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I Soci della sezione SFI di Ancona, dopo attenta lettura del documento, ne rilevano i seguenti elementi di positività:

1. l’apertura al confronto: i suoi contenuti non hanno carattere prescrittivo ma sono offerti alla riflessione e al confronto critico. Ciò ha il merito di attivare un ripensamento su quanto la ricerca educativa e didattica ha prodotto in materia di insegnamento della filosofia negli ultimi decenni e di verificare, alla luce di quanto esperito in sede di ricerca-azione, quelle che il documento presenta come radice dell’innovazione;

2. l’assunzione dell’ipotesi della filosofia come sapere per tutti: è legittimo interpretare tale ipotesi come l’auspicio che l’attività filosofica sia estesa, non solo a tutti gli indirizzi ed i segmenti di scuola, ma, più in generale, a tutte le persone, nell’ambio dell’educazione formale ed informale;

3. la varietà e molteplicità dei destinatari cui il documento è rivolto. Questo aspetto risulta del tutto coerente con la visione della filosofia come saper per tutti, di cui al punto 2.

4. la ricchezza dei temi trattati: il tema della “filosofia insegnata” si intreccia con quello dello statuto epistemologico della filosofia e si arricchisce di altri temi legati alla realtà contemporanea cui si auspica la filosofia sappia dare un contributo interpretativo;

5. la pluralità dei punti di vista: si avverte, da parte degli estensori del documento, un grande sforzo congiunto per costruire una proposta unitaria dotata di fondamento e di concretezza.

Gli stessi elementi di positività, però, si offrono alle seguenti note critiche e ai seguenti in- terrogativi:

1. come gli estensori del documento intendono gestire il confronto e far tesoro di quanto da esso emerge? Il documento sarà rivisto? Integrato? Modificato? Oppure la riflessione avviata resterà solo un momento di ricchezza personale per coloro che l’avranno svolta?

2. l’ipotesi della filosofia come sapere per tutti – pienamente condivisibile perché inscritta nello statuto stesso della filosofia e nell’imprescindibile intreccio dei suoi problemi con quelli della vita di ciascuno – non è né nuovo, né innovativo, anzi sorprende che il documento non si avvalga minimamente degli esiti delle numerose esperienze svolte dalla Società filosofica italiana negli ultimi decenni a proposito di alfabetizzazione filosofica precoce (costruzione di esperienze filosofiche per la scuola primaria e secondaria di primo grado) e di insegnamento- apprendimento modulare della filosofia nei bienni della scuola secondaria di secondo grado. Una memoria delle esperienze e delle ricerche pregresse avrebbe reso l’auspicio “filosofia per tutti” meno ingenuo ed anche meno vago, perché lo avrebbe ancorato alla realtà d’aula e alle sue concrete difficoltà e, forse, avrebbe indotto a prefigurare, nella scuola, momenti di formazione per docenti che vogliano accogliere la sfida dell’insegnamento di base della filosofia e, oltre la scuola, ad indicare gli imprescindibili della filosofia e le modalità per evitare di ridurre la filosofia a mero opinionismo, assecondando la tendenza contemporanea anziché contrastarla; 3. nell’enunciare una molteplicità dei temi afferenti alla filosofia, il documento sembra sottovalutarne il fatto essa costruisce i suoi significati ed il suo valore attraverso il suo divenire storico. Quello filosofico è un sapere riflessivo che si avvale di un procedimento sistematico e coerente i cui costituenti, imprescindibili, sono la dimensione storica, linguistica, metodologica.

Non c’è il rischio che, la disattenzione verso questa sua complessità finisca per ridurre il sapere ed il fare filosofico ad una mera correttezza del ragionamento. La triste conseguenza sarebbe allora quella di trasformare la filosofia per tutti in un ragionare tutti allo stesso modo. Una corretta pratica filosofica è indubbiamente importante, soprattutto a livello di “filosofia insegnata”. È una questione metodologica che, per altro riguarda tutti i saperi insegnati, tuttavia nessun sapere può essere ridotto alla sola questione dei traguardi dell’azione didattica. Quest’ultima non è fonte ma conseguenza ed interpretazione dello statuto epistemologico di ogni sapere. L’impressione che si ricava dalla lettura del documento è che il rapporto tra sapere esperto e sapere insegnato sia stato, invece, capovolto. A partire dall’emergenza educativa contemporanea di rendere i giovani competenti in qualcosa (soprattutto nella negoziazione razionale, nella correttezza argomentativa, nel dibattito), si ricostruisce l’identità della filosofia. Si tratta di un’operazione impropria ed anche pericolosa. Quella che ne discende, infatti, è un’identità impoverita che non include alcuni tra i contenuti irrinunciabili della filosofia, quali, ad esempio, il senso dell’essere ed anche dell’esistere, la riflessione sul come e sul che cosa della conoscenza, sulle condizioni della libertà, della giustizia e della felicità e che, soprattutto, non tiene conto della costitutiva capacità della filosofia di vivere nel terreno friabile dell’incertezza, della contrapposizione, della problematicità irrisolta, del dialogo che è relazione assai più complessa di quanto non sia il mero argomentare o il dibattere. L’impressione che se ne ricava, soprattutto dalla lettura dei cap. 2,3,4 – non del tutto coerenti tra loro – è che il sapere ed il fare filosofico siano ridotti ad una mera questione di metodo. Dunque, in ciò che il documento presenta come linee di rinnovamento, il lettore può scorgere, invece, i presupposti di un processo di impoverimento della filosofia, dei suoi contenuti, del suo potenziale formativo e del suo rapporto con il mondo. L’idea di fondo del documento è che ciò che serve alla società della conoscenza è un solido “capitale umano” (è legittimo considerare poco filosofica questa espressione) che abbia le competenze per farla crescere e prosperare. E l’orizzonte di senso? Disancorati dalla riflessione sul senso e sul fine del conoscere e del fare, anche il pensiero critico

ed il dialogo perdono la loro forza e sono ridotti a questione di corretta condotta filosofica.

Un’ultima nota a proposito della ricchezza dei temi tratti. Nel documento si parla anche di

alternanza scuola-lavoro, ma non sono fornite indicazioni né sul come, né sul perché. La

delusione a questo proposito è profonda, perché è proprio alla riflessione filosofica che si chiede di interrogarsi sulle forme di lavoro e sul peso che l’esperienza lavorativa ha o dovrebbe avere nella complessiva vicenda esistenziale umana, oltre che di esprimere ipotesi alternative rispetto all’esistente in materia di organizzazione del lavoro. Anche a questo proposito si osserva che i contenuti del Documento non hanno un adeguato rapporto con la realtà e con le concrete esperienze pregresse ed in corso, tanto che, rispetto ai report delle scuole e agli studi di caso, essi risultano generici ed anche un po’obsoleti. Soprattutto non dà contributi significativi alla riflessione su rapporto tra otium e negotium alla quale saldamente si lega la scelta antropologica sottesa ad ogni intervento didattico.

4. La risorsa della pluralità dei punti di vista, infine, mostra il suo lato critico: il testo mantiene la pluralità di anime, non sempre e non adeguatamente integrate tra loro. La conseguenza è che non risulta raggiunto l’intento di completezza e concretezza che pur ha mosso la redazione del documento.

La conclusione è che il documento, per essere un utile e concreto strumento di orienta- mento, debba essere rivisto nei suoi aspetti di criticità alla luce delle considerazioni emerse dal confronto con quanti sono interessati al futuro della filosofia nella scuola e nella vita.