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Nel quarto paragrafo (Per lo sviluppo di un sillabo) Ecco che cosa propone l’allegato b:

Annalisa Caputo

2. L’allegato B e le proposte di “Sillabo di filosofia” per competenze

2.2. Nel quarto paragrafo (Per lo sviluppo di un sillabo) Ecco che cosa propone l’allegato b:

Presupposto essenziale per affrontare l’argomento del sillabo (o meglio, dell’approccio sillabico alla pro- gettazione didattica), è quello di “disimparare” il modo sequenziale-cronologico della programmazione curricolare, per reimparare a dispiegare nuclei e contenuti disciplinari su un piano sinottico composto da elementi “orientativi” nella scoperta dell’apprendimento di un determinato campo/dominio di cono- scenza. Il passaggio da una visione verticale a una orizzontale della pianificazione didattica comporta an- che un’accezione delle discipline in termini di assi cartesiani, bussole, mappe.

Come vedremo in seguito, tale presupposto è fondamentale per confrontare lo spazio di conoscenza da imparare/studiare/apprendere con quello della valutazione significativa e dell’autovalutazione.

15 Nell’allegato seguono due paragrafi relativi a Le funzioni della filosofia secondo il DPR 89/2010 (e le possibili intera-

L’approccio del sillabo tiene conto delle riflessioni sulla didattica per competenze presenti nel Documento, poiché il sillabo è interessato innanzitutto alla certificazione delle competenze, all’interoperabilità della loro validazione e alla riconoscibilità tra contesti (anche geografici) diversi.

L’idea del sillabo nelle nostre scuole del secondo ciclo si può indirizzare verso due tipi di struttura. Un primo modello è orientato soprattutto sugli elementi di contenuto; un altro invece è mutuato dai formati, per così dire, professionalizzanti.

Se nel primo caso il contenuto di insegnamento prevale sulle competenze, la sua pratica si pone in conti- nuità con la consuetudine programmatoria già in atto nelle scuole e pone certamente meno problemi di adattamento. Al contrario, il sillabo skill centered obbliga a un rovesciamento di prospettiva, in cui gli obiettivi del successo atteso servono ad accertare la padronanza di conoscenze e abilità per la valorizza- zione/validazione delle competenze. In questo modo si chiede alle scuole (in particolare ai licei) uno sforzo in più nel pianificare più che programmare l’azione didattica.

Qual è il “punto”? Il punto è, a nostro avviso, che pare siamo costretti a scegliere tra Scilla e Cariddi, tra una didattica delle conoscenze e una didattica delle competenze, tra un sillabo che si muova in maniera cronologica e uno che si muova in maniera sinottica, tra un binario prede- finito e un viaggio senza pre/determinazioni, fatto solo con mappe/bussole; tra contenuti disci- plinari ed esperienze professionalizzanti, tra accertamento/valorizzazione delle cose imparate o valutazione delle prassi apprese.

Ma non è così. Non si tratta di essere nostalgici rispetto ad una scuola (pseudo) gentiliana; ma nemmeno di trasformare la scuola in una agenzia il cui scopo è “innanzitutto certificare com- petenze, l’interoperabilità della loro validazione e la loro riconoscibilità tra contesti (anche geo- grafici) diversi”.

La storia della filosofia ci insegna che i “rovesciamenti” non sempre sono novità. Una matita rovesciata resta una matita. Una metafisica rovesciata resta metafisica. Un “sillabo skill cente-

red” – in quanto “rovesciamento di prospettiva” rispetto ad una “programmazione” classica per

contenuti –resta dentro il “dualismo” conoscenze/competenze.

Ma la Modernità e i suoi dualismi sono crollati da tempo. Perché riproporli in didattica? A nostro avviso, siamo in una fase storica in cui la svolta non sarà data dagli aut-aut, ma dagli et- et; non sarà data dagli antagonismi, ma dagli arricchimenti della mediazione.

Diventa necessario sempre più un modello circolare, ermeneutico, che valorizzi insieme co- noscenze (filosofiche) e competenze (filosofiche).

Ma gli Orientamenti evidentemente parteggiano per “una” parte; e quindi per il “rovescia- mento” della logica delle conoscenze. E infatti il Documento prosegue paragonando una “tipo- logia di sillabo content centered, ad esempio fra quelle in uso in alcune scuole”, e una “ability

centered, quelle di solito impiegate per la certificazione delle competenze in campi professiona-

lizzanti (in questo caso esistono diversi esempi come i sillabi dell’European Computer Driving

Licence o dell’European Certification of Informatics Professionals ecc.)”.

Per fortuna poi il testo aggiunge che sarebbe interessante capire “se sia possibile una sintesi o una qualche forma di osmosi” tra le due. Noi ne siamo convinti.

Aggiungiamo che già la scelta di queste due tipologie è fuorviante. Si tratta di due proposte entrambe per certi versi “estreme”: la prima è decisamente “vecchia” e riteniamo che siano pochissimi i docenti preparati che ancora fanno una programmazione così. La seconda è del tutto avveniristica: scritta in inglese e del tutto inapplicabile (così com’è) alla nostra scuole.

Ecco il secondo esempio, del tutto privo, al contrario delle conoscenze filosofiche:

Gli Orientamenti propendono chiaramente per quest’ultimo esempio, e ricordano che non a caso è “desunto dal campo informatico, e spinge a un confronto interdisciplinare, teso a rilan- ciare la filosofia all’interno del processo di sviluppo della società della conoscenza, che fa delle competenze i pilastri della cultura della “rete”. Già posta da Lyotard al centro del sapere post- moderno, essa però necessita di chiavi di volta da rintracciare nel cuore del curricolo umanistico per realizzare quell’unità nella diversità e quindi il nuovo umanesimo”.

Inutile sottolineare la problematicità dell’espressione nuovo umanesimo in filosofia. Pro- viamo a tradurre l’espressione in maniera neutra: la necessità di dare spazio ai saperi umanistici,

in maniera nuova, nel nostro tempo. “Un sillabo “tecnologico” ha bisogno esso stesso della

Si tratta di osservazioni su cui siamo indubbiamente d’accordo e che potrebbero spingere in direzione di una sintesi/mediazione.16

Problematica, però, è la scelta/proposta che segue a queste affermazioni generali: “rifarsi allo schema del sillabo delle competenze informatiche per organizzare il curricolo umanistico sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente e per l’esercizio della cittadinanza attiva”. Perché non il contrario? Perché non utilizzare un sillabo delle competenze filosofiche e/o umanistiche per aiutare il campo informatico (o altri campi) a riformulare i propri sillabi? O, comunque, perché non cercare un sillabo di mediazione tra i due, e invece utilizzare quello tec- nico-scientifico per le discipline umanistiche?

Non siamo affatto d’accordo. Ma continuiamo a seguire il testo e vediamo lo schema che viene fuori, la proposta di questo allegato b degli Orientamenti:

16 Siamo meno d’accordo su quello che si dice subito dopo: “Prendiamo l’indicatore Understand possibilities for e-

business, virtual organisations and the use of enterprise applications resulting from the global networked economy o

quello Appreciate some of the legal and ethical aspects of ICT. Gli elementi citati stanno al cuore della società dell’in- formazione e della network economy, ma richiedono competenze che hanno a che fare con la filosofia più di quanto si pensi”; perché questo ci sembra nuovamente uno schiacciare la filosofia sull’economia. Così come ci sembra pro- blematica l’argomentazione ancora seguente: “si tratta quindi di rimettere le competenze legate alla formazione umanistica - a cominciare da quelle che hanno a che fare con la riflessività, la razionalità, la metacognizione - al centro del curricolo, come elementi decisivi del processo che è alla base della società della conoscenza e dell’apprendimento permanente. Senza questa integrazione sarà difficile che le società potranno confrontarsi in un’ottica equilibrata e con la complessità crescente che lo sviluppo tecnologico sta imponendo”. D’accordo sul mettere al centro la forma- zione umanistica. Non d’accordo nel ridurla a riflessività, razionalità, metacognizione; e anche a motore della società della conoscenza; di cui – al contrario – potrebbe essere strumento critico.

Dobbiamo dire con onestà che gli Orientamenti propongono quest’ultima solo come “un’idea (a questo livello volutamente sommaria, per invitare le scuole e i docenti a sviluppare in autonomia le proprie proposte) di sillabo di filosofia”. Ma cerchiamo di capirne senso e strut- tura, facendo un po’ di osservazioni. Siamo davanti alla quarta tabella proposta in questo alle- gato b. Una cosa che si potrebbe fare è un confronto tra tutte queste tabelle; ed in particolare (togliendo i due estremi “demodé” e “inglese”, che erano solo esempi) tra la prima tabella che abbiamo visto e commentato e questa tabella.

Infatti, questa tabella è molto diversa da quella che abbiamo visto all’inizio, in cui i campi erano genericamente indicati nella prima colonna e mancavano (come detto) i contenuti filoso- fici, che l’insegnante avrebbe dovuto inserire nell’ultima colonna.

Qui si parte dalle conoscenze. E ci piace. Non ci piace invece l’idea di ridurle a “campi”, per- ché così si rischia di rendere generiche le conoscenze da apprendere. In questo schema, per esempio, il “campo” (dominio) è: “Conoscenza degli autori, del pensiero e delle teorie della Fi- losofia moderna”. Preferiremmo conservare autori, testi, temi, ecc.17

Ma continuiamo a seguire la proposta. Veniamo alla seconda e terza colonna. Dopo le cono- scenze, vengono le competenze e i relativi indicatori. Che le due colonne (seconda e terza) va- dano lette insieme, ce lo dice il testo stesso degli Orientamenti, che, quando spiega lo schema, elenca così le “competenze”:

Lo studente dovrà essere in grado di (learning goal):

 organizzare la conoscenza degli autori della Filosofia moderna e scegliere i contributi ritenuti più ido- nei a definirne il pensiero e l’orientamento;

 cogliere nello studio della Filosofia moderna il processo di cambiamento e innovazione del pensiero e dell’interpretazione della realtà;

 riconoscere gli aspetti euristico-epistemologico-metodologici essenziali nello sviluppo del pensiero moderno e saperli porre in rapporto/confronto sul piano sincronico e diacronico.

Ma questo nello schema non è letteralmente così. Questa esplicitazione la otteniamo ap- punto mettendo “insieme” la colonna due e tre. Perché nello schema siano distinte e nella spie- gazione unite non ci è chiaro. Ma di nuovo questo sarebbe poco male.

Quello che invece ci sembra nuovamente problematico è lo scomparire delle competenze filosofiche, specificamente filosofiche. Vogliamo fare un esempio? Sostituiamo “filosofia mo- derna” con una qualsiasi altra conoscenza relativa ad una qualsiasi altra materia umanistica, e la cosa funziona lo stesso. Per esempio:

 organizzare la conoscenza degli autori della letteratura italiana (o storia dell’arte, della mu-

sica, o letteratura inglese, o storia politica) moderna e scegliere i contributi ritenuti più idonei a definirne i caratteri e l’orientamento;

 cogliere nello studio della letteratura italiana (o storia dell’arte, o letteratura inglese, o storia

politica) il processo di cambiamento e innovazione del pensiero e dell’interpretazione della realtà;

 riconoscere gli aspetti euristico-epistemologico-metodologici essenziali nello sviluppo della

letteratura italiana (o storia dell’arte, della musica, o letteratura inglese, o storia politica) moderna e saperli porre in rapporto/confronto sul piano sincronico e diacronico.

17 Oppure, si potrebbe conservare questa idea come ‘base’, ma per ogni unità di apprendimento poi si dovrebbe fare un sottoschema a partire dalle singole conoscenze apprese.

Torna quindi la questione a nostro avviso decisiva: se io dovessi studiare la filosofia (segna- tamente moderna) per sviluppare queste competenze (e solo per queste), allora … non servi- rebbe a nulla studiare la filosofia moderna; perché tutto questo posso svilupparlo benissimo studiando altri aspetti della storia della cultura e altre discipline umanistiche.18

La stessa identica cosa la potremmo dire a proposito dei Descrittori e delle Tipologie di veri- fica proposte nello schema. Insomma manca una specifica riflessione/proposta sulle compe- tenze “filosofiche”.

Il testo continua: “al di là del contenuto, quel che interessa in questa fase è stabilire se e come sia sostenibile un confronto tra questo tipo di organizzazione del curricolo (che si richiama al discorso della qualità, ai protocolli ecc.) e la prassi in atto nelle scuole, per vedere se una sintesi può funzionare”.

Ecco: a nostro avviso il vero problema è che non si può prescindere dal contenuto (filoso- fico); che è l’unico in grado di “specificare” le competenze (filosofiche). E una “sintesi” può fun- zionare solo se si ripensa radicalmente il rapporto conoscenze/competenze. E, certo, poi si po- trà, in questo, tener conto del “discorso della qualità, dei protocolli, ecc.” (come è scritto nell’al- legato b). Ma “poi”. Non “prima”.

L’allegato b (per quello che interessa in questa sede) conclude lanciando l’idea “di un libretto

delle competenze filosofiche dello studente che possa essere calibrato sui diversi sottosistemi

(licei, tecnici, professionali, ITS)”, per favorire “l’autovalutazione e la riflessione dello studente intorno alle competenze di cui ha bisogno sia per raggiungere obiettivi nell’ambito dello studio della filosofia sia per includere e valorizzare anche una serie di esperienze e verifiche di realtà”. Questo sillabo – continua l’allegato b – potrebbe essere strutturato “a partire da un’idea di

framework tarato sulle competenze linguistiche (ad esempio con specifico riferimento al lessico)

legate all’apprendimento della filosofia. Oppure esso potrebbe definire un quadro di riferimento che contempli competenze legate alle dimensioni dell’argomentazione, del dialogo, della rela- zione dialogica etero e autoriflessiva, della ricerca, senza tralasciare la dimensione dei supporti tecnologici a partire dalla lettura e dalla scrittura filosofica”.

Questo schema non è presentato in tabella, ma, se fosse stato presentato, sarebbe stato un’ulteriore possibilità. Nella prima colonna sarebbero state messe (immaginiamo) delle com- petenze filosofiche come: “argomentare, dialogare, relazionarsi in maniera etero e autorifles- siva” (p. 12) e altro; qui sarebbero state collegate (come nella tabella uno) di volta in volta le conoscenze relative. Con il doppio limite già indicato: di selezionare alcune competenze filoso- fiche a scapito di altre e di “appiccicare” dopo ad esse i contenuti.

Infine, conclusivamente, l’allegato dice: “ma oggi siamo ancora in tempo per rimettere in ordine l’equazione della conoscenza filosofica e non solo. Per questo la riflessione sul sillabo è essenziale. (…) Su questi temi attendiamo dai nostri colleghi sul territorio stimoli e osservazioni, nella certezza che non siano indifferenti alla pratica della nostra disciplina, a maggior ragione se ciò è assunto a livello di sfida formativa ed educativa nell’attuale processo di rinnovamento me- todologico e didattico”.

Ecco. Queste pagine volevano andare in questa direzione: essere una serie di osservazioni e stimoli. È chiaro che con questo la partita non è chiusa. Ma forse inizia. La domanda resta: esi- stono delle conoscenze filosofiche? Come (ri)pensarle? E quindi, poi, come proporle?

18 Sulla questione delle competenze ‘squisitamente’ filosofiche e sulla necessità di non schiacciarle su altre compe- tenze genericamente umanistiche rimandiamo di nuovo al nostro A. Caputo, Un insegnamento filosofico per compe-

3. Concludendo e rilanciando: competenze filosofiche a partire dalle conoscenze filosofi-