicologista’. Vedremo infatti che la visione del mondo e dell’uomo risulta, alla fine, identica tanto nella narrativa che si vuole dedicata a causeries salottiere, mondane e amorose, quanto nella narrativa dedicata allo studio e all’osservazione della società, che, secondo le prescrizioni dei programmi naturalisti, con De Roberto avrebbero conosciuto il definitivo passaggio allo studio dei livelli sociali ‘alti’. Entrambe le linee di produzione narrativa, in De Roberto, portano avanti lo stesso, ininterrotto discorso sulla crisi, la stessa inquieta interrogazione, e, in entrambe, quello specifico contesto culturale ha decisive ripercussioni non soltanto sul cosa viene raccontato, ma soprattutto sul

come viene rappresentata la realtà fatta oggetto di narrazione. Servendoci delle

partizioni dell’atto di comunicazione verbale proposte da Hjelmslev, e della loro applicazione alla sfera della comunicazione narrativa, diremo dunque che i presupposti che fondano la visione della realtà derobertiana incidono profondamente non solo sulla materia del contenuto della sua opera, ma soprattutto sulla forma che questo contenuto assume. A tale livello, infatti, collocherei tutte quelle figure narrative e strutturali che testimoniano in De Roberto una inesausta sperimentazione sul punto di vista, e che procedono sempre, in ultima analisi, dalla complessa, poliedrica concezione di relativismo propria all’autore.

Nichilismo ontologico e relativismo epistemologico. Questi sono i due concetti che fondano la visione del mondo derobertiana e, in forme mediate, la sua

rappresentazione letteraria; concetti contraddittori ma non tali da escludersi, se considerati alla luce del contesto culturale da cui li mutua l’autore. Abbiamo infatti visto come l’inquieta ricerca derobertiana prenda le mosse dallo studio della ‘malattia morale’ di fine Ottocento, che, sulla scorta di analisi non solo bourgettiane, viene interpretata dall’autore quale risultante delle ‘verità tristi’ cui giunge di necessità il materialismo positivista. Tale cultura non solo è responsabile dello strappo definitivo nel cielo di carta dell’ontologia occidentale (morte della trascendenza, della centralità dell’uomo nell’universo, di un senso ultimo cui uniformare e indirizzare l’esistenza), ma stila lucidamente un elenco di ‘leggi fatali’ che presiedono allo sviluppo dell’uomo storico, sociale, psicologico. Leggi inesorabili che minano per sempre il postulato roussoviano della bontà naturale dell’uomo, in favore di un darwinismo sociale che non consente più neanche una moralistica censura di quell’egoismo in cui si riconosce il motore primo e unico dell’umano agire. Fatalmente, dunque, l’uomo obbedirà al proprio egoismo e al proprio istinto anche nel perseguire lo scopo che ritiene più ideale; fatalmente il proprio giudizio su sé e sugli altri verrà condizionato dalla propria visione soggettiva, distorta, fallace, interessata; fatalmente lo scorrere delle proprie impressioni rimarrà incomunicabile; fatalmente ogni propria visione o sistema di pensiero risulterà relativa e non attingerà mai allo statuto di conoscenza definitiva e assoluta.

Ma, si potrebbe obiettare giustamente, il relativismo cui perviene il pensiero derobertiano annullerebbe la verità delle scoperte che procedono dal materialismo positivista: l’egoismo come unico regolatore dell’agire umano, l’inesistenza dell’ideale, diventano assunti relativi anch’essi, dunque capovolgibili. Tuttavia nel pensiero di De Roberto, che entro una certa misura vive di contraddizione, un fondo nichilista permane indistruttibile. Da un lato viene recuperato attraverso quell’altro potente strumento di conoscenza che è il meccanismo di disillusione per cui passa ciascuna immaginazione ipertrofica: quel meccanismo che De Roberto sperimenta in prima persona ma trova anche codificato dagli amati modelli di Flaubert e Leopardi. Soprattutto, però, come emerso chiaramente nel corso della nostra ricostruzione, in De Roberto il relativismo non si contrappone al nichilismo, piuttosto lo ‘supera’ lungo una stessa direttrice culturale senza mai annullarlo veramente. Relativismo radicale, incomunicabilità fra opposti punti di vista, assenza di prospettive trascendenti,

egoismo che vanifica l’ideale: tutte queste, per De Roberto, sono altrettante, fatali leggi di natura che condannano l’uomo all’infelicità. Ecco come un assunto moderno quale il relativismo universale, che in De Roberto diventa altrettanto moderno presupposto alla propria sperimentazione letteraria, si rivela pienamente solidale rispetto al contesto culturale di fine Ottocento, derivando da quello stesso principio del ‘divenire’ che ne fonda la complessiva filosofia, e che solo in personalità eccezionali quali De Roberto riceve quell’approfondimento e quella declinazione in grado di costituirne ponte alla modernità, tanto epistemologica quanto letteraria. La formazione di compromesso rappresentata dalla ribellione a quelle che non sono più considerate, come nell’Illuminismo, determinazioni storiche modificabili ma appunto fatali leggi di natura, e infine la scissione fra piano ontologico e pratico nella scelta fra fine edonistico ed etico, danno il quadro complessivo del pensiero derobertiano e del discorso portato avanti per l’intero arco della produzione letteraria.

Certo, il quadro che emerge dalla prima dichiarazione di poetica derobertiana, e senz’altro da una delle più conosciute e citate in assoluto, sembrerebbe dipingere una situazione diversa da quella qui prospettata.

2. Delle rigide dicotomie di moda: le dichiarazioni di poetica

Outline

Documenti correlati