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L’identità psicosessuale ovvero la definizione di sé al maschile e al femminile Pervenire alla consapevolezza e conseguentemente all’accettazione

DI MODELLO IDENTIFICATIVO NEI PERCORSI DI CRESCITA

4. Alcuni nodi critici

4.1. L’identità psicosessuale ovvero la definizione di sé al maschile e al femminile Pervenire alla consapevolezza e conseguentemente all’accettazione

della propria identità psicosessuale mediante una definizione di sé al ma-schile o al femminile è divenuto un percorso evolutivo che non è più così semplice e pacifico. In tal senso costituisce un nodo critico sia in relazio-ne alla crescita personale sia in rapporto al tema che stiamo trattando.

Ovviamente la difficoltà va inquadrata nel contesto più generale del pro-blema dell’identità, divenuto ormai più complesso anche nella stessa de-finizione del concetto (essendosi ampliato come campo di studio alla ge-netica e alle neuroscienze, oltre che a tutte le scienze umane). Ma soprat-tutto perché oggi appare rimesso in questione dalle trasformazioni, spes-so radicali, derivanti dalle scienze tecnologiche, in particolare dalle nuove tecnologie comunicative. Si pensi, ad esempio, ai processi di globalizza-zione che, in ragione di un movimento decisamente omologante, tendo-no a limitare, negare e perfitendo-no rimuovere il diritto alla soggettività.28

A questo va aggiunta la problematica della corporeità che, in linea evolutiva, deve fare i conti con un cammino per costruire un rapporto positivo con il proprio corpo in cambiamento, da coniugare con le attese sociali, con lo stile concreto degli orientamenti di valore e, più specifica-mente, con le attese di ruolo e di comportamento nei confronti del gen-der, derivanti dalla cultura in cui l’adolescente e il giovane sono immersi.

Si pensi semplicemente al problema dell’anoressia che è sempre più un fenomeno femminile ed occidentale, ma anche al grado di insoddisfazio-ne verso la propria realtà corporea che sta emergendo con forti impen-nate nelle ragazze, non più solo adolescenti.29

28 Cf WILFRED Felix, Identità soppresse, alienate e perdute, in Concilium 36(2000)2, 44-55.

29 In proposito sono interessanti i risultati a cui è giunta una ricerca che, a partire dai dati dell’indagine COSPES sugli adolescenti italiani, ha approfondito la problematica della soddisfazione/insoddisfazione corporea e il suo influsso sulla co-struzione dell’identità. Lo studio si proponeva, in particolare, di cogliere il rap-porto tra gli atteggiamenti di soddisfazione/insoddisfazione corporea e le possi-bili ripercussioni su alcuni processi di costruzione dell’identità psicosessuale, sul-la ristrutturazione del concetto di sé, sulsul-la crescita in autonomia e sulsul-la stessa progettualità. Ne è emerso che gli adolescenti più contenti e soddisfatti del pro-prio sesso e del propro-prio aspetto fisico tendono a definire se stessi in termini più positivi e progettuali e si presentano più autonomi di coloro che invece si

dichia-La questione femminile, che in questo momento non sembra più es-sere il focus di attenzione prioritario delle società, ha certamente un peso nell’iter di maturazione dell’identità delle giovani donne. Quali modelli di femminilità vengono proposti, tali da divenire punti di riferimenti iden-titari, vie di realizzazione personali non più stereotipiche o riduttive?

Sviluppare una vera maturità affettiva e sessuale significa in primo luogo liberarsi dai condizionamenti negativi, specialmente quelli che con-dizionano il modo di pensare e di agire, per poi apprendere ad accettare se stessi e gli altri nelle loro diversità, di cui quella sessuale è paradigmati-ca ed essenziale. E ciò al fine di valorizzare le rispettive diversità, le attese e le difese, le tensioni e gli ideali, l’esteriorità e l’interiorità.

4.2. I processi decisionali e le scelte vocazionali

Fare delle scelte, prendere delle decisioni sembra essere diventato più problematico di ieri per le nuove generazioni, le quali si trovano dinanzi ad una molteplicità di opzioni e di opportunità di realizzazione mai co-nosciute dalle generazioni precedenti.

Ciò che risulta particolarmente critico è l’instabilità e l’incertezza dei modelli di vita tradizionali, tipica di una società dinamica e in continuo cambiamento, che si manifesta non solo sul piano psicologico individua-le, ma anche sul piano sociaindividua-le, culturale e istituzionale. Continuamente esposta al rischio, la libertà dei singoli e dei gruppi non trova più spazi di sicurezza che consentano di gestire il peso e l’inquietudine del dover sce-gliere, non più sostenuta da appartenenze e riferimenti stabili.30

Matrimonio e famiglia, ormai, più che istituzioni stabili sono diventati il luogo in cui gli individui si trovano uniti prevalentemente nella qualità delle emozioni. Non costituiscono più qualcosa di naturale, un modello di vita proposto ai giovani come una tappa dell’esistenza che tutti

attra-rano insoddisfatti e scontenti del proprio corpo (cf CORSINO RamonaElisabeth, Soddisfazione/insoddisfazione corporea nel processo di formazione dell’identità adolescenziale.

Analisi dei dati della ricerca COSPES, Tesi di Licenza, Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”, Roma 2001).

30 Si veda un interessante studio sul problema della libertà nell’attuale conte-sto di globalizzazione: BECK Ulrich, I rischi della libertà. L’individuo nell’epoca della globalizzazione, Bologna, Il Mulino 2000.

versano.31 L’aver impostato queste fondamentali vocazioni non come progetto di vita o come impegno ma semplicemente come relazione da vivere, produce notevoli conseguenze sul piano dei significati e delle scelte. La stabilità tradizionalmente richiamata dal matrimonio, visto ap-punto come un rapporto stabile, è messa in discussione, sicché tale scelta di vita entra notevolmente in crisi.

Anche nei confronti della vita religiosa e/o sacerdotale si nota la me-desima dinamica di incertezza che desta evidenti preoccupazioni per le sue ricadute sulla perseveranza e sulla fedeltà. La definitività della scelta, infatti, continua a far paura e non è una realtà appetibile dai giovani, im-mersi in una mentalità corrente totalmente opposta: il fenomeno della re-versibilità delle scelte costituisce un nodo problematico per il discernimento delle nuove vocazioni. Fare delle scelte importanti di vita solo a condi-zione che si possa in qualche modo tornare indietro non genera stabilità, ma caso mai minaccia e condiziona la fedeltà.

Ciò che colpisce, quando si accostano i risultati delle ricerche sulla progettualità giovanile, è la scarsa consistenza di progetti cosiddetti tradi-zionali i cui percorsi sono già definiti contro progetti ampi, imprecisi, va-ghi, ancora da esplorare sul piano dei percorsi concreti di attuazione e di scelte. In tale contesto anche la famiglia, pur presentandosi ancora come l’approdo più sicuro ed invocato, non costituisce più una scelta appetibile quanto a vocazione personale. Infatti, tra i progetti degli adolescenti e dei giovani, il bisogno di formarsi una famiglia non è così frequente quanto il desiderio di avere una bella famiglia. Tra il bisogno e la prospettiva futura verso cui orientare la vita si constata una sorta di divario che è problema-tico in rapporto all’impegno concreto per realizzare un progetto familiare personale.32

La fragile tenuta dei processi decisionali, inoltre, influisce notevol-mente sulle scelte vocazionali, su quelle scelte cioè che si fondano su una vocazione intesa come progetto di vita, come incarnazione della proget-tualità storica che ognuno è chiamato a compiere in accordo con il pro-getto di Dio.

Qualsiasi scelta, di fatto, è preceduta da un progetto e completata da una decisione. Per fare una buona scelta occorre la maturità sufficiente

31 Cf GIDDENS, Il mondo che cambia 69-82.

32 CfDEL CORE Pina, Adolescenza: rischio o risorsa?, in Rogate Ergo 66(2003)3, 6-13; ID., Scelte: fattori dominanti, in Rogate Ergo 66(2003)8/9, 6-12.

per compierla, un progetto, la decisione per attuarlo e una adeguata pia-nificazione per realizzarlo. L’atto della scelta ha come presupposto la li-bertà e come componente il rischio e si colloca tra la deliberazione e l’esecuzione.33 Per compiere una scelta tra varie possibilità è necessario maturare la capacità decisionale, che implica un’attività assai complessa, anche solo a livello cognitivo, in quanto processo che coinvolge dinami-che motivazionali interne ed esterne.

La decisione di fronte ad una scelta di vita poi si presenta particolar-mente complessa nella sua dinamica, molto più di quanto avvenga nelle decisioni ordinarie e abituali che accompagnano quotidianamente l’espe-rienza umana, poiché si tratta di decisioni significative per la propria esisten-za, che imprimono una direzione alla vita, che strutturano e ri-struttura-no la personalità producendo cambiamenti talvolta anche radicali.

Pensando al percorso evolutivo di Maria di Nazaret che ha saputo as-sumersi la responsabilità di una scelta difficile, lontana e contraria alle aspettative del suo contesto di vita, e di mantenerla per tutta la vita nel-l’intento di essere se stessa secondo il disegno di Dio (la chiamata), credo che Ella possa essere presentata alle nuove generazioni come un modello identificativo che sollecita processi di crescita nell’autonomia decisionale e nella libertà interiore di fronte ai molteplici condizionamenti e/o pres-sioni derivanti dall’ambiente sia familiare che sociale e culturale.

4.3. Modelli identificativi e crisi del rapporto identità-appartenenza

Identità e appartenenza costituiscono un altro punto nodale che va con-siderato soprattutto in rapporto alla possibilità di offrire proposte for-mative di aggregazione che rispondano davvero alle esigenze degli adole-scenti e dei giovani di oggi.

Perché l’identità possa manifestarsi, è necessario che ciascuno perce-pisca se stesso come un tutto unitario ed impari a riconoscere la propria separata diversità di individuo. Infatti, si trova la conferma o dis-confer-ma della propria identità proprio nell’incontro/confronto con gli altri, persone, gruppi, ambiente, cultura. Per svilupparsi armoniosamente nella propria identità il soggetto ha bisogno di essere strutturato

contempora-33 Cf GALIMBERTI Umberto, Scelta, in ID., Dizionario di psicologia, Torino, UTET 1992, 838.

neamente dalle proprie appartenenze sociali, territoriali, etniche, lingui-stiche, culturali e religiose, deve essere capace di assumere le proprie identità collettive, integrandole nell’insieme e dando loro un senso.

L’esperienza di appartenenza ad un gruppo (territoriale e/o etnico) o ad una categoria sociale (giovane/adulto, uomo/donna, studente/lavora-tore, ecc.) permette, nel senso che può facilitare oppure ostacolare, il processo di elaborazione della propria immagine di sé, fino a giungere al-la definizione del sé e/o dell’altro collettivo.34 Si pensi al riflesso positivo o negativo che ciò può avere sulla stima di sé o sulla capacità di far fron-te alle relazioni con la diversità. Infatti, l’identità si acquisisce medianfron-te un processo di confronto che attiva valutazioni e conduce a definire sia la posizione del proprio gruppo all’interno del contesto sociale, sia il si-gnificato che assume l’appartenenza a tale gruppo all’interno del più ge-nerale concetto di sé.

Nel contesto culturale attuale l’appartenenza ad una istituzione o co-munità o gruppo non appare più motivata dalla tradizione, ma si fonda unicamente sulla scelta e può essere rimessa in gioco in qualsiasi momen-to. Ci troviamo di fronte ad un cambiamento radicale nel vivere il rap-porto identità-appartenenza. Ciò vuol dire che i giovani costruiscono la loro identità non più a partire da una appartenenza ricevuta in eredità o istituita, ma dai propri investimenti affettivi ed emotivi e che scelgono le loro appartenenze. E ciò è ancor più messo in crisi perché le stesse isti-tuzioni, in questa situazione di transizione e di incertezza, non riescono più ad identificarsi e a precisare le ragioni del proprio esistere e i loro obiettivi.

34 Cf POLLINI Gabriele, Appartenenza e identità. Analisi sociologica dei modelli di appartenenza sociale, Milano, Franco Angeli 1987. L’autore fa uno studio appro-fondito dell’interrelazione stretta che esiste tra il concetto di identità e quello di appartenenza. La nozione di appartenenza è descritta solitamente su tre livelli, quel-lo territoriale, simbolico-culturale e psico-sociale. Per l’appartenenza a un grup-po sociale non è tanto significativa la comune residenza, né i legami di sangue, né tanto meno il riconoscersi collegati all’autorità di un capo o leader, quanto la condivisione di un comune complesso simbolico, cioè all’identificazione e al-l’accettazione dei medesimi valori che vengono riconosciuti ed accettati come propri e per cui ci s’impegna a rispettarli. In tal caso, l’appartenenza è più di tipo culturale che territoriale, politico o parentale. Due sono le dimensioni che de-scrivono il concetto di appartenenza: una soggettiva o auto-definizione di apparte-nenza, un’altra intersoggettiva o definizione altrui di appartenenza (cf ivi 98).

Bisogna ricordare però che, se le persone non possono scegliere il proprio gruppo nel quale sono nate, si può sempre cambiare il significato che attribuiscono alla loro appartenenza e il ruolo che essa gioca nella de-finizione della propria identità. Infatti, se a livello evolutivo l’identità si costruisce sulla base del processo d’identificazione, anche l’identità so-ciale, culturale o religiosa si elabora a partire dall’identificazione che è il ri-sultato di un lento processo soggettivo a prescindere dalle appartenenze oggettive della persona.35

La domanda che inquieta non poco l’educazione è quali appartenenze oggi possono favorire percorsi di identità con gli adolescenti e i giovani, quali i luoghi o i non luoghi che più degli altri costruiscono appartenenza e dunque identità? I luoghi tradizionali come la famiglia, la scuola, i grup-pi, soprattutto quelli formali, possono ancora essere degli spazi di identi-ficazione e di appartenenza? Come collocarci di fronte ai gruppi e alle comunità virtuali sempre più attraenti e ricercati dagli adolescenti e gio-vani divenuti ormai internauti? Di fronte al modo così diverso rispetto al passato di vivere la relazione identità-appartenenza e alla crisi delle istitu-zioni che per prime fanno difficoltà a identificarsi rafforzando così l’in-debolimento dell’appartenenza, la comunità cristiana e tutte le istituzioni educative come si collocano? Quale coscienza critica di se stesse riescono a costruire per far fronte al fenomeno?

Vorrei sottolineare, in ultima istanza, l’importanza del rapporto iden-tità-appartenenza anche in riferimento alla crescita di auto-consapevolez-za di essere Popolo di Dio, il popolo eletto (identità e memoria). Tale esperienza religiosa è legata all’esperienza di relazione con Dio e alla con-tinua ri-acquisizione della propria identità personale e comunitaria di fronte al progetto divino (progetto = identità progettuale). L’istanza del-l’identità che nasce dall’esperienza di appartenenza costituisce, infatti, un bisogno primario dell’itinerario di crescita di ogni persona, in particolare per i giovani di oggi, che con fatica riescono ad elaborare una progettua-lità personale, per la povertà dei riferimenti valoriali ed identificativi pre-senti nella società e nelle stesse istituzioni educative. La tendenza attuale a prospettare modelli di vita senza progetti, cioè senza la concretizzazio-ne di percorsi esistenziali vissuti, può essere alquanto pericolosa e delu-dente. Sicché, anche nel presentare la figura di Maria occorre prestare at-tenzione a questa istanza, per evitare di cadere in facili idealizzazioni o di

35 Cf DEL CORE, Identità, cultura e vocazione 162-163.

fare proposte di modelli a-storici. Proprio da Lei, in un’attenta rilettura della sua storia personale di donna ebrea, pienamente solidale con il suo popolo di appartenenza, possiamo imparare che la relazione con Dio ge-nera una crescente scoperta della propria identità ed insieme della pro-pria progettualità, aperta al compimento futuro.

5. Interrogativi aperti … verso nuovi percorsi di ricerca