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il quadro normativo

4. Gli aspetti tecnici della gestione dei reclam

4.2. Per una definizione del reclamo

Prima di addentrarci in aspetti più tecnici e particolareggiati è opportuno cercare di capire cosa si intende con il termine reclamo sanitario.

Esistono diverse definizioni possibili del termine. Partiamo da quella del vocabolario Zingarelli (ed. 2000) dove alla voce “reclamo” si legge: «1. Protesta o lamentela espressa a voce o per iscritto a chi di dovere; 2. Documento con cui si reclama». Questa definizione utile a comprendere le diverse accezioni semantiche della parola, non è utilizzabile da un’azienda sanitaria, infatti, non si tratta di darne una definizione teorica, quanto piuttosto di individuare una modalità utile per selezionare, tra tutti i contatti che si instaurano tra i cittadini e gli uffici dell’azienda, quelli definibili come reclami.

“The citizien’s charter complaint task force”47 definisce il reclamo come: qualunque espressione di insoddisfazione che richieda una risposta. Questa definizione è peraltro già utilizzata da diverse aziende sanitarie le quali, in via generale, seppure non adottando una definizione codificata, lasciano al cittadino la libertà di decidere. Se un utente si rivolge all’azienda

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con l’intenzione di sporgere reclamo, quello è sicuramente un reclamo a prescindere da ogni altra considerazione. Tuttavia, questa definizione si concentra unicamente sull’accezione negativa che connota il termine reclamo, trascurando la dimensione positiva del ruolo svolto dal cittadino nel presentare, oltre ai reclami, suggerimenti e proposte. Questo non solo a partire da una personale condizione di insoddisfazione dell’utente, ma anche da osservazioni o suggerimenti su operatività semplicemente rilevate malfunzionanti o comunque migliorabili, pur non producendo disagi o limiti di erogazione dei servizi e dell’assistenza.

Questa accezione permette un ulteriore approfondimento che pone in luce un altro importante aspetto. Il fatto di considerare il reclamo solo o prevalentemente un mezzo per il miglioramento del servizio a volte induce ad ignorare, o quanto meno a trascurare, la valenza di protesta-denuncia del reclamo stesso, aspetto sicuramente più difficile da gestire in quanto volto a rimuovere o fare giustizia di violazioni più o meno gravi. Questo è un aspetto particolarmente delicato e conduce inevitabilmente ad una fenomeno attuale e in costante crescita: il contenzioso sanitario [cfr. Cipolla 2004]. Non è questa la sede atta ad approfondire un argomento tanto complesso, tuttavia non si può sottovalutare il fatto che «dal reclamo, ancora limitato alla protesta, si giunga al “contenzioso” attraverso una richiesta formale del risarcimento danni subiti. Tale domanda può trasformasi in una causa civile di fronte alla magistratura o finire con una transazione di natura pre- giudiziaria» [Cipolla 2004: 15]. Emerge, quindi, con chiarezza l’importante “funzione preventiva” prodotta da un laborioso sistema di gestione dei reclami: attivo nel catalizzare disservizi e pronto ad accogliere tali istanze attraverso azioni d’ascolto volte al miglioramento dei servizi e delle prestazioni erogate.

Molte Aziende sanitarie percepiscono ancora il reclamo come un’azione connotata da un’ accezione eccessivamente negativa, una denuncia di gravi lacune nell’organizzazione e nell’erogazione dei servizi,

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svilente per chi cerca di svolgere il proprio lavoro al meglio. Questo non deve portare, erroneamente, a concludere che l’assenza di reclami significhi l’erogazione di servizi e di prestazioni di buona qualità. In realtà, pochi reclami spesso possono essere indice di sfiducia nell’organizzazione sanitaria, di basse aspettative e di non conoscenza dei diritti da parte del cittadino. È, quindi, utopistico immaginare un’organizzazione sanitaria che sia esente da critiche dei suoi utenti, così com’è difficile pensare che un’azienda possa impostare delle azioni di miglioramento della qualità senza tener conto dell’opinione dei cittadini, soprattutto senza ascoltare coloro i quali si dichiarano insoddisfatti.

Per avere un quadro interpretativo completo bisogna tener conto che il processo attraverso il quale il cittadino pone all’attenzione di un’azienda sanitaria uno stato di disagio o di insoddisfazione non è così semplice e scontato. Il rapporto fra utente-istituzione è stato storicamente caratterizzato da una forte asimmetria e subalternità sia per il grande squilibrio di conoscenze e di potere sia per il prevalere all’interno dell’istituzione di una logica “burocratica” che ha finito per porre in secondo piano i bisogni del cittadino. Per molto tempo le Aziende sanitarie non sono riuscite a venire a conoscenza dei disagi provati dai cittadini che, molto spesso, si limitavano a subire il disagio senza manifestarlo attraverso le modalità e i canali preposti a farlo. La sfiducia nelle istituzioni, la mancata consapevolezza dei propri diritti, la vergogna e la paura delle “ritorsioni” sono tutti fattori che per molto tempo hanno costituito, e in alcuni casi ancora costituiscono, una barriera all’aperta manifestazione del reclamo.

Oggigiorno le organizzazioni sanitarie al fine di porre soluzioni correttive a queste forme di criticità hanno implementato una diffusa e adeguata “cultura del reclamo”. Questo significa implementare un sistema di gestione dei reclami che sia un vero e proprio “strumento d’ascolto” per dar voce ai cittadini. In questa ottica i reclami, se opportunamente raccolti ed

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analizzati, costituiscono una risposta di grande valore e una preziosa occasione per identificare e correggere gli errori, migliorare la qualità dei servizi offerti e aumentare la fiducia nei cittadini.

L’organizzazione sanitaria che investe nell’istituzione di un sistema di gestione dei reclami mostra di voler valutare i propri servizi a partire dall’opinione dei cittadini. Chi presenta un reclamo, infatti, compie un gesto attivo di partecipazione diretta e costruttiva, dimostrando, comunque, la sua fiducia nell’istituzione. Quest’ultima per dimostrare di meritare tale fiducia deve, a sua volta, identificare e riconoscere i propri errori e garantire che vengano intraprese soluzione atte a migliorare i servizi dimostrando, così, ai cittadini che le loro azioni non cadranno nel vuoto, ma prese in seria considerazione per migliorare i servizi. Queste rappresentano le condizioni essenziali per innescare il “circolo virtuoso” che porta il cittadino alla presentazione dei reclami e, quindi, al miglioramento del servizio erogato.

Tirando le fila del discorso e accogliendo e raccogliendo tutte le accezioni valoriali emerse dal termine “reclamo” si propone una “definizione” meno restrittiva possibile, ma che includa le seguenti particolarità:

- Strumento d’ascolto per i cittadini: l’organizzazione sanitaria deve

assumersi la responsabilità di recepire e rispondere alle manifestazioni di disagio dimostrate dai cittadini. «L’inerzia e il silenzio delle amministrazioni sono caratteristiche ed immagini negative del servizio; spesso il cittadino preferisce la negazione e il conflitto piuttosto che il silenzio» [Catena 2002: 192], per cui la risposta al reclamo non deve essere un mero atto formale a seguito di disposizioni normative (legge 241/90), ma un’occasione preziosa che l’azienda sanitaria ha per migliorare la comunicazione ed aumentare la fiducia nei cittadini.

- Flessibilità: il reclamo può essere rimostranza, lamentela, protesta,

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flessibilità deve emergere dal fatto che la presentazione del reclamo non può essere legato ad un solo luogo (la buchetta o lo sportello dell’URP), ma piuttosto attraverso una complessa relazione di punti d’ascolto; il cittadino, quindi, non deve sapere a priori come organizzare il reclamo, ma deve essere il servizio che interpreta, gestisce e cataloga le comunicazioni in reclami o suggerimenti, critiche o proposte.

- Miglioramento continuo della qualità dei servizi sanitari: il