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Il d.lgs 502/92: le basi per la costituzione degli Urp in sanità

il quadro normativo

2.3. Gli Urp in sanità: quale normativa di riferimento?

2.3.1. Il d.lgs 502/92: le basi per la costituzione degli Urp in sanità

Il primo fondamentale riferimento legislativo per la nascita e lo sviluppo degli Urp in sanità è il d.lgs n. 502/92. In questo decreto non si fa riferimento esplicito

a queste strutture, tuttavia, introducendo principi nuovi ed innovativi, rappresenta la base per la futura costituzione e implementazione degli Urp all’interno delle aziende sanitarie. Vediamone le peculiarità principali nel dettaglio.

1. decentramento: il Governo mantiene un ruolo fondamentale nel finanziamento del sistema e nella definizione dei criteri per garantire un’accessibilità uniforme dei servizi sanitari a tutto il Paese32. La raccolta delle risorse finanziarie per il Ssn resta di responsabilità nazionale e ogni Regione continua a ricevere fondi in base alla propria popolazione residente. Alle Regioni vengono date nuove responsabilità e più facoltà. Il decentramento

32 Secondo l'art. 1 del d.lgs. n. 502/92: «La tutela della salute come diritto fondamentale

dell'individuo ed interesse della collettività è garantita, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana, attraverso il Servizio sanitario nazionale […] ».

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favorisce la gestione dei servizi, sollevandone il carico allo Stato centrale e ripartendolo tra le molteplicità delle Regioni, molto più vicine e sensibili alle necessità dell'utenza. Esso serve a responsabilizzare maggiormente i poteri pubblici regionali, non tanto nei confronti dell’amministrazione centrale, come era stato fino a quel momento, ma verso quei cittadini nei confronti dei quali le Regioni devono rispondere dei risultati ottenuti e delle eventuali responsabilità in caso di disavanzo di gestione. Alle Regioni viene attribuita la responsabilità finanziaria33 e in caso di deficit dovranno rispondere attraverso l'impiego di proprie risorse. Fermo resta che a livello nazionale vengono definiti i livelli uniformi di assistenza che devono essere distribuiti in modo equo in tutto il Paese, ma alle Regioni spetta il compito di garantirli e organizzarli. In teoria, le Regioni hanno la disponibilità di erogare livelli assistenziali superiori a quelli uniformi nazionali, ma devono finanziarli in modo autonomo, visto che gli è stata concessa un moderato grado di autonomia locale, grazie alle quale hanno la possibilità di aumentare le tasse locali e i contributi di assistenza sanitaria obbligatoria, attraverso l'introduzione dei ticket. Alle Regioni spetta, inoltre il compito, di ridefinire la distribuzione territoriale delle Usl34, di

norma su base provinciale, e a disciplinare le loro struttura organizzativa, i sistemi contabili e l’introduzione e lo sviluppo di strumenti manageriali. Le 659 Usl, istituite dalla normativa precedente al 1992, sono state accorpate per formare 197 Aziende Sanitarie Locali (Asl) a cui si devono aggiungere le 95 Aziende Ospedaliere. Il decreto legislativo del 1992 ha eliminato quasi completamente il livello comunale del Ssn, collocando le Asl e le aziende ospedaliere direttamente sotto il controllo delle regioni, tanto che entrambi questi enti possono essere oggi definiti come “aziende pubbliche” [Longo 1999: 31] regionali.

33 Secondo l'art. 2 del d.lgs. n. 502/92: «Spettano in particolare alle Regioni la determinazione dei

principi sull'organizzazione dei servizi e sull'attività destinata alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere […] ».

34 Secondo l'art. 3 del d.lgs. n. 502/92: «Le regioni disciplinano nell'ambito della propria

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2. aziendalizzazione: con il riordino del Ssn, le Usl e gli ospedali autonomizzati sono stati trasformati in Aziende di diritto pubblico [Longo 1999: 32]. Con questo termine si fa riferimento alla necessità di caratterizzare le organizzazioni con qualità di efficienza e di efficacia relativamente all’attività svolta, come accade per le realtà aziendali che producono beni e servizi di altra natura. La necessità di introdurre modalità organizzative di natura aziendale nasce da uno sperpero generalizzato nelle organizzazioni complesse come quelle sanitarie, strutturate per adempiere ad una vasta gamma di funzioni e di servizi. Alle aziende si richiede un impegno volto alla produttività nel senso di uno sfruttamento ottimale delle risorse attribuite, nel rispetto di precisi parametri di qualità. Gli interventi concreti, per realizzare i principi ispiratori della riforma, cominciano con l'eliminazione del comitato di gestione che realizzava una conduzione troppo orientata al consenso politico generale. Prende il suo posto il direttore generale, nominato dalla regione per un periodo di cinque anni, che viene a rappresentare l'organo monocratico di governo dell'azienda e quindi, l'assomma di tutti i poteri di gestione e la rappresentanza dell’Usl. A questa figura spetta inoltre il potere di nomina del direttore sanitario, del direttore amministrativo e, dove previsto, del direttore dei servizi socio-sanitari. Tutti i nuovi dirigenti vengono selezionati attraverso un meccanismo di nomina che concede ampi margini di discrezionalità al direttore generale, regolati da contratti di tipo determinato rinnovabili, per i quali la singola azienda può provvedere la distribuzione di incentivi personalizzati. Tutto ciò dovrebbe avere il risultato di introdurre una nuova logica di selezione, di turn-over, e sollecitare lo sviluppo di una nuova mentalità lavorativa.

3. competizione: il ripensamento fra funzione di tutela e di produzione e di

erogazione di prestazioni sanitarie ha inevitabilmente portato alla constatazione dell’inidoneità dei sistemi sanitari pubblici, i quali richiedevano un aumento dei livelli di efficienza e di efficacia attraverso l'introduzione di

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logiche di mercato e di un nuovo scenario istituzionale dove i fornitori pubblici e privati competono per i pazienti e per le risorse.

La legge 502/92 legittima il settore privato di nuove potenzialità, infatti, quest’ultimo viene pienamente riconosciuto come elemento facente parte dell’insieme degli erogatori del Ssn, garantendo agli utenti la piena facoltà di scegliere tra strutture pubbliche e quelle private. Le strutture private, quindi, non risultano più solo convenzionate con il Ssn per un certo numero di posti letto o prestazioni, ma sono “accreditate” per la propria intera capacità produttiva, ovviamente nel rispetto, a cui provvede le Regioni, dei necessari requisiti infrastrutturali ed assistenziali. Questi nuovi rapporti fra pubblico e privato, generano forme di competizione fra i soggetti erogatori che portano verso forme di mercato misto nel Servizio Sanitario Nazionale nel quale si concorre per fornire servizi committenti.

Oltre alla rilevanza degli innovativi principi ispiratori introdotti dal decreto, è l’art. 14 – Diritti dei cittadini –, tratto dal Titolo V – Partecipazione e tutela

dei diritti dei cittadini – che per la prima volta, ha aperto varie vie alla

partecipazione di cittadini nelle strutture sanitarie la cui tutela si basa su due meccanismi.

Il primo viene messo in atto dall’Azienda ed è rappresentato dal sistema

degli indicatori35:

- la personalizzazione dell’assistenza e l’umanizzazione dell’assistenza; - il diritto all’informazione;

- le prestazioni alberghiere; - le attività di prevenzione.

Le Regioni, da parte loro, devono adottare tale sistema per comprovarne lo stato di attuazione dei diritti dei cittadini, ed, in ultimo, l’Azienda si deve impegnare a fissare specifici standard per le sue prestazioni e, almeno una volta l’anno, il Direttore generale della Asl o Azienda Ospedaliera deve convocare una conferenza dei servizi allo scopo di verificarne, tramite la

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rilevazione sugli indicatori, l’andamento dei servizi e, quindi, mettere in atto meccanismi che vadano a migliorare le prestazioni [Attolini et al 2003]. Con il decreto del 15 novembre 1996 sono stati individuati ben 79 indicatori riferiti alle quattro caratteristiche delle prestazioni e ai sei macro-livelli di assistenza. All’interno delle serie degli indicatori sul diritto all’informazione sono stato previsti anche due indicatori che si riferiscono agli Urp: uno fa riferimento all’esistenza dell’Urp all’interno della struttura sanitaria, mentre l’altro si riferisce agli orari di apertura giornalieri dell’Urp. La presenza di tali indicatori manifestano la chiara importanza che la presenza dell’Urp assume come elemento di qualità delle prestazioni.

Il secondo meccanismo di tutela del cittadino, previsto dall’art. 14 del D.lgs. 502/92, viene, invece, attivato dal cittadino nel momento in cui presenta osservazioni, opposizioni, denunce o reclami36 al fine di tutelarsi da comportamenti che ritenga lesivi dei suoi diritti. Il Direttore sanitario ha l’obbligo di favorire la rimozione degli eventuali disservizi che influenzino l’assistenza.

In sostanza, così come anticipato sopra non si è ancora di fronte all’istituzione formale degli Urp in sanità, anche se i principi ispiratori della legge manifestano la necessità di implementare la partecipazione dei cittadini ai fini di un miglioramento della qualità del servizio.