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Una proposta (riveduta e corretta) per l’insegnamento della filosofia

Fabio Zanin

4. Una proposta (riveduta e corretta) per l’insegnamento della filosofia

Riprendo, a questo punto, l’ipotesi di ridefinizione dei programmi dell’insegnamento della filosofia avanzata sul numero 25 di Comunicazione filosofica, depurandola degli eccessi delle critiche all’atteggiamento da tuttologi che è quasi imposto ai docenti di filosofia e inserendola all’interno di un più meditato (almeno spero che venga percepito come tale) quadro critico del ruolo della filosofia oggi, in particolare nella sua relazione con le discipline scientifiche.35 Ri-

mango dell’idea, sulla scorta peraltro di quanto è contenuto negli Orientamenti del MIUR, che nell’insegnamento della filosofia debba rientrare l’insegnamento della logica del primo ordine, una disciplina indispensabile per conoscere le procedure astratte di un corretto ragionamento e per rendere familiare agli studenti il linguaggio formale. Si tratterebbe di un utile esercizio per affrontare lo studio della matematica e per stabilire immediatamente, fin dalle sue basi, un le- game tra la filosofia e le discipline scientifiche. Si toccherebbero, al termine dello studio della logica, i problemi di coerenza e completezza di un sistema formale, che potrebbero mettere in luce, già a partire dalla logica, come essi siano eminentemente filosofici. Prendiamo, ad esem- pio, le conseguenze dei teoremi dell’incompletezza di Gödel: esse sono lette, da quest’ultimo, in modo tale da vedere le possibilità di soluzione dei problemi di coerenza come legate alla sco- perta di nuovi sistemi numerici che la mente non riesce attualmente a cogliere,36 mentre Witt-

genstein considera la matematica come un gioco, nel quale i problemi di coerenza non cesse- ranno mai di sorgere, poiché le regole della prassi di calcolo toccheranno sempre, prima o poi, dei limiti nella loro applicazione. L’opposizione tra Gödel e Wittgenstein rivela un contrasto, tutto filosofico, tra una concezione platonica della natura dei numeri e una empirica, che si av- vicina molto al programma intuizionista della fondazione della matematica:

32 Moore 1964, p. 51: «”Buono” è una nozione semplice, proprio come è una nozione semplice “giallo”; [...] come non c’è alcun mezzo di spiegare a qualcuno che non lo sappia che cosa sia il giallo, così non c’è modo di spiegargli che cosa sia buono».

33 Vd. n. 11 supra.

34 Tomasello 2016, pp. 194-208. 35 Vd. in particolare Zanin 2010, pp. 7-8.

36 Gödel distingue, infatti, una matematica “oggettiva”, cioè la totalità delle verità aritmetiche, da una matematica “soggettiva”, cioè l’insieme delle verità matematiche dimostrabili, si veda Gödel 1995, p. 309.

Se ora in aritmetica si trovasse effettivamente una contraddizione — questo proverebbe soltanto che un’aritmetica con una tale contraddizione può rendere ottimi servigi. E sarà meglio, per noi, modificare il concetto della sicurezza necessaria, piuttosto di dire che per parlar propriamente non si sarebbe ancora trattato di aritmetica autentica. “Ma questa non è certo la sicurezza ideale!” — Ideale, per quali scopi? Le regole dell’inferenza logica sono regole del giuoco linguistico.37

Propongo di svolgere lo studio della logica nella prima parte del primo anno del corso di filosofia, in modo da impratichire gli studenti nell’applicazione di procedure dimostrative rigo- rose e nel riconoscimento delle basi dei problemi fondazionali. Ad esso si dovrebbe accompa- gnare, nella seconda parte dell’anno, quello della teoria dell’argomentazione, che, recuperando la distinzione antica tra epistème e dòxa, dovrebbe consentire di far comprendere quale sia la differenza tra una dimostrazione e un discorso persuasivo, e su cosa si basi, sul piano formale, la distinzione tra discipline strettamente scientifiche (la matematica in primis) e discipline come l’etica e la politica, che si muovono nell’ambito delle dòxai. Esistono manuali di logica elemen- tare utilizzati in corsi universitari che potrebbero essere trasferiti alle scuole superiori:38 corre-

dati di esercizi, possono fornire un quadro ampio della logica, molto più ampio di quelle poche note, ben presto dimenticate, che di solito vengono fornite nel corso di matematica. Per quanto concerne la teoria dell’argomentazione, si potrebbe direttamente utilizzare il classico di Perel- man ed Olbrechts-Tyteca Teoria dell’argomentazione che, com’è noto, traendo ispirazione dai lavori di Frege, tenta di espandere il procedimento logico ai giudizi di valore e di aprire così la strada alla formalizzazione del discorso etico.39

Il secondo anno del corso di filosofia potrebbe essere interamente dedicato all’analisi di pro- blemi etici e politici. Il programma potrebbe essere diviso in due parti, la prima dedicata all’etica e incentrata sulla definizione di “bene” e, conseguentemente, ai temi della felicità, del rapporto tra intenzionalità e conseguenze di un’azione etc., la seconda, invece, alla politica e incentrata sul problema del rapporto tra individuo e comunità. Questa seconda parte si fonderebbe così sulla prima, dal momento che lo stesso studio della definizione di “bene” e delle motivazioni all’azione deve necessariamente passare dal piano individuale al piano universale dell’azione, dall’idea di un bene legato alla felicità individuale a quello legato all’armonizzazione dei diversi fini sulla base di regole di cooperazione.40 Il percorso dedicato al concetto di “bene” e quello

riguardante il rapporto tra individuo e comunità potrebbero snodarsi, il primo da Platone fino agli sviluppi dell’etica da un punto di vista analitico (da Moore ad Hare, ad esempio), il secondo da Platone ad Habermas, mostrando come progressivamente diventi centrale, nella riflessione filosofica, il tema dei mezzi di comunicazione attraverso i quali si giunge a definire le regole di convivenza. In proposito si potrebbe già accennare, anticipando tematiche del quinto anno, all’eliminazione del discorso etico dall’ambito della conoscenza operato dal programma neopo- sitivista (consustanziale, per così dire, alla concezione di un unico modello di razionalità, quello scientifico)41 e alle reazioni ad esso, un tema che riguarda strettamente il rapporto tra le scienze

sperimentali e l’etica.

37 Wittgenstein 1988, V, § 18, p. 238.

38 Per fare un paio di esempi di testi corredati da schede di approfondimento e un numero consistente di esercizi: M. Mondadori-M. D’Agostino, Logica, Bruno Mondadori, Milano 1997; D. Palladino, Corso di logica. Introduzione al cal-

colo dei predicati, Carocci, Roma 2009.

39 Perelman-Olbrechts-Tyteca 2001.

40 Aristotele, Etica Nicomachea, I, 2, 1094a 19-1094b 11.

41 Ayer 1961, p. 139: «Ora comprendiamo perché è impossibile trovare un criterio che determini la validità dei giudizi etici. Non è perché essi abbiano una validità “assoluta” misteriosamente indipendente dall’esperienza comune, ma piuttosto perché di validità obiettiva, quale si voglia non ne hanno nessuna. Se l’enunciato non afferma nulla, ovvia- mente non ha senso chiedere se ciò che afferma è vero o falso. E abbiamo visto che gli enunciati esprimenti puri e semplici giudizi morali non dicono nulla. Sono mere espressioni di sentimento e come tali non cadono sotto la cate- goria del vero e del falso. Sono inverificabili per la stessa ragione che rende inverificabile un grido di dolore o una parola di comando – cioè perché non esprimono autentiche proposizioni».

Si arriverebbe così al quinto anno, dove al centro dello studio della filosofia si dovrebbe porre il rapporto tra la ricerca di senso tipica dell’ontologia, o se si preferisce, della metafisica, e le scienze sperimentali. Un tale approccio presuppone una stretta collaborazione coi docenti delle discipline scientifiche (fisica e scienze naturali), per mettere in rilievo il modo in cui, progressi- vamente, la nozione di ‘scienza’ sia stata riservata a dei saperi che rinunciano a qualunque fon- dazione metafisica e che si impongono il compito di descrivere i fenomeni, stabilire tra loro cor- relazioni e ipotizzare leggi di natura che ne regolino lo svolgimento, espungendo i problemi on- tologici dalla ricerca scientifica. Per l’età contemporanea si potrebbe mettere in rilievo cosa ciò comporti per la concezione dell’uomo e del suo ruolo nel cosmo, per i rapporti tra gli uomini e tra l’uomo e la natura, soprattutto in considerazione dello stretto legame tra scienza e tecnica. A questo punto si potrebbero trattare tematiche etiche che sorgono al limite della ricerca scien- tifica, in particolare quelle legate al campo della bioetica; trattando queste questioni si potrebbe mostrare come la rinuncia ad una fondazione ontologica della ricerca scientifica renda impossi- bile cercare soluzioni a problemi eticamente sensibili nell’ambito delle discipline scientifiche, poiché le posizioni sono ridotte ad un cumulo di opinioni tra le quali non si può scegliere, se non esiste altra forma di razionalità che quella scientifica.42 Infine, la collaborazione con le discipline

scientifiche, in particolare con la fisica, si potrebbe spingere fino, al termine del corso di studi, alla ridefinizione dei concetti di “spazio” e “tempo” e, quindi, delle categorie stesse con le quali l’uomo costruisce il suo stare al mondo e coglie il senso della sua esistenza in rapporto al mondo.

5. Conclusioni

Il programma di studio della filosofia qui proposto, che precisa e amplia quanto da me già suggerito alcuni anni fa, è volto a farne una disciplina che dia agli studenti un rigoroso metodo di discussione e risoluzione di problemi teorici di varia natura, un ampio ventaglio di problemi di senso, nel campo etico e politico, rispetto ai quali gli studenti dovrebbero essere stimolati a discutere e trovare soluzioni sulla base di procedure dimostrative e argomentative studiate il primo anno, di sviluppare alla fine del percorso le competenze sociali e civiche richieste dai qua- dri di riferimento dell’educazione europea, di comprendere, infine, che ciò che non è sotto il controllo dell’uomo, e che genericamente possiamo identificare con quella che nella filosofia antica era indicata come physis, è oggi appannaggio delle scienze sperimentali, la cui mole di prove a favore delle teorie vigenti è talmente ampia da non poter essere trascurata.43 Nella re-

lazione con le scienze sperimentali, compito del docente di filosofia dovrebbe essere intervenire quando in gioco ci sono i problemi fondazionali, per cogliere i quali si deve tuttavia far aiutare dai docenti delle discipline scientifiche nella comprensione dei contenuti delle teorie. Nell’am- bito del taxis, l’ordine che, invece, con riferimento alla sofistica, l’uomo impone alla realtà, si apre un campo che è pressoché esclusivo appannaggio della filosofia, la quale incontra di nuovo le discipline scientifiche quando lo sviluppo del pensiero scientifico permette forme di controllo del mondo, e dell’uomo che vi abita, che risollevano domande di senso e pongono problemi di convivenza tra gli uomini.

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42 Si potrebbe mostrare quanto sia doveroso il recupero di una fondazione ontologica della discussione dei problemi oggi detti “eticamente sensibili”, anche tornando molto indietro nel tempo. Fabrizio Amerini, nel suo saggio Tommaso

d’Aquino: origine e fine della vita umana (ETS, Pisa 2009) ha mostrato quanto sia utile l’approccio dell’Aquinate allo

studio sull’origine della personalità individuale, che egli individua nell’emergere della funzione intellettiva dell’anima. 43 Lewis 1998, p. 218 (trad. di M. Plebani, in Plebani 2011, p. 47): «Avrete la faccia tosta di dirgli [in questo caso: al matematico n.d.a.] di seguire gli argomenti filosofici dovunque conducano? Se mettono in discussione le vostre cre- denziali, vi vanterete delle grandi scoperte filosofiche: che il movimento è impossibile, che un essere, tale che non è possibile concepirne uno maggiore, non si può pensare che non esista, che non si può pensare che qualcosa esista al di fuori del pensiero, [...] e avanti così, fino alla nausea? Io non di certo!».

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