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Dal “Modello Lampedusa” al

Tabella 1 Distribuzione sul territorio dei migranti secondo il Piano di accoglienza

Capitolo 4 Uno studio di caso su Lampedusa

4.1 Dal “Modello Lampedusa” al

Fin dagli anni ’90 l’isola di Lampedusa è stata meta di sbarchi provenienti dalle coste del nord Africa, a fronte di una popolazione di circa 6.000 abitanti si parlò da subito di contesti di emergenza e le politiche adottate dall’Italia e dall’Unione Europea in merito all’immigrazione suggerirono lo “studio” dell’accoglienza sull’isola per implementare una risposta unitaria agli ingressi via mare. A metà degli anni ’90 non esistevano a Lampedusa strutture atte ad accogliere i migranti e la popolazione locale organizzava reti di solidarietà per aiutare e rifocillare gli stranieri sbarcati sull’isola che dovevano aspettare il primo traghetto disponibile per i trasferimenti “in continente”99.

A partire dalla seconda metà degli anni Novanta si avvertì la necessità di una struttura che ospitasse i migranti giunti sull’isola e si decise di scegliere l’ex stabilimento dell’Aeronautica Militare, adiacente alla pista dell’aeroporto che poteva ospitare circa 80 persone e veniva gestito dalla Croce Rossa locale. Con l’introduzione della legge Turco – Napolitano del 1998 si istituirono i Centri d’Accoglienza e l’ex caserma dell’aeronautica diventò un CPTA ovvero Centro di Permanenza Temporanea e Accoglienza con anche funzioni di primo soccorso. Negli anni il numero di sbarchi sull’isola cresceva, dal 2002 iniziarono anche i primi arrivi di migranti sub sahariani provenienti dalla Libia dopo “viaggi” della speranza nel deserto del Sahara e in una Libia intollerante nei confronti dell’immigrazione. I pochi posti adibiti all’ospitalità dei migranti in arrivo nel CPTA adiacente all’aeroporto non potevano più bastare e nel 2006 si procedette alla costruzione di un centro con più capienza sito a Contrada Imbriacola, dietro una collinetta che sorge appena fuori dal centro abitato, che fu inaugurato nel 2007.

Il centro di Contrada Imbriacola ha una capienza di 381 posti100 e spesso “ospita” molte più persone di quante non ne possa contenere. La gestione del Centro venne affidata nel 2007 alla cooperativa LampedusAccoglienza facente parte del consorzio di cooperative Legacoop Sicilia.

Sono stati scritti numerosi report da associazioni umanitarie, da commissioni del Parlamento Europeo sulle pessime condizioni del Centro di Lampedusa e sulla sua gestione sommaria ma la testimonianza più preziosa su quanto avviene all’interno del                                                                                                                          

99 Tesi di dottorato di Gianluca Gatta, Corpi alla deriva. Etnografia degli sbarchi a Lampedusa,

L’Orientale di Napoli 2007

100 Dato reperito dal sito del Ministero dell’Interno:

Centro è sicuramente quella di qualcuno che vi ha “soggiornato”. Fabrizio Gatti, giornalista de L’Espresso e noto per i suoi reportage d’inchiesta soprattutto inerenti ai circuiti dell’immigrazione, nel 2005 ha effettuato un viaggio seguendo la rotta dei sub sahariani fino ad arrivare in Europa, è giunto a Lampedusa sotto mentite spoglie, quelle di Bilal che così descrive la fatiscenza dei locali e il trattamento riservato, in particolare dalle forze dell’ordine, alle persone “accolte” nel Centro:

«Centinaia di immigrati sono seduti sull’asfalto in file da dieci. Li hanno messi tra due baracche prefabbricate e due container. “Oggi siamo a quota 447” aveva detto qualcuno nell’ufficio identificazioni. I carabinieri gridano e ridono.[…] Due rigagnoli di liquido violaceo escono da una porta a destra e scivolano sotto i piedi delle ultime file. Il liquame puzza di urine e fogna. […]

I gabinetti nella grande gabbia di Lampedusa sono un’esperienza indimenticabile. Il prefabbricato che li ospita è diviso in due settori. In uno, otto docce con gli scarichi intasati. Quaranta lavandini. E otto turche, di cui tre stracolme fino all’orlo di un impasto cremoso. È la sorgente dei due rigagnoli viola. L’altro settore ha cinque water, di cui due senza sciacquone. Cinque docce. Otto lavandini. Dai rubinetti esce acqua salata. E non è una sensazione piacevole per chi ha la pelle scottata dal sole, ferita dal viaggio, penetrata dalla scabbia, oppure ustionata dalla benzina che quasi sempre bagna i corpi ammassati sulle barche.»101

Nel 2003 l’Italia aveva avviato accordi con la Libia, inizialmente rimasti segreti, e aveva iniziato a mettere in atto i respingimenti in mare. Nel 2005 a seguito di un ricorso alla CEDU presentato da un gruppo di migranti ingiustamente espulsi, la Corte Europea per i Diritti Umani aveva invitato l’Italia ad essere più trasparente nelle sue azioni. Con una “risoluzione su Lampedusa” il Parlamento Europeo nell’aprile del 2005 condannò l’Italia per le operazioni delle espulsioni collettive cha andavano a violare il principio di “non-refoulement” sancito nella Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato del 1951.

Nel 2005, dopo questa risoluzione, il governo italiano si adoperò per garantire sull’isola un presidio stabile e chiese a CRI, OIM, UNHCR di poter monitorare e coadiuvare il funzionamento delle operazioni riguardanti i migranti a Lampedusa.

                                                                                                                         

Il progetto Praesidium, avviato nel 2006, nel 2008 è stato implementato dalla presenza dell’organizzazione Save the Children per garantire la tutela dei minori non accompagnati102, inoltre il governo ha rafforzato la collaborazione con MSF (Medici Senza Frontiere), che si occupava degli aspetti sanitari, e con ARCI che invece operava in ambito legale, orientando i migranti alla richiesta giuridica più idonea ai loro bisogni. Il progetto Praesidium è stato esteso, negli anni, anche a tutta la regione Sicilia, alla Campania, alla Calabria, alle Marche, alla Sardegna e alla Puglia.

Tra il 2008 - 2009, a seguito di flussi migratori più consistenti, il CPSA di Lampedusa subì una modifica “temporanea” in CIE (decreto ministeriale del 24 gennaio 2009). Il decreto prevedeva questa trasformazione per 60 giorni dalla data di emissione ma allo scadere del termine prorogò per ulteriori due mesi la funzione di Centro di Identificazione ed Espulsione.

Questa modifica della natura del Centro di Lampedusa fece insorgere gli abitanti, le organizzazioni umanitarie e anche i migranti trattenuti nel Centro che a metà febbraio 2009 protestarono e arrivarono allo scontro con la polizia, in quest’occasione i due terzi del Centro di Contrada Imbriacola vennero incendiati.

Nel 2009 e nel 2010 i flussi migratori in arrivo sull’isola si arrestarono bruscamente a seguito degli accordi tra Italia e Libia ratificati nel marzo 2009 come mostra il grafico:

0 10000 20000 30000 40000 50000 60000 Mar/16 2011 2010 2009 2008 2007 2006 2005 2004 2003 Num. di migranti Anno

Fonte: rielaborazione su dati Assessorato Regione Sicilia alla Salute

                                                                                                                         

102 CRI,OIM,UNHCR,Save the Children, Progetto Praesidium. Raccomandazioni e buona prassi per la gestione dei flussi migratori misti in arrivo via mare. Reperibile all’indirizzo:

Dopo la rivoluzione in Tunisia, a gennaio 2011 sono ripresi gli sbarchi su Lampedusa in cifre consistenti che hanno portato a situazioni di sovraffollamento del CPSA e in generale di tutta l’isola. Il Ministro dell’Interno Roberto Maroni inizialmente non voleva riaprire il Centro nonostante le ristrutturazioni effettuate a seguito dell’incendio del 2009, ma a febbraio fu costretto a riattivarlo per i numerosi migranti che non avevano un riparo né un posto dove dormire. La situazione del centro risultò da subito essere al collasso in quanto la capacità limitata della struttura (381 posti estendibili ad un massimo di 804 al bisogno) non poteva far fronte alle numerose presenze di stranieri sull’isola. L’amministrazione di Lampedusa e il governo furono quindi obbligati a trovare altre soluzioni: i minori non accompagnati, che chiaramente non possono alloggiare insieme agli adulti, sono stati ospitati presso la Casa della Fraternità gestita dalla diocesi dell’isola, e i soggetti più vulnerabili, comprese donne e nuclei famigliari, ospitati presso l’ex base militare Loran.

La Casa della Fraternità era uno spazio della diocesi lampedusana, non molto grande e inadatto all’accoglienza dei minori non accompagnati poiché mancavano letti (sostituiti da materassi buttati per terra), era sovraffollata, presentava scarse condizioni igienico- sanitarie e gli adulti potevano entrare nella struttura facendo venire meno la tutela dei minori in quanto esposti ad un rischio di promiscuità. Il 3 aprile 2011 La Casa della Fraternità viene incendiata da alcuni minori ospiti del Centro che protestano per il loro mancato trasferimento sulla terraferma.

L’ex base militare americana Loran, utilizzata come CIE, fin dalla sua individuazione da parte dell’amministrazione di Lampedusa presentava lacune strutturali come il mal funzionamento della rete fognaria e dell’impianto elettrico, sembrava inoltre non essere idonea all’abitazione e carente dal punto di vista normativo in materia di antincendio. Parte dei soffitti della struttura erano crollati, mancava la divisione tra donne e uomini103 ma, per fortuna, una sala era stata adibita ad ospitare le donne vittime di tratta e alcuni minori non accompagnati.

Durante il 2011, nelle fasi di gestione degli sbarchi più difficili e affollate, molti migranti si sono accampati nei pressi del Porto vecchio, su una collinetta che poi venne definita dagli abitanti, dai migranti stessi e dai media nazionali la “collina della vergogna”. I migranti si attrezzavano con i materiali che riuscivano a reperire, come sacchi dell’immondizia e sacchi di plastica per il recupero dei cadaveri, per poi poterli                                                                                                                          

103 Il progetto Praesidium indica nella categoria “casi vulnerabili”: i minori non accompagnati, le famiglie

mono-parentali, donne in stato di gravidanza, vittime di tratta o persone a rischio di tratta e sfruttamento, vittime di tortura o di violenza sessuale, persone a rischio di violenze di genere o sessuale.

utilizzare come giaciglio ed eventuale riparo dalle intemperie, la situazione igienico- sanitaria risultava essere fortemente a rischio epidemia.

Nel 2007 il Ministero dell’Interno presentò per la prima volta al Parlamento Europeo il cosiddetto “Modello Lampedusa” caratterizzato da alcuni principi di strategia fondamentali per far funzionare in modo ineccepibile l’accoglienza dei migranti in arrivo via mare ovvero:

o Assistenza durante lo sbarco

o Trattamento sanitario immediato di casi gravi

o Accoglienza nel CPSA solo per 48h per identificare i migranti, individuare l’eventuale status del migrante

o Trasferimento celere in centri idonei all’accoglienza di queste persone sulla terraferma

o Collaborazione tra istituzioni e associazioni per migliorare costantemente il Modello Lampedusa

o Ruolo centrale del progetto Praesidium

Anche LampedusAccoglienza, la cooperativa che gestiva il CPSA descrive le operazioni centrali del lavoro che ha svolto, individuando nell’assistenza medico infermieristica h24, nell’interpretariato, nella mediazione linguistica, nella consulenza legale, nella distribuzione dei pasti, di vestiti e altri beni, le fondamentali azioni per una buona accoglienza e un’implementazione del cosiddetto “Modello Lampedusa”104. L’esperienza del 2008 aveva già messo a dura prova il “modello” di Lampedusa ma due anni dopo, durante l’Emergenza Nord Africa , quando la macchina dei soccorsi e dell’accoglienza ferma dal 2009, aveva ricominciato a funzionare mostrava all’Italia intera e all’Europa le sue lacune

Il sistema è collassato anche agli occhi dell’opinione pubblica e ancor di più di fronte ai cittadini lampedusani portati ad una situazione al limite del verosimile; nonostante tutto lo scalpore che le gravi mancanze dei più elementari diritti umani, della mancanza di condizioni basilari per l’accoglienza Lampedusa il “modello Lampedusa” è sopravvissuto fino alla fine del 2013 quando è stato mostrato al mondo intero la disumanità dei trattamenti riservati ai migranti dentro al CPSA di Lampedusa.

                                                                                                                         

104 Chiara Denaro, La crisi del Modello Lampedusa, in Academia edu, dicembre 2012,

4.2. 20 Settembre 2011

Il 20 settembre 2011 è stato un giorno cruciale nella cronologia degli eventi dell’Emergenza Nord Africa che ha decretato successivamente lo svuotamento dell’isola di Lampedusa.

Le tensioni accumulate tra migranti, istituzioni e cittadini lampedusani nei giorni precedenti al 20 settembre potevano far presagire che qualcosa sarebbe successo ma nessuno poteva prevedere quanto in effetti accadde.

Un gruppo di ragazzi tunisini, dopo essere stati trattenuti a lungo nel Centro di Contrada Imbriacola e all’indomani della notizia di un piano intensivo di rimpatri firmato dalle autorità tunisine e da quelle italiane, hanno dato fuoco a un padiglione del CPSA dove erano “ospitate” 1300 persone.

I cittadini tunisini esasperati da quello che stavano vivendo hanno appiccato il fuoco in due punti distinti del centro e il forte vento che soffiava quel giorno sull’isola ha propagato le fiamme all’intera struttura, la nuvola di fumo nero e denso si è spostata sul centro abitato e sull’aeroporto che è stato chiuso. I migranti sono quindi usciti dal CPSA in fiamme e si sono diretti nel centro abitato. Il giorno dopo nei pressi di una pompa di erogazione di benzina, un ragazzo tunisino ha preso una bombola di GPL gridando che l’avrebbe fatta esplodere, a quel punto i cittadini lampedusani hanno attaccato i migranti, con sassi e oggetti vari e dall’altra parte alcuni tunisini rispondevano alla sassaiola ed altri tentavano di scappare. Gli scontri fra lampedusani e tunisini si sono protratti con la polizia che caricava i migranti e ci sono stati veri e propri tentativi di linciaggio da parte degli abitanti nei confronti dei migranti.

Il sindaco di Lampedusa Bernardino De Rubeis dopo gli scontri ha chiesto l’intervento del Presidente della Repubblica per far fronte alla situazione ormai esplosiva. Dal giorno successivo gli scontri l’isola è stata svuotata, i tunisini sono partiti alla volta di centri d’accoglienza sulla terraferma e alcuni di loro sono stati ingiustamente trattenuti sulle navi105

Dopo l’incendio del centro di Contrada Imbriacola il governo ha dichiarato Lampedusa “porto non sicuro”. Il provvedimento ha subito suscitato le rimostranze delle organizzazioni umanitarie del progetto Praesidium e l’allora portavoce dell’UNHCR Laura Boldrini dichiarò:

«Questa decisione è carica di rischi e mette a repentaglio le vite umane.

Non solo infatti indebolisce l’intero sistema di soccorso in mare di migranti e richiedenti asilo perché a causa delle distanze sguarnisce Lampedusa, avamposto nel Mediterraneo, di mezzi navali, ma aumenta anche la pericolosità delle operazioni di salvataggio. Infatti, nel caso vi siano persone bisognose di cure mediche urgenti, donne incinte e bambini neonati, come spesso accade in questi casi, non essendo più consentito attraccare a Lampedusa, sarà necessario continuare la navigazione. Questo potrebbe mettere a repentaglio la vita dei passeggeri, mentre a Lampedusa c’è un poliambulatorio attrezzato e anche l’elicottero che in casi urgenti trasferisce i malati all’ospedale di Palermo»106.

Anche le associazioni umanitarie locali manifestavano tutto il loro rammarico per quanto successo il 20 settembre 2011, come scrivono in una nota gli attivisti di Askavusa:

«Oggi è uno dei giorni più brutti che io abbia mai vissuto, la speranza di una Lampedusa faro della solidarietà del diritto e dell'umanità si è talmente affievolita che ormai sembra solo una fantasia retorica, quell'umanità che tanto ci aveva fatto sperare e che era stata troppo presto mitizzata era come avevamo detto in altre occasioni "Poca", perché non accompagnata da una coscienza politica e sociale. Oggi a Lampedusa si è compiuto il piano del governo e dell'amministrazione locale, quello che per molti anni non era riuscito, oggi ha avuto compimento, arrivare allo scontro tra Lampedusani e migranti, in questo caso tunisini.»107

                                                                                                                         

105 Si veda il terzo capitolo del presente lavoro.

106 Dal blog di Laura Boldrini: http://boldrini.blogautore.repubblica.it/page/4/ (link consultabile al 13

gennaio 2014)

107 Dal blog dell’associazione Askavusa: http://askavusa.blogspot.it/search?updated-min=2011-01-

01T00:00:00%2B01:00&updated-max=2012-01-01T00:00:00%2B01:00&max-results=43 (link consultabile al 13 gennaio 2014)  

Il giorno dopo la guerriglia sull’isola i cittadini tunisini innalzavano striscioni con la scritte: “Libertà” e “Scusa Lampedusa”.

Queste due giornate di “guerriglia” urbana e di esasperazione sono rimaste nella memoria dei lampedusani come una ferita aperta, difficile da rimarginare.