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Cristina Marras (CNR-ILIESI)

3. Filosofia poliglotta e dialogica

La filosofia è pervasiva nella società, occorre dunque rileggere i dati in modo critico, costrut- tivo e programmatico (per esempio i dati riportati nell’allegato C) e non rifarsi alle narrative di divulgazione. I laureati in filosofia lavorano in ambiti e contesti molto diversi e spesso occupano posizioni manageriali e di responsabilità. Penso a campi quali le tecnologie, l’ambiente, la robo- tica, la bioetica, tutti settori che pongono questioni riguardanti direttamente il nostro universo

5 Cfr. United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization (2005). Toward knowledge societies. UNESCO

World Report, Conde-sur-Noireau, France, Imprimerie Corlet. Si veda anche http://www.treccani.it/enciclope-

dia/knowledge-society_%28Lessico-del-XXI-Secolo%29/. 6 CLIL, Content and Language Integrated Learning.

7 Ritengo che la compilazione di un glossario filosofico collaborativo debba essere articolato anche da un punto di vista storico e non solo semantico o argomentativo. Tale lavoro, in ogni caso, andrebbe affidato a un gruppo ampio o a un corso universitario (o più), capace di coniugare storia della filosofia, linguistica, filosofia del linguaggio, ma anche, quando opportuno, matematica, scienze naturali, scienze cognitive etc... Nella direzione di una costruzione collettiva del sapere cito due esempi: il lavoro, attraverso la piattaforma collaborativa per la stesura dei contenuti del corso di

Informatica applicata alle scienze filosofiche, dell’Università di Salerno (https://it.wikibooks.org/wiki/Filoso-

fia_dell%27informatica), e le risorse didattiche aperte per supportare le comunità scolastiche nello sviluppo di prati- che di didattica innovativa basate sui progetti Wikimedia: https://medium.com/@luigicatalani/educazione-allinfor- mazione-e-didattica-wiki-470d9340471a.

culturale e valoriale. Nel campo della robotica per esempio, concetti quali privacy, trasparenza, responsabilità, scienza aperta, sono messe in gioco in tutta la loro urgenza. Per non parlare poi delle migrazioni, che chiamano in causa il concetto di cittadinanza, di diritto, sicurezza, identità. Ciò significa che la filosofia offre strumenti e categorie capaci di intercettare le domande del nostro tempo, che sono le stesse domande fondamentali della filosofia. La filosofia non dà ri- sposte ma può fornire metodologie, approcci, categorie, modelli epistemologici per orientarsi, interpretare, riformulare le domande e capire i problemi per governare i processi. È nel governo dei processi che la filosofia offre strumenti utili e efficaci, ma questa capacità risiede nel rapporto che si riesce a stabilire tra conoscenza e competenza.

La filosofia è, infatti, ricerca specialistica, storica e teoretica, che guarda alla tradizione e allo sviluppo del pensiero attraverso i testi, i contenuti, il linguaggio ma che non può trascurare e deve assumersi la responsabilità di interpretare la complessità della nostra contemporaneità, di proporre visioni e interpretazioni di fatti e tendenze.

La filosofia, a mio avviso, può essere definita una disciplina poliglotta: integra discipline e tecnologie nell’ambito più globale della formazione umanistica, contribuisce alla comunicazione e percezione sociale dei saperi e della loro interconnessione, attiva un dialogo nel tempo con i testi, i linguaggi, le idee, i modelli culturali, stabilisce rapporti con contenuti, metodologie e obiettivi propri anche delle scienze sperimentali, offre modelli e categorie per interpretare e comunicare i fatti, i dati e i processi.

Per questo suo intrinseco plurilinguismo la filosofia ha sempre dialogato con le altre disci- pline. Ciò è ancora più valido ora che la tecnologia ha trasformato la nostra vita e le nostre rela- zioni e abitudini quotidiane. Questa mutua trasformazione coinvolge sia le tecniche, gli stru- menti e il loro uso, sia le ‘epistemologie’. La filosofia stessa ha assunto diverse definizioni e nuove etichette, più o meno appropriate, penso a filosofia multimediale, filosofia computazio- nale, filosofia e società dell’informazione, ‘filosofia digitale’, frutto di contaminazioni e in alcuni casi di ibridazioni disciplinari e lessicali.

In questo contesto, la filosofia offre una conoscenza strutturata che può contribuire al mi- glioramento delle capacità umane e della qualità della vita nell’attuale sistema tecno-sociale. Tuttavia, questa possibilità di dialogo aperto non trova terreno fertile, né tantomeno facile, e l’interdisciplinarità che ne deriva rimane problema irrisolto e in qualche modo non realmente affrontato a livello istituzionale, mi riferisco ai concorsi organizzati in chiuse classi disciplinari, alle griglie di valutazione dei progetti, ai curricula formativi sia universitari, sia scolastici. Inter- disciplinarità che andrebbe letta non tanto dunque come una messa in crisi delle specificità delle singole discipline quanto, invece, come una opportunità, forse l’unica possibile, per capire ed esplorare le potenzialità della ricerca, per affrontare il cambiamento e la complessità del tempo che viviamo, superare ed elaborare l’inevitabile tensione tra tradizione-innovazione. La filosofia è poliglotta perché, a partire dalla lettura dei testi classici e contemporanei, e nel confronto diretto con le domande che questi pongono, coniuga un approccio storico e problematico con l’apertura ad altre visioni e linguaggi che possono ‘contaminarla’.

Spostandoci dal piano della ricerca a quello della scuola, molto di quanto sopradetto con- verge nel documento in ciò che viene definito come “didattica integrata”: “interagire con la scienza, con i saperi tecnologici e artistici o con le scienze umanistiche e sociali” aprendo nuovi spazi alla filosofia, non solo là dove è prevista dal curricolo scolastico, ma anche “come materia trasversale od opzionale, come potenziamento e ampliamento dell’offerta formativa” (p. 19).

Una formazione adeguata è dunque necessaria per contenere e gestire questa complessa convergenza di metodi, linguaggi, contenuti. Una formazione, come si legge nel documento, che renda capaci di: “di pensare criticamente”, “di esprimersi correttamente”, di avere cura dell’esposizione scritta e parlata, e di sviluppare “una buona capacità argomentativa” (p.18). Competenze di base e competenze trasversali (come si usa ora dire soft skills) personali, relazio- nali, cognitive, organizzative, che contribuiscono allo sviluppo del pensiero critico.

Sulle sezioni 2 e 3 del documento, rispettivamente “Pensiero Critico e Dialogo” e “Filosofia e Didattica per Competenze”, non nascondo, nutro alcune perplessità. Il pensiero critico non è una categoria da acquisire, la filosofia non forma il pensiero critico ma offre gli strumenti per pensare criticamente, così come il ‘dibattito’ (nel testo debate) è uno strumento, una modalità, certo importante ed efficace, ma non bisogna sovrapporre pratiche e contenuti. Credo sia im- portante sottolineare come competenze e conoscenze non siano due dimensioni separate, ma siano in relazione di interdipendenza l’una con l’altra.

La mia è dunque una prospettiva diversa da quella che emerge dal testo del MIUR quando si richiama la necessità di una nuova alfabetizzazione di studenti e insegnanti, di un equilibrio tra la libertà di insegnamento e una “terapia didattica intensiva” che deve partire dall’università, una formazione didattica per competenze, una sorta di governance legata ad una formazione flessibile e permanente. Una formazione che mi appare ideale se i contesti in cui attuarla non sono già adeguati e devono invece essere ancora tutti costruiti e, se la formazione degli inse- gnanti viene fatta riproducendo i corsi universitari e riproponendo curricula monodisciplinari, pertanto statici e a-dialogici. Non si può pensare a una didattica trasversale e integrata se manca, per esempio, una adeguata modalità di valutazione. Tema, questo della valutazione, delicato, che è stato affrontato senza tener conto delle specificità del contesto in cui si è calato e senza governare e guidare i processi di cambiamento culturale e sociale. Sono stati così attivati per- corsi di valutazione tortuosi, complicati e dispendiosi, basati su architetture verticali e giudicanti. Ricercatori e insegnati si ritrovano sempre più impegnati su aspetti amministrativi e gestionali in strutture sempre più burocratizzate. Il senza un piano di reali investimenti che mettano dav- vero al centro la ricerca, la scuola, la formazione e le relative infrastrutture.8