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PARADIGMA DELL’ANTROPOLOGIA CRISTIANA

4. Maria, la donna

Dopo aver ricuperato con Maria Immacolata il primo asserto fonda-mentale dell’antropologia cristiana, quello dell’uomo creato a immagine

21 ANDREA DI CRETA, Sermone I sulla Natività di Maria, in FAZZO Vittorio (a cura di), AndreadiCreta, Omelie mariane. Omelia I, Encomio per il giorno natalizio della Santissima Madre di Dio = Testi Patristici 63, Roma, Città Nuova 1987, 48.

22 GIOVANNI PAOLO II, Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, Città del Vati-cano, Libreria Editrice Vaticana 1998, 79.

somigliantissima a Dio, il secondo asserto parla dell’umanità creata fin dall’inizio nella relazione del maschile e del femminile.

Nella lettera ai Galati, l’apostolo, parlando dell’incarnazione del Figlio di Dio “nato da donna” nella pienezza del tempo, non nomina Maria, ma la chiama “donna” quasi a richiamare le parole del Protovangelo (cf Gal 3,15). Anche Giovanni, sia a Cana che sul Calvario, chiama Maria “don-na” (cf Gv 2,4; 19,26).

Questo riferimento sottolinea la duplice dignità di questa donna. An-zitutto ella viene elevata all’unione con Dio in Gesù Cristo, compiendo così la finalità dell’esistenza di ogni uomo. Da questo punto di vista Ma-ria, la donna, è l’archetipo di tutto il genere umano, uomini e donne. In secondo luogo, la sua maternità divina «mette in rilievo una forma di unione col Dio vivo, che può appartenere solo alla “donna”, Maria: l’unione fra madre e figlio».23

Nel postconcilio il magistero è stato un vero protagonista nel sottoli-neare l’originalità teologica della femminilità in Maria e la sua conseguen-te paradigmaticità.

Riportiamo qui una profonda riflessione di Paolo VI nella Marialis cul-tus, nella quale egli evidenzia il triplice aspetto della personalità esemplare di Maria, la sua libertà di scelta, la sua maternità verginale, la sua volontà attiva: «La lettura delle divine Scritture, compiuta sotto l’influsso dello Spirito Santo e tenendo presenti le acquisizioni delle scienze umane e le varie situazioni del mondo contemporaneo, porterà a scoprire come Ma-ria possa essere assunta a specchio delle attese degli uomini del nostro tempo.

Così, per dare qualche esempio, la donna contemporanea, desiderosa di partecipare con potere decisionale alle scelte della comunità, contem-plerà con intima gioia Maria che, assunta al dialogo con Dio, dà il suo consenso attivo e responsabile (cf Lumen Gentium n. 56) non alla soluzio-ne di un problema contingente, ma a “quell’opera di secoli”, come è stata giustamente chiamata l’Incarnazione del Verbo (cf S. Petrus Chrysolo-gus, Sermo CXLIII: PL 52, 583); si renderà conto che la scelta dello stato verginale da parte di Maria, che nel disegno di Dio la disponeva al miste-ro dell’Incarnazione, non fu atto di chiusura ad alcuno dei valori dello stato matrimoniale, ma costituì una scelta coraggiosa, compiuta per con-sacrarsi totalmente all’amore di Dio. Così costaterà con lieta sorpresa che

23 MD4, in EV/11, 1217.

Maria di Nazaret, pur completamente abbandonata alla volontà del Si-gnore, fu tutt’altro che donna passivamente remissiva o di una religiosità alienante, ma donna che non dubitò di proclamare che Dio è vindice de-gli umili e dede-gli oppressi e rovescia dai loro troni i potenti del mondo (cf Lc 1,51-53)».24

In concreto Paolo VI intende riproporre all’imitazione dei fedeli non tanto il tipo di vita che Maria condusse, né l’ambiente socioculturale del suo tempo, quanto piuttosto il fatto che ella aderì totalmente e responsa-bilmente alla volontà di Dio, perché ne accolse la parola e la mise in pra-tica, perché la sua azione fu animata dalla carità e dallo spirito di servizio.

Insomma, Maria «fu la prima e la più perfetta seguace di Cristo: il che ha un valore esemplare, universale e permanente».25

Nel 1988 Giovanni Paolo Il dedica un’intera lettera apostolica ad esplicitare e affermare la dignità della donna e la sua originale vocazione soprattutto guardando a Maria, la donna di Nazaret, la Theotókos. Recen-temente, una Lettera ai Vescovi emanata dalla Congregazione per la Dot-trina della Fede, sottolinea che «Maria porge alla Chiesa lo specchio in cui essa è invitata a riconoscere la sua identità così come le disposizioni del cuore, gli atteggiamenti ed i gesti che Dio attende da lei».26

In concreto Maria invita la Chiesa «a radicare il suo essere nell’ascolto e nell’accoglienza della Parola di Dio, perché la fede non è tanto la ricer-ca di Dio da parte dell’essere umano, ma piuttosto il riconoscimento da parte dell’uomo che Dio viene a lui, lo visita e gli parla».27

Da Maria, inoltre, la Chiesa impara a conoscere l’intimità con Gesù, l’infinita umiltà di Dio, il senso della potenza dell’amore, come il Padre la rivela nella vita stessa del suo Figlio prediletto.

Maria insegna anche ad avere il senso e il gusto della lode davanti alle grandi opere di Dio: «Guardare Maria ed imitarla, tuttavia, non significa votare la Chiesa ad una passività ispirata a una concezione superata della femminilità [...]. Dal Figlio di Dio si può imparare che questa “passività”

24 PAOLO VI, Esortazione apostolica per il retto ordinamento e sviluppo del culto della Beata Vergine Maria: Marialis cultus (MC) n. 37 (2 febbraio 1974), in EV/5 (1979) 68.25 Ivi n. 35, in EV/5, 66.

26 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera ai Vescovi n.

15, in AAS 96(2004)10, 684.

27 L.cit.

è in realtà la via dell’amore, è un potere regale che sconfigge ogni violen-za, è “passione” che salva il mondo dal peccato e dalla morte e ricrea l’umanità. Affidando l’apostolo Giovanni a sua Madre, il Crocifisso invita la sua Chiesa ad imparare da Maria il segreto dell’amore che trionfa».28

La vocazione di ogni battezzato è segnata quindi dal riferimento a Maria, la donna, la madre, con le sue disposizioni di ascolto, di acco-glienza, di umiltà, di fedeltà, di lode e di attesa. Pur trattandosi di atteg-giamenti che dovrebbero essere comuni a ogni battezzato, «di fatto è ca-ratteristica della donna viverli con particolare intensità e naturalezza».29