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Il debito di guerra, un’opportunità per i franchist

Esiste una buona, ma forse non ancora esaustiva, lettera- tura sul credito di guerra italiano nelle sue varie facce,60 la

composizione durante la guerra, la trattativa per il calcolo, la «generosità» mussoliniana nel ridurlo, il pagamento ere- ditato dall’Italia repubblicana. Per quanto riguarda il peso militare del credito e l’influenza sul bilancio dello Stato ita- liano alla vigilia della seconda guerra mondiale, ne abbiamo parlato nel primo paragrafo di questo stesso capitolo. Ma sono necessarie alcune considerazioni sull’importanza di ta-

le credito sulle relazioni bilaterali e sull’ipoteca che la Spa- gna può mettere sul futuro di queste a lungo termine in virtù della propria qualità di debitrice.

Per la Spagna franchista il debito si trasforma in affare economico e in opportunità politica. I vantaggi vanno al di là del finanziamento a fondo quasi perduto da parte italiana della guerra civile dei Nazionali. Nel 1945 sarà utilizzato co- me merce di scambio verso lo Stato democratico italiano. È una carta così vantaggiosa che, quell’anno, l’ambasciatore Sangróniz scrive al suo ministro, che è già il cattolico Alber- to Martín Artajo, figura chiave del dopoguerra:61«Per noi è

l’operazione commerciale più vantaggiosa dai tempi della grotta di Altamira (il luogo della Cantabria dove si trovano le

più antiche tracce di presenza umana in Spagna risalenti a 18.000 anni fa), infatti un debito di 5 miliardi di lire che al

momento dell’emissione rappresentava 2 miliardi e 951 mi- lioni di pesetas è stato ridotto ad appena 547 milioni, oltre- tutto pagabili in mercanzie». Per la dittatura franchista sarà

utilissimo avere un debito da onorare fino al 1967. Non è certo un esempio di cavalleria e d’onestà morale di Franco e del suo governo, come affermano nel 1995 Giovanni Artie- ri,62e nel 1997 Suárez Fernández.63

Vi è soprattutto un calcolo politico che permette alla Spagna franchista di figurare, a ben poco prezzo, come uno Stato che fa fronte agli impegni presi. Degli originali 8 mi- liardi di lire dell’astronomico aiuto fascista, infatti, l’Italia democratica ne vede tornare meno del 7%, praticamente senza interessi, suddivisi in rate che scadono nel remoto 1967. Nell’immediato dopoguerra il governo italiano vi è costretto dalle necessità immediate del paese, e dalla consi- derazione che la possibile fine del regime franchista rende- 45

rebbe inesigibile la totalità del credito. Ma non sarà solo questo il vantaggio franchista. La Spagna vede, nella sua condizione di debitrice, la massima garanzia per influenzare la politica iberica dei governi del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN). Può offrire un buon argomento alla parte meno ostile, rappresentata dallo stesso primo ministro, Alci- de De Gasperi, e tenere a freno le iniziative della contropar- te socialista, comunista, azionista e repubblicana. La difesa del credito è quindi, oltretutto, un’arma in più da fornire a quanti nel governo italiano sono considerati amici della Spagna.

Alla fine del 1939, il debito totale della Spagna verso l’I- talia è calcolato in 8.496.284.889 di lire.64Secondo Viñas65è

una cifra già figlia dell’espiritu de generosidad mussolinia- no, che condiziona tutta la trattativa. I Nazionali, quasi esclusivamente nel primo anno di guerra, rimborsano 486 milioni dei quali 210 in valuta e 276 in merci. I pagamenti effettuati66 risultano essere solo a titolo d’indennizzo a for-

niture dirette al governo spagnolo e non per le spese soste- nute dalla MMI. Inizialmente vi è un’importante proposta da parte italiana67 per la conversione della seconda tranche

del debito nell’apertura di un conto in pesetas bloccato, per il valore del suo importo, pagato in partecipazioni italiane in industrie spagnole. Sul piatto viene messa anche la cancel- lazione degli interessi sul debito. Gli spagnoli rifiutano la proposta. Ángel Viñas68profila come la generosità italiana

sul debito occulterebbe piani ben delineati d’investimenti in larga scala nell’industria spagnola. Piani che allarmerebbero i dirigenti economici franchisti mal conciliandosi col nazio- nalismo economico del Nuovo Stato franchista.

delle Finanze e degli Scambi e Valute di Roma a non accet- tare di scendere sotto i 5 miliardi di lire. È la posizione sulla quale infine si attesta anche il duce che ha la parola finale. Per gli italiani è prioritario evitare ogni frizione con il pro- babile alleato militare. Con estrema cautela è infine appron- tato un piano. Prevede l’emissione di Buoni del Tesoro spa- gnolo, emessi in lire, da pagare in 25 anni a partire dal 1942. Hanno tassi d’interesse così bassi da essere fuori mercato. È un piano talmente vantaggioso da imporre agli spagnoli una firma immediata. Eppure – la cosa a quel punto diventa sec- cante anche per gli accomodanti italiani – il piano risulta ai franchisti così favorevole da far loro pensare di avere ancora alcune fiches da giocare a quel tavolo verde. I mediatori fa- scisti, nonostante siano sicuri di avere fatto richieste non migliorabili, continuano a scontrarsi con un atteggiamento dilatorio da parte spagnola. Questi svicolano sempre dal piano negoziale e si appellano continuamente alla genero- sità italiana.

Il 14 marzo 1940, siamo alla vigilia dell’incontro del Brennero tra Hitler e Mussolini, Gastone Gambara, che può spendere in Spagna prestigio e conoscenze, scrive in manie- ra ultimativa al ministro degli Esteri spagnolo, Juan Beigbe- der. Il debito viene ridotto di 3 miliardi su 8, dilazionato in 25 anni, con quote risibili per i primi 5 e interessi politici. La proposta italiana non è ulteriormente negoziabile in al- cun modo ed è indispensabile, da parte spagnola, una rispo- sta immediata in un senso o nell’altro.69 Il giorno dopo il

Consiglio dei Ministri spagnolo non ha altra possibilità che accogliere un’offerta che trova molti più detrattori in Italia che in Spagna. L’8 maggio si firma l’accordo. Prevede la consegna alla Banca d’Italia di 5.000 Buoni del Tesoro spa- 47

gnolo del valore di un milione di lire l’uno, da pagare, sia per il capitale che per gli interessi, a decorrere dal 31 dicem- bre 1942. Il piano d’ammortamento prevede 50 versamenti semestrali dal 31 dicembre 1942 al 30 giugno 1967.70Gli in-

teressi partono dallo 0,25% per le prime otto rate per salire appena al 4% solo per le ultime dieci, da rimborsare un quar- to di secolo dopo.71Pagherà infine la dittatura franchista, pa-

gherà regolarmente fino al 1967; ne avrà tutto l’interesse.