CAPITOLO II POETICA
2.2 Modelli poetici e influenze letterarie
2.2.2 Cultura gnomico-proverbiale e ambiente scolastico
L’analisi degli epigrammi gnomici ha dimostrato il massiccio utilizzo, da parte del poeta, di sentenze, proverbi e formulazioni di contenuto etico-moraleggiante, quel tipo di letteratura che suole essere definita ‘gnomica’ intendendo, con questa definizione, un tipo di testo capace di veicolare un contenuto di portata universale. La produzione poetica di Pallada è così profondamente costellata di espressioni gnomiche che vale la pena chiedersi se il poeta avesse accesso a questo tipo di letteratura attraverso un canale per così dire privilegiato. Se la risposta è positiva, questo canale doveva essere rappresentato dalla scuola dove, com’è noto ed è stato ampiamente dimostrato177, i brani di natura sentenziosa venivano ampiamente utilizzati, poiché il contenuto sentenzioso di un passo lo rendeva particolarmente adatto alla fruizione scolastica per il fatto di trasmettere nel discente uno specifico messaggio tendenzialmente morale. Non sarà casuale, infatti, che oltre alla cosiddetta letteratura gnomica, i modelli letterari privilegiati da Pallada siano gli stessi poeti più letti nelle scuole ovvero Omero, Menandro, Teognide, i tragici etc., poeti in cui la componente letteraria gnomica è sicuramente presente. La fonte cui Pallada sembra attingere è da un lato il comune deposito di materiale gnomico, dall’altro quei prodotti librari che vanno acquistando il carattere sempre più definito di ‘raccolte’/‘sillogi’ e che in ambiente scolastico (ma non solo in esso) ebbero una larghissima diffusione. Il rapporto tra ambiente scolastico e cultura gnomica porta naturalmente a presupporre l’esistenza di raccolte e manuali, senza contare il fatto che la composizione di alcuni epigrammi ha in molti casi essa stessa un fine didattico legato all’attività della scuola. L’ambiente scolastico in cui opera Pallada, e forse la sua stessa attività di grammatikós che tanto spesso s’intreccia alla sua attività di poeta, non escludono che tali modalità potessero essere proprie anche del poeta178. In effetti MESSERI179, per la quale è il contenuto morale della letteratura gnomica a determinarne la “trasversalità culturale e il suo uso ininterrotto nell’attività educativa di massa (…) e nell’educazione privata di ciascun individuo”, sostiene che sarebbero stati gli stessi pedagoghi ed insegnanti a pensare ed organizzare raccolte di
177
Vd. CRIBIORE 1996:44-45e133(spesso come esercizio di scrittura si sceglieva di copiare le massime)
e2001: 199-201; gli gnomologi ebbero più o meno lo stesso utilizzo delle nostre antologie e la loro
funzione principale, oltre che la più antica, fu quella educativa come attesta Plat. Leg. 811a 1-5: “οἱ δὲ ἐκ πάντων κεφάλαια ἐκλέξαντες καί τινας ὅλας ῥήσεις εἰς ταὐτὸν συναγαγόντες, ἐκμανθάνειν φασὶ δεῖν εἰς μνήμην τιθεμένους, εἰ μέλλει τις ἀγαθὸς ἡμῖν καὶ σοφὸς ἐκ πολυπειρίας καὶ πολυμαθίας γενέσθαι” vd. anche il noto brano dell’Epistola 33.7 di Seneca “ideo pueris et sententias ediscendas damus et has quas
Graeci chrias vocant, quia complecti illas puerilis animus potest, qui plus adhuc non capit”.
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PICCIONE 2004: 429 sgg. sottolinea l’esistenza di un’altra tipologia di raccolta legata all’apprendimento, quella che vede tramandati insieme testi sentenziosi ed epigrammi. Gli epigrammi venivano utilizzati spesso per l’apprendimento della lingua e della scrittura greca in quanto testi brevi e semplici, assimilabili in questo senso ai monostici sentenziosi. Poiché Pallada è sia poeta epigrammatico che insegnante di scuola, si potrebbe addirittura supporre che alcuni epigrammi siano stati composti a scopo didattico piuttosto che letterario anche se, purtroppo, l’ipotesi è destinata a rimanere indimostrabile.
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brani e sentenze, in prosa e in versi, funzionali ai fini didattici per i quali erano state concepite. Niente vieta di supporre una tale propensione anche in·Pallada.
Nel commento sono state evidenziate, volta per volta, le numerose sentenze, le massime, i proverbi presenti nel corpus degli epigrammi gnomici e filosofici, rimando dunque ad esso per una rassegna precisa e dettagliata e in questa sede mi limiterò alla citazione di pochi casi a scopo esclusivamente esemplificativo.
Gli epigrammi 10.73 e 10.34, con i giochi di parole rispettivamente su φέρω e μεριμνάω, hanno tutta l’aria di essere la rielaborazione di proverbi, di concetti noti a livello popolare oppure di esercizi scolastici. Il 10.72 (σκηνὴ πᾶς ὁ βίος καὶ παίγνιον...), invece, è citato come proverbio in Stobeo e nello gnomologio di Georgide (950 Odorico σκηνῆς οὐδὲν ὁ παρὼν διενήνοχε βίος·παίγνια γὰρ τὰ πατόντα...): ciò potrebbe indicare che al tempo di Pallada tale immagine poteva circolare come massima e d’altra parte Pallada stesso potrebbe avere contribuito in un certo qual modo alla sua diffusione. Un concetto simile è espresso in 10.87 (v.1 ἄν μὴ γελῶμεν τὸν βίον τὸν δραπέτην) che trova corrispondenza con un passo tramandato anch’esso nello gnomologio di Georgide (210 Odorico γέλα, τὸν τροχὸν ὁρῶν ἀτάκτως κυλιόμενον). Nel medesimo epigramma il poeta nota come il mondo sia basato sull’ingiustizia per cui gli ingiusti godono sempre di maggiore fortuna rispetto ai giusti (vv.3-4); si tratta anche in questo caso di un concetto appartenente al patrimonio di cultura proverbiale, poiché una simile formulazione è attestata ad esempio anche nello Gnomologio Vaticano (165): τί λυπεῖ τοὺς ἀγαθοὺς; πονερὸς εὐτυχῶν. Interessante anche il distico che costituisce l’epigramma 10.98 in cui viene sottolineato il valore del silenzio come forma di saggezza e cultura. Come ho cercato di dimostrare nel commento (vd. ad loc.), l’idea è ricorrente in tutta la letteratura greca e già a partire dall’epoca arcaica se ne possono trovare espressioni in forma di massime e sentenze dai Sette Sapienti (cfr. 10 D-K), ad Eraclito (22B95 D-K), a Menandro (sent. 409 Jäkel) etc. Anche ZERWES180, in riferimento ad epigrammi come il 10.98, pensa ad una selezione letteraria con finalità scolastiche confluita in supporti quali antologie e gnomologi cui Pallada, insieme ad altre fonti, avrebbe attinto. Vi è addirittura un caso, come il *9.379 in cui il poeta cita esplicitamente un proverbio (cfr. v.1 φασὶ παροιμιακῶς·“Κἂν ὗς δάκοι ἄνδρα πονηρόν”) fondendone probabilmente altri due (vd. CPG II.228 τὸν ἀτυχῆ καὶ πρόβατον δάκνει e I.268 κἂν αἴξ δάκῃ ἄνδρα πονηρόν), ma come sarà notato (cfr. ad
loc.) l’epigramma è di attribuzione incerta, GUICHARD181 lo inserisce nel gruppo dei
dubia (classe B)182
Il contatto di Pallada con la cultura gnomico-proverbiale di livello basso si realizza anche attraverso la riproposizione di alcune gnomai appartenenti al repertorio cinico ma che il cinismo a sua volta aveva derivato, e incorporato, dalla tradizione gnomologico-
180 ZERWES 1956: 264. 181 GUICHARD 2014A. 182
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sentenziosa poiché percepiti come affini alla propria “casistica moraleggiante”183. Tale materiale è poi confluito complessivamente e unitariamente nelle antologie gnomologiche che in effetti, tra le altre cose, tramandano anche molto materiale sentenzioso di stampo cinico, o meglio, quel materiale che il cinismo aveva fatto proprio, basti pensare al papiro Bouriant 1, un sussidiario scolastico che tramandava i detti di Diogene insieme alle sentenze di Menandro. Volendo fare qualche esempio, uno per tutti si può citare l’epigramma AP 9.394 (cfr. ad loc.) poiché il biasimo della ricchezza rappresenta uno dei capisaldi della filosofia cinica. Anche in questo caso il parallelo più importante per l’epigramma risiede nella tradizione gnomico-sentenziosa, si tratta dello Pseudo-Phocylide sent. 44-5 dove l’oro è presentato come uno dei mali peggiori presenti sulla terra. Ancora, in 9.503, il v.4 οἷα κρότων ὑγιής rappresenta un’espressione proverbiale di origine comica (vd. Men. fr. 223 K-A) ed è citata anche da altre fonti come Eliano (ep. 10.6) e Libanio (ep. 359.8, 383.3, 430.3)184. Il tema della povertà può essere talvolta associato a quello dello status sociale che prescinde dalla dignità morale dell’individuo (cfr. 11.303 εἰ πένομαι, τί πάθω; Τί με μισεῖς οὐκ ἀδικοῦντα;/ πταῖσμα τόδ’ἐστὶ Τύχης, οὐκ ἀδίκημα τρόπων): anche in questo caso si percepisce la forte influenza esercitata dalla letteratura sentenziosa riflettendo su fonti come Men. sent. 359 Jäkel (ἴσος ἴσθι τοῖς τρόποισι πλουτῶν ὡς πένης) o ancora fr. 89 K-A, degno di nota poiché proveniente da un papiro gnomologico (PSI XV 1476), chiaramente Esiodo (Op. 717 sgg.), ma soprattutto si deve citare il lemma di una silloge bizantina185 (192 οὐ τὸ πένεσθαι αἰσχρόν ἀλλὰ τὸ κακῶς εὐπορεῖν). Come nota BARBIERI186i raffronti citati non sono tanto importanti per il valore specifico, ma poiché
attestano l’esistenza di una tradizione gnomica ricca di un materiale affine ed uniforme, almeno a livello tematico e concettuale, e “tendente all’anonimato autoriale”. Talvolta alla sentenza gnomica, astratta e teorica, il poeta può aggiungere anche un exemplum storico in modo tale che il concetto espresso risulti più credibile; è il caso, ad esempio, dell’epigramma 10.54 (cfr. ad loc.). In questi casi piuttosto che alla gnome è forse più esatto pensare alla chreia, un’altra tipologia di esercizio scolastico che permetteva quella fusione tra pedagogia e ideologia che era il fondamento della scuola antica. Come nota LUZZATTO187 “una persona colta doveva sempre avere sotto mano detti ed
aneddoti; acquisiva l’abitudine fin dalla prima infanzia e passava il resto della vita a riusarli e collezionarli”. Ciò vale sia per gli insegnanti che per gli studenti che nel corso della loro formazione culturale dovevano imbeversi totalmente di cultura gnomologica. E’ innegabile che questo tipo di cultura occupi un posto non marginale nell’opera di Pallada quasi che il poeta avesse fatto confluire il materiale utilizzato a scuola nella sua
183
cfr. SODANO 1991:62,n.3per una rassegna di testimonianze che attestano lo stretto legame fra cinismo
e cultura gnomica.
184
Vd. BARBIERI 2002/2003:117n. 12 rimanda a LEONE 1975:58-61per le attestazioni del proverbio
nelle fonti letterarie, lessicografiche e paremiografiche e sulle diverse esegesi.
185 Pubblicata da WACHSMUTH 1882:162-207. 186 BARBIERI 2002/2003:124. 187 cfr. LUZZATTO 2004: 164.
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stessa opera poetica dopo averlo rielaborato. Forse non è azzardato ipotizzare che un numero non piccolo di epigrammi, soprattutto quelli a carattere gnomico-filosofico dove la chreia e la gnome emergono più chiaramente, fossero stati concepiti per uso scolastico oppure se non direttamente scolastico, in relazione all’ambiente della scuola, pensando a quell’ambiente e a quella destinazione e che, successivamente, siano stati lo spunto per la composizione poetica. Inoltre è utile notare che la tradizione letteraria che esercita maggiore influenza sull’opera di Pallada è quella epicurea (cfr. § 3.2.1) e che a sua volta quest’ultima è stata tramandata principalmente attraverso il canale della raccolta gnomologica188; del resto ANGELI189 ha richiamato l’attenzione sull’interesse ‘paremiografico’ dei primi Epicurei e ha sottolineato come Zenone “si accostò all’indagine sulle παροιμίαι insieme a quella sulle forme affini, inserendo l’Epicureismo in una tradizione paremiografica coltivata soprattutto dal Peripato”. In Pallada sono compresenti entrambi gli aspetti: da un lato la tensione alla citazione paremiografica, dall’altro l’interesse filosofico nei riguardi dell’epicureismo. Questa stessa valutazione può essere applicata anche ad altri autori citati dal poeta come Menandro, Teognide, i Sette Sapienti, Pitagora, tutti strettamente collegati alla tradizione gnomologica e paremiografica.
Anche la cultura gnomica e sapienziale derivata dai cosiddetti “Sette Sapienti” ricorre spesso nell’opera di Pallada. Le massime dei “Sette” ebbero una forte diffusione nell’ambito della scuola, poiché la brevità della forma, cui corrispondeva la profondità etica del messaggio, li rendeva particolarmente utili per la formazione scolastica ed etica del discente. Che i “detti” avessero avuto un’amplissima diffusione nel mondo della scuola è cosa nota: affrontando il tema della loro trasmissione MALTOMINI190
prende in esame alcuni testimoni per lo più appartenenti al canale di divulgazione scolastico, come POxy LXI 4099 che HUYS191per primo si accorse contenere sui rr. 13-
28 resti di alcune sentenze dei Sette; MALTOMINI192pensa ad un vero e proprio manuale scolastico, una sorta di sussidiario messo a punto e utilizzato dal maestro per organizzare le proprie lezioni. L’ipotesi sembrerebbe confermata dal repertorio fornito da CRIBIORE193 che in effetti presenta numerosi esempi di elenchi di nomi e sentenze
morali utilizzati in ambiente scolastico.
In sintesi, non credo si debba tracciare una linea di demarcazione netta tra produzione letteraria e insegnamento scolastico, in Pallada i due ambiti tendono a sovrapporsi, ma soprattutto il poeta tende a riversare nella propria opera molto del materiale che utilizzava in classe come dimostrano le sentenze dei Sette e le gnomai di stampo cinico così largamente diffuse per l’apprendimento della lingua. L’ipotesi sarà
188
Molto utile, in questo senso, l’analisi di DORANDI 2004:271sgg.che prende in esame i principali
aspetti della tradizione gnomologica epicurea.
189 ANGELI 1988:287. 190 MALTOMINI 2004: 1 sgg. in FUNGHI II 2004. 191 HUYS 1996: 205-212. 192 MALTOMINI 2004:18-19 in FUNGHI II 2004. 193 Vd. CRIBIORE 1996.
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ulteriormente approfondita nelle pagine seguenti trattando il rapporto di Pallada con Menandro e Teognide194.
Pallada Proverbi, sentenze,
materiale gnomico 10.51.1 10.51.1 Thales 10.δ.17 D-K Ps.-Phocyl. sent. 36 10.51.4 Sol. 10.β.1 D-K 10.51.5 10.51.5 10.51.5 10.51.5 Democr. 68B 285,286 D-K Eracl. fr. 37, 108 Diano Cleob. Ev. 10.α.1 D-K Ps.-Pyth. carm. aur. 38
10.51.5-6 Ps.-Phocyl. sent. 36
10.58 10.58
Gnom. Vat. 60
Apostol. 5.41e = CPG II.344; Diogen. 8.51 =
CPG II.773 = I.315
10.73 10.73
Boiss. Anec. Gr. 2.475 Ps.-Pyt. carm. aur. 17-18 10.45.3
10.45.7-8
Apostol. 12.88 = CPG II.565 Ps.-Phocyl. carm. aur. 10-11 10.72
10.72 10.72
Stob. 4.42.14
Georg. Gnom. 950 Odorico
Sent. Pyth. 141.1, 174a.1
10.84.1 10.84.1 10.84.2-4 10.84.4 10.84.4 10.84.4 Emped. 31B118 D-K Eracl. 22B20 D-K Emped. 31B124 D-K Democr. 68B297 D-K Epic. ratae sent. 2 Usener Gnom. Vat. Epicur. 37 10.59.3-4
10.59.3-4
Epic. ratae sent. 2 Usener Epicar. 23B11 D-K 10.81.4-5
10.81.4-5
Ps.-Phocyl. sent. 27 Georg. Gnom. 87 Odorico 10.46 10.46.1 10.46.1 10.46.1 Gnom. Vat. 459 Heracl. 22B95 D-K Gnom. Vat. 58
Cleob. Ev. 10.α.4 D-K; Sol. 10.β.5 D-K; Bian. 10.ζ.11 D-K; 10.ζ.17 D-K etc. 10.65.1 10.65.2 10.65.2 Gnom. Vat. 209 e 453 Gnom. Vat. 430 Ps.-Phocyl. sent. 25 10.87.1 10.87.3-4
Gnom. Georg. 210 Odorico Gnom. Vat. 165
194
La presente tabella riporta alcune delle citazioni palladiane dei testi gnomici rinvenuti negli epigrammi analizzati nel commento.
55 10.87 Diog. = Stob. 2.7.4 **15.20.3 Epic. fr. 551 Usener 10.98 10.98 10.98 10.98 10.98 Gnom. Vat. 55. Gnom. Vat. 146, 216 Cleb. Ev. 10.α.5 D-K Eracl. 22B95 D-K Sent. Pyth. 2.1 9.394 9.394 Ps.-Phocyl. sent. 44-5;
Apostol. 18.41a = CPG II.728 *9.379.1-4
*9.379.4
Aesop. Prover. 12 = CPG I.268
Diogen. 5.87 = CPG I.268) = Apostol. 9.35 =
CPG II.471