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I dissidenti a Madrid si organizzano in un primo tempo intorno al marchese Asinari di San Marzano, al console ge- nerale a Madrid, Nostini, a quello a Tetuán, Calzavini, e a ufficiali della Missione Militare Italiana in Spagna. Nostini, dopo i primissimi giorni, fa macchina indietro e si schiera con i badogliani. Sorprese e tradimenti si rincorrono nella comunità italiana a Madrid, dove abbondano gli ex legiona- ri e i membri di un pletorico corpo diplomatico di 483 unità.

171 Anche gli Alleati lavorano per controllare i residenti italiani e spingerli su posizioni badogliane. Il Foreign Office fa con- tattare uno per uno tutti gli elementi considerati solo formal- mente fascisti. Dall’ambasciata, e ciò provoca le ire del mi- nistero, si punta in un primo momento sul generale Calzavini, capo della milizia fascista a Madrid e quindi non solo non malleabile ma soggetto pericoloso per qualunque contatto concreto.44 Alla fine della guerra civile varie centi-

naia d’italiani s’erano fermati in Spagna, per essere impie- gati dall’ambasciata, dal partito o negli uffici della missione militare, o per matrimoni con cittadine spagnole o altre si- tuazioni personali. Dal 1939 vi sono degli accordi tra PNF e FET per i quali non sono possibili iscrizioni d’italiani alla FET e di spagnoli al PNF.45 Viene però fatta un’eccezione

alla regola per gli ex combattenti del CTV che supera l’im- possibilità dell’iscrizione alla Falange di stranieri. Dopo una sequenza di richieste viene creata, infatti, una speciale se- zione denominata Simpatizantes militantes extranjeros, che è cosa ben diversa dai semplici simpatizzanti stranieri che in Italia sono tesserati a migliaia.46Le schede dei primi, con-

servate ad Alcalá de Henares, sono interessanti perché ap- partenenti a veri iscritti italiani alla Falange;47persone che

hanno fatto la guerra in Spagna o che comunque hanno avu- to relazioni certe con il paese.

Vi è una varietà umana peculiare. Vi si trova, è un esem- pio, il sarto abruzzese di Casalbordino che ha perso una ma- no nell’assedio di Malaga. Lavora al Banco di Napoli, ha la quinta elementare e nel 1942, all’atto di iscriversi, con calli- grafia incerta lamenta che dei soldi spagnoli non ha ancora visto niente per poi scandire affianco alla firma: VINCERE. Oppure vi è il laureato in scienze politiche bresciano che ha

fatto 18 mesi di guerra come tenente, o l’usciere del PNF o il medico chirurgo. Molti di professione si definiscono sem- plicemente «legionario» o, meglio ancora, «squadrista» o «camicia nera». I dati dello schedario ci aiutano nel traccia- re dei profili precisi. In larga parte sono ex soldati del CTV48

e fascisti occupati in Spagna come funzionari di partito. Il 30% è rappresentato da militari, una buona parte di questi ufficiali o sottufficiali. Oltre il 5% è diretto dipendente del PNF. Non mancano però un 16% d’operai o braccianti e una quota similare d’impiegati. L’iscrizione alla Falange di que- sti uomini è concentrata in due momenti precisi. Il 55% s’i- scrive nel corso della guerra civile, soprattutto durante il 1937. Non troviamo schede che si riferiscono agli anni 1940 e 1941. Il rimanente 45% s’iscrive a partire dal 1942 a far supporre, a guerra mondiale compromessa per l’Italia, una volontà di stabilizzarsi nel nuovo paese di residenza. L’età media è abbastanza bassa. Ricalca il modello dell’età media dei volontari per scelta politica del CTV rispetto ai volonta- ri «economici» durante la guerra civile. I secondi si distin- guevano tra l’altro per un’età media ben più alta.49La metà

ha meno di 30 anni; quasi l’80% meno di 40. La composi- zione geografica rispecchia in maniera fedele la demografia delle varie regioni italiane. Appena il 2% si dichiara analfa- beta ma ben il 55% di persone ha una scolarizzazione appe- na elementare nelle gradazioni comprese tra il secondo anno e la licenza. Il 7% del campione si ferma alle gentiliane scuole «avviamento», un 16% inizia ma non completa la scuola superiore che invece dovrebbe aver completato una buona parte di una quota del 18%. I laureati rappresentano circa il 4%.50Le pressioni tedesche sulle centinaia di dipen-

schierano dalla parte della RSI tre ufficiali e un sottufficiale del regio addetto aeronautico. L’azione tedesca premerebbe soprattutto sul regio console a Madrid, Nostini. È l’uomo che per grado potrebbe aspirare alle credenziali almeno co- me incaricato d’Affari repubblichino nella capitale spagno- la. Quando questi, dopo l’iniziale entusiasmo, si tira indie- tro per motivi che Muffone definisce poco chiari,51 il regio

console a Malaga, Morreale, sarà ben felice di accettare l’incarico.52Porterà con sé vari membri della missione mili-

tare italiana, assumendo la carica d’agente del governo di Mussolini in Spagna.

Aldo Albonico53 conferma i finanziamenti alle due rap-

presentanze italiane da parte sia della Germania che degli Alleati. Il governo nazista mette in atto pressioni sulla Spa- gna per ottenere un cambio d’atteggiamento sull’Italia, che possiamo definire di discreta importanza. Ritenendo inade- guato Morreale alle trattative, viene chiesto e ottenuto il vi- sto d’ingresso in Spagna per l’ex incaricato d’Affari a Berli- no, Rogeri di Villanova. Anche Rogeri si defila, per motivi che Paulucci scrive di ignorare. Non resta ai repubblichini che appoggiarsi al console a Malaga. Questi, non appena in- caricato, si reca in Germania e nell’Italia occupata per istru- zioni. Alla fine di dicembre, al suo ritorno in Spagna, Radio Roma lancia la notizia dell’avvenuto riconoscimento della Repubblica Sociale. Si afferma anche che l’ambasciatore Paulucci avrebbe lasciato la capitale. Anche i bollettini di

Corrispondenza Repubblicana, che sarebbero redatti di pro-

prio pugno dallo stesso Mussolini, annunciano più volte co- me avvenuto il riconoscimento.54La notizia fa molto rumore

e la situazione resta confusa per qualche giorno. Perfino l’ambasciatore statunitense Hayes deve farsi chiarire da Jor- 173

dana che nessun cambio di atteggiamento è avvenuto né è atteso da parte del governo spagnolo. È il solito equilibri- smo franchista. Per Jordana stesso – ma il ministro procede- rebbe ben più spedito se non dovesse scontrarsi col diverso atteggiamento di Franco – la posizione è quella di tirare avanti mantenendo la situazione il più indefinita possibile. Il Dipartimento di Stato emette un comunicato, diffuso il 31 dicembre 1943 dalle radio alleate. Un alto funzionario spa- gnolo vi definisce «flagranti menzogne» i comunicati delle radio di Roma e Berlino in merito al riconoscimento della RSI. È indicativo però che radio e stampa spagnole nono- stante ciò continuino ad ignorare il tutto. È un silenzio fatto notare anche da Radio Londra il giorno 7 di gennaio.

Nel frattempo Morreale e Muffone si concentrano, oltre che sugli italiani residenti, sugli equipaggi dei piroscafi alla fonda nelle acque spagnole. Ai comandanti di questi ultimi ordina o, meglio, prova a ordinare, in quanto agenti del go-

verno Mussolini, la requisizione degli stessi. Si consolida

nell’ambito governativo spagnolo la posizione di ammettere Morreale con il rango d’agente ufficioso. Vi si giunge, oltre che come concessione al partito, per motivi di reciprocità e a tutela degli interessi spagnoli nel territorio controllato dal- le truppe d’occupazione naziste. È lo stesso Jordana a con- fermare il nuovo atteggiamento ad Hayes, ovviamente in fermo disaccordo. Una volta di più è necessario sottolineare la mancanza di linearità franchista.

L’accettazione di Morreale sarebbe anche da attribuirsi ad un ulteriore messaggio di pugno di Hitler a Franco insi- stendo in tal senso. È in fondo un ritorno, a quattro mesi di distanza, all’iniziale compromesso ventilato di uno scam- bio, tutto ufficioso, tra il riconoscimento di Mussolini e

quello di De Gaulle richiesto dagli Alleati. Da una parte vi è il graduale consolidamento di una contraddittoria neutralità, alla quale si è arrivati solo nei mesi centrali del 1943,55sem-

pre aiutata dalla persistente dipendenza dagli Alleati in fatto d’approvvigionamenti. Dall’altra vi è la persistenza, da par- te dell’opinione pubblica vincente spagnola, di una sicura predilezione per l’Asse. Nel contesto che ci interessa, per l’entourage del governo franchista, l’adesione ideologica si salda alla concreta materiale sproporzione tra gli interessi spagnoli nell’Italia repubblichina in quella fase pre-Libera- zione di Roma e gli interessi nella zona badogliano-alleata. In ogni caso, per ideologia o per direttive precise, il compor- tamento delle autorità spagnole, centrali o periferiche che siano, falangiste o timorose di reazioni di questa, nei riguar- di dei regi uffici in Spagna, cambia. Da quel momento in avanti si creano nello svolgimento di ogni pratica, anche d’ordinaria amministrazione, inusitate difficoltà, problemi e diluizione dei tempi di disbrigo.56Per l’ambasciata britanni-

ca57dopo gli accordi del 2 maggio con Jordana per l’espul-

sione degli agenti tedeschi, sarebbe tempo di procedere alla stessa misura nei riguardi dei repubblichini. I servizi inglesi sono in grado di produrre una lista precisa di trenta persone delle quali richiedono l’espulsione. Tra queste indicano quelle che risultano loro impegnate in attività di spionaggio: Jordana non fa nulla. Evita perfino di rispondere. Muore d’improvviso il 5 agosto 1944. Dopo di lui, ancora in otto- bre, al momento della nomina dei nuovi ambasciatori tra Italia badogliana e Spagna franchista, quest’ultima, in ma- niera indiretta ma precisa, continua a tessere la tela delle relazioni con l’Italia repubblichina. Il successore di Jorda- na è José Felix de Lequérica, già ambasciatore a Parigi, fe- 175

delissimo di Franco e raccontato da Paul Preston come ci- nico, francofobo, antisemita58e ben più incline all’Asse del

suo predecessore. Rallenta di nuovo il cammino verso la neutralità come testimonia anche l’atteggiamento dilatorio per la restituzione della flotta badogliana ancorata nei porti iberici.

Il dramma della corazzata «Roma» e della flotta