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DI MODELLO IDENTIFICATIVO NEI PERCORSI DI CRESCITA

1. Un dato di fatto

Punto di partenza della riflessione sulla funzione simbolica di Maria, quale modello identificativo nei percorsi di crescita, è un dato di fatto deri-vante da una lettura attenta dell’esperienza e della sintesi teologica e cul-turale realizzata lungo il tempo dalla Chiesa.

Un primo dato è che Maria, la Madre di Gesù, ha sempre avuto nella Chiesa una funzione di esemplarità e di modello. Si parla, infatti, di Maria come segno riuscito, come specchio e modello per ogni discepolo di Gesù, come figura del-l’umanità perché la nuova Eva, Madre del nuovo Adamo.3

Maria, la Vergine del Fiat e del Magnificat, è stata considerata come il

3 Cf VISENTIN Maria Cecilia, Maria, perfetta immagine di Dio nella realizzazione del progetto salvifico, in AA.VV., La donna: memoria e attualità 118-161.

riferimento ideale e simbolico per ogni vocazione o progetto di vita nella Chiesa, sia per le persone consacrate che per coloro che scelgono la vita matrimo-niale. In tal senso, la sua maternità e la sua verginità – o meglio la sua maternità verginale – ha potuto ispirare lungo la storia tante forme di vo-cazione e di carismi nella Chiesa, alcuni dei quali si sono poi istituziona-lizzati.

Un altro dato che vorrei evidenziare – che tuttavia va ridiscusso – è quello derivante dall’accostamento frequente tra Maria e la questione femminile, nell’intento di interrogarsi e di chiarire lo specifico apporto del Vangelo a partire da Maria, prima discepola della Parola, al fine di in-dividuare le strade per una ri-comprensione della presenza femminile nel-la Chiesa e nelnel-la società.

Nel rivisitare le riflessioni su Maria che la comunità ecclesiale ha ela-borato lungo i secoli, si può osservare come Maria sia stata considerata l’icona tipica del femminile nella Chiesa e per la donna e le donne sparse nel mondo, come pure l’espressione del volto femminile di Dio.

In tal senso, Maria di Nazaret è stata spesso presentata come figlia, sposa e madre che realizza pienamente il disegno di Dio, accettando di ri-nunciare al suo personale progetto di vita per accogliere la volontà di Dio. Maria, contemplata nella sua maternità divina, assurge a modello di donna e madre, ma anche di tutti coloro che, docili all’azione dello Spi-rito, si affidano con fiducia alla Parola di Dio e alle sue promesse. Biso-gna far notare però – come si evince da alcuni studi biblici – che la relati-vizzazione della figura materna e dei vincoli parentali operata da Gesù 4 sia una vera novità evangelica a favore della libertà della donna, la cui identità non può rimanere legata ai ruoli sessuali a lei attribuiti dalla tra-dizione impedendone così la realizzazione in altri ruoli e compiti, ugual-mente impegnativi e fecondi. Si pensi, ad esempio, come in alcuni conte-sti culturali si sia pervenuti alla valorizzazione della scelta di verginità proprio in ragione di tale riduzione o al contrario al rifiuto.

Nel tentativo di avviare un dialogo interdisciplinare attorno alla tema-tica di Maria alla luce della questione donna ci sono stati alcuni studi che, a partire da un approccio psicodinamico, hanno evidenziato la figura di Maria di Nazaret come modello di auto-realizzazione totale e perfetta

4 Si veda in proposito un interessante studio di BOSETTI Elena, La donna nel Nuovo Testamento, in AA.VV., La donna: memoria e attualità 52-55.

della persona umana, sia uomo che donna.5 Del resto è innegabile, quan-do si analizzano le esperienze religiose o anche mitologiche, la funzione ispiratrice svolta da persone (eroi, nel caso di miti pagani, sapienti o santi all’interno di miti religiosi) che costituiscono dei modelli, delle figure-gui-da per il popolo.6

Questo contributo non è da poco, costituisce, infatti, un primo passo verso il superamento della tentazione di fissare l’identità ad una sola di-mensione, in questo caso quella femminile. Nell’attuale contesto storico e culturale è ancora più evidente la difficoltà di formulare definizioni del maschile e del femminile. Il dibattito culturale, ancora aperto, sta metten-do in luce la precarietà dei processi di identificazione e nello stesso tem-po la complessità del problema dell’identità che rischia di essere ridotta all’identità di genere, cioè alla sola dimensione psicosessuale.

Si fa strada l’idea, che ormai prende sempre più consistenza nel cam-po della riflessione scientifica, secondo la quale la figura di Maria non sia solo l’icona tipica del femminile ma di ogni percorso identitario, qualun-que sia l’identità di genere di cui il soggetto è portatore.

In questa prospettiva, se è urgente interrogarsi seriamente sulla fun-zione simbolica di tale modello nella costrufun-zione della personalità, è an-che vero an-che non è un compito facile. Le acquisizioni scientifian-che della psicologia hanno evidenziato l’importanza dei modelli di identificazione nella formazione dell’identità, mettendo in luce soprattutto il ruolo inso-stituibile delle figure parentali nello sviluppo della personalità. Tuttavia, al momento storico attuale, ci troviamo di fronte al consistente fenome-no della caduta dei modelli e alla crisi di ogni concezione di sviluppo che si fondi sull’imitazione o sulla riproduzione di standards evolutivi. Ciò evi-dentemente sta minando in radice il concetto di modello identificativo e sta gettando il sospetto e il rifiuto su tutto ciò che ha sa di costruito, di ac-quisito, di imposto dalla natura o dall’educazione, dalla cultura. Quindi, il discorso sui modelli identificativi necessita di un’adeguata contestualizza-zione, se non si vuol correre il rischio di generare l’effetto

controprodu-5 Significativo, e forse unico, è lo studio di Lucio Pinkus già citato nella nota 1.

6 Per approfondire l’argomento è interessante accostare gli scritti di Jung (1875-1961) in cui affronta il problema della vita simbolica in diverse aree di stu-dio come la psicologia e la religione, la mitologia, gli archetipi dell’inconscio col-lettivo (cf JUNG Carl Gustav, Opere. 18. La vita simbolica, Torino, Bollati Borin-ghieri 1999).

cente del rifiuto aprioristico. Si pensi, ad esempio, al fatto che oggi perfi-no il discorso sull’identità e la sua formazione deve fare i conti con la tendenza, peraltro molto diffusa, ad inventare la propria identità, a co-struirla cioè su percorsi inediti, se non addirittura contrapposti ai percorsi

‘tradizionali’, essendo cambiati gli stessi criteri di definizione dell’iden-tità.7 Se in passato il problema dell’identità consisteva nel costruire una identità e poi mantenerla stabile, oggi consiste nel «come evitare ogni ti-po di fissazione e come lasciare aperte le ti-possibilità».8 Si tratta di un esito evidente della società dell’incertezza, che in qualche modo sta amplifi-cando il problema dell’identità, ponendo l’accento su questo continuo costruirsi e ricostruirsi che però diventa un gioco liberamente scelto dal soggetto, senza bisogno di altri riferimenti identificativi.

Pertanto, parlare della figura di Maria come modello identificativo nei percorsi di crescita della persona costituisce una sfida che si presenta per lo meno ambivalente proprio a motivo della sua difficoltà di interpreta-zione e di contestualizzainterpreta-zione culturale. I termini modello e identificainterpreta-zione appaiono alquanto scomodi e discutibili in ambito psicologico, specie in ambito psicoanalitico, soprattutto quando essi vengono associati al con-cetto di imitazione. Sono convinta che il concon-cetto di modello non sia suf-ficiente per esprimere la realtà profonda di un processo di elaborazione e di assimilazione di valori e di comportamenti derivanti dal rapporto con persone significative, e che non si tratti di una semplice imitazione di comportamenti. Come sostiene giustamente Pinkus, non è possibile in-tendere il modello «come riproduzione inerte di una realtà sollecitante,

7 C’è un altro motivo che rende difficile questo processo, in quanto sono cam-biati i criteri di definizione dell’identità: non più di tipo oggettivo o esterno all’in-dividuo (identificazione al ruolo), ma di tipo soggettivo. Nel contesto culturale odierno, la ricerca di identità di fatto non insegue più modelli proposti o imposti dall’esterno (identità precostituita), ma parametri interni, soggettivi, tutti da costrui-re. L’identità, in altre parole, si inventa, si costruisce volta per volta e il soggetto si trova sempre più da solo a definirsi. Ciascuno riorganizza ed elabora la propria sog-gettività sulla trama della differenziazione: per essere se stessi si intraprendono sen-tieri diversi e differenziati tutti ugualmente percorribili e validi, senza trovare nelle istituzioni o in un senso oggettivo una legittimazione e una coerenza (cf DEL CORE

Pina, Dimensioni e articolazioni dell’identità nel suo processo di maturazione, in DEL CORE Pina - ROSANNA Enrica [a cura di], La vita religiosa alle soglie del duemila. Ver-so quali modelli formativi? = Orizzonti 10, Roma, LAS 1997, 143-157).

8 BAUMANN Zygmunt, La società dell’incertezza, Bologna, Il Mulino 1999, 27.

bensì come interiorizzazione ed elaborazione – a partire dalla propria singolarità psicobiologica – di aspetti più significativi della persona o del-le immagini simboliche che alimentano l’ambiente in cui essa cresce, te-nendo conto che l’esperienza storica immediata e l’immagine sono realtà collegate».9 Occorre, perciò, una re-interpretazione della stessa nozione, per evitare fraintendimenti o rifiuti pregiudiziali.

Per tutte queste ragioni ritengo opportuno collocare la mia riflessione nel contesto della problematica dell’identità e della sua costruzione, più che parlare direttamente della figura di Maria come modello identificati-vo. Credo che il discorso si debba collocare nell’ambito di una riflessione più ampia sull’identità, che comporta in primo luogo l’analisi delle impli-canze di carattere evolutivo, propria della psicologia dello sviluppo uma-no, prima di riuscire ad individuare i percorsi educativi da proporre oggi alle nuove generazioni. Appare chiaro, però, che tale approccio, proprio per le sue valenze antropologiche e religiose, debba far riferimento ad un’adeguata e solida visione antropologica, oltre che ad una corretta teo-ria dell’identità.

2. L’identità: approdo di un itinerario complesso di crescita