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Con il ritorno di Francisco de Jordana al Palazzo di San- ta Cruz, già l’8 settembre 1942, Ciano annota la nettezza del cambiamento di linea: il sottomarino italiano Giuliani, in ri- parazione a San Sebastián, nel rispetto delle convenzioni in- ternazionali, è internato. Con Serrano Súñer, scrive il mini- stro, «i nostri sottomarini potevano entrare e uscire dai porti spagnoli come se fosse un giardino pubblico».9 Non è del

tutto d’accordo Javier Tusell.10Rileva, nel Jordana reinse-

diato, una circospezione assai spiccata a dimostrare che nul- la sia cambiato nella politica estera della dittatura. Di certo, fino al 1944, si continua a permettere all’Italia di bombarda- re il Peñón di Gibilterra offrendo logistica e rifornimenti.11

In realtà va sottolineato che la collaborazione logistica di- pende innanzitutto dai ministeri militari e da Franco stesso e non dal Ministero degli Esteri. Immediatamente lo stile Jor- dana si libera di quell’impellenza di interventismo e di par- tigianeria, oltre gli interessi nazionali, che caratterizza Ser- rano Súñer. È dunque storiograficamente evidente ed ineludibile la divaricazione tra Jordana, figura chiave della parte neutralista del regime,12 e Franco che continua a per-

mettere azioni come il bombardamento di Gibilterra. Giovanni Tassani, in un paio di saggi che hanno avuto di- screta eco sulla stampa nazionale,13parla di Jordana come di

un «fedele e scrupoloso interprete del caudillo in tema di po- litica estera».14Citando solo un’informativa del giornalista

della Stefani (l’ANSA dell’epoca), Cesare Gullino, si pre- senta Jordana come una personalità grigia, mera esecutrice dei voleri di Franco. Si costruisce un Franco che sarebbe sempre artefice della politica estera del regime e si tenta di 119

mostrarlo precocemente oltre l’Asse. In una tale lettura dei fatti non traspare però alcun elemento della complessità che caratterizza il regime spagnolo durante la seconda guerra mondiale, peraltro trattata ampiamente nella bibliografia esistente. Gli Esteri sono sempre un centro di potere autono- mo e propositivo, prima controllato dall’aristocrazia e quin- di dalla componente cattolica.15

Francisco Jordana è non solo la figura chiave del neutra- lismo spagnolo ma è a lungo distante da Franco. Questi fino a fine 1942, prima con Beigbeder, quindi con Serrano Súñer, lo sostituisce con qualcuno più leale con l’Asse. La tesi di un caudillo saldo e lungimirante leader, che guarda oltre l’Asse verso le democrazie occidentali, è indimostrata e in- dimostrabile. È piuttosto un’interpretazione datata, che ri- sente pesantemente delle posizioni di alcuni polemisti pro- franchisti. Questi tendono a esaltare l’importanza del capo rispetto alla complessità del regime. Per farlo tengono in scarso conto la vasta bibliografia sul franchismo nelle sue fasi storiche, e soprattutto – per quanto ci attiene – alla se- conda guerra mondiale.

Tutta la storiografia sul franchismo durante la seconda guerra mondiale non conferma l’ipotesi dalla quale parte Tassani. Jordana, militare e aristocratico, è uomo di punta di due delle tre gambe – la terza è la Falange – del regime, su- gli equilibri interni del quale Franco gioca la sua sopravvi- venza. Se a Bordighera Franco afferma che España no pue-

de entrar [in guerra] por gusto, il neutralismo nel quale

sfocia la non belligeranza non è una scelta politica coerente del caudillo, ma un adattarsi agli eventi. Il regime di Franco è non belligerante quando le cose per l’Asse vanno bene e neutralista quando le cose per l’Asse si evolvono in negati-

vo. Ma lo è più per fatalità che per opportunismo16 o furbi-

zia. Del resto, lo stesso Mussolini sottostà sempre ai tempi hitleriani della guerra.

I ministri degli Esteri di Franco si caratterizzano politica- mente in maniera ben definita, e sono adeguati agli eventi. Il primo Jordana lavora alla normalizzazione delle relazioni con Gran Bretagna e Francia. Quindi Beigbeder dovrebbe segnare la svolta filoAsse che poi sarà effettivamente rappre- sentata da Serrano Súñer. Infine Jordana fotografa il cammi- no verso la neutralità. Ma se questi uomini appaiono coeren- ti per ruolo e linea politica, Franco resta costantemente governato dagli eventi e dalle fragilità di un paese imprepa- rato al conflitto. E dovendo scegliere tra i vari segnali contra- stanti e sempre labili, lanciati dallo sfuggente caudillo, i pre- valenti sono quelli interventisti. Questi sono secondi al solo attaccamento alla sopravvivenza del proprio regime.

Palazzo di Santa Cruz è un cruccio per Franco. Quando, nel 1939, sostituisce Jordana con Beigbeder è proprio per dare una svolta filonazista e interventista. Beigbeder lo delu- derà con una sua svolta filobritannica che ci fa capire una volta di più quanto non tutto fosse sotto controllo per Fran- co. Allora, per non sbagliare, chiama il cuñadísimo, Ramón Serrano Súñer, il fanatico totalitario, quello che per l’amba- sciatore tedesco von Mackensen, è «l’uomo di fiducia del- l’Asse in Spagna».17E Franco tiene per 23 mesi – dall’otto-

bre del 1940 al settembre del 1942 – un ministro degli Esteri che è uomo dell’Asse a Madrid e che considera la guerra mondiale come la naturale continuazione della guerra civile. Settembre del 1942 non è un momento internazionalmente casuale per cambiare il ministro degli Esteri. Delle tre gran- di battaglie di quell’anno, quella delle Midway ha già visto 121

gli Stati Uniti sconfiggere i giapponesi, mentre tanto ad El- Alamein che a Stalingrado le sorti dell’Asse stanno volgen- do al peggio. Per restare alla storiografia italiana, Guderzo18

identifica nella tenuta britannica in Nord Africa, il motivo principale della non entrata in guerra della Spagna. Il Nord Africa – congiunto al cambiamento delle sorti sugli altri fronti – avrebbe per la Spagna conseguenze uguali e contra- rie a quelle per l’Italia della Blitzkrieg tedesca in Francia. Ma, mentre il successo nazista in Francia induce Mussolini al rapido intervento, è la tenuta britannica a indurre la Spa- gna a più miti consigli. Ancora una volta risalta che è l’an- damento della guerra a dettare la linea politica franchista. Il treno passa definitivamente l’8 novembre 1942, quando gli angloamericani sbarcano con successo in Marocco e Alge- ria.

Per il coraggioso caudillo, che passa la notte dello sbarco in preghiera,19 è il segnale per la conversione alla neutralità.

Ma è una neutralità raggiunta solo dopo aver tenuto un mini- stro interventista ben oltre il tempo massimo. In tutti questi giri di valzer, Franco non è mai decisivo, anzi, appare supe- rato dagli eventi. Il Franco che saluta romanamente un imba- razzato Pétain è il difensore della fede consacrato da Pio XII il 16 aprile 1939. Ma è anche quello che aderisce al Patto Anti-Comintern, che ritira la Spagna dalla Società delle Na- zioni e che poi, all’entrata in guerra dell’Italia, lascia la neu- tralità per la non belligeranza. Inoltre manda la División Azul a combattere la «crociata anticomunista» contro l’U- nione Sovietica, anela a far parte dell’Asse e continua ad ostentare le foto con dedica di Hitler e Mussolini. Soprattut- to: viene obbligato solo dagli eventi a sostituire Serrano Súñer per Jordana che tutto è meno che un fedele e grigio

esecutore. Jordana è una dura necessità che salva il regime ed è la misura del peso dell’aristocrazia. Questa è nerbo del corpo diplomatico. Ha come elemento di maggior spicco il duca d’Alba, che è ambasciatore a Londra e che proprio al non precipitare dei rapporti con la Gran Bretagna dedica tut- ta la sua azione. Il 9 dicembre 1942 Ciano afferma che Mus- solini non intende muovere un dito per favorire l’entrata in guerra della Spagna; sarebbe per l’Italia d’impaccio e di nes- sun vantaggio.20Un mese dopo, il 4 gennaio 1943, tra i rega-

li a Göring per il suo cinquantesimo compleanno, è inserita una spada d’oro cesellata da Messina, in origine destinata a Franco. «I tempi sono mutati», annota Ciano.21