TRA RINNOVAMENTO METODOLOGICO E FEDELTÀ EPISTEMOLOGICA Alessandra Modugno
2. Per quali ragioni rinnovare la didattica della filosofia?
L’esigenza di rinnovare la didattica della filosofia è proposta come fatto ineludibile, come dato da cui muovere. D’altra parte, chiedersi o esplicitare le ragioni di tale esigenza consente di individuare le direttrici verso cui agire per soddisfarla. Le motivazioni messe in campo sono di rilievo: da un lato «la richiesta di competenze e professioni sempre più qualificate», «la necessità di garantire a ciascuno il diritto allo studio e il successo formativo», la conseguente ridefinizione del ruolo del sapere e dell’educazione; dall’altro l’evidenza dell’apporto specifico della filosofia «per la sua importanza nella formazione del capitale umano, culturale e sociale, per il contributo ad alimentare libertà di pensiero, autonomia di giudizio, forza dell’immaginazione, e a sviluppare intelligenze flessibili, aperte, creative, indispensabili per orientarsi nel mondo».3 Alla radice di
tali asserzioni sta la persuasione – che condivido – del valore esclusivo, insostituibile dell’espe- rienza filosofica, nonché di quanto poco essa possa esser definita ‘astratta’ nel senso di disan- corata dalla vita, benché la capacità di astrazione sia uno degli strumenti di cui si avvale e che insieme consente di acquisire e perfezionare.4
D’altra parte, a mio avviso, è opportuno compiere un ulteriore passaggio speculativo – che forse trascende gli obiettivi e le ‘delimitazioni’ del documento, ma con cui mi sembra invece decisivo integrarlo –, ossia chiedersi da un lato per quali ragioni il contesto culturale attuale segnali tali carenze-emergenze formative, in forza di quali mutamenti di scenario richieda nuovi modelli di insegnamento/apprendimento, nonché riflettere se tali trasformazioni potenziano o meno la ‘sostenibilità umana’;5 dall’altro quale concezione della filosofia operi implicitamente
nel ruolo che le viene affidato. Un ultimo aspetto, di rilievo non inferiore, riguarda i destinatari del rinnovamento, ossia gli studenti, le cui connotazioni – sul piano socio-culturale, esistenziale, cognitivo e affettivo: tutte dimensioni sinergicamente in gioco nell’apprendimento – sono molto diverse da quelle dei loro coetanei di alcuni decenni fa e in permanente cambiamento. Il riferi- mento all’opportunità di aggiornare non solo le Indicazioni nazionali ma anche il Profilo educa-
tivo, culturale e professionale dello studente a conclusione degli studi (PECUP)6 può essere inteso
come un indiretto riferimento anche alla consapevolezza che prima di tutto oggi è la fisionomia intellettuale e relazionale degli studenti a richiedere approcci capaci di intercettarne bisogni profondi, interessi e chiavi d’accesso adeguate ed efficaci. Naturalmente fornire risposte esau- stive e definitorie non è possibile: si può tuttavia – direi che è necessario – provare a esplorare i termini del problema e avanzare qualche ipotesi interpretativa, altrimenti il rischio è quello di fornire ‘soluzioni’ che si fermano alla superficie e restano limitatamente incisive.
Mi sono già espressa sulla complessità dell’attuale mondo giovanile7 e non mi ripeto; credo
che una prima importante dilatazione di Orientamenti vada attinta dal contributo che gli studi psico-pedagogici e sociologici possono offrire per disegnarne un più corposo inquadramento, proprio nell’ottica di quell’integrazione e compaginazione dei punti di vista interdisciplinare, transdisciplinare e multidisciplinare a cui si fa riferimento esplicito.8 Decisamente inerenti al
compito speculativo della filosofia vedo invece la riflessione sulla cultura e quella sul proprio statuto epistemologico, che peraltro trovo siano interconnessi.
3 Ivi, p. 6.
4 Cfr. M. A. Raschini, Concretezza ed astrazione, Marsilio, Venezia 2000.
5 Rispetto a questo obiettivo, viene fatto esplicito riferimento alla risoluzione adottata dall’Assemblea generale dell’ONU il 25 settembre 2015 Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile: cfr. http://www.unric.org/it/images/Agenda_2030_ITA.pdf (consultato il 2 febbraio 2018).
6 Cfr. Orientamenti …, cit., p. 7.
7 Cfr. A. Modugno, Esperienza filosofica e responsabilità formativa, in «Comunicazione filosofica», 39 (2017), pp. 24- 25.
Riguardo la prima questione: condivido l’opportunità di prendere atto delle linee di fondo dell’odierno contesto culturale e di non situarsi in termini pregiudizialmente contestativi – il che risulterebbe atteggiamento sterile intanto perché manchevole di senso di realtà – ma non credo si debba essere frettolosi nel considerare se davvero la formazione che le istituzioni e i soggetti promotori di cultura sono chiamati a veicolare sia solo quella che soddisfa i bisogni pressanti e immediati percepiti attualmente, dal mondo professionale in primo luogo e in secondo luogo da quello sociale. Intendo dire che si può ipotizzare come ragione, perlomeno importante se non esclusiva, della pressante esigenza di ‘qualificazione professionale’ – espressione che non sem- pre corrisponde alla ‘qualità professionale’ come indice del profilo umano a tutto tondo – un modello culturale che invece di interconnettere i saperi li isola9 e scambia la formazione con
l’addestramento10 e la competenza con la funzionalità. Di fronte a questa visione, che non si
limita ad avvalersi della tecnica, delle funzioni che essa possiede e mediante le quali allevia la vita umana dalla fatica – pur senza mai sottrarvela totalmente –, ma di fatto la propone come fine o sostitutiva del creativo contributo di ogni singola persona;11 chi si occupa di filosofia e la
insegna non può non impegnarsi in termini di restituzione di significato al sapere come tale e di riposizionamento ordinato di ciò che ha un ruolo strumentale rispetto a ciò che è invece primario e orientante. Personalmente non credo che competenza e padronanza conseguano all’accumu- lazione di una serie di abilità tecnico-pratiche se queste non si incardinano in un tessuto che le significhi e orienti:12 tale convinzione incide sia sull’individuazione del compito della filosofia ri-
spetto agli altri saperi, sia sul suo stesso statuto, sulle forme comunicative che essa può o deve valutare di assumere nel momento presente.
E qui si entra nella seconda questione: su questi due fattori – modello culturale e statuto epistemologico della filosofia – gli estensori di Orientamenti non dichiarano di aver assunto in modo unitario ed esplicito una specifica concezione del filosofare e confermano che vi sono «molte possibili risposte alla domanda “Che cos’è la filosofia?”».13 D’altra parte pongono quale
supporto principale se non esclusivo alla ragionevolezza e urgenza del rinnovamento metodolo- gico «quella che vede nella filosofia non solo una disciplina puramente teoretica ma anche uno strumento conoscitivo e operativo, in grado di aiutare a comprendere e affrontare razional- mente alcuni fra i problemi che la vita ci pone ogni giorno».14 Qui, a mio avviso, ben più che una
debolezza argomentativa – un approccio didattico che deve coinvolgere tutti come può favore- volmente essere compreso, accolto e assunto da tutti se viene fondato su una sola delle tante possibili e legittimamente valide concezioni del filosofare? – v’è un’opportunità mancata, ossia quella non tanto di proporre ex autoritate una visione univoca del sapere filosofico, quanto di stimolare a identificare ciò che può tenere insieme una pluralità di letture dentro un nucleo essenziale che identifichi la filosofia e la distingua dagli altri saperi. È pur vero che le asserzioni riportate e in generale numerosi passaggi di Orientamenti possano esser letti come implicita ma chiara adesione al modello analitico del filosofare: in questo senso si esprime Annalisa Caputo, le cui ragioni sono ben argomentate.15 Da parte mia, trovo che il punto della questione sia non
sottrarsi a questo problema, cioè non illudersi che si possa affrontare la questione della didattica
9 Cfr. E. Morin, La testa ben fatta, Cortina, Milano 2000, pp. 19-21.
10 Cfr. A. D’Avenia, Non è un paese per figli, in «Corriere della sera»: http://www.corriere.it/alessandro-davenia-letti- da-rifare/18_febbraio_11/alessandro-d-avenia-letti-da-rifare-non-paese-figli-padri-57454284-0f44-11e8-9d69- 9be999237a8e.shtml (consultato il 12 febbraio 2018).
11 Cfr. G. Mari, Filosofia, educazione e modernità. Una riflessione critica sul passato per orientare il presente, in A. Acerbi, F. F. Labastida, G. Luise, La filosofia come paideia. Contributi sul ruolo educativo degli studi filosofici, Armando, Roma 2016, pp. 173-184.
12 Per una discussione della questione cfr. A. Modugno, Filosofia e didattica, cit., pp. 52-55 e Id., Filosofia e didattica
universitaria, cit., pp. 149-151. Segnalo inoltre per la sintonia con i nodi concettuali C. Xodo, Per un’epistemologia delle competenze, in C. Xodo e M. Benetton (a cura di), Che cos’è la competenza? Costrutti epistemologici, pedagogici e deontologici, Atti della VII biennale internazionale sulla didattica universitaria (Padova, 3-4 dicembre 2008), Pensa
Multimedia, Lecce 2009, pp. 21-29. 13 Orientamenti …, cit., p. 13. 14 Ibid.
15 Cfr. A. Caputo, Per una rilettura ragionata dei recenti ‘Orientamenti per l’apprendimento della filosofia nella società della conoscenza’. Possibilità e criticità della proposta, in Logoi.ph, 9 (2017), pp. 425-450, p. 426.
della filosofia omettendo l’assunzione della dimensione teoretica della stessa: non credo che a seconda di come si intenda la filosofia – né tantomeno a seconda dell’ambito specifico in cui ci si muove: metafisica, antropologia, etica, politica, estetica, etc. – vi sia una differente concezione della sua didattica; penso tuttavia che vi sia un nesso molto stringente tra lo stabilire il nucleo costitutivo – di cui è parte integrante il fine – della filosofia e la progettazione di un intervento didattico che con esso si armonizzi.