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Da Orfeo a Timoteo: una climax di ποικίλη κιθαρῳδία

Nei versi 221-236 Timoteo giustifica le proprie scelte compositive alla luce della tradizione che lo ha preceduto, mettendo in luce come anche gli archegeti Orfeo e Terpandro accrebbero progressivamente le potenzialità dello strumento a corde e la varietà melodica della performance citaredica, tanto da poter essere entrambi considerati legittimi precursori della sua ποικιλία. Questa rilettura interessata dello stesso passato musicale che la critica conservatrice difende dalle novità spregiudicate del poeta non consiste in una ricostruzione ex novo delle figure di Orfeo e di Terpandro, bensì in una reinterpretazione funzionale di alcuni dati tradizionali e riconosciuti. Da un punto di vista formale, la sezione ha la struttura di un succinto catalogo in cui ciascuna ‘voce’ presenta degli elementi fissi, come il nome del poeta, le sue acquisizioni artistiche e la sua provenienza, secondo uno schema del tutto affine a quello utilizzato dai trattati prosastici di argomento musicale di cui possediamo alcuni specimina nel de musica pseudoplutarcheo. Ben diverso è tuttavia il fine che sorregge la costruzione catalogica nella sphragis: Timoteo se ne serve non soltanto per garantire alla storia della citarodia un’interessata continuità evoluzionistica, ma anche per esaltare le sue novità sopra tutti i precedenti contributi artistici, anche quelli più illustri: ponendosi al vertice di una climax ascendente di ποικιλία compositiva, di fatto Timoteo relega le innovazioni di Orfeo e Terpandro a foils delle proprie639.

639 L’impostazione priamelica dell’intera sezione– per la quale rimando a Race 1982, 86 - sembra suggerita anche dalla sbilanciata ripartizione dei versi tra gli exempla di Orfeo, Terpandro e Timoteo. Mentre la menzione dei primi due si

187 Le dinamiche interne della diadoché presentata da Timoteo sono state ulteriormente approfondite da Ercoles. Lo studioso, che accoglie l’assetto testuale wilamowitziano dei vv. 221ss. (<χέλυν ἐτέκνωσεν>), ipotizza che il sostantivo χέλυς possa rievocare la tradizione mitica della testa di Orfeo che galleggia con il suo strumento sul fiume Ebro fino a giungere sulle sponde di Lesbo, nel modo in cui il poeta elegiaco ellenistico Fanocle l’ha narrata (Phanocl. fr. 1, 15-20 Pow. = [Orph.] 1054 (I) T II/2 Bernabé)640: è evidente che tale leggenda crea un ponte tra la citarodia orfica e la fiorente tradizione musicale di Lesbo, che comprende in primo luogo Terpandro. Secondo Ercoles ci sono buoni elementi per supporre che questo legame di successione artistica tra due sia codificato nella storia della citarodia già all’altezza temporale di Timoteo: infatti Glauco di Reggio, contemporaneo del Milesio, ci riferisce che Terpandro imitò direttamente Orfeo nella composizione dei canti. Ci sarebbero dunque buoni margini per credere che Timoteo conoscesse già tale tradizione mitica e se ne servisse per giustificare le proprie innovazioni sotto lo scudo della tradizione musicale eolica. Questo era possibile perché Lesbo non costituiva soltanto il punto di incontro tra l’arte di Orfeo e quella di Terpandro, ma anche l’anello che congiungeva quest’ultimo a Timoteo: Frinide, maestro del Milesio, era un auleta di Mitilene istruito alla citarodia da un ἀπόγονος di Terpandro fiorito al tempo delle Guerre Persiane641

. Nella sphragis dunque Timoteo si identificherebbe come ultimo epigono del privilegiato magistero eolico, sula base di questi legami mitici e paideutici. Tale legame sarebbe inoltre sottoloneato sul piano formale dalla scelta del metro, carratterizzato dalla presenza pressoché esclusiva di strutture eolo-coriambiche.642.

Una taciuta allusione a Lesbo come tramite di collegamento tra l’exemplum di Orfeo e quello di Terpandro potrebbe avere un margine di verosimiglianza: infatti, va ricordato che la

esaurisce ciascuna nel giro di due priapei, lo spazio dedicato a Timoteo è metricamente articolato in una sequenza efimnica (glyc. + glyc.+ pher.), un priapeo e una periodo tricolico composto da un gliconeo, due dimetri polischematici e una clausola bacchiaca, il quale funge anche da chiusura dell’intera sphragis. Per questa colometria cf. Ercoles 116s. Un simile sviluppo dello spunto eurematico attraverso l’uso retorico della Priamel è particolarmente evidente in un frammento elegiaco di Crizia, contenente un catalogo di popoli πρῶτοι εὑρεταί a ciascuno dei quali è associata una specifica invenzione (Critias 88 B 2, D-K = fr. 2, W2). La rassegna di Crizia, che condensa la menzione di ciascuna città e del suo ritrovato nel giro di pochi versi, si configura come una Priamel che culmina nella menzione delle arti scoperte dalla città di Atene, come ci viene per altro confermato dalla fonte che ci trasemette il frammento (Ath. Epit. I 28b καὶ ἐπαίνεται ὄντως ὁ Ἀττικὸς κέραμος). Alla menzione di Atene, Crizia non riserva soltanto una quantità di versi più generosa rispetto agli altri exempla (vv.13-15), ma anche un linguaggio decisamente più ricercato, come si evince dalla perifrasi allusiva e di tono chiaramente laudatorio che sotituisce il nome propriodella città (v. 15 ἡ τὸ καλὸν Μαραθῶνι καταστήσασα τρόπαιον) e che presenta delle forti affinità formali con l’espressione usata da Timoteo per designare Mileto e la Ionia sua patria (PMG 791, 234-236 Μίλητος δὲ πόλις νιν ἁ / θρέψασ᾿ἁ δυωδεκατειχέος / λαοῦ πρωτέος ἐξ Ἀχαιῶν). Per queste peculiarità linguistiche di Crizia e per le somiglianze con quelli di Timoteo cf. Garzya 1952, 107s.. Per l’interesse al tema e alla figura del πρῶτος εὑρετής in ambiente sofistico, cf- Kleingunther, 1933.

640 Quella di Fanocle è la prima testimonianza del mito pervenutaci. Dopo di lui, si ricordino Tzetz. Chil. XIII 153-161= 1052 (IV) T II/2 Bernabé, secondo cui la testa di Orfeo approdò a Mitilene; Himer. Or. 26,34 (125 Colonna) = 1052 (V) T II/2 Bernabé; Arist. Or. 24, 55 Keil = 1067 T II/2 Bernabé. Per il racconto del mito in Nicomaco di Gerasa e Mirsilo, cf. infra n 155.

641 Per la fonte della notizia, cf. schol. Ar. Nub. 971a. α, 187s. Holwerda ( = Suda φ 761 Α.) τὰς κατὰ Φρῦνιν Ε: […] EA ἦν [scil. Φρῦνις] δὲ Ἀριστολείτου μαθητής. ὁ δὲ Ἀριστόκλειτος τὸ γένος ἦν ἀπὸ Τερπάνδρου, ἤκμασε δὲ ἐν τῇ Ἑλλάδι κατὰ τὰ Μηδικὰ. Παραλαβὼν δὲ τὸν Φρῦνιν αὐλῳδοῦντα κιθαρίζειν ἐδίδαξεν.

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188 navigazione della cetra di Orfeo verso Lesbo come αἴτιον della fioritura musicale dell’isola è ben testimoniata dalle fonti e più di una ci riferisce che lo strumento e la testa di Orfeo approdarono proprio ad Antissa, patria di Terpandro; tra queste, Nicomaco di Gerasa riferisce di un passaggio diretto della lira di Orfeo nelle mani del citaredo lesbio643. Inoltre, a sostegno dell’esistenza di una tradizione mitica che collega Orfeo a Terpandro già all’altezza dell’epoca classica, possediamo plausibili testimonianze vascolari: alcuni studiosi hanno infatti creduto di riconoscere la scena di διαδοχή in un’hydria attica a figure rosse del 440-430 a.C., dove la testa di Orfeo viene tirata su da un giovane uomo barbuto (Terpandro) al cospetto delle Muse, tra cui la madre Calliope che tiene in mano una lira644.

Tuttavia, il punto dell’argomentazione di Ercoles che maggiormente scoraggia, a mio parere, questa sua ricostruzione è il legame tra Terpandro e Timoteo attraverso la mediazione di Frinide. Va detto che la maggioranza degli studiosi basa l’assunto del rapporto di apprendistato che legherebbe Timoteo a Frinide su un passo della Metafisica aristotelica: Arist. Met. II 993b, 12-19 οὐ μόνον δὲ χάριν ἔχειν δίκαιον τούτοις ὧν ἄν τις κοινώσαιτο ταῖς δόξαις, ἀλλὰ καὶ τοῖς ἐπιπολαιότερον ἀποφηναμένοις· καὶ γὰρ οὗτοι συνεβάλοντό τι· τὴν γὰρ ἕξιν προσήσκησαν ἡμῶν. Εἰ μὲν γὰρ Τιμόθεος μὴ ἐγένετο, πολλὴν ἂν μελοποιίαν οὐκ εἴχομεν· εἰ δὲ μὴ Φρῦνις, Τιμόθεος οὐκ ἂν ἐγένετο. τὸν αὐτὸν δὲ τρόπον καὶ <ἐπὶ> τῶν περὶ τῆς ἀληθείας ἀποφηναμένων· παρὰ δ᾿ἐνίων παρειλήφαμέν τινας δόξας, οἱ δὲ τοῦ γενέσθαι τούτους αἴτιοι γεγόνασιν. Dall’immediato contesto della citazione di Timoteo e di Frinide, si evince che essa s’inserisce a guisa di exemplum in una riflessione di Aristotele su quali opinioni filosofiche del passato citare al momento di affrontare il tema della sua trattazione: egli afferma che non basta attingere a quanti hanno detto qualcosa di rilevante e condivisibile, ma occorre farlo anche con chi, pur non avendo avuto la stessa importanza e fortuna, ha aperto la strada agli altri. La menzione di Frinide e del suo rapporto con Timoteo sembra dunque voler elucidare questo ruolo di precursore, senza implicare un rapporto di maestro / discepolo tra i due645. Letta in questa prospettiva, la testimonianza di Aristotele trova conferma in

643 Cf. Nicomach. Geras. 266, 2 Jan = 1099 T II/2 Bernabé = Terp. T. 53b G. …τὴν λύραν αὐτοῦ [scil. Ὀρφεύς] βληθῆναι εἰς τὴν θάλασσαν, ἐκβληθῆναι δὲ εἰς Ἀντίσσαν πόλιν τῆς Λέσβου, εὑρόντας δὲ ἁλιέας ἐνεγκεῖν τὴν λύραν πρὸς Τέρπανδρον. Su questa testimonianza vedi Power 2010, 350-355. Per l’approdo della lira ad Antissa, cf. anche Antig. Caryst. Hist. Mir. 5 =1065 (I) T II/2 Bernabé ὁ δὲ Μύρσιλος, ὁ τὰ Λεσβιακὰ συγγεγραφώς (FGrHist 477 F2) φησὶν τῆς Ἀντισσαίας, ἐν ᾧ τόπῳ μυθολογεῖται καὶ δείκνυται δέ ὁ τάφος ὑπὸ τῶν ἐγχώρίων τῆς τοῦ Ὀρφέως κεφαλῆς, τὰς ἀηδόνας εἶναι εὐφωνοτέρας τῶν ἄλλων.

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Cf. LIMC VII/1 (1994) s.v. Orpheus n. 68 con il commento di Garezou in VII/2 (1994), 88. Per l’identificazione dell’uomo barbuto con Terpandro cf. Schmidt 1972, 128ss. e Lissarague 1995, 132.

645 Per quest’interpretazione, si veda il commento al passo di Alessandro di Afrodisia (Alex. Aphrod. Comm. in Ar. Met. 993b11, 144 6-15) ὅτι γὰ χρήσιμοι οἱ ὁπωσοῦν ἀρξάμενοί τινος καί οὐχ οἱ ἐπὶ πλέον ἐπεργασάμενοι μόνον, δῆλον ἐποίησε παραθέμενος Τιμόθεόν τε ὅς ἄριστος ἐδόκει γεγονέναι μελοποιὸς, καὶ Φρῦνιν ὃς ἀρχαιότερος ἐγένετο Τιμοθέου, οὐ μὴν τοιοῦτος τὴν τέχνην· τούτων γὰρ παρὰ μὲν Τιμοθέου τὴν μελοποιίαν, παρὰ δὲ Φρίνιδος τὸ Τιμόθεον τοιοῦτον γενέσθαι· οὐ γὰρ ἂν ἐπὶ τοσοῦτον οὗτος ἐξειργάσατο ταῦτα μὴ πρῶτου ἐκείνου γιγνομένου τε καὶ ἀρξαμένου. ὡς δὲ ἐπ᾿ἐκείνων ἔχει, οὕτω δὲ καὶ ἐπὶ τῆς καλῆς κατὰ τὴν ἀλήθειαν θεωρίας· παρὰ μὲν γάρ τινων ἔχομεν δόξας τινάς αἷς ἄξιον χρῆσθαι ὡς ἐχούσαις περιττόν τι, ἄλλοι δὲ τοῦ τούτους εἰπεῖν τι καὶ εὑρεῖν τοιοῦτον ἐγένοντο αἴτιοι. Cf.

189 alcune fonti letterarie e antiquarie che tracciano una linea di continuità tra le innovazioni di Frinide e quelle ancor più perfezionate di Timoteo, che delle prime sono la diretta scaturigine646.

Va inoltre osservato che, se di un diretto discepolato di Timoteo non c’è testimonianza sicura, ve ne è tuttavia una evidente della sua rivalità con il citaredo di Mitilene: in un suo frammento, Timoteo si vanta beffardamente di aver ottenuto una vittoria su Frinide e ne affida boriosamente l’annuncio alla voce di un araldo (Tim. PMG 802 ap. Plut. de laud. ips. 1, 539c μακάριος ἦσθα, Τιμόθε᾿, ὅτε κῆρυξ / εἶπε· νικᾷ Τιμόθεος Μιλήσιος τὸν Κάμωνος τὸν ἰωνοκάμπταν). L’epiteto ἰωνοκάμπτας647

è costruito sulla falsa riga del lessico derisorio riservato ai nuovi virtuosi dalla commedia antica, in cui i termini καμπή, κάμτω et simm. indicavano la tortuosità e l’eccessiva sofisticatezza delle loro modulazioni e dei loro vocalismi648

. Il fatto che Timoteo si appropri del linguaggio dei propri critici per sottolineare la vittoria su un avversario, in un modo del tutto simile in cui si appropria del concetto di ‘disonorare l’antica musica’ per dare volto ai μουσοπαλιολῦμαι nella sphragis, fa dubitare che all’altezza della composizione dei Persiani egli nutrisse una tale riconoscenza nei confronti di Frinide tanto da includerlo tacitamente nel suo catalogo di incliti citaredi.