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Da Brindisi a Madrid e verso il resto del mondo

Tutto è aggravato dal completo isolamento iniziale del- l’Italia e del real governo. Quest’ultimo è impossibilitato per giorni a recapitare istruzioni alle rappresentanze diplo- matiche all’estero. Con l’armistizio e la divisione del paese, saltano tutti i contatti tra il governo in fuga da Roma e le rappresentanze all’estero. Paulucci non ha altra via che affi- 159

darsi agli Alleati. L’ambasciatore italiano fa inviare, tramite l’incaricato d’Affari britannico Yencken, una missiva al ca- po del governo con la richiesta d’istruzioni.17 Noel Mason-

MacFarlane gira a Badoglio l’istanza giunta da Madrid18e

Paulucci è da quel momento tramite tra Badoglio, il coman- do alleato in Nord Africa e le sedi diplomatiche italiane ri- maste isolate. Il 21 settembre19l’ambasciatore italiano si re-

ca alla luce del sole alla sede diplomatica degli Stati Uniti a spiegare la sua posizione personale di lealtà al re, nonostan- te ribadisca rispetto e stima per il cavalier Mussolini. Intan- to si combatte ancora la guerra della disinformazione. Si so- stiene a lungo la tesi della morte del re e che Badoglio sia prigioniero degli Alleati. Continuano a verificarsi incidenti in vari consolati italiani con l’intervento della polizia spa- gnola a difesa delle sedi diplomatiche del Regno del Sud.

Di fronte all’incertezza lo stesso Yencken chiede e ottie- ne per il giorno dopo un messaggio radiofonico del re e di Badoglio. È a quel punto indispensabile che questo possa giungere a tutti gli italiani all’estero, onde scongiurare, o li- mitare, la divisione in due schieramenti.20Il primo docu-

mento che, via Mason-MacFarlane, giunge a Paulucci, parte da Brindisi il giorno 23.21Vi si comunica dell’armistizio e

della collaborazione con gli Alleati per la cacciata dei tede- schi e dell’ordine di collaborazione con gli anglo-americani. Già il giorno dopo, e ancora il 27, Paulucci torna a fare da ponte tra le varie legazioni e il governo.22Ankara, Buenos

Aires, Lisbona, Stoccolma, Tangeri, Dublino e Kabul, quin- di Berna e appena dopo Helsinki, confermano lealtà a Bado- glio via Madrid. La sede diplomatica nella capitale spagnola resta a lungo il tramite della comunicazione che passa da Badoglio a MacFarlane, da questi ad Algeri e dal Nord Afri-

ca a Madrid. Non dubitando sull’intercettazione dei vecchi cifrari italiani da parte tedesca,23 l’ambasciatore si avvale

dei servizi cifrati britannici. Così si stabilisce un collega- mento telegrafico segreto che collega Madrid con le legazio- ni d’Italia a Berna e a Lisbona, con il consolato di Tangeri e si prendono i contatti anche con l’America Latina. È il pri- mo embrione di Farnesina postarmistiziale e in qualche mi- sura postfascista. Madrid dunque, dopo l’8 settembre, è a lungo il solo collegamento sicuro tra Brindisi e le rappre- sentanze diplomatiche. Appena possibile è avviato un diffi- coltoso servizio di corriere tra le due città. Il primo militare prescelto come corriere è il tenente colonnello Vittorio Pon- zani. Parte da Madrid il 5 ottobre. Tutto avviene sotto il di- retto controllo alleato e, com’è noto, una buona parte dei documenti circolanti, compresi alcuni recanti la firma di Ba- doglio e del re, è redatta in lingua inglese. Ancora più diffi- cile è il recupero dei contatti con i diplomatici fatti internare in Germania e Giappone all’indomani dell’armistizio e quelli internati o rimasti isolati in Danimarca, Olanda, Bel- gio, Francia, Croazia, Ungheria e Romania. Inoltre, l’amba- sciata a Madrid s’incarica di assicurare, per il tramite del governo spagnolo, la protezione di cospicui interessi nazio- nali nei quindici Stati che rompono, all’indomani dell’armi- stizio, i rapporti diplomatici con l’Italia.

Solo dal 25 settembre24Hoare si dichiara soddisfatto del

comportamento di Paulucci e tranquillo sulla sua effettiva volontà di collaborare con gli Alleati. Badoglio sceglie Pau- lucci per comunicare la dichiarazione di guerra alla Germa- nia,25l’11 ottobre: «V.E. è incaricata da Sua Maestà il Re di

comunicare all’ambasciatore di Germania a Madrid, affin- ché lo partecipi al suo governo, che, di fronte ai continui e 161

intensificati atti di guerra compiuti contro gli italiani dalle forze armate tedesche, l’Italia si considera dalle ore 15 (ora di Greenwich) del giorno 13 ottobre in stato di guerra con la Germania». L’ambasciatore tedesco Dieckhoff, è noto, rifiu- ta di accettare il documento dalle mani di Paulucci.

Solo il 16 ottobre Badoglio26può scrivere personalmente

a Paulucci in termini affettuosi. Badoglio vi si descrive co- me comandato27a farsi carico del governo: «Lei sa come

fosse il governo Mussolini». Autorizza Paulucci a trattare con gli anglo-americani per risolvere la pesante situazione debitoria dell’ambasciata. Conclude animando l’ambascia- tore riferendogli un commento del re: «Di Paulucci ero sicu- rissimo». Paulucci, superati i giorni di incertezza, al termine dei quali ritrova, come abbiamo visto, un ruolo importante di collegamento, va stabilendo le nuove linee della propria azione politica. Queste si estrinsecano nel cercare sponda nei ministri del governo spagnolo membri dell’esercito e su posizioni moderate, Jordana in primo luogo, e ritessere la tela completata il 23 luglio con l’accordo sul credito origi- nato dalla guerra civile, e strappata il giorno dopo dal voto del Gran Consiglio.

Gli interessi economici in pericolo con l’armistizio sono ingenti. All’8 settembre si crea una divisione sia politica che geografica anche nella Camera di Commercio Italo-Spagno- la fondata a Genova nel 1928. Fascista è Edmondo Turci rappresentante in Spagna della SNIA Viscosa. Turci è, in un primo momento, molto vicino al direttore della FIAT-Hispa- nia Boldori. Questi, dichiarato persona non grata, inizia su- bito una manovra di allontanamento dalle posizioni repub- blichine, diretta a migliorare la propria immagine agli occhi dell’ambasciatore Paulucci. In ballo v’è un importante anti-

cipo per 18 milioni di pesetas dovuto alla FIAT su forniture a enti pubblici spagnoli che tocca tutti i nodi delle ambiguità degli interessi tra le distinte entità operanti nel paese.28 So-

prattutto vi è il salvaguardare da parte di Boldori del proprio ruolo nella trattativa SEAT della quale si è scritto. Tra le pendenze di maggiore rilevanza vi sono quelle che vedono contesi tra badogliani e repubblichini importanti centri fi- nanziari bancari e assicurativi, Banca Nazionale del Lavoro e Istituto Nazionale delle Assicurazioni in primo luogo.29

Gli agenti repubblichini, in genere con la condiscendenza del governo spagnolo e l’aperto appoggio falangista, cerca- no di farli entrare nella propria orbita. Ma la questione più rilevante alla caduta del fascismo, e a quel punto incerta sot- to il profilo giuridico, resta quella del debito di guerra spa- gnolo. Questa, dopo anni di ambiguità, aveva trovato un’il- lusoria soluzione con gli accordi di Nizza dell’aprile, con il decreto approvato da parte delle Cortes il 23 luglio 1943, 48 ore prima della caduta di Mussolini e poi a causa di questa annullato. Il dispositivo di legge stabiliva l’anticipo delle quote del debito per gli anni 1944, 1945 e 1946. Sono appe- na 180 milioni di pesetas per sei quote che avrebbero pre- supposto un esborso totale di 305 milioni di pesetas.30

Già in agosto Paulucci si adopera per forme di riattiva- zione che puntino a concordare un anticipo di 250 milioni di lire da scontare sulle rate del debito dal 1950 in avanti.31 A

ciò si aggiunge, e nel particolare momento dell’Italia la cosa è di vitale importanza, il continuo diniego spagnolo alla re- stituzione di 10.000 tonnellate di grano prestate nell’ormai lontano 1939. A cinque anni di distanza dalla fine della guerra civile, Paulucci non trova che risposte evasive e rin- vii. La Spagna di Franco, incapace di alimentare la propria 163

popolazione, ancora nel febbraio 1945 avrà restituito solo un terzo del quantitativo.32