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Il testo seguito è quello di Davies 1991 mentre l’apparato è una rielabolazione e un aggiornamento di quello di Calame 1983.

PMGF 39 = fr. 91 Cal. (ap. Ath. IX 389f - 340a) ϝἔπη τάδε καὶ μέλος Ἀλκμάν

εὗρε γεγλωσσαμέναν κακκαβίδων ὄπα συνθέμενος

1 ἐπη γε δε cod. A: ἐπήγαγε Casaubon: ἐπῆγε Ursinus : ἔπη δέ γε Diehl, prob. Calame : ἐπηγε δὲ Welcker : ἔπη τε δὲ vel ἔπη τάδε Emperius : ἔπη δέ τε Hartung : ἐπείγε δὴ Meineke : ἔπη τάδε Bergk, probb. Page, Campbell, Davies : ϝἔπη δὲ prob. Wilamowitz : ἔπη δέ γα Edmonds : ἔπη γε vel δὲ dub. Pontani | καὶ om. Ursinus : καμμέλος dub. Emperius 2 εὑρετε γλωσσαμενον A: εὗρέ τε γλῶσσα μὲν τό Ursinus : εὗρέ τε γλωσσαμένον Schweighäuser : εὗρε (vel εἷρε) τε γλώσσαλγόν ποκα (vel θαμά) Emperius : εὗρέ τε γλῶσσα νόμον Hermann : εὕρετο γλυκυστόμων Hartung : εὗρε γεγλωσσαμένον Meineke : εὗρέ τε γλῶσσαν ἐμοὶ Desrousseaux : εὗρε γεγλωσσαμέναν Marzullo, probb. Page, Campbell, Davies : εὗρέ τε γλωσσαμενᾶν Gallavotti 3 κακαβίδων Welcker | ὄνομα A: ὄπα Schneidewin, probb. plerique edd. : ὤνομα Welcker : οὔνομα Anon. : στόμα Emperius : ὅμαδον Hermann : ὤνομα Bergk : ὁμά Gallavotti128

127Sul concetto poetologico di εὑρεῖν in Alcmane e sulla sua importanza nella lirica arcaica, cf. Kraus 1955, 78ss. e Maehler 1963, 72ss. Per eu`rei/n come ‘scoperta’ e ‘novità’ cfr. in riferimento all'elemento musicale Stesich. PMG 212 τοιάδε χρὴ Χαρίτων δαμώματα καλλικόμων / ὑμνεῖν Φρύγιον μέλος ἐξευρόντας ἁβρῶς / ἦρος ἐπερχομένου; Pind. O. 3,4-6 Μοῖσα δ᾿οὕτω τοι παρέστα μοι νεοσίγαλον εὑρόντι τρόπον / Δωρίῳ φωνὰν ἐναρμόξαι πεδίλῳ / ἀγλαόκωμον·; in riferimento ai λόγοι e agli ἔπη, cf. N. 8,21s. νεαρὰ δ᾿ἐξευρόντα δόμεν βασάνῳ εἰς ἔλεγχον / ἅπας κίνδυνος· κτλ.; O. 9,80-82 εἴην εὑρεσιεπὴς ἀναγεῖσθαι / πρόσφορος ἐν Μοισᾶν δίφρῳ· τόλμα δὲ καὶ ἀμφιλαφὴς δύναμις / ἕσποιτο; cfr. inoltre I. 5,62-63 λάμβανέ οἱ στέφανον, φέρε δ᾿εὔμαλλον μίτραν, / καὶ πτερόεντα νέον σύμπεμψον ὕμνον. Questa istanza poetica prelude alla tendenza tipica in epoca tardo-arcaica e poi classica di associare l'origine di una forma artistica specifica o la sua prima applicazione ad uno “scopritore”. Lo stilema letterario del πρῶτος εὑρετὴς è già in Pindaro, il quale attribuisce a Atena l'inventio del πολυκέφαλος νόμος (Pitica 12, vd. infra) e a Terpandro quella della βάρβιτος (fr. 125 S.-M.). Lo stesso poeta, parlando delle numerose scoperte operate dai Corinzi, codifica questo principio in una efficace formula (O. 13,17): ἅπαν δ᾿εὑρόντος ἔργον. L'associazione inventio / inventor conosce anche una forma letteraria autonoma ,il cosiddetto catalogo περὶ εὑρημάτων che nasce alla fine del V sec. a.C. Pratica di gusto sofistico, essa trova nell'elegia di Crizia uno dei suoi esempi più limpidi (Crit. VS 81 B 2 = 2 W.2). Vedi Kleingünther 1933, 21-28 e 145.

128 Per la comprensione dell’apparato valgano le seguenti indicazioni: A = Marc. gr. 447; Ursinus = Ursinus 1568; Casaubon = Casaubon ap. Schweighäuser 1804; Anon. = Anonymus, «Jenaische allgemeine Literatur Zeitung» CCXLVIII (1806) 135; Welcker = Welcker 1815; Emperius = Emperius, «Zeitschrift für die Altertumswissenschaft» LXI (1835) 6; Hermann = G. Hermann, «Zeitschrift für die Altertumswissenschaft» LXVII (1836) 538; Schneidewin = Schneidewin 1844; Hartung = Hartung 1856; Bergk = Bergk 18824; Wilamowitz = Wilamowitz 1900; Diehl = Diehl 1925; Edmonds = Edmonds 19282; Pontani = Pontani 1950; Desrousseaux = Desrousseaux 1952; Marzullo = Marzullo 1955; Page = Page 1962; Gallavotti = Gallavotti 1972; Calame = Calame 1983; Campbell = Campbell 1988; Davies = Davies 1991.

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v.1. Il testo tràdito riporta ἐπη γε δε129: se si escludono quanti hanno ricostruito un problematico

imperfetto ἐπῆγε / ἐπᾶγε (tra gli altri, Schweighäuser Welcker, Hermann, e, da ultimi, Desrousseaux e Gallavotti130), la restituzione del termine ἔπη di Emperius è generalmente accettata (ἔπη τε δὲ o

alternativamente ἔπη τάδε in Emperius; ἔπη δέ τε in Hartung131). Dopo di lui, Bergk pone a testo

accanto a ἔπη il dimostrativo τάδε, ipotizzando una corruzione in γε δὲ sulla base di un passaggio τάδε > γα δὲ > γε δὲ132; questa è la lezione accolta nelle edizioni di Page 1962 e Davies 1991.

Calame 1983 legge ἔπη δέ γε, come già Diehl 1925. Tale soluzione, a parere dello studioso conserva una maggiore aderenza al testo e elimina così il problema di un dimostrativo con valore prolettico in una sezione che, si presume, doveva chiudere il componimento133. Sebbene non si

possa postulare con certezza per il frammento una posizione in chiusura di canto e il valore prolettico del pronome ὅδε non sia una norma inderogabile134, la soluzione di Calame sembra

convincente e il passaggio da ἔπη δέ γε a ἐπη γε δε si spiega facilmente con un’inversione dell'ordo verborum uno degli errori più comuni registrati nel Marcianus di Ateneo135.

v.2. Il testo tràdito presenta εὑρετε γλωσσαμενον e la mancanza di accenti, rara nel Marcianus, fa pensare che lo scriba abbia copiato una sequenza di lettere già corrotta e priva di senso. Al di là della facile ricostruzione del verbo εὗρε, il termine γλωσσαμενον fa difficoltà, sia a livello di traducibilità, in quanto hapax legomenon, sia per la ricostruzione della sua forma nel testo di Alcmane. Numerosi studiosi, a partire dall’Orsini che emenda in γλῶσσα μὲν το,, hanno ritenuto che la presenza del verbo generasse un'aporia insanabile nel contesto del frammento e sono variamente intervenuti: Emperius emenda in τὸ γλώσσαλγόν (πόκα vel θαμά) / κακκαβίδων στόμα συνθέμενος kakkabi,dwn, interpretando: «…Alcman, imitatus perdicum garrulum os»136.

129

Per la divisione di ἐπη γε δε di v.1 e εὑρετε γλωσσαμενον di vv. 1-2 nel testo del Marcianus, cf. Marzullo 1955, 73 e dopo di lui Calame 1983, 116; così anche Page1962 e Davies 1991, i quali leggono al v. 1 ἐπη γε δὲ). Prima di loro Schweighäuser 1804, 145 legge ἐπηγε δὲ. e ευρε τε γλωσσαμενον, seguito da Emperius 1835, 6; Hermann 1836, 538; Hartung 1856, 137; Meineke 1867, 170; Bergk 18824; Diehl 1925; Edmonds 19282; Desrousseaux 1952, 40.

130 Cf. Schweighäuser 1804, 145; Welcker 1815, 37; Hermann 1836, 538; Desrousseaux 1952, 41 e Gallavotti 1972, 34. Per la difesa dell’imperfetto si veda in particolare Desrousseaux 1952, 41: «Cet imparfait à côté de l’aoriste eu-re nous semble plutôt indiqué par la valeur relative des temps». Con ciò traduce «en même qu’il fournissait …». Tuttavia, come già osservava ancor prima Emperius, il verbo ἐπάγω difficilmente può adattarsi al sostantivo μέλος tanto nel suo senso metaforico di “sospingere”, quanto in quello pratico di “fornire, introdurre”. Cf. LSJ9 602s. s.v. Ulteriori ragioni probanti di carattere stilistico sono in Marzullo 1955, 78ss. Lo studioso mette in evidenza come l’allineamento sintattico creato da ἐπῆγε καί…εὗρε τε sia senza riscontri nell’uso correlato delle particelle coordinanti.

131 Cf. Emperius 1835, 6; Hartung 1856, 137. 132 Cf. Bergk 18824, 46.

133

Cf. Calame 1983, 480 ad l.

134Cf. Schwyzer-Debrunner, GG II, 209 (detto di οὗτος, ὅδε, ἐκεῖνος): «alle drei können ein vorausgehendes Satzglied aufnehmen oder eine folgende Apposition..vorbereiten.»

135Sulle tipologie di errori del Marciano, cf. le osservazioni di G. Arnott 2000, 41-52. Per la successione γε δὲcf. DP2, 152.

136 Cf. Emperius 1835, 6. Sulla congettura, vedi Marzullo 1955, 85. Occorre osservare che l’aggettivo γλώσσαλγος con il significato di «talking till one’s tongue aches, garrulous» (cf. LSJ9 353 s.v.) è con ogni probabilità un composto di origine più tarda, la cui formazione è stata facilitata dal precedente di γλώσσαργος, che in Pindaro sta a indicare, in senso affatto positivo, la vivacità del canto (fr. 140b,13 S.-M.). Cf. Chantraine 1970, 92-95.

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Dopo di lui, Hermann, nella volontà di una maggiore aderenza al testo tràdito, adotta una soluzione testuale ancora più audace: ad Alcmane che fornisce il canto si affianca una ‘lingua’ che trova la melodia, armonizzando (con participio maschile!) le voci scomposte delle pernici (ἐπᾶγε δὲ καὶ μέλος Ἀλκμάν / εὗρέ τε γλῶσσα νόμον κακκαβίδων ὅμαδον / συνθέμενος)137. Dopo di lui, Hartung

emenda in εὕρετο γλυκυστόμων, ricostruendo sul tràdito γλωσσαμενον un composto hapax legomenon concordato con κακκαβίδων, così interpretando: «Die Worte und Weisen erfand Alkman, der Rebhuhn-Kehle ablaschend den süßen melodischen Ton»138. Da ultimo, Desrousseaux

emenda in εὗρε τε γλῶσσαν ἐμοί e immagina che il coro, in prima persona, lodi le qualità di Alcmane come poeta che gli ha fatto dono di ‘melodia e parole’139.

Eppure, già Schweighäuser si era pronunciato a favore dell’autenticità del verbo: «verbum γλωσσάμενον nusquam alibi, quod sciam, reperitur: videtur autem esse participium a themate γλωσσάω, etc.»140. Dopo di lui in tal senso si muove anche Meineke, il quale propone εὗρε

γεγλωσσαμένον concordando il participio con il successivo στόμα (proposto per il tradito o;noma da Emperius, vedi infra) e traduce «linguatum os»141. La congettura γεγλωσσαμένον στόμα e la

traduzione offertane da Meineke hanno avuto ampia fortuna e si trovano accolte da Pontani («(bocca) articolata, come di una lingua umana»); Kraus («beredter Mund)»); Lanata («articolato canto»)142. Diversamente Marzullo, il quale perfeziona la correzione in γεγλωσσαμέναν, adattandola

alla congettura ὄπα (sempre per ὄνομα) di Schneidewin (vedi infra). Lo studioso, tuttavia, non riconosce tale forma come genuinamente alcmanea e la espunge come glossema adattato e penetrato nel testo in un’epoca successiva a Ateneo. Page 1962 accoglie la proposta di Marzullo, integrando però il participio nel testo originale di Alcmane143. Gentili ha poi offerto probanti ragioni di

carattere metrico (la sequenza lecizio-alcmanio catalettico ben testimoniata nel Grande Partenio del Louvre) e contenutistico (la corresponsione lessicale tra ἔπη / γεγλωσσαμέναν e μέλος / ὄπα) a favore della genuinità di tale forma144. Una certa originalità offre la soluzione di Gallavotti, il quale

emenda il testo tradito in εὗρε τε γλωσσαμενᾶν, concordando quest'ultimo con il genitivo plurale

137 Cf. Hermann 1836, 538. 138

Cf. Hartung 1856, 137.

139 Cf. Desrousseaux 1952, 41 e la sua traduzione: «en méme qu’il fournissait ici sa mélodie, Alcman m’a aussi trouvé un langage, pour s’étre approvvisionné de la parole de la perdix». Occorre segnalare che il termine glw/ssa compare come componente verbale del momento performativo accanto a quella musicale anche in Eur. Alc. 357, εἰ δ᾿Ὀρφέως μοι γλῶσσα καὶ μέλος παρῆν; non altrettanto riscontro trova l’interpretazione del verbo sunti,qemai nel senso di ‘usufruire, servirsi’, né è pertinente il raffronto in nota con il luogo pindarico di P. 4,277, τῶν δ᾿Ὁμήρου καὶ τόδε συνθέμενος ῥῆμα πόρσυνε, dove il significato è quello di ‘interiorizzare’ e, dunque, ‘tenere a mente’. Cf. Gentili et all. 1995, 505.

140

Cf. Schweighäuser 1804, 145. 141 Cf. Meineke 1867, 170.

142 Cf. Pontani 1950, 42; Kraus 1955, 78; Lanata 1963, 41s. 143 Cf. Marzullo 1955, 90ss.

144

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κακκαβίδων145. In seguito Calame, non trovando soluzione al problema della traducibilità e della

ricostruzione del termine, pone tra cruces e riconosce con Desrousseaux, senza tuttavia congetturare alcunché, la presenza del termine γλῶσσα146. Dopo Davies 1991, che segue Page 1962, di recente

Bossina, recuperando le osservazioni di Gallavotti, propone di correggere in εὗρεν εὐγλωσσαμενᾶν; quest'ultimo sarebbe un participio di valore attributivo concordato con il genitivo κακκαβίδων147.

v. 3. Il testo reca ὄνομα συνθέμενος, con ὄνομα privo di senso e dunque chiaramente corrotto. Alla congettura στόμα di Emperius e con lui Meineke e l’edizione di Bergk 18824)148, fa séguito quella

di Schneidewin in ὄπα149 accolta nelle edizioni più recenti (Page 1962; Calame 1983, Davies

1991150). Quest'ultima soluzione è senza dubbio palmare, giustificabile paleograficamente sia sulla

base di una corruzione da ὄπα a ὄνομα per un'interposta dittografia, sia per la somiglianza di forma tra ΟΠΑ e il compendio ΟΜΑ151, e permette altresì di ricostruire la iunctura già omerica ὄπα

συνθέσθαι (cf. Od. XX 92)152. Gallavotti corregge il tràdito ὄνομα in ὁμά («all'unisono»),

ipotizzando la dittologia di ον; tuttavia, in un più recente contributo cita il frammento di Alcmane ponendo a testo l'emendamento ὄπα e così precisando (id., 1990, XIII n. 1): «nel codice di Ateneo, che cita il frammento, è necessario correggere la scrittura ὄνομα «nome» nella parola ὄπα «suono della voce», altrimenti in ὁμὰ«uniche, coincidenti (note)»153.