• Non ci sono risultati.

CAPITOLO II POETICA

2.2 Modelli poetici e influenze letterarie

2.2.1 Omero

In un recente contributo AGOSTI153 ha affrontato il problema se la presenza di un

linguaggio poetico e di una “imagerie” mitologica nelle epigrafi tardoantiche venisse percepita come necessario riutilizzo della tradizione antica o classica oppure implicasse “una presa di distanza, se non una contrapposizione, con tale tradizione, da veicolare attraverso opportune strategie testuali”. La stessa domanda può essere applicata al riutilizzo palladiano dei modelli classici e in particolare di Omero. La citazione di un modello letterario in cui emerga una religiosità pagana, e quindi anche di Omero, non implica in Pallada nessuna presa di posizione a favore di tale fede religiosa, ma solo un adeguamento del poeta alla tradizione letteraria classica. In altre parole, la questione che AGOSTI154 pone a proposito delle epigrafi tardoantiche “a partire dal III sec. d.C. (ma in

casi eccezionali anche prima) non è sempre evidente se e quando l’uso del linguaggio ‘omerico’ sia da considerare indizio di convinto politeismo oppure mera esibizione di cultura”, se applicata al caso di Pallada, credo possa essere risolta optando per la seconda possibilità e rimando in questo senso al capitolo sulla filosofia (cfr. cap. III) dove si cercherà di dimostrare come Pallada non possa essere considerato né pagano né cristiano né tantomeno riveli quella forma di “religiosità tiepida che gli studiosi definiscono a seconda dei casi ‘criptopaganesimo’ o ‘zona grigia degli incerti’”155. Come ha dimostrato FOURNET156 parlando del ruolo esercitato da Omero sulla cultura tardo-antica e protobizantina, si tratta di un poeta che ebbe un dominio incontrastato in tutti i campi di attività intellettuale anche al di là della pura creazione poetica: Omero era l’autore più letto e studiato nelle scuole, il modello letterario più utilizzato, la sua influenza fu percepita anche nell’espressione scritta della vita di tutti i giorni e non squisitamente letteraria. Alla questione circa la paradossalità dell’onnipresenza omerica nella produzione letteraria di una società le cui fondamenta sono rappresentate dal Cristianesimo, FOURNET157 risponde in questi termini “le paganisme que véhicule l’oeuvre homérique est donc accepté, intégré, dans la mesure où il joue le rôle de référence culturelle. L’utilisation d’Homère se fait donc au second degré: par elle, on manifeste sa culture en même temps qu’on se réclame d’un hellénisme, qui n’est plus géographique, politique ni religieux, mais linguistique et culturel”. Anche in Pallada il recupero di Omero è soltanto culturale, privo di connotazioni sia religiose che politiche

153 AGOSTI 2011: 329 sgg. 154 AGOSTI 2011: 330. 155

Cfr. AGOSTI 2011: 330che rimanda, per le seguenti definizioni divenute «quasi convenzionali», a

KAHLOS 2007:26-41(in particolare 31); CAMERON 2010;CASEAU 2011.

156

FOURNET 1995: 301 sgg.

157

44

e imputabile, invece, alla volontà di rivendicare l’appartenenza all’antica paideia ellenica di cui Omero era sicuramente il simbolo maggiore.

La presenza di Omero nell’opera di Pallada e soprattutto l’influenza esercitata dall’epica arcaica a livello poetico e retorico agisce attraverso tre importanti canali: la fruizione scolastica, l’intento parodico- satirico158 e l’imitazione poetica e lessicale159.

Il primo canale è facilmente comprensibile se si riflette sul fatto che Pallada è un γραμματικός (un insegnante paragonabile ai nostri professori liceali) e l’Iliade era il libro più letto nelle scuole e il punto di partenza nei programmi scolastici (cfr. Tem. or. 22.264d160). Come nota giustamente RODIGHIERO161 “è impossibile definire i contorni della diffusione e dell’importanza di Omero durante i secoli dell’antichità tardiva, ma rimane certo il peso che i poemi assumono a partire dalla formazione scolastica di primo grado”. Pallada fa costantemente ricorso al lessico omerico e spesso ripropone specifici nessi adattandoli alla propria personale situazione. L’epigramma 9.168, ad esempio, si apre con l’espressione μῆνιν οὐλομένην con esplicito riferimento all’incipit dell’Iliade e “illustra icasticamente la sorte del poeta; la sua vita è disgraziata come maestro e come marito - e il proemio dell’Iliade, base del suo insegnamento, è stato un funesto presagio”162. Nell’espressione ἀπὸ τῆς μήνιδος ἄρχειν bisogna riconoscere due livelli di significato: metaforicamente indica l’ira che gli deriva dal cattivo rapporto con la moglie e dalla fatica dell’insegnamento e letteralmente che il programma scolastico doveva iniziare dall’ira di Achille ovvero dal primo libro dell’Iliade163. Pallada gioca chiaramente su questi due livelli di significato sottesi alla medesima espressione che torna peraltro anche in 9.174.1-2 con allusione ai maestri di scuola caduti in disgrazia poiché trascurati dalla divinità e in 9.169.1-2 dove funesta non è più l’ira ma ciò che dall’ira di Achille dipende ovvero la povertà di Pallada costretto a campare con il magro stipendio di insegnante164.

158

GUICHARD 2014B: 6.

159

GUICHARD 2014B molto opportunamente individua in Pallada due forme di impiego del testo omerico: un impiego scolastico in cui emerge il Pallada-grammatico ed un impiego parodico-dissacrante in cui emerge invece il Pallada-poeta.

160 Καὶ τοὺς υἱεῖς ἀξιοῦτε μανθάνειν ἀρξαμένους ἀπὸ τῆς μήνιδος τῆς Ἀχιλλέως, ὡς ταύτην οὖσαν ἱκανὴν παιδεύειν καὶ διὰ τοῦτο σοφωτέρους ἐσομένους. 161 RODIGHIERO 2003/4: 70. 162 MARZI-CONCA 2009: 240. 163

GUICHARD 2014B: 3 pone l’accento sul fatto i testi principali su cui gli alunni si esercitavano erano i primi due libri dell’Iliade “so it is no exaggeration to say that the point departure for grammar (and

teaching as a whole) was the first verses of the Iliad”e non sarà casuale, quindi, che il poeta dedichi

all’ira di Achille ben quattro epigrammi (9.168, 9.169, 9.173, 9.174) paragonandola all’ira personale

determinata dal rapporto con la moglie e con la grammatica. Cfr. CRIBIORE 2001:194sgg. In particolare

BASTIANINI 2003:170 nota che il primo verso dell’Iliade si trova impiegato numerosissime volte come esercizio di scrittura.

164

In effetti Omero era una presenza costante nella preparazione scolastica del mondo greco: non solo era il poeta su cui i bambini si esercitavano per imparare a leggere, ma occupava il primo posto tra gli autori su cui, in una fase successiva, i ragazzi si esercitavano a interpretare i testi, sviluppandone un commento

grammaticale e morale cfr. DÍAZ LAVADO 2007: 206-224;MORRISON 2007: 279;CRIBIORE 2001:194

45

Non sarà casuale che Omero sia anche il poeta più citato o comunque cui Pallada fa più frequente riferimento in quegli epigrammi (ma non solo in questi) in cui affronta il tema della grammatica quasi che nell’orizzonte del poeta-maestro l’insegnamento equivalesse allo studio di Omero tout court, e d’altra parte non si può neppure escludere una destinazione, oltre che letteraria, anche scolastica per questi epigrammi, una forma di esercitazione per i propri studenti. E’ forse per questo che epigrammi come il 9.173 si presentano come una sorta di “esegesi puntuale e beffarda”165 del proemio iliadico che in effetti i grammatici utilizzavano per l’insegnamento166. La lettura del testo di Omero si dipana in un crescendo di fatica per Pallada che alla fine non può evitare di giungere all’esasperazione e di cadere in uno stato di paralisi emotiva. Che il testo potesse avere anche una fruizione didattica è in qualche modo suggerito dalla bivalenza del termine πτῶσις che indica sia gli sfortunati “casi” in cui il poeta è incappato sia le declinazioni grammaticali (cfr. 9.175.1-2) che il poeta insegnava ai propri allievi attraverso la lettura dei testi omerici.

Se in questi epigrammi «iliadici» Pallada si mostra quasi del tutto fedele al dettato omerico, è utile notare che in 9.173.6 introduce un cambiamento importante rispetto all’Iliade, poiché il nesso βουλὴ Διός viene trasformato in χόλος Διός. Talvolta Pallada sceglie di non riproporre meccanicamente il testo omerico né di riprodurlo asetticamente, ma si diverte ad introdurre espressioni che alludono alla propria personale condizione: il termine χόλος, infatti, si addice molto bene al temperamento del poeta che è quasi ossessionato dal problema dell’ira (vd. 11.381,10.49 etc.) e d’altra parte non si deve imputare il cambiamento solo alla psicologia del poeta poiché il termine “ira”, in quanto sentimento proprio dell’eroe epico167, era indicativo di uno specifico genere letterario quasi che Pallada volesse indicare il tipo di letteratura che insegnava a scuola. Lo stesso procedimento viene usato in 9.171, un altro epigramma concepito sull’impianto omerico: il poeta afferma di volersi liberare dei πολύστονα βιβλία e invoca l’aiuto salvifico delle Muse. L’aggettivo πολύστονος è una ripresa omerica riadattata, anche in questo caso, alle nuove esigenze del poeta: per Pallada questi testi sono divenuti motivo di pianto, non tanto “libri che gemono” (in Od. 19.118 così si definisce Odisseo e in Pall. AP 7.610.5 è detto di Pentesilea), ma soprattutto “libri che fanno gemere”, poiché non garantiscono al poeta i mezzi sufficienti per vivere e lo affliggono come i πολύστονα κήδεαaffliggono gli eroi omerici (Il. 1.445, 11.73, 15.451). Non solo un aggettivo aulico come πολύστονοςè applicato ad una circostanza banale e quotidiana, ma il poeta capovolge la consueta invocazione alle muse che non

165 MARZI-CONCA 2009: 242. 166 ἀρχὴ γραμματικῆς πεντάστιχός ἐστι κατάρα·/ πρῶτος “μῆνιν” ἔχει, δεύτερος “οὐλομένην”,/καὶ μετὰ δ' “οὐλομένην” Δαναῶν πάλιν “ἄλγεα” πολλά·/ ὁ τρίτατος “ψυχὰς εἰς Ἀίδην” κατάγει·/ τοῦ δὲ τεταρταίου τὰ “ἑλώρια” καὶ “κύνες” ἀργοί,/ πέμπτου δ' “οἰωνοὶ” καὶ “χόλος” ἐστὶ “Διός”./πῶς οὖν γραμματικὸς δύναται μετὰ πέντε κατάρας/ καὶ πέντε πτώσεις μὴ μέγα πένθος ἔχειν; 167 Cfr. FANTUZZI-HUNTER 2002: 137 sgg.

46

vengono chiamate in causa per chiedere ispirazione ma al contrario per prenderne congedo.

La seconda modalità con cui Omero penetra il testo palladiano è attraverso la parodia che si concretizza principalmente in due modi: l’atteggiamento misogino (accompagnato spesso dal biasimo della grammatica) e la rielaborazione del mito (omerico e non) come espediente per comunicare una propria idea personale.

Il lamento sul malpagato lavoro di γραμματικός e sull’infelice matrimonio vanno di pari passo e sono spesso uniti dal comune riferimento al modello omerico, talvolta possono perfino ricorrere insieme nel medesimo epigramma come nel già citato 9.168, in cui le due disgrazie che affliggono la vita di Pallada, moglie e insegnamento, vengono poste sullo stesso piano e sono paragonati all’ira di Achille; ciò è espresso in modo chiaro negli ultimi due versi (ὤμοι ἐγὼ πολύμηνις, ἔχων τριχόλωτον ἀνάγκην,/ τέχνης γραμματικῆς καὶ γαμετῆς μαχίμης) dove il poeta, dopo aver fatto esplicito riferimento ad Omero con il nesso inziale μῆνιν οὐλομένην, conferma l’utilizzo del modello, riproposto però in forma rielaborata e personale, questa volta a livello lessicale: come osserva FRANKE168, infatti, l’aggettivo πολύμηνις è la parodia del

πολύμητις omerico. Ancora, in 9.165 viene dapprima riproposto il mito esiodeo di Pandora, il “dono funesto dato in cambio del fuoco” rubato da Prometeo (Op. 57) e a partire dal v.5 il poeta sfrutta l’immagine iliadica di Era precipitata fra gli immortali e sospesa fra l’aria e le nubi presente in Iliade 1.581 e 15.18-21. Omero è esplicitamente chiamato in causa al v. 7 con l’espressione οἶδεν Ὃμηρος e con l’inserimento di alcune clausole e nessi tratti dall’Iliade (v.5 χρυσόθρονον Ἤρην cfr. Il. 15.5, 1.611 e v.10 χρυσέῳ δαπέδῳ cfr. Il. 4.2. In 9.166). Pallada esprime indirettamente la propria misoginia ovvero affermando che lo stesso Omero ha sempre presentato e caratterizzato in modo negativo la donna sia l’adultera che la casta, dalla prima infatti è sorta l’Iliade (Elena), dalla seconda una strage di uomini (Penelope). Anche in questo caso Pallada presenta la grammatica da un lato e la moglie dall’altro come i due mali che affliggono la propria vita, poiché sono state due donne, Elena e Penelope, a dare lo spunto per la composizione delle opere poetiche, Iliade e Odissea, che rappresentano l’oggetto del proprio insegnamento. Al v.4 si deve notare la scelta del termine πόνημα che in questo contesto dovrà essere tradotto “opera” ma allude indirettamente sia alle pene degli eroi iliadici che a quelle dei mariti. Uno scopo misogino persegue anche l’epigramma 10.50 dove il poeta cita Omero ma per negare la validità del suo racconto (vd. 10.50 τὴν Κίρκην οὔ φημι, καθὼς εἴρηκεν Ὅμηρος): non è vero che Circe adescava gli uomini per trasformarli in porci ma, in quanto etera, dopo averli spogliati di tutti i loro beni, li privava anche dell’intelletto. Al.v.2 il nesso ἤ σῦας ἠὲ λύκους riprende Il. 10.433 ἤ σῦς ἠὲ λύκους ποιήσεται ἠὲ λέοντας. Come nota giustamente GUICHARD169 la cultura greca

antica era fondamentalmente misogina, basti pensare ad autori quali Euripide o

168

FRANKE 1899: 82.

169

47

Menandro dove il biasimo della donna era molto frequente; non sarà casuale, infatti, che questi fossero gli autori più letti nelle scuole e alcuni fra i principali modelli letterari di Pallada: “Palladas’ misogyny is, therefore, not only a character trait of the author, but a consequence of the material he works with. And it is by no means coincidental that Palladas’ most misogynist epigrams have a Homeric theme and content –both matters had their origin in the school”170.

Oltre alla finalità misogina, l’imitazione di Omero ha anche uno scopo parodico sia generale che specificatamente indirizzato al mito: GUICHARD171 parla molto opportunamente di «desacralization» ovvero un’imitazione ironica del modello omerico, reinterpretato in senso razionalistico. Ciò riflette da un lato l’ideologia del poeta che guarda al mito classico pagano con una certa diffidenza e spesso con ironia, dall’altro il temperamento critico e sprezzante proprio di Pallada. L’epigramma 9.395, ad esempio, si apre con la citazione diretta di Od. 9.34 ὡς οὐδὲν γλύκιον ἧς πατρίδος οὐδὲ τοκήων, che viene svuotata del nobile significato originario ed applicata ad una situazione molto più umile, l’elogio di una focaccia. Al v.3 l’emistichio καπνὸν ἀποθρώσκοντ’ἐνόησεν riprende chiaramente Od. 1.58 καπνὸν ἀποθρῴσκοντα νοῆσαι. La disparità fra l’altezza del linguaggio epico utilizzato e la bassezza dell’oggetto esaltato provoca un effetto comico e satirico. Notevoli, in questo senso, sono gli epigrammi 9.377 e 9.484 dove il poeta propone un’interpretazione satirica del mito con lo scopo di lamentare la propria condizione personale. In 9.377 il poeta introduce l’immagine di Tantalo (Od. 11.582 sgg.) le cui pene sono definite di gran lunga inferiori a quelle del poeta che, invitato a cena, è stato costretto a mangiare cibi salati ma senza sufficienti bevande e soprattutto senza vino. Pallada propone dunque un’interpretazione razionalistica del mito di Tantalo costretto a patire in eterno fame a sete per lamentare la propria condizione di invitato a cena non adeguatamente servito (sullo stesso tema cfr. 11.371). In 9.484, invece, l’immagine dell’otre di venti donato da Eolo ad Odisseo (Od. 10.19-20) è spunto per un’amara riflessione da parte del poeta che si lamenta di un vano dono ricevuto, del tutto inutile a placare la sua fame. Come vuoto, ovvero ricolmo di venti, era l’otre di Odisseo, altrettanto vuoto e inconsistente è il dono ricevuto da Pallada. Ancora una volta la ripresa omerica non è solo tematica ma anche lessicale poiché il primo emistichio del v.2 πόντον ἐπιπλείων ricorre identico in Od. 5.284. Un risvolto ironico-satirico possiedono anche epigrammi come il 10.47 dove il poeta menziona il mito di Niobe presente in Il. 19.225172 e 24.601 per affermare l’inutilità del dolore di fronte alla morte dei cari che si esprime anche nell’astensione dal cibo. Non è un caso che la stessa polemica si trovi anche nel de Luctu di Luciano (cap.24), con la menzione

170 GUICHARD 2014B: 4. 171 GUICHARD 2014B. 172 Cfr. GUICHARD 2014B:7sgg.

48

dello stesso mito, per irridere quei genitori che si disperano per la morte dei figli astenendosi perfino dal cibo173.

La terza modalità con cui Omero penetra il testo palladiano divenendo il modello più importante per il poeta è sicuramente quella stilistico lessicale. Oltre agli emistichi, ai nessi o alle espressioni omeriche già citate, si devono ricordare altri luoghi come AP 6.61.5 ἡ λιπαροκρήδεμνος cfr. Il. 18.383, 9.441.5 μειδιοών cfr. Il. 7.212, 23.786, 9.441.1 χάλκεον cfr. Il. 5.704, 9.441.5 προσέειπε παραστάς cfr. Il. 23.617 (il nesso εἶπε παραστάς 5x in Omero), in particolare in questo caso potente è l’effetto ironico ricercato da Pallada poiché l’aggettivo χάλκεος, solitamente attribuito ad Ares in Omero, viene riferito ad una statuetta bronzea di Zeus gettata a terra. In 9.528 l’emistichio ὀλύμπια δωματ’ἔχοντες è una celebre formula omerica (vd. Il. 1.18, 2.13 etc. 8x in Omero e 5x in Esiodo), mentre in 10.55.2-3 viene riportato un noto proverbio presente anche in Od. 19.163; in *11.281 il dio degli inferi Ἀιδωνεύς è ripreso sicuramente da Il. 5.190 e 20.61. L’epigramma 11.349 presenta al v.1 la clausola omerica πείρατα γαίης per la quale vd. Il. 14.200, mentre il secondo emistichio del v.4 γαῖαν ἀπειρεσίην ricorre identico in Il. 20.58; ancora il secondo emistichio di 9.489 ἔτεκεν φιλότητι μιγεῖσα riprende in forma leggermente rielaborata Od. 19.252 τέκῃ φιλότητι μιγεῖσα, mentre in 11.351 il v.3 πόθεν ἤλυθες ἡμέτερον δῶ; è identico ad Od. 2.262 e l’espressione χεῖρας ἀνέσχεν al v.4 è invece simile ad Od. 18.89174.

Nel corpus degli epigrammi gnomici e filosofici si devono menzionare i seguenti casi: in 10.65.5 il termine εὐπλοίῃ si trova nella stessa sede metrica di Il. 9.362, mentre nello stesso epigramma al verso successivo la clausola ἄλλ’ἄμα πάντες ricorre sempre in posizione finale in Il. 6.59. Per quanto riguarda la ripresa di emistichi, vi è un caso importante, quello di **9.134.6, dove il primo emistichio ἔρρε, κακὴ γλήνη è identico al primo emistichio di Il. 8.164. Ancora, il nesso παρὰ μοίραν di 10.77.5 è attestato anche in Od. 14.509, così come in *9.379.2 (accolgo con GUICHARD175la lezione di P.CtYBR) ἀλλ’ἐγὼ οὐκ ricorre in Od. 7.305, 9.468, 14.151; in 9.170 il tema delle invettive e del biasimo del ventre è comune a molte tradizioni letterarie e in particolare a quella omerica vd. Od. 7.216-221, 15.244, 17.286-89176.

173

L’atteggiamento ironico, come già notato, riguarda non solo Omero, ma il racconto mitico in generale che svolge in Pallada la funzione di un semplice espediente, un exemplum di cui il poeta si serve come spunto letterario per proporre alcune riflessioni personali. Notevoli in questo senso risultano gli epigrammi 11.353 e 10.53. Nel primo caso il poeta sfrutta il mito della trasformazione di Zeus in cigno per unirsi a Leda per irridere i difetti fisici che caratterizzano alcune persone; nel secondo Pallada individua nel racconto mitico dell’uccisione di Crono da parte di Zeus “l’archetipo della corruzione

umana” (cfr. MARZI-CONCA 2009: 645).

174

Cfr. anche GUICHARD 2014A. Inutile dire che i passi citati rappresentano una selezione in assenza,

almeno per adesso, di un commento globale a tutto il corpus palladiano; in ogni caso già da ora emerge in modo chiaro la forte dipendenza palladiana dal modello omerico.

175

GUICHARD 2014A.

176

Di seguito è riportata una tabella in cui sono state raccolte alcune delle citazioni omeriche ricavate dal commento agli epigrammi gnomici e filosofici e quelle menzionate nelle pagine precedenti al fine di fornire un’idea generale della presenza di Omero nel testo palladiano.

49 Pallada Omero 6.61.5 Il.18.382 7.686.3 7.686.5 Od. 23.252 (9x) Il. 7.454 (13x) **9.134.6 Il. 8.164 9.165.2 9.165.7 9.165.10 Od. 17.220 Il. 1.581; 15.18-21; 1.611 Il. 4.2 9.168.1 9.168.3 Il. 1.1 Il. 1.311 9.170 Od. 7.216-221; 15.244; 17.286-89 9.171.1 Od. 19.118; 11.73; 1.445; 15.451 9.173 Il. 1.1-7 9.377 Od. 11.282 sgg. *9.379.2 Od. 7.305; 9.468; 14.151; 9.170 9.393.1 9.393.4 Il. 8.251 (12x) Il. 21.224; Od. 4.774 9.395.1 9.395.4 Od. 9.34 Od. 1.58 9.441.1 9.441.3 9.441.5 Il. 5.704 Il. 11.403 (11x) Il. 23.617; 7.212; 23.786 9.484 9.484.3 Od. 10.10-20 Il. 21.474 (ἦτορ 71x) 9.489 9.489.2 Od. 19.252 Od. 5.284 9.528 Il. 1.18 (8x) 10.44.5 Il.1.116 (3x) 10.47 Il. 19.225; 24.601 10.50 Il. 10.433 10.55.2-3 Od. 19.163 10.65.5 10.65.6 Il. 9.362 Il. 6.59 10.77.5 Od. 14.509 10.78.1 Od. 15.545 *11.281 Il. 5.190; 20.61 11.283.1 Od. 10.306 *11.295.1 Od. 1.295 11.349 11.349.4 Il. 14.200 Il. 20.58 11.351.3 11.351.4 11.351.9 Od. 2.262 Od. 18.89 Od. 4.612 11.378.3 Il. 3.101

50