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Il «non sistema» filosofico di Pallada

CAPITOLO III FIILOSOFIA

3.1 Il «non sistema» filosofico di Pallada

In particolare dal punto di vista filosofico, l’unico dato sicuro per un poeta assolutamente proteiforme quale si presenta Pallada è la sua non sistematicità. E’ questo un dato condiviso dalla maggior parte degli studiosi298 rispetto al quale, però, è possibile fare un passo ulteriore. Lo scopo che ci si prefigge nel presente capitolo è infatti quello di dimostrare come in realtà possa essere rintracciato un “sistema” palladiano e come esso consista proprio nella sua non sistematicità. Ripercorrendo le numerose correnti filosofiche rintracciabili nel corpus degli epigrammi gnomici e filosofici, che non coincidono mai con la scelta netta del poeta per una determinata scuola, a poco a poco si verrà ricomponendo come una sorta di “puzzle” quel complesso filosofico palladiano, indefinibile, ma pur sempre ricostruibile e quindi reale. In questa sede saranno tracciate solo delle linee generali relative al mondo filosofico di Pallada: saranno presentati quegli aspetti di ciascuna filosofia che il poeta sembra assimilare e integrare nel proprio pensiero. Per adesso mi limiterò a quei soli passi che appaiono essenziali nell’indagine circa le propensioni filosofiche del poeta, numerose altre citazioni potranno poi essere rintracciate direttamente nel commento specifico a ciascun epigramma.

Vale la pena notare fin da ora che la compresenza nel pensiero dell’autore di elementi platonici ed epicurei, cristiani e cinico-materialistici, scettici e dogmatici non sarà un impedimento nel riconoscere, in ogni caso, l’originalità di Pallada, che abbraccia quei condizionamenti e quelle suggestioni in cui volta per volta si riconosce e che sente come più congeniali alla propria percezione della realtà299. E’ un approccio errato e piuttosto inutile cercare di inquadrare il poeta in una corrente filosofica precisa, Pallada sfugge a qualsiasi definizione che in qualche modo tracci contorni invalicabili, è strutturalmente asistematico, eclettico e intrinsecamente portato a passare da una convinzione filosofica all’altra a seconda dell’esigenza del momento e soprattutto secondo l’esigenza dell’atto poetico300. Ciò non significa che Pallada non sia coerente.

298

Cfr. e.g. PEEK 1949: 159;LUCK 1958: 461sgg.; HENDERSON 2011: 118;ZERWES 1956:350 sgg.;

FRANKE 1899:46;.

299

Cfr. anche LUCK 1958:457“Fragments of different philosophies follow each other abruptly. He adopts

them for the moment, whenever they happen to bring out the point of one particular epigram and abandons them if they do not suit his purpose any longer. Today, he may be a Cynic, tomorrow an Epicurean, without transition”.

300

Cfr. HARICH-SCHWARZBAUER 2011:299secondo la quale è sbagliato valutare gli epigrammi, che

appartengono a una finzione finalizzata ad una letteratura del momento, come espressione di un filosofare sistematico e perciò accusare Pallada di non possedere una preparazione filosofica completa.

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Paradossalmente si potrebbe affermare che la sistematicità dell’approccio di Pallada alle questioni teoretiche ed esistenziali consiste, di fatto, in un atteggiamento asistematico, non strutturato, non rigoroso ma non per questo incoerente, in altre parole a un eclettismo sui generis e non puramente filosofico.

Se il corpus palladiano comprende epigrammi di chiara ascendenza platonica come 10.88 o *9.400 e altri dichiaratamente antiplatonici (menzioniamo uno per tutti il 10.45) ciò non va necessariamente interpretato come una contraddizione. In primo luogo si deve notare che non tutti gli epigrammi riflettono necessariamente una convinzione filosofica reale, ma possono semplicemente esprimere forme di pensiero con cui il poeta ama esprimersi; in secondo luogo Pallada è principalmente un poeta e sente il bisogno di elaborare le suggestioni dell’ambiente che lo circonda senza la necessità o la volontà di essere filosofo, ma anzi ricercando prima di tutto una certa spontaneità nella scrittura.

Anche ZERWES301 sottolinea come Pallada non possa essere oggetto di nessuna definizione filosofica precisa e, in particolare, come non possa essere considerato semplicemente un epicureo o un cinico (cfr. infra). Secondo lo studioso Pallada non solo non sarebbe un filosofo ma neppure interessato alla filosofia e quelle nozioni filosofiche presenti nella sua opera dovrebbero essere ricondotte al fatto che ci troviamo di fronte ad uomo di profonda cultura e quindi naturalmente portato ad inserire qua e là, anche involontariamente, nozioni di natura filosofica. Concordo con lo studioso sul fatto che, laddove emerga un giudizio critico da parte di Pallada, esso appare sempre privo di dottrina poiché quella del poeta si presenta come una cultura/conoscenza filosofica molto diversa da un’essenza filosofica. Pallada conosce le diverse filosofie e riflette tali competenze nei suoi scritti, ma solo astrattamente, poiché a livello pratico non riesce a viverne i dettami(o non lo ritiene utile). Le allusioni filosofiche presenti nei testi palladiani sono proposte dal poeta con un atteggiamento distaccato e quasi ironico, il poeta non vive un rapporto reale con ciò che propone e non invita a viverlo – come avviene invece in autori quali Epicuro, Lucrezio o Seneca, che esprimono slancio ed esaltazione nell’atto della parenesi rivolta al lettore. In Pallada la parenesi è affettata, artificiale, talvolta convenzionale, quasi che il poeta volesse ripetere gli autori citati senza condividerne realmente le idee e per gli scopi poetici del momento: il valore erudito delle citazioni assurge a valore retorico-espressivo e non a valore filosofico, senza che Pallada si senta vincolato a quel pensiero o responsabile di aver indirizzato il lettore a un criterio di vita preciso. Ma c’è anche un’altra possibilità: quella rassegnazione cui allude ZERWES302(cfr. infra) per cui il poeta si ferma ancor prima di avere sperimentato la soluzione suggerita da una qualsiasi dottrina, scettico sulle reali possibilità di un’esperienza umana felice. Secondo Pallada nessuna filosofia potrà “liberarlo” e i riferimenti filosofici, laddove si presentano, possiedono solo un valore

301

ZERWES 1956:350sgg.

302

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culturale o espressivo, ad esempio satirico. Diversamente da LUCK303, seguito in questo da HARICH-SCHWARZBAUER304, secondo il quale la filosofia rappresenterebbe per Pallada non una via percorribile per la vita ma solo un φάρμακον, una sorta di narcotico che, sul momento, possa in qualche modo alleviare i disagi del vivere, non credo che il poeta avesse una considerazione così alta delle nozioni filosofiche cui fa riferimento né tantomeno che queste, nel suo pensiero, fossero tese ad avere risvolti pratici nella vita. In questo senso concordo ancora con ZERWES305 che, dovendo fornire una definizione esaustiva, afferma che il poeta fosse semplicemente un “pessimista rassegnato” non privo di Witz e Humor (cfr. infra); anche questa definizione, se pur vera, cede comunque in parte alla tentazione di voler tracciare dei connotati precisi. Non credo che ciò sia possibile in un poeta come Pallada dove anche la parola “eclettico”, come ha notato LUCK306, sarebbe in qualche modo un compromesso “As the evidence is

contradictory, it may seem safe to consider him an eclectic, but even this compromise has little in its favour. Eclecticism implies a conscious effort, a synthesis, of which there is no trace in Palladas’ verse”. Del resto lo stesso LUCK307 ammette che nel caso dell’«infelice Pallada»308 la filosofia, ogni sorta di filosofia, abbia fallito e ZERWES309

rileva nel poeta una difficoltà a trovare un punto di riferimento affidabile e costante in ambito metafisico.

Il suo temperamento, naturalmente portato all’insoddisfazione e alla sofferenza, fu ulteriormente ferito dal mutamento radicale in cui si trovò a vivere (la fine dell’antico mondo pagano) secondo Zerwes ferito in quanto egli stesso fervente pagano, ma, credo, ferito in quanto privato di quella paideia in cui da sempre aveva trovato una forma di sicurezza (cfr. infra). Secondo GLOVER310 la prima metà del IV secolo conobbe

un’improvvisa rinascita del paganesimo in una forma per così dire più “evoluta” rispetto a quello precedente: fu elaborato un nuovo sistema paideutico e religioso non limitato ai culti e ai sacrifici, fu una nuova fede fondata sulla ragione, sull’immaginazione e sull’emozione, una sintesi di teosofia, misticismo, ritualità, ascetismo, magia etc.311 Si trattò dell’elaborazione di un nuovo paganesimo, quello di Giuliano che sperava di poter fondare una chiesa pagana simile e capace di soppiantare la nascente e fiorente chiesa cristiana. Il fallimento di questo progetto rappresentò la fine definitiva di quel

303 LUCK 1958:456-457. 304 HARICH-SCHWARZBAUER 2011:299. 305 ZERWES 1956:358. 306 LUCK 1958:457. 307 LUCK 1958:457. 308

L’espressione, divenuta quasi convenzionale, è stata elaborata da GLOVER 1910:308“in the unhappy

Palladas we have one who saw the old order pass away giving place to none, and his bitter hopelessness is

the last dark mood of dying heathenism”. Come nota LUCK 1958:456questa dichiarazione è alquanto

esagerata e non è del tutto adeguata a Pallada che in AP 9.172a ἐλπίδος οὐδὲ Τύχης ἔτι μοι μέλει,

οὐδ᾽ἀλεγίζω/ λοιπὸν τῆς ἀπάτης·ἤλυθον εἰς λιμένα, ad esempio, si congeda dalla Speranza affermando di non avere più bisogno di illudersi avendo trovato una condizione di pace interiore.

309 ZERWES 1956:358. 310 GLOVER 1910:308 311 Cfr. IRMSCHER 1957:461.

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paganesimo che non avrebbe più potuto tornare in vita, ma soltanto gli spiriti più profondi e intelligenti – come lo era Pallada – si accorsero di questo tracollo epocale e assolutamente non transitorio. Non è possibile addentrarsi nello studio della “filosofia palladiana” senza tenere conto del fattore storico, poiché il pessimismo, il sarcasmo, la disillusione, l’atteggiamento scettico, l’indefinibilità intrinseca del poeta sono soltanto sfaccettature diverse di quell’unica e importante conseguenza che il fallimento della formulazione giulianea aveva provocato ovvero l’insicurezza, l’ansia e l’assenza di elementi metafisici312 su cui poggiare, come nota ancora GLOVER313 “Apuleius and Julian might draw comfort from Isis and from Mithras, but Palladas could not find support in gods who could not support themselves”.

Date queste premesse e tenuta in conto la varietà culturale proposta da Pallada, l’unico approccio possibile sarà quello di esaminare, facendo un excursus fra gli epigrammi più significativi, i numerosi richiami filosofici nonché le citazioni dirette cui il poeta sembra essersi avvicinato e che doveva avere, nel proprio bagaglio culturale; elementi che saranno considerati induttivamente e non a partire da un “sistema” o da una definizione aprioristica. Nel paragrafo successivo saranno presentate le correnti filosofiche cui il poeta si avvicina maggiormente, corrispondenti ciascuna ad una colonna portante del “sistema” involontariamente costruito dal poeta, o per meglio dire astrattamente ricostruibil:epicureismo, stoicismo e cinismo, in particolare, per quanto riguarda quest’ultimo, sarà messo in luce il frequente riferimento ad una filosofia popolare di livello basso che corrisponde, in Pallada, ad una moralità popolare 314.